BAALBEK (Libano)





"È uno dei luoghi più belli e suggestivi al mondo e insieme, è uno dei siti archeologici ancora poco studiato e conosciuto per ovvi motivi di ordinaria follia di una parte di popolazione residente su quei territori; mi riferisco agli integralisti islamici che vogliono riportare il Medio-Oriente al più cupo Medioevo".

Il sito è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 1984.

RICOSTRUZIONE DEL COMPLESSO DEI TEMPLI DI BAALBEK

GLI ANTICHI TEMPLI
Le rovine di Baalbek, posta su una grande collina di 1150 m, che spazia sulla pianura, sono bordate su due lati dalla città di Baalbek e sugli altri lati da terreni agricoli locali. Qui si erigono i templi e le piattaforme riempite con una splendida collezione di colonne e sculture crollate.

Le strutture primarie presso le rovine sono:
- l'area sacra; che comprende:


i Propilei
Costruiti agli inizi del III sec., all'epoca di Caracalla in cima ad una scalinata monumentale e costituivano l'accesso all'area sacra del tempio di Giove.

Erano in origine costituiti da una facciata di 12 colonne (10 delle quali rialzate nel corso dei restauri tedeschi), tra due torri più alte, sormontate da un frontone.

Nel muro retrostante si aprivano un ingresso centrale ad arco e due passaggi laterali, che più tardi vennero murati.

Il muro era decorato da due piani di nicchie che dovevano ospitare delle statue, inquadrate da edicole con frontoni alternativamente triangolari e arcuati, sostenuti da lesene corinzie al piano terra e ioniche al piano superiore.


il Cortile esagonale
Dai propilei si accedeva ad una corte a pianta esagonale (metà del III secolo, sotto Filippo l'Arabo, 244-249), circondata da portici che si aprivano sul fondo con esedre rettangolari, un tempo riccamente decorate.

Il cortile subì pesanti modifiche quando vi venne installata la cappella dedicata alla Vergine e ancora per trasformarla in bastione difensivo della cittadella araba.

Grande Cortile
Nella corte venne costruita la basilica teodosiana, dedicata a san Pietro. Il cortile (135 x 113 m) (età traianea) ospitava il grande altare a torre di età neroniana e bacini laterali per le abluzioni.

I portici laterali (128 colonne con fusti in granito di Aswān) sono sostenuti da criptoportici voltati e sul fondo si aprivano esedre a pianta alternativamente rettangolare e semicircolare, queste coperte da semicupole in pietra. Iscrizioni dipinte in alcune delle esedre testimoniano il loro uso per i pasti sacri di confraternite e comunità, che dovevano far parte del culto eliopolitano.

- il tempio del Dio Baal / Giove situato sui massicci blocchi di pietra pre-romana conosciuta come la Trilithon;
- il Tempio del Dio Bacco;
- il Tempio circolare della Dea Venere
TEMPIO DI BACCO


LA STORIA

La storia di Baalbek risalirebbe a circa 5000 anni. Gli scavi sotto l'area sacra del Tempio di Giove, hanno portato alla luce tracce di insediamenti cananei risalenti al Bronzo Medio (1900-1600 a.c.), sopra a precedenti insediamenti del Bronzo Antico (2900-2300 a.c.). 
I Fenici, appartenenti al popolo dei cananei, divennero i signori della Siria e scelsero il sito di Baalbek per un tempio al loro dio-Sole Baal-Hadad. I fenici avevano quattro divinità pincipali: El, re del pantheon; Baal, Dio della pioggia fecondatrice; Anat, Dea guerriera; Mot, Dio degli inferi.

Verso la fine dell'XI sec. a.c. giunse un esercito assiro, sulla costa mediterranea, ma poiché Baalbek non è menzionato accanto ai nomi di altre città fenicie attaccate, si pensa che fosse un centro poco importante.

L'origine del nome Baalbek forse deriva dal termine fenicio Baal (il Signore) e può significare 'Signore della valle della Bekaa'. Antiche leggende affermano che Baalbek fosse la città natale di Baal, forse in origine un personaggio davvero esistito. Per alcuni  Baal faceva parte di una triade fenicia, insieme al figlio Aliyan, Dio della fecondità, e sua figlia Anat (l'assira Atargatis). C'è da considerare che gli Dei variavano a seconda dei luoghi e dei tempi, pur sussistendo grosso modo lo stesso Pantheon.

Comunque Anat fu la Dea più venerata, come Dea vergine e guerriera. Sorella o sposa del grande Dio Baal, in un poema discende agli inferi per vendicarne la morte e uccide il Dio dell’oltretomba Mot.
In un altro mito offre ricchezze e vita eterna al cacciatore Aqhat, purché le regali il suo arco e, al suo rifiuto, lo uccide. Era raffigurata con alta tiara ornata di penne, ureo e disco solare e armata di lancia e scudo.

Lo storico ebreo Giuseppe Flavio (37 - 100) menziona Baalbek come tappa del viaggio di Alessandro Magno verso Damasco. I sovrani tolemaici identificaono il Dio Baal con il Dio del sole egizio Ra e il Dio del sole greco Helios, per una fusione culturale all'interno del loro regno.

BAALBEK
In epoca ellenistica, sotto il dominio dei Tolomei, che sostituì dal 198 a.c. quello dei Seleucidi, la città fu ribattezzata Heliopolis ("città del sole"), e il Dio Baal che aveva molte caratteristiche in comune con il greco Zeus che divenne Giove Heliopolitano.

I Romani assimilarono il culto della Dea Astarte con quella di Afrodite o Venere, e il Dio Adone divenne Bacco. Dopo la conquista romana nel 64 a.c. ad opera di Pompeo, la città di Baalbek-Heliopolis fece parte dei domini dei tetrarchi in Palestina.

Giove Eliopolitano venne raffigurato con un copricapo svasato, con fulmini nelle mani e affiancato da due tori, un compromesso tra il toro che accompagnava il Dio Baal e le due fiere che affiancavano la Grande Madre ai suoi lati e posti a specchio. I nuovi Dei associati, Venere e Bacco formarono con Giove la triade eliopolitana.

La triade ebbe altari e culto ovunque: nelle province balcaniche, in Gallia, nelle province ispaniche, in Britannia. Il culto ebbe anche una sezione di Sacri Misteri.

Il Tempio si crede sia stato consacrato a una triade divina: Hadad (Baal / Giove), il Dio del Cielo; Atargates (Astarte / Hera), la moglie di Hadad; e Mercurio, il loro figlio.

Nel 15 a.c. il santuario entrò a far parte del territorio della Colonia Iulia Augusta Felix Beritus, l'odierna Beirut (da ricordare che Beirut era uno dei nomi sacri della Grande Madre).
L'edificazione del tempio proseguì sulla piattaforma ellenistica e il tempio vero e proprio fu terminato nel 60 d.c., sotto Nerone, insieme all'altare a torre che precede il tempio. 



HELIOPOLIS

Dopo la morte di Alessandro nel 323 a.c., la Fenicia fu governata in successione dai re tolemaici d'Egitto e dai re Seleucidi della Siria fino all'arrivo dei Romani.

IL COMPLESSO DEI TEMPLI
Il nome di Heliopolis, con il quale Baalbek era conosciuto in epoca greco-romana, deriva dal Dio greco Helios cui fu associata a partire dal 331 a.c..
Significa 'Città del Sole', il nome è stato utilizzato anche dai Tolomei d'Egitto tra il 323 e il 198 a.c, che esprime l'importanza che questo luogo era per gli Egiziani. 
Un luogo sacro con questo stesso nome esisteva già in Egitto e i nuovi governanti tolemaici potrebbero aver collegato l'antico dio del cielo di Baalbek con il Dio egiziano Ra e con l' Helios greco per stabilire legami religiosi e culturali più stretti con greci e fenici. 
Lo storico Ambrosius Teodosio Macrobio (390 - 430) narra che il Dio del santuario fu chiamato Zeus Heliopolitanus, luogo di culto ma pure di divinazione oracolare, simile a Delphi e Dodona in Grecia e il tempio di Amon a Siwa in Egitto.
L'età d'oro del palazzo romano di Baalbek / Heliopolis iniziò nel 15 a.c, quando Giulio Cesare vi stabilì una legione e iniziò la costruzione del grande tempio di Giove. Nel corso dei tre secoli successivi, ogni imperatore romano avrebbe donato ad Heliopolis i più imponenti edifici religiosi mai costruiti nell'Impero Romano. 
Monumenti che destarono l'ammirazione del mondo finchè il cristianesimo non fu dichiarato religione ufficiale dell'Impero Romano nel 313 d.c. Da allora gli imperatori cristiani bizantini ed i loro rapaci sottoposti depredarono migliaia di santuari pagani. Dopo averli depredati poi li spoliarono e li distrussero.
Alla fine del IV sec., l'imperatore Teodosio non seppe fare di meglio che costruire una basilica con le pietre del Tempio di Giove. Questo segnò la fine della Heliopolis romana. La città del sole declinò e cadde nel dimenticatoio.

AEDES DI GIOVE


IL TEMPIO DI GIOVE ELIOPOLITANO

Il monumentale complesso del tempio di Baalbek si erige a circa 86 chilometri a nord est della città di Beirut, in Libano. Sorge su una collinetta nella fertile valle della Bekaa, e le sue rovine sono uno dei più straordinari ed enigmatici luoghi sacri dei tempi antichi. La grandiosità del tempio, e la fama dei suoi sacri responsi era tale, che gli imperatori romani arrivarono a percorrere fino a 2.500 chilometri per consultarne l’oracolo e godere dei suoi vaticini.

Prima del romano tempio di Giove, prima del fenicio tempio a Baal, sorgeva a Baalbek la più grande costruzione in megalitici blocchi di pietra trovato in tutto il mondo.

Molti archeologi sostengono che le origini di Baalbek risalgono a due insediamenti cananei che gli scavi archeologici sotto il tempio di Giove hanno permesso di identificare come databili all'età del bronzo antica (2900-2300 a.c.) e media (1900-1600 a.c.). In questo periodo il santuario era probabilmente dedicato alla triade Adad-Ishtar-Shamash (che nella forma sumera diveniva Ishkur-Inanna-Utu).
Esso è costruito con accuratezza sopra un altro piedistallo, che si eleva di ben tredici metri rispetto al terreno. Il grande mistero delle rovine di Baalbek, riguarda infatti le massicce pietre delle fondamenta sotto il tempio romano di Giove. Essi variano nel formato da 450 tonnellate (Cheope a Giza ha un peso del 2,5 tonnellate)  fino ai tre più grandi, chiamati Trilithon, il cui peso supera 800 tonnellate ciascuno.

Il più grande edificio religioso mai costruito dai romani, l'immenso santuario di Giove Heliopolitanus, o Zeus Heliopolitabus, sulle rovine della antica Triade, contemplava ben 104 enormi colonne di granito importati da Aswan in Egitto, con un tempio circondato da 50 colonne aggiuntive.

L'area sacra, iniziata durante il regno di Traiano (98-117), misurava 135 m x 113, e conteneva vari edifici religiosi e altari, circondato da uno splendido colonnato di 128 colonne di granito rosa. 

Queste magnifiche colonne, alte 20 metri e del peso enorme, vennero estratte ad Assuan, in Egitto ma è un mistero per l'ingegneria su come siano state trasportate via terra e via mare fino a Baalbek. 

TEMPIO DI GIOVE
Oggi, solo sei colonne rimangono in piedi, il resto fu distrutto da terremoti o depredato, per esempio, Giustiniano che ne portò via otto per la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli.

Un'altra pietra ancora più grande si trova in una cava di calcare un quarto di miglio dal complesso Baalbek.
Sul suo peso c'è una stima di 1200 tonnellate, è il singolo più grande pezzo di pietra mai realizzato al mondo.

Queste pietre sono un enigma per gli scienziati contemporanei, sia ingegneri che archeologi, per il loro metodo di estrarli dalle cave, il trasporto e la precisione del posizionamento millimetrico, assolutamente al di là dalla capacità tecnologica dei più noti costruttori antichi o moderni.

Gli abitanti della Valle Beqa'a conservano delle leggende sulle origini della Grande Piattaforma del tempio, e dicono che la prima città di Baalbek è stata costruita prima del Diluvio da Caino, e poi ricostruita da una razza di giganti.

Descrizione

Il cortile più arcaico fu modificato e alla sua estremità occidentale venne iniziata la costruzione di un tempio di di stile greco per il quale si costruì una gigantesca piattaforma (88 x 48 m). Per questa costruzione vennero impiegati blocchi colossali.

PROPILEI
L'area sacra del tempio Jupiter è ubicato su una piattaforma, denominata Grande Terrazza, che consiste in un enorme parete esterna e un riempimento di pietre massicce. I corsi inferiori del muro esterno sono costituiti da blocchi enormi, finemente lavorati e posizionati con precisione. 

Nove di questi blocchi sono visibili sul lato nord del tempio, nove a sud, e sei a ovest (possono esistere altri, ma gli scavi archeologici hanno finora non scavato sotto tutte le sezioni del Grande Terrazza).
Sopra i sei blocchi sul lato occidentale sono tre pietre ancora più grandi, chiamate il Trilithon, il cui peso va da 800 a 1.000 tonnellate ciascuno. Questi grandi pietre misurano rispettivamente 19,60 m, 19,30 m e 19,10 m di lunghezza, per 4,34 m di altezza e 3,65 m di profondità.
Un'altra pietra ancora più grande si trova in una cava di calcare un quarto di miglio dal complesso Baalbek. Il suo peso è stimato di 1200 tonnellate, è 21 m x 4,8 m x 4 metri, che lo rende il più grande pezzo di pietra mai realizzato al mondo. Chiamato il Hajar el Gouble, la Pietra del Sud, o il Hajar el Hibla, la Pietra della donna incinta (si credeva rendesse fertili le donne), si pone con la parte più bassa della sua base ancora attaccato alla roccia della cava, quasi pronta da tagliare e trasportare accanto alle altre pietre del Trilithon.

Il sito di Baalbek pone molte domande e gli studiosi sono divisi tra loro. Alcuni considerano i templi come un intero prodotto delle maestranze romane, sia pure edificato in epoche diverse, altri invece, ritengono che il podio su cui poggia il tempio di Giove sia di origine fenicia, e altri antichi lo considerano ancora più antico, forse appartenente alla cosiddetta civiltà megalitica di cui si ritrovano le tracce sparse in tutto il mondo, dall’Egitto al Mesoamerica, e riteniamo questa ultima la più probabile.



IL MISTERO DEI MEGALITI
Mentre c'è molta competenza sul restauro dei monumenti, siamo in alto mare sull'analisi delle antiche origini e l'uso del sito. Ci si chiede come sia stato possibile trasportate i megaliti dalla cava fino all’acropoli, sebbene il tragitto non sia molto lungo, ma soprattutto come fecero a porre in sedei blocchi in maniera così perfetta che tra loro non si può infilare neanche la lama di un coltello?

In epoca moderna se ne occupò, nel 1851, il francese Louis Felicien de Saulcy, che condurrà i primi scavi archeologici sistematici a Gerusalemme,e si convincerà che le rovine appartenevano a un tempio pre-romano, come illustrò nel suo libro "Viaggio intorno al Mar Morto", pubblicato nel 1854. Alla metà del XIX sec. anche l’archeologo francese Ernst Renan si occupò del sito, ma dubitò fortemente si trattasse di un tempio pre-romano, ritenendolo di origine fenicia. Oggi diversi credono che il podio su cui poggia il tempio di Giove fu costruito dai romani nello stesso periodo della base del tempio, però con molta fantasia.

La visione accademica prevalente della preistoria non riconosce la possibilità di civiltà sofisticate all'inizio del Neolitico o pre-Neolitico. Tuttavia diverse strutture presso le rovine di Baalbek, possono essere spiegate solo con il ricorso a tali culture antichissime.

Si scoprì che i megaliti di Baalbek sono stati ricavati scavandoli da una roccia “vivente” in una cava libanese; vale a dire, presi direttamente dalla roccia con questa forma, e non scolpiti in un momento successivo. Vari esperimenti hanno dimostrato che con la tecnologia attuale è possibile spostare pesi fino a 300 tonnellate, ma nel caso dei megaliti siamo in media al doppio del peso; questo dimostra che civiltà precedenti alla nostra avevano tecnologie o sistemi più avanzati, che neppure oggi riusciamo ad immaginare.

IMMENSI BLOCCHI
Vari studiosi, a disagio con l'idea che le culture antiche potrebbero aver sviluppato una conoscenza superiore alla scienza moderna, hanno deciso che le massicce pietre di Baalbek furono faticosamente trascinate dalle cave vicine al sito del tempio.

Ma mentre le immagini scolpite nei templi dell'Egitto e della Mesopotamia effettivamente danno prova di questo metodo di trasporto, utilizzando corde, rulli di legno e migliaia di lavoratori, i blocchi trascinati sono noti per essere solo 1/10 delle dimensioni e del peso delle pietre di Baalbek.

Inoltre vennero spostate lungo superfici piane con larghi sentieri. Il percorso per il sito di Baalbek, però, è in salita, su terreni accidentati e tortuosi, e non vi è alcuna prova di scavi per creare una superficie piatta nei tempi antichi.

E 'stato teorizzato che le pietre sono state sollevate utilizzando una complessa serie di ponteggi, rampe e pulegge, alimentate da un gran numero di uomini e animali.  Quando l'architetto rinascimentale Domenico Fontana, erigendo un obelisco egiziano di 327 tonnellate di fronte alla Basilica di San Pietro a Roma, utilizzò 40 enormi pulegge, implicanti una forza combinata di 800 uomini e 140 cavalli.

La zona dove è stato eretto questo obelisco, però, era un grande spazio aperto che potrebbe facilmente ospitare tutti gli apparecchi di sollevamento e gli uomini e cavalli che tirano le corde. Tale spazio non è disponibile per le pietre Baalbek che è in pendenza senza spiazzi o strade piane. Inoltre, non solo un obelisco fu eretto ma piuttosto una serie di pietre giganti, collocate nel proprio posto con matematica precisione. A causa del posizionamento di queste pietre, semplicemente non c'è posto immaginabile dove avrebbe potuto essere di stanza un enorme apparato di pulegge.


PIANTE DEI TEMPLI

Ma c'è di più. Nel muro di sud est è stata trovata una fila di nove blocchi grandi la metà di quelli che formano il Triliton; sono tutti sullo stesso livello delle pietre su cui poggia il Triliton, prolungano così la piattaforma fino al muro di sud ovest. Tale particolare si nota solo con una visita accurata sul luogo e certifica il fatto che il Triliton venne eretto sopra a delle pietre ciclopiche.

A detta degli esperti si può affermare che la piattaforma non fu completata e il progetto iniziale abbandonato. I nove blocchi non sono ben accoppiati come gli altri, il taglio non si sposa bene con i blocchi adiacenti. Tutto fa pensare al tentativo di ricostruire la piattaforma, dopo un avvenimento catastrofico, usando altre pietre rimaste integre. Però i restauratori del tempio non avevano la capacità edile dei costruttori più antichi, un mistero perduto nel tempo.

Molti ingegneri si chiedono perché sono stati usati grandi blocchi di pietra, dal momento che era più facile portare a termine la costruzione usando blocchi più piccoli, considerando anche che nelle grandi pietre vi può essere un difetto trasversale, causa di un successivo problema strutturale.

Anche a Roma le mura Serviane utilizzarono grandi blocchi, ma successivamente i romani usarono il tufo in opus quadrata, e le pietre erano molto più piccole. 

Poi inventarono i laterizi, cioè i mattoni, che erano ancora più piccoli e maneggevoli. I romani erano molto razionali e pertanto ingegnosi e pratici. 

Queste popolazioni antiche non erano nè razionali nè pratiche, e facevano sforzi assurdi per costruzioni megalitiche che non interessarono solo questa parte del pianeta. Però sicuramente portarono nella tomba dei segreti di edificazione che ancora oggi ci sfuggono.
I TEMPLI
Le massicce pietre del Grand Terrace di Baalbek sono semplicemente al di là delle capacità ingegneristiche di qualsiasi costruttori antichi o contemporanei riconosciuti.

Ci sono diverse altre questioni sulle pietre di Baalbek che confondono ulteriormente gli archeologi e le teorie convenzionali della civiltà preistorica:
- Non ci sono leggende e racconti popolari di epoca romana che collegano i Romani con le pietre gigantesche.
- Non ci sono assolutamente ricordi di un qualsiasi metodo romano o altre fonti letterarie riguardanti i metodi di costruzione o le date e i nomi dei benefattori, designer, architetti, ingegneri e costruttori della Grande Terrazza.
 - Le pietre megalitiche del Trilithon non hanno alcuna somiglianza strutturale o ornamentale con qualsiasi delle costruzioni di epoca romana, sopra di loro, come i Templi precedentemente descritti di Giove, Bacco e Venere.
 - Le rocce calcaree del Trilithon mostrano ampie prove di erosione per vento e sabbia che è assente nei templi romani, indicando che le date di costruzione megalitiche risalgono molto prima.
 - Le grandi pietre di Baalbek mostrano analogie stilistiche con altre mura in pietre ciclopiche in siti pre-romani, come la fondazione dell'Acropoli di Atene, le mura di Alatri, le fondamenta di Micene, Tirinto, Delphi e persino costruzioni megalitiche del "nuovo mondo", come Ollyantaytambo in Perù e Tiahuanaco in Bolivia.



LA SCOPERTA

Nel XVIII secolo gli esploratori europei iniziarono a visitare le rovine e a riportarne dettagliate descrizioni, nonchè a disegnarle facendone anche la pianta.

INTERNO DEL TEMPIO DI BACCO
Nel 1751 Robert Wood descrisse le rovine come tra le più audaci opere di architettura dell'antichità.

Erano ancora in piedi nove colonne del tempio di Giove, ma tre crollarono, probabilmente in occasione del terremoto del 1759.

Altro viaggiatore fu Volney (1781) che pianse sulle stupende rovina come Scipione su Cartagine, consolandosi poi all'idea del progresso della civiltà. Poi vi furono Cassas (1785), Laborde (1837), David Roberts (1839).

I blocchi crollati dalle antiche costruzioni vennero purtroppo riutilizzati per la costruzione di edifici moderni della cittadina. Una prima spedizione scientifica fu condotta nel 1873 dal Fondo di Esplorazione della Palestina.

In seguito alla visita dell'imperatore Guglielmo II di Germania vi venne poi condotta una missione archeologica tedesca (1898-1905), guidata da Otto Puchstein, durante la quale furono effettuati i primi restauri.

Alle sue dipendenze lavorarono gli archeologici del governo francese e poi il Dipartimento libanese delle Antichità.

Dopo la prima guerra mondiale altre missioni si ebbero durante il Mandato francese ad opera di C. Virolleaud, R. Dassaud, S. Ronzevalle, H. Seyrig, D. Schlumberger, F. Anus, P. Coupel e P. Collard.
Dopo l'indipendenza del Libano nel 1943 le operazioni di restauro e conservazione passarono sotto l'egida del Servizio delle Antichità del Libano (H. Kalayan).

IL TEMPIO DI BACCO

LE OPERE ROMANE

Sotto Traiano (98-117) si iniziò la sistemazione del grande cortile. Sotto Antonino Pio (138-161) venne eretto il tempio di Bacco. I lavori, inclusi quelli riguardanti il tempio di Venere, vennero completati durante la dinastia dei Severi, e in particolare sotto Caracalla (211-217). Sotto Filippo l'Arabo (244-249), imperatore romano nato nella vicina Damasco, fu infine costruito il cortile esagonale del santuario.

In quest'epoca Heliopolis, elevata da Settimio Severo (193-211) al rango di colonia di diritto italico con il nome di Colonia Iulia Augusta Felix Heliopolis, divenne il centro principale della provincia della Syria-Phoenicia, istituita nel 194 con capitale Tiro.

Con l'avvento del Cristianesimo e la promulgazione dell'Editto di Milano, il santuario iniziò una lenta decadenza, anche per i crolli dovuti ai terremoti. L'imperatore Teodosio I (379-395) distrusse le statue pagane, fece radere al suolo l'altare-torre per erigere nel grande cortile una basilica cristiana e trasformò in chiese sia la corte esagonale che il tempio di Venere. 

Eppure Baalbek continuò a costituire un centro di culto pagano. L'imperatore bizantino Giustiniano (527-565) ordinò infine di asportare otto delle colonne del tempio di Giove affinché fossero riutilizzate nella basilica di Santa Sofia a Costantinopoli.
Con la conquista araba del 637, l'acropoli del tempio venne trasformata in cittadella fortificata con una grande moschea oggi in rovina.

IL TEMPIO DI BACCO NEL XVIII SECOLO


IL TEMPIO DI BACCO

Il Dio Dioniso scoprì come ottenere il vino dall'uva e portò la sua scoperta nell'Attica, in Frigia, in Tracia, trascurando però la Mesopotamia perchè i suoi abitanti preferivano la birra. Nel corso di cerimonie orgiastiche, cui partecipavano soprattutto donne che danzavano in modo sfrenato, venivano imitate le Menadi, le indemoniate, che facevano parte del corteo dionisiaco. A Roma Bacco era onorato come Dio del vino e come fautore, insieme alla triade, dei Sacri Misteri.

Per disciplinare la produzione agraria, Domiziano emanò un editto in cui si proibiva di piantare nuove viti in Italia, ordinando di tagliare i vigneti nelle Province, conservandone al massimo la metà. Vietò altresì di piantare anche piccoli vigneti nelle aree urbane italiane. Pare comunque che il Decreto di Domiziano, nato come misura politica, non sia mai stato effettivamente applicato.

TEMPIO DI BACCO OGGI

A Baalbek quel decreto non era destinato, il vino era già conosciuto qui ma solo i romani ne conoscevano tutti i segreti della vinificazione, così con i romani giunse il buon vino e le feste orgiastiche collegate, dedicate naturalmente al Dio Bacco e ai suoi famosi Baccanali (poi proibiti). Ma pure i Sacri Misteri ne erano collegati.


Il Tempio di Bacco venne costruito verso la metà del II secolo a.c. Si chiama così a causa di alcuni suoi bassorilievi, interpretati dagli archeologi come scene dell'infanzia di Bacco, ma altri studiosi sostengono fosse dedicato a Mercurio. 

Si eleva su di un podio di 5 metri di altezza, misura 69 per 36 metri. Risale alla metà del II sec. d.c. (Antonino Pio, 128-161) ed è un tempio periptero (cioè completamente circondato da colonne) con otto colonne sulla fronte (octástilo) e quindici sui lati lunghi.


MASTODONTICO COLONNATO DEL TEMPIO DI BACCO
Tutte le pietre a Baalbek sono di dimensioni sproporzionate. Le persone che servono da scala alle ciclopiche dimensioni del tempio. Ma le rocce più antiche sono ancora più sovradimensionate..

Anche il tempio romano di Balbek è sovradimensionato, ed è il  meglio conservato al mondo, circondato da quarantadue colonne alte 19 m. cadauna.

Ha una ricchissima decorazione: le colonne sono scanalate e corinzie, con elaborate trabeazioni tra una colonna e l'altra. Il tetto aveva all'interno un controsoffitto a cassettoni, il pavimento era coperto di marmi pregiati.

RICOSTRUZIONE DEGLI INTERNI DEL TEMPIO DI BACCO


IL TEMPIO DI VENERE

All'inizio del III secolo, un bel tempio circolare venne aggiunto al complesso Baalbek. Mentre i primi visitatori europei presumevano fosse un tempio di Venere a causa della sua ornamenti di conchiglie, colombe e altri motivi connessi al culto della Dea, oggi l'attribuzione viene messa in dubbio.

Ci chiediamo cosa manchi agli archeologi per essere certi di questa attribuzione. Già il tempio rotondo era per tradizione destinato alle antiche Dee. Le colombe sono state in ogni angolo del mondo l'attributo della Grande Madre, da Ishtar, ad Inanna, ad Anat, Artemide ecc.


Le conchiglie inoltre rimandano alla antica Dea del Mare ed alla eterna Afrodite che nacque appunto dalla spuma del mare e portata sull'Olimpo su un carro trainato da candide colombe.
Che sia dedicato alla Dea del mare, della bellezza, dell'amore e del sesso sembra piuttosto chiaro.
RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI VENERE
Il tempio è orientato verso gli altri due templi, racchiuso in un recinto sacro che ospitava anche un altro piccolo tempio, oggi in rovina, conosciuto come "tempio delle Muse". Si trova a Sud-Est dell'Acropoli.

Il luogo sacro, a cui si accede da una scalinata, era preceduto in origine un pronao rettangolare tetrastilo, le cui due successive file di quattro colonne presentavano un'ampia spaziatura centrale: intercolunnio doppio rispetto ai due alle estremità. Ne risultò, di conseguenza, un pronao coperto a botte sull'asse d'ingresso, architravato e sorretto nelle ali da gruppi di quattro colonne su disposizione quadrata. La cella rotonda era decorata all'esterno da nicchie coperte da semicupole a conchiglia.
Le colonne che circondano la cella sono collegate quattro a quattro a una trabeazione che non segue la linea del colonnato, ma si incurva verso l'interno fino a toccare il muro esterno della cella, creando una preziosa quanto audace e inconsueta forma stellare e inquadrando in tal modo le nicchie.

IL TEMPIO DI VENERE OGGI
Eusebio di Cesarea, vescovo e scrittore greco (265 - 340)  attesta la continuità del culto fino agli inizi dell'epoca cristiana, sottolineando la natura orgiastica del culto e la presenza della prostituzione sacra, segno della libertà femminile nell'epoca più antica. 
Altresì testimonia che il tempio era dedicato alla Dea venere di cui prima preesisteva una Dea analoga, preposta all'amore e al sesso.

Il tempio venne trasformato infatti nella chiesa di Santa Barbara, ma restò al di fuori della cittadella araba e l'intero complesso venne in seguito coperto da una fitta rete di abitazioni. 
I resti del tempio furono smontati e rimontati a poca distanza in uno spazio libero.



DA TEMPIO A CHIESA CRISTIANA

Durante l'epoca cristiana bizantina il tempio è stato utilizzato come una chiesa per i cattolici greci e dedicata alla protomartire cristiana Santa Barbara, che però con Baalbek non aveva a che fare, infatti nacque nel 273 a Nicomedia in Turchia, e si trasferì a Scandriglia, in provincia di Rieti (Italia).

La leggenda vuole che suo padre Dioscoro, rinchiusala in una torre per proteggerla dai suoi pretendenti, le fece costruire delle terme private con due finestre, ma Barbara ordinò ai costruttori di aggiungerne una terza, alludendo alla Trinità. Quando il padre vide la modifica capì che la figlia era cristiana per cui la denunciò, la torturò, le tagliò le mammelle, la fustigò, la bruciò e alla fine la decapitò. Era l'anno 306, e la storia fu scritta da un frate nel XIII sec. Insomma sopra a tanto paganesimo ci doveva essere qualcosa di cristiano.
Così il tempio venne completamente spoliato dei suoi decori.

Gli archeologi, incapaci di risolvere i misteri del trasporto e sollevamento dei grandi blocchi, raramente hanno l'onestà intellettuale di ammettere la loro ignoranza in materia.

Architetti e ingegneri edili, invece, non avendo idee preconcette di storia antica da sostenere, affermano che non ci sono le tecnologie di sollevamento adatte neppure nei tempi attuali, che potrebbero sollevare e posizionare le pietre di Baalbek dato lo spazio di lavoro.

IL TEMPIO DI BACCO

RICOSTRUZIONE DEL SITO

Consapevoli che gli antichi templi greco-romani nascondessero sotto gli edifici dei cunicoli a dedalo, i viaggiatori e studiosi George Ebers e Herman Guthe, guidati da alcuni arabi, attraverso un ingresso situato nel lato meridionale, avrebbero percorso, per 140 m una serie di cunicoli e un dedalo di grotte e condotti a volta, tutti comunicanti, sotto l’intera costruzione, illuminati ogni tanto da misteriose "finestre traforate", riemergendo sotto le mura a settentrione. Nel 1920 Andrè Parrot confermò l’esistenza di labirinti costruiti da crolli, e in alcuni punti ancora visibili attraverso le crepe.

MOSAICO DELLA VILLA DI SUWEYDIE

VILLA ROMANA DI SUWEYDIE

La villa, del III sec. è stata scoperta appena fuori da Baalbek. Vi sono stati rinvenuti pregevoli mosaici tra cui uno policromo e molto pregevole che illustra la Musa Calliope al centro, circondata dalle immagini dei 7 saggi e da Socrate.
Ciascuno dei sette saggi ha l'iscrizione di un suo motto di saggezza:
- Thales di Mileto: "un garante rovina se stesso" (sottintende: garantisce l'altro ma rovina se stesso).
- Pittaco di Mytilene: "conosci le tue opportunità"
- Solone di Atene: "nulla di troppo" (non c'è nulla da togliere in noi ma solo da capire)
- Bias di Priene: "molta gente è cattiva"
- Cleobulo di Lindos: "il meglio è la moderazione"
- Chilone di Sparta: "conosci te stesso"
- Periander di Corinto ("la pratica rende perfetti").
Sul lato opposto del mosaico è l'immagine della Madre Terra (Gaia, Gea), a cui viene offerto un mazzo di spighe di grano dal Theros, la personificazione dell'estate. Una parte del mosaico è perduto, ma  quel che resta è ben conservato.


BIBLIO

- Margarete Van Ess, Thomas Weber - Baalbek. Im Bann römischer Monumentalarchitektur -Magonza - Philipp von Zabern - 1999 -
- Patrizia Fabbri - Baalbek. La città del sole - Firenze - Bonechi - 2000 -
- Michel Alouf - History of Baalbek - San Diego - Book Tree - 1998 -
- Phillip K. Hitti - History of Syria, Including Lebanon and Palestine - Gorgias Press LLC - 2004 -- David Kennedy - L'Oriente - Il mondo di Roma imperiale: la formazione - Bari - 1989 -
- Sergio Rinaldi Tufi - Archeologia delle province romane - Roma - 2007 -






3 comment:

1950corrado on 1 dicembre 2019 alle ore 04:13 ha detto...

ASSOLUTAMENTE UN FANTASTICO PEZZO DI ANTICA ARCHEOLOGIA.

Unknown on 5 agosto 2020 alle ore 08:41 ha detto...

Grazie

Carla ha detto...

Molto dettagliato! Ho apprezzato la ricerca di chiarezza su un soggetto su cui ho notato girare informazioni confuse

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