(Seneca - Lettere a Lucilio)
"Dice un vecchio proverbio che il gladiatore decide le sue mosse nell'arena: gliele suggeriscono il volto dell'avversario, i movimenti delle mani, l'inclinazione stessa del corpo, che egli studia attentamente".
CHI ERANO
I gladiatori romani, cioè i combattenti con la spada romana "gladius", erano prigionieri di guerra, schiavi o condannati a morte, ma talvolta anche uomini liberi, magari oberati di debiti, oppure attratti dalle ricompense e dalla gloria. Succedeva un po' la stessa cosa nella Legione Straniera, istituita in Francia nel 1831, dove confluivano ricercati, disperati e gente in cerca di fortuna, una legione che perdura a tutt'oggi.
Chiunque scegliesse di diventare gladiatore automaticamente veniva considerato "infamis" per la legge, in quanto si associava a un mondo di bassifondi e di reietti, ma se aveva successo non era più un infame ma un eroe, invitato a tutti i banchetti, adorato dalle donne, carico di ricompense e doni, e pagato più di un generale dell'esercito.
Infatti un aristocratico di nome Gracchus, volle scendere in arena come reziario, quindi a viso scoperto. Venne considerato disonorevole e Giovenale lo dichiarò la vergogna di Roma, disprezzandolo e addirittura parlando dell’avversario che fu costretto a combattere contro di lui e a sopportare l’ignominia peggiore di ogni altra ferita.
Il gladiatore era dotato di auctoratus dal momento che intraprendeva il suo ruolo nell'arena. Riguardava una situazione particolare di libertà, uno status specifico.
Auctoratus è il gladiatore, giuridicamente un uomo libero tuttavia, avendo locato i propri servigi all'impresario di ludi gladiatori (il lanista) gode di una libertà attenuata.
La condizione del gladiatore è simile a quella dello schiavo; il giurista Gaio parla di lui come auctoratus meus, e l'aggettivo è riferito in epoca antica alle cose di proprietà. Inoltre la sottrazione dell'auctoratus al lanista era considerata furto.
Tutti i gladiatori facevano un giuramento solenne (sacramentum gladiatorium) e terribile: "Sopporterò di essere bruciato, di essere legato, di essere morso, di essere ucciso per questo giuramento" (Uri, vinciri, verberari, ferroque necari, Petronius Satyricon 117).
Paradossalmente, questo terribile giuramento forniva una sorta di evoluzione e di onore ai gladiatori; come afferma Carlin Barton:
"Il gladiatore, attraverso il suo giuramento, trasforma in volontario quello che in origine era un atto involontario, così che , nel momento stesso in cui assume i panni di uno schiavo condannato a morte, egli diviene contemporaneamente un uomo che agisce secondo la propria volontà"
(The sorrows of the Ancient Romans: The gladiators and the monsters Princeton University Press, 1993 15).
Alcuni gladiatori non combattevano più di due o tre volte l' anno; i migliori tra essi divenivano veri e propri eroi popolari e, in quanto tali, i loro nomi apparivano spesso nei graffiti: il carnefice dell' arena diventava il carnefice dei cuori: decus puellarum, suspirium puellarum. Grazie a questa popolarità e ricchezza, lo schiavo, il cittadino decaduto, il condannato per delitti comuni eguagliava i pantomimi e gli aurighi di moda. I combattenti più abili infatti potevano vincere una notevole somma di denaro e ricevevano la spada di legno (rudis) che simboleggiava la libertà acquisita. I gladiatori liberati potevano continuare a combattere per denaro, ma più di frequente divenivano istruttori nelle scuole gladiatorie o guardie del corpo mercenarie per il compenso economico.
- Verso mezzogiorno sono capitato per caso a uno spettacolo; mi attendevo qualche scenetta comica, qualche battuta spiritosa, un momento di distensione che desse pace agli occhi dopo tanto sangue. Tutto al contrario: di fronte a questi i combattimenti precedenti erano atti di pietà; ora niente più scherzi, ma veri e propri omicidi.
Infatti un aristocratico di nome Gracchus, volle scendere in arena come reziario, quindi a viso scoperto. Venne considerato disonorevole e Giovenale lo dichiarò la vergogna di Roma, disprezzandolo e addirittura parlando dell’avversario che fu costretto a combattere contro di lui e a sopportare l’ignominia peggiore di ogni altra ferita.
Il gladiatore era dotato di auctoratus dal momento che intraprendeva il suo ruolo nell'arena. Riguardava una situazione particolare di libertà, uno status specifico.
Auctoratus è il gladiatore, giuridicamente un uomo libero tuttavia, avendo locato i propri servigi all'impresario di ludi gladiatori (il lanista) gode di una libertà attenuata.
La condizione del gladiatore è simile a quella dello schiavo; il giurista Gaio parla di lui come auctoratus meus, e l'aggettivo è riferito in epoca antica alle cose di proprietà. Inoltre la sottrazione dell'auctoratus al lanista era considerata furto.
Tutti i gladiatori facevano un giuramento solenne (sacramentum gladiatorium) e terribile: "Sopporterò di essere bruciato, di essere legato, di essere morso, di essere ucciso per questo giuramento" (Uri, vinciri, verberari, ferroque necari, Petronius Satyricon 117).
Paradossalmente, questo terribile giuramento forniva una sorta di evoluzione e di onore ai gladiatori; come afferma Carlin Barton:
"Il gladiatore, attraverso il suo giuramento, trasforma in volontario quello che in origine era un atto involontario, così che , nel momento stesso in cui assume i panni di uno schiavo condannato a morte, egli diviene contemporaneamente un uomo che agisce secondo la propria volontà"
(The sorrows of the Ancient Romans: The gladiators and the monsters Princeton University Press, 1993 15).
Alcuni gladiatori non combattevano più di due o tre volte l' anno; i migliori tra essi divenivano veri e propri eroi popolari e, in quanto tali, i loro nomi apparivano spesso nei graffiti: il carnefice dell' arena diventava il carnefice dei cuori: decus puellarum, suspirium puellarum. Grazie a questa popolarità e ricchezza, lo schiavo, il cittadino decaduto, il condannato per delitti comuni eguagliava i pantomimi e gli aurighi di moda. I combattenti più abili infatti potevano vincere una notevole somma di denaro e ricevevano la spada di legno (rudis) che simboleggiava la libertà acquisita. I gladiatori liberati potevano continuare a combattere per denaro, ma più di frequente divenivano istruttori nelle scuole gladiatorie o guardie del corpo mercenarie per il compenso economico.
- Verso mezzogiorno sono capitato per caso a uno spettacolo; mi attendevo qualche scenetta comica, qualche battuta spiritosa, un momento di distensione che desse pace agli occhi dopo tanto sangue. Tutto al contrario: di fronte a questi i combattimenti precedenti erano atti di pietà; ora niente più scherzi, ma veri e propri omicidi.
I gladiatori non hanno nulla con cui proteggersi; tutto il corpo è esposto ai colpi e questi non vanno mai a vuoto. La gente per lo più preferisce tali spettacoli alle coppie normali di gladiatori o a quelle su richiesta del popolo. E perché no? Non hanno elmo né scudo contro la lama. Perché schermi protettivi? Perché virtuosismi? Tutto ciò ritarda la morte.
Al mattino gli uomini sono gettati in pasto ai leoni e agli orsi, al pomeriggio ai loro spettatori. Chiedono che gli assassini siano gettati in pasto ad altri assassini e tengono in serbo il vincitore per un'altra strage; il risultato ultimo per chi combatte è la morte; i mezzi con cui si procede sono il ferro e il fuoco. E questo avviene mentre l'arena è vuota. "Ma costui ha rubato, ha ammazzato".
E allora? Ha ucciso e perciò merita di subire questa punizione: ma tu, povero diavolo, di che cosa sei colpevole per meritare di assistere a questo spettacolo? "Uccidi, frusta, brucia! Perché ha tanta paura a slanciarsi contro la spada? Perché colpisce con poca audacia? Perché va incontro alla morte poco volentieri? Lo si faccia combattere a sferzate, che si feriscano a vicenda affrontandosi a petto nudo."
C'è l'intervallo: "Si scanni qualcuno, intanto, per far passare il tempo." Non capite nemmeno questo, che i cattivi esempi si ritorcono su chi li dà? Ringraziate gli dei perché insegnate a essere crudele a uno che non può imparare.… -
(SENECA)
I LUDI
Per alcuni autori, in genere cristiani come Tertulliano, che amavano infangare ogni abitudine pagana, i combattimenti gladiatori sarebbero un’evoluzione dei sacrifici umani di schiavi e prigionieri di guerra, costretti a combattere tra di loro per onorare il defunto; una sorta di tributo che sostituì questi sacrifici umani di età arcaica, offerti per placare l’anima del morti. Anche se iniziati per questa ragione, i romani non facevano sacrifici ai morti e amavano i ludi gladiatori come oggi si ama una partita di calcio. Per cui i primi non hanno a che vedere coi secondi.
E' vero però che per tutto il periodo repubblicano (dal III al I secolo a.c.) l'aumento di ludi gladiatori testimonia il successo di questi spettacoli offerti al popolo da cittadini facoltosi (in genere magistrati), in occasione del funerale di qualche loro parente.
Tanto che dal II secolo a.c., si diffonderanno indipendentemente dalle cerimonie funebri per trasformarsi in veri spettacoli. Ma fu soprattutto da Augusto in poi che i combattimenti gladiatori divennero un vero e proprio sport di “alto livello”: fu lui ad avviarne l’organizzazione (prendendo spunto da Cesare), come narra Svetonio, poi proseguita e perfezionata dagli altri imperatori, facendo diventare la gladiatura un potente strumento di propaganda politico-militare della munificenza imperiale, tanto che il termine “munera” indicherà d’ora in poi i “doni” offerti al popolo, ormai slegati del tutto dalla loro origine funebre.
Si gareggiava poi per trovare idee sempre nuove, traendo ispirazione da episodi mitologici, o ricercando situazioni grottesche.
SCONTRO TRA MIRMILLONE E TRACE, AFFRESCO DI POMPEI |
LA FAMA DEI LUDI E DEI GLADIATORI
Seneca descrive il clima degli spettacoli e la partecipazione degli spettatori non solo ai giochi, ma anche alle esecuzioni capitali che si tenevano all’ora di pranzo, nell’intervallo tra lo spettacolo mattutino e quello pomeridiano.
Trapela il disgusto dell’intellettuale, non per la violenza dello spettacolo, ma per quelli che non combattono col valore che ci si aspetta da un gladiatore.
Forse condannato per terribili crimini, al più basso gradino della scala sociale, solamente dimostrando coraggio di fronte alla morte il gladiatore può ottenere rispetto. Seneca d'altronde dimostrerà non a parole ma a fatti che effettivamente lui sapeva morire con coraggio.
Lo stesso concetto compare in Petronio, dove un personaggio si lamenta dello scarso valore dimostrato dai contendenti di un munus, e il suo disprezzo si estende persino al finanziatore dei giochi, reo di aver offerto uno spettacolo miserabile.
Si definì bustuarius una categoria di gladiatori che combattevano intorno al bustum (o pira) di una persona deceduta, durante la cerimonia delle sue esequie.
In tempi antichissimi c'era l’usanza di sacrificare prigionieri sulla tomba, o presso il bustum dei propri guerrieri: esempi di ciò si ritrovano in Omero, durante le esequie di Patroclo, e fra i tragediografi greci. Si riteneva che il sacrificio avrebbe fatto accogliere agli Dei le spoglie del defunto. In seguito però quest'usanza apparve troppo barbara e vennero sostituiti coi gladiatori.
Secondo gli scrittori Valerio Massimo e Floro, Marco e Decimo, i figli di Bruto furono i primi, a Roma, ad onorare i funerali del proprio padre con questo genere di spettacoli nell'anno 489 a.u.c.
Si ritiene che i romani abbiano ereditato quest’usanza dagli Etruschi, che a loro volta l’avrebbero ereditata dai greci, che a loro volta l'avrebbero ereditata dagli oschi-sanniti.
LE AMAZZONI (gladiatrici)
Nel 19 d.c. venne emanato sotto Tiberio il senatus consultum di Larinum, un decreto senatoriale che vietava a uomini e donne, legati da parentela verso senatori o verso equites, di apparire sulla scena o di mostrarsi nelle vesti gladiatorie:
« 7. ordinare che nessuno presenti sulla scena il figlio, la figlia, il nipote, la nipote, il pronipote, la pronipote di un senatore, né un uomo (il cui padre 8. o nonno) paterno o materno, o il cui fratello, né alcuna donna il cui marito o padre o nonno paterno o materno o il fratello 9. abbiano mai avuto il diritto di assistere agli spettacoli dai posti riservati ai cavalieri, nessuno li presenti sulla scena né li faccia lottare dietro auctoramento »
(Tabula Larinas)
Il decreto, parte del quale ci è pervenuto inciso su una tavoletta bronzea, conosciuta come la Tabula Larinas, citava a sua volta un precedente decreto dell'11 d.c. in cui si proibiva alle giovani sotto i venti anni di esibirsi in un'arena, il che ci fa capire diverse cose:
1) che non era considerato dignitoso per un parente di senatore o di cavaliere scendere nell'arena, anzi era infamis, anche se acquisiva fama e diventava famoso e ricco:
2) che se si proibiva alle ragazze aldisotto dei 20 anni evidentemente era già avvenuto:
3) che non si proibiva comunque alle donne aldisopra dei 20 anni. E questo ribadisce l'esistenza delle gladiatrici.
Nelle Vite dei Cesari Svetonio narra che l'imperatore Domiziano offrì venationes e spettacoli gladiatorii notturni, alla luce delle torce, con combattimenti sia tra gli uomini che tra le donne.
Cassio Dione aggiunge che nei combattimenti notturni gettava talvolta nell'arena nani e donne uno contro l'altro. Sia Marziale che Sazio confermano l'impiego delle gladiatrici nelle arene voluto da Domiziano.
In base ai dipinti pare che le gladiatrici combattessero a torso nudo e che indossassero raramente l'elmo, a prescindere dalla figura gladiatoria rappresentata.
In un'iscrizione trovata a Ostia antica un certo Hostilinianus si vanta di essere stato il primo editor a portare le gladiatrici in città. Evidentemente non erano così rare.
2) che se si proibiva alle ragazze aldisotto dei 20 anni evidentemente era già avvenuto:
3) che non si proibiva comunque alle donne aldisopra dei 20 anni. E questo ribadisce l'esistenza delle gladiatrici.
Nelle Vite dei Cesari Svetonio narra che l'imperatore Domiziano offrì venationes e spettacoli gladiatorii notturni, alla luce delle torce, con combattimenti sia tra gli uomini che tra le donne.
Cassio Dione aggiunge che nei combattimenti notturni gettava talvolta nell'arena nani e donne uno contro l'altro. Sia Marziale che Sazio confermano l'impiego delle gladiatrici nelle arene voluto da Domiziano.
In base ai dipinti pare che le gladiatrici combattessero a torso nudo e che indossassero raramente l'elmo, a prescindere dalla figura gladiatoria rappresentata.
In un'iscrizione trovata a Ostia antica un certo Hostilinianus si vanta di essere stato il primo editor a portare le gladiatrici in città. Evidentemente non erano così rare.
Naturalmente Giovenale lo disapprovò nelle sue Satire, non perchè volesse salvaguardare le donne, visto che le odiava abbastanza, ma perchè il permettere loro di combattere come maschi metteva in pericolo la superiorità mascolina:
"Chi non conosce le tute di porpora e l’olio per la lotta
o chi non le ha viste colpire il palo che scavano assiduamente
e imbracciato lo scudo provano tutti i ritmi,
matrone degnissime di suonare la tromba alle feste di Flora,
se non fosse che nel suo animo mira a più
e si prepara propriamente all’arena.
Che pudore può avere una donna che porta l’elmo,
rifugge dal suo sesso, ama la forza?
Ma non vorrebbe cambiarsi con un uomo,
perché il nostro piacere è minore.
Che onore per un uomo,
se si mettessero all’asta gli oggetti della moglie
– cintura, braccialetti, cosciali per la gamba sinistra –
o, se fa battaglie diverse, sarai felice che venda i suoi schinieri.
Queste sono quelle che sudano nei veli più tenui,
la stoffa più leggera gli brucia la pelle liscia.
Guarda con che fremito esibisce gli esercizi prescritti,
come si piega sotto l’elmetto pesante,
e com’è solida nei polpacci, e quali fasce la cingono,
e ridi quando depone le armi e prende il pitale.
Nipoti di Lepido o di Metello il Cieco o di Fabio Gurgite,
ditemi voi quale moglie di gladiatore ha messo questi abiti,
quando mai geme davanti al palo la moglie di Asilo.
Il letto di una sposa ha sempre liti e rinfacci continui:
vi si dorme pochissimo."
(Giovenale - Satire)
"Chi non conosce le tute di porpora e l’olio per la lotta
o chi non le ha viste colpire il palo che scavano assiduamente
e imbracciato lo scudo provano tutti i ritmi,
matrone degnissime di suonare la tromba alle feste di Flora,
se non fosse che nel suo animo mira a più
e si prepara propriamente all’arena.
Che pudore può avere una donna che porta l’elmo,
rifugge dal suo sesso, ama la forza?
Ma non vorrebbe cambiarsi con un uomo,
perché il nostro piacere è minore.
Che onore per un uomo,
se si mettessero all’asta gli oggetti della moglie
– cintura, braccialetti, cosciali per la gamba sinistra –
o, se fa battaglie diverse, sarai felice che venda i suoi schinieri.
Queste sono quelle che sudano nei veli più tenui,
la stoffa più leggera gli brucia la pelle liscia.
Guarda con che fremito esibisce gli esercizi prescritti,
come si piega sotto l’elmetto pesante,
e com’è solida nei polpacci, e quali fasce la cingono,
e ridi quando depone le armi e prende il pitale.
Nipoti di Lepido o di Metello il Cieco o di Fabio Gurgite,
ditemi voi quale moglie di gladiatore ha messo questi abiti,
quando mai geme davanti al palo la moglie di Asilo.
Il letto di una sposa ha sempre liti e rinfacci continui:
vi si dorme pochissimo."
(Giovenale - Satire)
Durante uno degli spettacoli offerti dall'imperatore Nerone apparvero uomini e donne, persino di rango senatoriale, sia nelle vesti di bestiarii che di gladiatrici. Lo stesso Nerone, ai giochi organizzati nel 66 d.c. da Patrobio a Puteoli, (Pozzuoli), per Tiridate I di Armenia, fece esibire nell'arena donne e bambini di colore, provenienti dall'Etiopia.
Settimio Severo, dello stesso avviso di giovenale, bandì gli spettacoli con gladiatrici nel 200 d.c., ma con poco successo, visto una successiva iscrizione rinvenuta ad Ostia antica concernente combattimenti femminili.
Mark Vesley, uno storico della società romana, ipotizza che le donne non si allenassero nelle scuole gladiatorie, ma imparassero con dei tutors nei collegia iuvenum. Queste scuole, generalmente riservate agli uomini dei ceti elevati sopra ai 14 anni, hanno rivelato diversi riferimenti a donne che l'hanno frequentata, tra cui una che è morta. In un'iscrizione si legge: «alle forme divine di Valeria Iucunda, che apparteneva al corpo degli iuvenes. Visse 17 anni e 9 mesi».
Uno scheletro femminile di epoca romana dissotterrato nel 2001 a Southwark, un borgo di Londra, è stato identificato come un gladiatore di sesso femminile per il fatto che, sebbene benestante, sia stato sepolto come un emarginato al di fuori del perimetro cimiteriale e avesse come corredo lucerne di ceramica raffiguranti Anubi, un'altra lucerna con una rappresentazione di un gladiatore caduto incisa su di essa e delle ciotole contenenti pigne bruciate di un pino collocato nella tomba.
Gli unici pini dell'epoca in Gran Bretagna erano quelli piantati attorno all'anfiteatro di Londra, dato che le pigne di questa particolare specie venivano tradizionalmente bruciate durante i giochi.
Ma la prova più convincente sull'esistenza delle gladiatrici è un bassorilievo marmoreo del I o del II sec. trovato ad Alicarnasso e attualmente in mostra al British Museum. Il bassorilievo, in cui sono rappresentate due gladiatrici in combattimento della categoria provocatrices, testimonia che alcune donne hanno combattuto con armature pesanti. L'iscrizione ci indica i loro pseudonimi, Amazon e Achillia e ci dice che venne loro concessa la missio ossia la sospensione, avendo ambedue combattuto valorosamente nello scontro.Gli unici pini dell'epoca in Gran Bretagna erano quelli piantati attorno all'anfiteatro di Londra, dato che le pigne di questa particolare specie venivano tradizionalmente bruciate durante i giochi.
Le gladiatrici indossano.
- il subligaculum e l'equipaggiamento tradizionale dei gladiatori, come schinieri e manica.
Entrambe sono armate di una spada e uno scudo, ma non indossano né l'elmo né una tunica (sono a seno nudo, come si raffigura nell'amazzonomachia).
UNA GIORNATA DI LUDI GLADIATORI
- I giochi gladiatori avevano inizio con una elaborata processione che comprendeva i combattenti ed era condotta da colui che finanziava la manifestazione, l'editor; in Roma, durante il periodo imperiale, questo era di solito l'imperatore stesso, mentre nelle province era un magistrato d'alto rango.
La parata e gli eventi successivi erano spesso accompagnati dalla musica.
- Le manifestazioni della mattina potevano incominciare con combattimenti simulati; a questi sarebbero seguiti esibizioni di animali, a volte consistenti in animali ammaestrati che si cimentavano in giochi di abilità, ma più spesso organizzati come cacce (venationes) in cui animali esotici sempre più numerosi venivano aizzati l'uno contro l'altro, oppure cacciati e uccisi dai bestiarii.
- L'ora di pranzo era dedicata alle esecuzioni dei criminali che avevano commesso crimini particolarmente atroci: omicidi incendi, sacrilegi (i Cristiani, ad esempio, erano considerati imputati per sacrilegio e tradimento, in quanto rifiutavano di partecipare ai riti della religione di stato o di riconoscere la natura divina dell'imperatore. La natura pubblica dell'esecuzione la rendeva tanto più degradante quanto dolorosa , e mirava a fungere da deterrente per gli altri.
Una forma di esecuzione nell' arena era la damnatio ad bestias, in cui i condannati erano costretti ad entrare nell' arena con animali feroci, oppure a partecipare a rappresentazioni drammatiche di racconti mitologici in cui i protagonisti morivano realmente (ne è un esempio il mito di Dirce, ucciso dopo essere stato attaccato ad un toro). I criminali potevano anche essere costretti a combattere nell' arena senza un precedente addestramento; in tali confronti la morte era l' inevitabile conclusione, in quanto il victor doveva combattere con ulteriori avversari finchè non moriva (tali combattenti non erano, naturalmente, gladiatori professionisti).
In occasioni straordinarie, i criminali potevano essere costretti ad interpretare una complessa battaglia navale (naumachia); queste, benchè generalmente si svolgessero sui laghi, si pensa abbiano occasionalmente avuto luogo anche nel Colosseo.
- Nel pomeriggio, i giochi raggiungevano il momento culminante: i combattimenti gladiatori individuali. Questi consistevano generalmente in scontri tra gladiatori con differenti tipi di armatura e stili di combattimento, arbitrati dal lanista. Si crede comunemente che queste lotte cominciassero con l’ enunciazione da parte dei gladiatori di questa formula: "Coloro che stanno per morire ti salutano": in realtà, l’unica testimonianza dell’utilizzo di questa espressione si riscontra nella descrizione di una naumachia organizzata da Claudio con dei criminali condannati in cui gli uomini, secondo quanto si è potuto desumere, dicevano: "Ave Imperator, morituri te salutant", ma questo non era certamente un tipico combattimento gladiatorio, e non può pertanto essere assunto come esemplare di una pratica usuale.
LA STORIA
Gli spettacoli gladiatorii furono etruschi prima che romani, usati nelle cerimonie funebri insieme a danze e banchetti in onore del morto.
UNA GIORNATA DI LUDI GLADIATORI
- I giochi gladiatori avevano inizio con una elaborata processione che comprendeva i combattenti ed era condotta da colui che finanziava la manifestazione, l'editor; in Roma, durante il periodo imperiale, questo era di solito l'imperatore stesso, mentre nelle province era un magistrato d'alto rango.
La parata e gli eventi successivi erano spesso accompagnati dalla musica.
- Le manifestazioni della mattina potevano incominciare con combattimenti simulati; a questi sarebbero seguiti esibizioni di animali, a volte consistenti in animali ammaestrati che si cimentavano in giochi di abilità, ma più spesso organizzati come cacce (venationes) in cui animali esotici sempre più numerosi venivano aizzati l'uno contro l'altro, oppure cacciati e uccisi dai bestiarii.
- L'ora di pranzo era dedicata alle esecuzioni dei criminali che avevano commesso crimini particolarmente atroci: omicidi incendi, sacrilegi (i Cristiani, ad esempio, erano considerati imputati per sacrilegio e tradimento, in quanto rifiutavano di partecipare ai riti della religione di stato o di riconoscere la natura divina dell'imperatore. La natura pubblica dell'esecuzione la rendeva tanto più degradante quanto dolorosa , e mirava a fungere da deterrente per gli altri.
Una forma di esecuzione nell' arena era la damnatio ad bestias, in cui i condannati erano costretti ad entrare nell' arena con animali feroci, oppure a partecipare a rappresentazioni drammatiche di racconti mitologici in cui i protagonisti morivano realmente (ne è un esempio il mito di Dirce, ucciso dopo essere stato attaccato ad un toro). I criminali potevano anche essere costretti a combattere nell' arena senza un precedente addestramento; in tali confronti la morte era l' inevitabile conclusione, in quanto il victor doveva combattere con ulteriori avversari finchè non moriva (tali combattenti non erano, naturalmente, gladiatori professionisti).
In occasioni straordinarie, i criminali potevano essere costretti ad interpretare una complessa battaglia navale (naumachia); queste, benchè generalmente si svolgessero sui laghi, si pensa abbiano occasionalmente avuto luogo anche nel Colosseo.
- Nel pomeriggio, i giochi raggiungevano il momento culminante: i combattimenti gladiatori individuali. Questi consistevano generalmente in scontri tra gladiatori con differenti tipi di armatura e stili di combattimento, arbitrati dal lanista. Si crede comunemente che queste lotte cominciassero con l’ enunciazione da parte dei gladiatori di questa formula: "Coloro che stanno per morire ti salutano": in realtà, l’unica testimonianza dell’utilizzo di questa espressione si riscontra nella descrizione di una naumachia organizzata da Claudio con dei criminali condannati in cui gli uomini, secondo quanto si è potuto desumere, dicevano: "Ave Imperator, morituri te salutant", ma questo non era certamente un tipico combattimento gladiatorio, e non può pertanto essere assunto come esemplare di una pratica usuale.
LA STORIA
Gli spettacoli gladiatorii furono etruschi prima che romani, usati nelle cerimonie funebri insieme a danze e banchetti in onore del morto.
Non erano affatto, come si pensa, organizzati come sacrifici umani, ma per il gusto dello spettacolo, visto che la morte di un parente era per gli Etruschi la certezza che questi si fosse trasferito in un mondo migliore.
Anche gli Etruschi sembra usassero gli schiavi e la festa si protraeva per una settimana e pure per due settimane, con diversi giochi gladiatori.
Livio racconta che 307 soldati romani fossero stati fatti prigionieri dagli abitanti di Tarquinia e che fu offerta loro una possibilità facendoli combattere fra loro o contro le fiere: di qui sarebbero nati i ludi gladiatori.
Nella Tomba degli Auguri e in quella delle Olimpiadi a Tarquinia in effetti possiamo trovare i più antichi documenti pittorici dei combattimenti con le fiere, nonchè un impari duello di un uomo con la testa avvolta in un sacco e armato d'una clava contro un feroce mastino.
Nella Tomba degli Auguri e in quella delle Olimpiadi a Tarquinia in effetti possiamo trovare i più antichi documenti pittorici dei combattimenti con le fiere, nonchè un impari duello di un uomo con la testa avvolta in un sacco e armato d'una clava contro un feroce mastino.
Fu organizzato per commemorare la morte del nobile Giunio Bruto Pera, fondatore della Repubblica romana, da suo figlio Decio Giunio Bruto. Fu chiamato munus da munere, remunerare, pagare con ricchi doni.
Nel 105 a.c..i combattimenti dei gladiatori vennero inseriti nei ludi pubblici romani da Gaio Mario. Questi combattimenti, spesso mortali, erano tuttavia molto regolamentati e allo sbaraglio come si mostra nei film.
D'altronde anche le corride sovente finiscono col sangue, del toro o del torero, eppure perdurano tutt'oggi in Spagna.
Nel 105 a.c..i combattimenti dei gladiatori vennero inseriti nei ludi pubblici romani da Gaio Mario. Questi combattimenti, spesso mortali, erano tuttavia molto regolamentati e allo sbaraglio come si mostra nei film.
D'altronde anche le corride sovente finiscono col sangue, del toro o del torero, eppure perdurano tutt'oggi in Spagna.
Molti grandi uomini e imperatori si guadagnarono il favore del pubblico istituendo a proprie spese i giochi gladiatori. Spettacoli su vasta scala vennero promossi da Giulio Cesare (100-44 a.c.), che in un'occasione fece esibire ben 300 coppie di combattenti.
Ancora i giochi non erano ben regolamentati, perchè nel 35 a.c. Strabone narra nella sua opera, "Geografia", della trappola ai danni di un certo Seleuro, cittadino di "Aitna" che, portato a Roma per assistere ai combattimenti fra gladiatori, fu fatto sbranare dalle belve.
Famosa peraltro la tragedia di Fidènes, del 27 a.c. Approfittando della politica di austerità di Tiberio, alcuni lanisti senza scrupoli, misero su uno spettacolo privo di garanzie di sicurezza. Così avvenne il crollo di un anfiteatro edificato in gran fretta a Fidènes (evidentemente in legno), poco lontano da Roma,che provocò sgomento e sdegno nei romani.
Tacito che racconta la tragedia nei suoi Annales scrive di 50.000 tra morti e feriti. Alla tragedia seguì allora una stretta legislazione sull'organizzazione degli spettacoli valida per tutto l'Impero.
Gli spettacoli dei gladiatori non servivano soltanto a far divertire il popolo Romano, ma anche a sperimentare nuovi prototipi di armi e di equipaggiamenti da guerra. L'episodio che fa pensare a questo fu la rivolta di gladiatori avvenuta nel 21 d.c. , dove dei gladiatori corazzati con appunta la lorica segmentata si batterono contro un gruppo di legionari, che per vincere, dovettero usare anziché il gladius, dei picconi per poter sfondare le potenti armature dei ribelli.
Tacito che racconta la tragedia nei suoi Annales scrive di 50.000 tra morti e feriti. Alla tragedia seguì allora una stretta legislazione sull'organizzazione degli spettacoli valida per tutto l'Impero.
Gli spettacoli dei gladiatori non servivano soltanto a far divertire il popolo Romano, ma anche a sperimentare nuovi prototipi di armi e di equipaggiamenti da guerra. L'episodio che fa pensare a questo fu la rivolta di gladiatori avvenuta nel 21 d.c. , dove dei gladiatori corazzati con appunta la lorica segmentata si batterono contro un gruppo di legionari, che per vincere, dovettero usare anziché il gladius, dei picconi per poter sfondare le potenti armature dei ribelli.
Invece l'imperatore romano Caligola, ( dal 37 al 41) anche se ammise i ludi gladiatoria moltiplicò il numero delle corse dei carri ed altre prove sportive a Roma.
I Greci adottarono anch'essi i ludi gladiatorii, e i romani edificarono dei magnifici anfiteatri o circhi per questo; ma non vennero praticati in tutto l'Impero Romano, ad esempio non attecchirono in Egitto e in Medio Oriente, dove si amavano soprattutto le corse dei carri.
Si sa che sotto un paio di imperatori si fecero combattere anche le donne ma solo contro altre donne, e comunque volontarie.
Si sa che sotto un paio di imperatori si fecero combattere anche le donne ma solo contro altre donne, e comunque volontarie.
Alla gladiatura potevano adire anche coloro che non possedevano la cittadinanza romana; ma talvolta essa veniva concessa ai combattenti eccezionali, cui toccava pure ricchezza e gloria. Per comprendere la gladiatura romana, occorre però mettere da parte la storiografia classica, spesso dettata dalla fede cristiana, molto ostile e poco obiettiva rispetto ad essa.
I cristiani infatti spregiavano questo spettacolo almeno quanto quello del teatro, ambedue considerati immorali, per cui nel 399 a.c. vennero chiuse delle scuole di gladiatori a Roma, anche se alcuni ludi gladiatori sopravvissero fino al 439 d.c.
LE FALSE TRADIZIONI
1) Secondo la tradizione, prima del combattimento i concorrenti si recavano sotto la tribuna dell'Imperatore, quando egli era presente, e gridavano: “ Ave Caesar, morituri te salutant.”, (“Ave Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano.”). Pare invece che la frase sia stata pronunciata da un gruppo di gladiatori di una naumachia che dovevano interpretare una pericolosa battaglia navale. all'indirizzo dell'imperatore Claudio, che per nulla commosso ordinò di procedere.
È probabile che non esistesse il pollice rivolto in basso per richiedere la morte ma esistesse invece il pollice rivolto verso l'alto o disposto orizzontalmente. Questa gestualità, che ricorda una spada sguainata, era indicata con l'espressione "pollex versus". Al contrario, il pollice nel pugno chiuso (spada nel fodero) risparmiava la vita al gladiatore perdente.
E' infondato però che si ordinasse da parte dell'imperatore o del pubblico la morte del gladiatore, perchè un bravo gladiatore si forgiava combattendo, e se si uccideva non diventava mai esperto. Sarebbe stato come uccidere un soldato perchè non combatteva da subito come un veterano.
Il pollice rivolto verso il basso o l'alto per la sentenza fu una tarda invenzione cattolica, al massimo l'imperatore poteva dichiarare libero il gladiatore bravissimo, ripagando però il suo menager.
A diffondere l'interpretazione errata fu, nel 1872, il quadro Pollice verso di Jean-Léon Gérôme che mostra le vergini vestali con il pollice rivolto in basso per chiedere a un mirmillone la morte del gladiatore sconfitto. .
Nel film Il gladiatore, al regista Ridley Scott avrebbero presentato una copia del dipinto. Pur venuto poi a conoscenza dell'errore il regista si sarebbe adeguato alla cultura popolare, facendo volgere all'imperatore Commodo il pollice all'ingiù.
3) I lottatori seguivano un duro addestramento nei Ludi Magni, scuole fondate da Nerone e da Cesare in cui si allenavano con dura disciplina. La diceria che venissero maltrattati è infondata. I gladiatori venivano acquistati da imprenditori che li affittavano ai circhi, un vero e proprio business, e bastava un solo gladiatore che giungesse al successo che l'imprenditore diventava ricco.
E' come se un allevatore di cavalli maltrattasse i cavalli per farli correre. Si sa che sarebbe controproducente, un gladiatore traumatizzato o picchiato, o denutrito avrebbe reso molto poco.
L'organizzatore, imperatore compreso, doveva pagare una cifra molto alta per ogni gladiatore ucciso. Non era perciò francamente incline a chiedere spesso la morte. Di più, il gladiatore, se fosse stato ferito, poteva in qualsiasi momento interrompere i combattimenti.
L'organizzatore, imperatore compreso, doveva pagare una cifra molto alta per ogni gladiatore ucciso. Non era perciò francamente incline a chiedere spesso la morte. Di più, il gladiatore, se fosse stato ferito, poteva in qualsiasi momento interrompere i combattimenti.
4) Non risponde neppure a verità che le compagnie gladiatorie fossero dell'Imperatore se non in rari casi.
5) Non è vero che, al termine del combattimento, il gladiatore perdente fosse generalmente ucciso per giudizio della folla. Sicuramente il pubblico esprimeva il suo giudizio, e forse anche la volontà di vita e di morte; ma era estremamente raro che un gladiatore professionista fosse ucciso, perché questi atleti erano estremamente costosi da addestrare e mantenere. Soltanto chi si comportava vilmente era "condannato a morte" dal pubblico, il che accadeva comunque raramente: i combattenti di carriera erano esperti nel dare spettacolo e il pubblico non voleva vederli morire, affinché potessero tornare in futuro a dare spettacolo.
LA LUSIO
Per moderare la violenza degli spettacoli circensi che inorridiva parte dei Romani alcuni imperatori cercarono di temperare il munus ricorrendo alla lusio, cioè illusione, simulazione.
Le hoplomachiae infatti potevano essere simulate, con armi adattate per non causare ferite, nel prologo al combattimento vero eproprio con la prolusio o con la lusio nei punti salienti dei munera. Questi duelli simultanei incruenti tra gladiatori disarmati servivano alla loro preparazione per il vero scontro con l'uccisione dell'avversario.
Traiano e Marco Aurelio cercarono di ampliare nelle loro feste la parte dedicata al lusio diminuendo così quella del munus. Dopo i fasti di Ostia, Traiano, il 30 marzo 108 organizzò una lusio della durata di tredici giorni con 350 coppie di gladiatori.
Marco Aurelio, il cui figlio Commodo aspirava alla fama di gladiatore, cercò di diminuire, in ottemperanza alla sua filosofia stoica, le spese di bilancio destinate ai munera fuori Roma e quando offrì alla plebe romana le lotte tra gladiatori le organizzò sempre come lusiones.
I Romani continuarono però a preferire alle lusiones le hoplomachiae tanto che in Gallia e in Macedonia dal II sec. in poi furono modificati i teatri affinché potessero servire ai combattimenti tra gladiatori e alle venationes
LO SPETTACOLO
I gladiatori avevano figure prefissate con specifici tenute, armi e armature, spesso ampliate da figure nuove, prese soprattutto dalle figure guerriere sconfitte, che in passato avevano sfidato il potere di Roma. Molte specialità nacquero da invenzioni e sperimentazioni, dato che alcune di esse perdevano importanza per mancanza d'interesse. Si veniva così incontro al gusto del pubblico che cambiava e chiedeva sempre nuovi tipi di spettacoli gladiatori.
I Romani erano tifosi molto appassionati e si conservavano cimeli della carriera di alcuni gladiatori, dimostrando che essi erano stati sempre “graziati” o, vincitori.
Secondo le varie epoche, in realtà ci furono tanti stili:
- Traci;
- Sanniti;
- Retiarii;
- Mirmilloni;
- Oplomachi;
- Essedarii;
- Andabati;
- Dimacheri;
- Ventilatori;
- Sestertiarii;
- Terziarii;
- Postulaticii;
- Carevarii;
- Meridiani;
- Laqueatores;
- Catafratti;
- Rudiarii;
- Cubicularii;
- Caesariani;
- Aulici;
- Provocatores;
- Pegmarii;
- Paegnaria;
- Nobiles;
- Foeminae.
Le sfide iniziavano con una parata dove i gladiatori entravano in scena su carri o a piedi seguiti da un gruppo di suonatori; giunti sotto la tribuna dell'imperatore, lo salutavano con le parole "Ave Caesar" poi si dirigevano verso l'organizzatore dei giochi il quale esaminava le armi che erano diverse in base alla categoria del lottatore.
A volte gli attacchi erano simulati per mostrare varie abilità acrobatiche, ma nella maggior parte dei casi i combattimenti erano duri e sanguinosi.
I gladiatori uccisi in combattimento venivano avvicinati da due schiavi travestiti da Caronte e da Ermete Psicopompo: uno ne verificava il decesso toccandoli con un ferro rovente, l'altro, eventualmente, dava loro il colpo finale facendo poi segno ai "libitinarii" di portar via il corpo su una rete trascinata con un uncino.
I gladiatori feriti venivano portati via e curati dai medici, e non era raro che un gladiatore molto bravo ricevesse le cure dei medici personali di grossi personaggi, imperatore compreso.
I vincitori venivano premiati con palme d'oro, denaro e dall'immensa popolarità che gli procurava donne e inviti nelle case patrizie; se il gladiatore vincitore era uno schiavo, dopo dieci vittorie, che venivano segnate su un collare di metallo, diventava libero per legge; egli allora poteva decidere se continuare a combattere per soldi o intraprendere altre attività tipo l'istruttore nelle scuole per gladiatori.
LE VENATIONES
Un altro gioco molto amato dal pubblico erano le "venationes" dove i gladiatori lottavano contro belve feroci come elefanti, ippopotami, leoni, tori, tigri, pantere, e leopardi.
Le cacce potevano consistere anche in una sfida fra belve, oppure per condannati a morte che venivano costretti a combattere nell'arena. Ma questo avvenne solo sotto pochi e pazzi imperatori come Commodo (quello del film Il Gladiatore). questo comportò un certo spopolamento di bestie feroci soprattutto in Africa, ma anche l'introduzione di animaletti che in italia non c'erano, tipo l'istrice e la nutria.
Le bestie selvatiche ed esotiche venivano portate a Roma fin dai confini dell'Impero e le venationes si svolgevano durante la mattina, prima del principale evento pomeridiano, i duelli gladiatori.
Queste cacce si tenevano nel Foro romano, nei Saepta e nel Circo Massimo, sebbene nessuno di questi luoghi offrisse protezione alla folla dagli animali selvatici presenti nell'arena.
Speciali precauzioni, come l'erezione di barriere e lo scavo di fossati, venivano prese per impedire agli animali di scappare da questi luoghi. Pochissimi animali scampavano a queste cacce, sebbene talvolta sconfiggevano il gladiatore bestiarius. Migliaia di animali selvatici venivano massacrati in un giorno.
Per esempio, durante i giochi tenuti da Traiano quando divenne imperatore, più di 9.000 animali vennero uccisi. Non tutti gli animali erano feroci, oltre a leoni, tigri, elefanti, orsi, c'erano cervi, capre selvatiche, cani e cammelli.
5) Non è vero che, al termine del combattimento, il gladiatore perdente fosse generalmente ucciso per giudizio della folla. Sicuramente il pubblico esprimeva il suo giudizio, e forse anche la volontà di vita e di morte; ma era estremamente raro che un gladiatore professionista fosse ucciso, perché questi atleti erano estremamente costosi da addestrare e mantenere. Soltanto chi si comportava vilmente era "condannato a morte" dal pubblico, il che accadeva comunque raramente: i combattenti di carriera erano esperti nel dare spettacolo e il pubblico non voleva vederli morire, affinché potessero tornare in futuro a dare spettacolo.
LA LUSIO
Per moderare la violenza degli spettacoli circensi che inorridiva parte dei Romani alcuni imperatori cercarono di temperare il munus ricorrendo alla lusio, cioè illusione, simulazione.
IL LANISCO, L'IMPRESARIO DEI GLADIATORI |
Traiano e Marco Aurelio cercarono di ampliare nelle loro feste la parte dedicata al lusio diminuendo così quella del munus. Dopo i fasti di Ostia, Traiano, il 30 marzo 108 organizzò una lusio della durata di tredici giorni con 350 coppie di gladiatori.
Marco Aurelio, il cui figlio Commodo aspirava alla fama di gladiatore, cercò di diminuire, in ottemperanza alla sua filosofia stoica, le spese di bilancio destinate ai munera fuori Roma e quando offrì alla plebe romana le lotte tra gladiatori le organizzò sempre come lusiones.
I Romani continuarono però a preferire alle lusiones le hoplomachiae tanto che in Gallia e in Macedonia dal II sec. in poi furono modificati i teatri affinché potessero servire ai combattimenti tra gladiatori e alle venationes
LO SPETTACOLO
I gladiatori avevano figure prefissate con specifici tenute, armi e armature, spesso ampliate da figure nuove, prese soprattutto dalle figure guerriere sconfitte, che in passato avevano sfidato il potere di Roma. Molte specialità nacquero da invenzioni e sperimentazioni, dato che alcune di esse perdevano importanza per mancanza d'interesse. Si veniva così incontro al gusto del pubblico che cambiava e chiedeva sempre nuovi tipi di spettacoli gladiatori.
I Romani erano tifosi molto appassionati e si conservavano cimeli della carriera di alcuni gladiatori, dimostrando che essi erano stati sempre “graziati” o, vincitori.
Secondo le varie epoche, in realtà ci furono tanti stili:
- Sanniti;
- Retiarii;
- Mirmilloni;
- Oplomachi;
- Essedarii;
- Andabati;
- Dimacheri;
- Ventilatori;
- Sestertiarii;
- Terziarii;
- Postulaticii;
- Carevarii;
- Meridiani;
- Laqueatores;
- Catafratti;
- Rudiarii;
- Cubicularii;
- Caesariani;
- Aulici;
- Provocatores;
- Pegmarii;
- Paegnaria;
- Nobiles;
- Foeminae.
Le sfide iniziavano con una parata dove i gladiatori entravano in scena su carri o a piedi seguiti da un gruppo di suonatori; giunti sotto la tribuna dell'imperatore, lo salutavano con le parole "Ave Caesar" poi si dirigevano verso l'organizzatore dei giochi il quale esaminava le armi che erano diverse in base alla categoria del lottatore.
A volte gli attacchi erano simulati per mostrare varie abilità acrobatiche, ma nella maggior parte dei casi i combattimenti erano duri e sanguinosi.
I gladiatori uccisi in combattimento venivano avvicinati da due schiavi travestiti da Caronte e da Ermete Psicopompo: uno ne verificava il decesso toccandoli con un ferro rovente, l'altro, eventualmente, dava loro il colpo finale facendo poi segno ai "libitinarii" di portar via il corpo su una rete trascinata con un uncino.
I gladiatori feriti venivano portati via e curati dai medici, e non era raro che un gladiatore molto bravo ricevesse le cure dei medici personali di grossi personaggi, imperatore compreso.
I vincitori venivano premiati con palme d'oro, denaro e dall'immensa popolarità che gli procurava donne e inviti nelle case patrizie; se il gladiatore vincitore era uno schiavo, dopo dieci vittorie, che venivano segnate su un collare di metallo, diventava libero per legge; egli allora poteva decidere se continuare a combattere per soldi o intraprendere altre attività tipo l'istruttore nelle scuole per gladiatori.
LE VENATIONES
Un altro gioco molto amato dal pubblico erano le "venationes" dove i gladiatori lottavano contro belve feroci come elefanti, ippopotami, leoni, tori, tigri, pantere, e leopardi.
Le cacce potevano consistere anche in una sfida fra belve, oppure per condannati a morte che venivano costretti a combattere nell'arena. Ma questo avvenne solo sotto pochi e pazzi imperatori come Commodo (quello del film Il Gladiatore). questo comportò un certo spopolamento di bestie feroci soprattutto in Africa, ma anche l'introduzione di animaletti che in italia non c'erano, tipo l'istrice e la nutria.
Le bestie selvatiche ed esotiche venivano portate a Roma fin dai confini dell'Impero e le venationes si svolgevano durante la mattina, prima del principale evento pomeridiano, i duelli gladiatori.
Queste cacce si tenevano nel Foro romano, nei Saepta e nel Circo Massimo, sebbene nessuno di questi luoghi offrisse protezione alla folla dagli animali selvatici presenti nell'arena.
Speciali precauzioni, come l'erezione di barriere e lo scavo di fossati, venivano prese per impedire agli animali di scappare da questi luoghi. Pochissimi animali scampavano a queste cacce, sebbene talvolta sconfiggevano il gladiatore bestiarius. Migliaia di animali selvatici venivano massacrati in un giorno.
Per esempio, durante i giochi tenuti da Traiano quando divenne imperatore, più di 9.000 animali vennero uccisi. Non tutti gli animali erano feroci, oltre a leoni, tigri, elefanti, orsi, c'erano cervi, capre selvatiche, cani e cammelli.
Durante la sua dittatura, Cesare sbalordì tutti utilizzando circa 400 leoni nel Circo (importati soprattutto dal Nordafrica e dalla Siria), la cui inusuale presenza aggiunse dell'emozione ai suoi spettacoli. Comunque, le immagini del leone selvaggio non appartenevano esclusivamente all'arena. Le sculture dei leoni che divoravano la preda furono spesso usate nei sepolcri come simbolo della voracità della morte.
Drammi così sanguinosi ebbero frequentemente luogo durante il programma che l'Imperatore Tito organizzò per inaugurare il Colosseo nell'anno 80. Quello spettacolo munifico durò 100 giorni. Durante tutti i festeggiamenti vennero massacrati più di 10.000 prigionieri e di 9.000 animali.
LE NAUMACHIE
Erano molto apprezzate anche le "naumachie", finte battaglie navali, ma rare perchè molto costose. La prima naumachia conosciuta venne offerta da Giulio Cesare a Roma nel 46 a.c. per il suo quadruplice trionfo. Dopo aver fatto scavare un ampio bacino vicino al Tevere, nel Campo Marzio, capace di contenere vere biremi, triremi e quadriremi, ingaggiò tra i prigionieri di guerra 2000 combattenti e 4000 rematori.
Nel 2 a.c., per l'inaugurazione del tempio di Marte Ultore (Marte Vendicatore), Augusto diede una naumachia che riproduceva fedelmente quella di Cesare. Come ricorda egli stesso nelle Res gestæ, fece scavare sulla riva destra del Tevere, nel luogo denominato "bosco dei cesari" (nemus Caesarum), un bacino dove s'affrontarono 3000 uomini, senza contare i rematori, su 30 vascelli con rostri, e molte unità più piccole.
Claudio nel 52 diede una naumachia su un vasto specchio d'acqua naturale, il lago del Fucino, per inaugurarne i lavori di prosciugamento. I combattenti erano dei condannati a morte. Si sa in particolare da Svetonio che i naumachiarii prima della battaglia salutarono l'imperatore con una frase divenuta famosa: Morituri te salutant. Una tradizione erronea se n'è appropriata per farne una frase rituale dei gladiatori all'imperatore, mentre in realtà viene attestata solo in questa occasione.
La naumachia era quindi uno spettacolo più micidiale di quello dei gladiatori che non finivano con la morte dei vinti. L'apparizione delle naumachie è strettamente legata a quella, leggermente anteriore, d'un altro spettacolo, il « combattimento fra truppe » che non ingaggiava dei combattenti a coppie, ma due piccole armate. Proprio in queste ultime i combattenti erano più sovente dei condannati senza allenamento specifico rispetto ai veri gladiatori.
Le naumachie replicavano dei temi storici e ogni flotta incarnava un popolo celebre per la sua potenza marittima nella Grecia classica o l'Oriente ellenistico: Egizi e Fenici per la naumachia di Cesare, Persiani ed Ateniesi per quella augustea, Siculi e Rodii per quella di Claudio.
L'ALIMENTAZIONE
A quanto pare la dieta dei gladiatori era prevalentemente vegetariana. Ma ricca di legumi, cereali, latticini, cipolle e aglio, semi di finocchio, frutta e fichi secchi. La carne era sotto controllo, visto che i romani, mangiandone in genere troppa, soffrivano di gotta. Non mancavano olio e olive, miele, vino annacquato e focacce speziate.
Spesso prima delle competizioni mangiavano focacce d’orzo intrise d’olio e zuccheri, come cibo energetico in breve tempo, nonchè infusi di fieno greco (con proprietà anaboliche, antianemiche e stimolanti), e bevande a base di frutta fermentata e alcool, per euforizzare e avvertire meno il dolore.
LE CATEGORIE
I combattimenti opponevano coppie di gladiatori differenti, ogni categoria di gladiatori aveva le proprie peculiarità, in materia di equipaggiamento e di colpi permessi, con vantaggi e svantaggi. Le coppie più frequenti erano:
I Reziari contro i Secutores
I Traci contro i Mirmilloni
Si creavano anche scene diverse e nuove, traendo ispirazione da episodi mitologici, o con situazioni grottesche, come l'imperatore Domiziano che, nel 90 fece combattere nani contro donne.
Drammi così sanguinosi ebbero frequentemente luogo durante il programma che l'Imperatore Tito organizzò per inaugurare il Colosseo nell'anno 80. Quello spettacolo munifico durò 100 giorni. Durante tutti i festeggiamenti vennero massacrati più di 10.000 prigionieri e di 9.000 animali.
LE NAUMACHIE
Erano molto apprezzate anche le "naumachie", finte battaglie navali, ma rare perchè molto costose. La prima naumachia conosciuta venne offerta da Giulio Cesare a Roma nel 46 a.c. per il suo quadruplice trionfo. Dopo aver fatto scavare un ampio bacino vicino al Tevere, nel Campo Marzio, capace di contenere vere biremi, triremi e quadriremi, ingaggiò tra i prigionieri di guerra 2000 combattenti e 4000 rematori.
Nel 2 a.c., per l'inaugurazione del tempio di Marte Ultore (Marte Vendicatore), Augusto diede una naumachia che riproduceva fedelmente quella di Cesare. Come ricorda egli stesso nelle Res gestæ, fece scavare sulla riva destra del Tevere, nel luogo denominato "bosco dei cesari" (nemus Caesarum), un bacino dove s'affrontarono 3000 uomini, senza contare i rematori, su 30 vascelli con rostri, e molte unità più piccole.
Claudio nel 52 diede una naumachia su un vasto specchio d'acqua naturale, il lago del Fucino, per inaugurarne i lavori di prosciugamento. I combattenti erano dei condannati a morte. Si sa in particolare da Svetonio che i naumachiarii prima della battaglia salutarono l'imperatore con una frase divenuta famosa: Morituri te salutant. Una tradizione erronea se n'è appropriata per farne una frase rituale dei gladiatori all'imperatore, mentre in realtà viene attestata solo in questa occasione.
La naumachia era quindi uno spettacolo più micidiale di quello dei gladiatori che non finivano con la morte dei vinti. L'apparizione delle naumachie è strettamente legata a quella, leggermente anteriore, d'un altro spettacolo, il « combattimento fra truppe » che non ingaggiava dei combattenti a coppie, ma due piccole armate. Proprio in queste ultime i combattenti erano più sovente dei condannati senza allenamento specifico rispetto ai veri gladiatori.
Le naumachie replicavano dei temi storici e ogni flotta incarnava un popolo celebre per la sua potenza marittima nella Grecia classica o l'Oriente ellenistico: Egizi e Fenici per la naumachia di Cesare, Persiani ed Ateniesi per quella augustea, Siculi e Rodii per quella di Claudio.
L'ALIMENTAZIONE
A quanto pare la dieta dei gladiatori era prevalentemente vegetariana. Ma ricca di legumi, cereali, latticini, cipolle e aglio, semi di finocchio, frutta e fichi secchi. La carne era sotto controllo, visto che i romani, mangiandone in genere troppa, soffrivano di gotta. Non mancavano olio e olive, miele, vino annacquato e focacce speziate.
Spesso prima delle competizioni mangiavano focacce d’orzo intrise d’olio e zuccheri, come cibo energetico in breve tempo, nonchè infusi di fieno greco (con proprietà anaboliche, antianemiche e stimolanti), e bevande a base di frutta fermentata e alcool, per euforizzare e avvertire meno il dolore.
LE CATEGORIE
I combattimenti opponevano coppie di gladiatori differenti, ogni categoria di gladiatori aveva le proprie peculiarità, in materia di equipaggiamento e di colpi permessi, con vantaggi e svantaggi. Le coppie più frequenti erano:
I Reziari contro i Secutores
I Traci contro i Mirmilloni
Si creavano anche scene diverse e nuove, traendo ispirazione da episodi mitologici, o con situazioni grottesche, come l'imperatore Domiziano che, nel 90 fece combattere nani contro donne.
ARMI ED ARMATURE
SPADE
- Il rudis gladio in legno, usato in allenamento, per non i ferirsi gravemente nell’ars dimicandi (arte del combattere); o in fase di riscaldamento prima di impiegare i gladi in ferro. Durante gli allenamenti venivano usate anche armi di peso superiore a quelle con cui si combatteva; per abituare il braccio ad un peso maggiore e quindi rinforzarlo.
- Il gladio era l’ arma tipica dei gladiatori, dalla quale presero il nome.
- La sica, del tipico guerriero della Tracia, che la adoperava in combattimento.
- Il pugio (pugnale) usato dal Reziario come seconda arma e dal Dimachero, che combatteva con due pugi.
ELMI
Combattere con un elmo non era necessariamente un vantaggio, nonostante attutisse i colpi in testa, dovendo fare un forte sforzo dei muscoli del collo; inoltre, la visibilità era molto limitata. Alcuni elmi avevano un'unica grata all’altezza degli occhi, altri solo dei piccoli fori; inoltre aderivano perfettamente alla testa del gladiatore limitando la capacità respiratoria. Era interesse del gladiatore finire l’incontro prima che la respirazione ne soffrisse.
SCHINIERI
Gli schinieri erano le protezioni del lato anteriore della gamba, in metallo o in cuoio. Quelli usati dai gladiatori risultano di due tipi:
- I cnemides molto alti e fin sopra il ginocchio. Avevano una conformazione ad incavo all’ altezza del ginocchio, per consentire un comodo alloggio nella rientranza e quindi dare libertà di movimento in trazione.
- Le ocreae più corte, col ginocchio libero e presentavano un incavo in basso per il piede. Gli schinieri erano fissati ai polpacci tramite corregge infilate in piccoli anelli posteriori. Sotto gli schinieri erano portate fasce di stoffa o di cuoio, che avvolgevano le gambe. L’ uso degli schinieri riduceva la mobilità dei gladiatori.
BRACCIALI
La manica era formata da piastre articolate o scaglie metalliche, o, talvolta, da una stretta fasciatura di stoffa e cuoio. Serviva a proteggere il braccio dai colpi dell’ avversario e solitamente veniva indossata sul braccio in cui il Gladiatore impugnava l’ arma d’ offesa, più esposta ai colpi, in quanto l’altro braccio aveva lo scudo.
I movimenti del braccio ne risultavano leggermente limitati.
Portavano la manica di protezione sul braccio sinistro, con cui impugnavano il tridente, che non soffriva limitazioni. La mano destra per far volteggiare la rete, non aveva manica che limitasse il gesto.
La placca metallica rettangolare fissata alla spalla del lato in cui utilizzava il tridente, proteggeva la parte più esposta ai colpi dell’ avversario. Sii alzava infatti al di sopra della spalla di 13 centimetri per proteggere la gola e testa, in quanto il Reziario era privo di elmo.
MANI
La protezione della mano del gladiatore, che impugnava l’ arma, era costituita da un guanto, di cuoio, o di fasce sovrapposte di cuoio, o di cuoio con piastre metalliche sopra applicate.
Diversi gladiatori ricorrevano a delle protezioni che avvolgevano completamente la mano che impugnava il gladio.
NOMI DI GLADIATORI FAMOSI E NON
Aemilius
Asbolas
Achillea - gladiatrice, dal rilievo di Alicarnasso custodito al British Museum di Londra. Provocatrice, combattè con Amazon conquistando la Mission, cioè la fine del combattimento perchè avevano ben combattuto. Indossava il subligaculum e l'equipaggiamento tradizionale dei gladiatori, come schinieri e manica, armata di una spada e uno scudo, ma non indossa né l'elmo né una tunica, bensì era a seno nudo come un'amazzone.
Achilles - Sannita che meritò l’appellativo di invictus.
Actius - mirmillone, 6 vittorie, morto a 21 anni.
Aelius Marcius - doctor, ex gladiatore
Alipus - morto a 30 anni
Alumnus - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Amabilis - 30 anni, gallo.
Amandus - trace, scuola neroniana, 16 vittorie, schiavo d'origine, morto a 22 anni.
Amarantus
Amazon - gladiatrice, dal rilievo di Alicarnasso custodito al British Museum di Londra. Provocatrice, combattè con Achilia conquistando la Mission, cioè la fine del combattimento perchè avevano ben combattuto. Indossava il subligaculum e l'equipaggiamento tradizionale dei gladiatori, come schinieri e manica, armata di una spada e uno scudo, ma non indossa né l'elmo né una tunica, bensì era a seno nudo come un'amazzone.
Ametystus - soprannome, prezioso come l'ametista.
Amonius - da un graffito di Pompei.
Ampliatus - mirmillone, siriano, 33 combattimenti, morto a 30 anni.
Anartus - da un graffito di Pompei.
Anicetus - provocator spatharius
Anticonus - reziario, campione in tanti incontri.
Antus
Aristobulus - schiavo d’Hispanius, 22 vittorie, d’origine graca, morto a 21 anni.
Asiaticus - liberto ex gladiatore divenuto coppiere, fu da Vitellio, divenuto imperatore, nominato capo consigliere. Svetonio racconta: "Tuttavia Asiatico si comportò così solennemente che Vitellio lo vendette a un allenatore di gladiatori ambulante, ma impulsivamente lo acquistò di nuovo proprio quando stava per avere inizio l’incontro finale in una competizione gladiatoria”. Poco tempo dopo Asiatico fu presentato dall’imperatore con l’anello d’oro simboleggiante l’appartenenza all’ordine equestre.
Assicius - mirmillone.
Astacius - gambero, per l'abilità di arretrare e giocare di gambe.
Asteropaeus - scuola neroniana, ben 107 vittorie. Su una delle colonne del peristilio della casa del Labirinto (Pompei) è graffito un gladiatore che imbraccia lo scudo con la destra e l’arma con la sinistra. Oceanus, graziato dopo aver perso l’incontro con il neroniano Asteropaeus, evidentemente si era battuto bene.
Astiuus - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Atticus - oplomaco, scuola giulia, 14 vittorie, risparmiato.
Auctus - 50 vittorie.
Auletes - soprannome, come Ulisse.
Aureolus - soprannome, d'oro.
Aurius - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Baccibus
Barosus - si batteva contro i reziarii.
Bassus - liberato, mirmillone, 1 corona, 1 vittoria.
Bato - da Cassio Dione: "Ma cosa fa l’imperatore? Lo fa combattere ancora? E’ il terzo avversario che gli mettono davanti a quel disgraziato di Bato! Guardate com’è stanco! Non ce la può fare. Ecco, lo sapevo: è caduto a terra. Niente grazia? Incredibile, dopo tutto il coraggio che ci ha mostrato! Ecco l’hanno fatto uccidere. Così non potremo più vederlo combattere. Ora l’imperatore fa sapere al pubblico che sarà sepolto con tutti gli onori."
Bellerofons - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Beryllus - soprannome, prezioso come un berillo.
Boristhenes
Caeruleus - secutor retiarius, morto combattendo per il munerarius Constantius.
Caius Iulius Iucundo - liberto
Caladus
Callistenes
Calildus - detto Callidus Neronianus, della scuola neroniana.
Callimorius - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Capreolus - soprannome, perchè agile e leggero.
Carpoforus - Da Marziale: "Che campione questo Carpoforus! Viene da una città del polo artico. Avete visto come ha passato da parte a parte con la spada quell’orso che lo stava affrontando a testa bassa? Poi ha ammazzato un leone di una grandezza spettacolare e adesso con un colpo di lancia ti va ad abbattere quel leopardo per aria, proprio nell’attimo che gli stava saltando addosso! Che forza! Quando gli hanno dato i premi ha detto che era pronto a combattere ancora". Carpophorus nell'inaugurazione del Colosseo uccise 20 fiere e per questo fu definito pari ad Ercole.
Castor - come il famoso semidio.
Casuntis
Celadus - trace, definito: “sospiro delle fanciulle” o “orgoglio delle fanciulle”. Infatti su alcune scritte a Pompei si legge: suspirium puellarum tr(aex) Celadus (Celadus, il trace che fa battere forte il cuore delle ragazze)
Celtus - schiavo già di M. Iunius Silanus console del 46 d.c., fu sepolcro dei Giunii Silani.
Cerinthus - mirmillone, scuola neroniana, greco, due combattimenti, morto a Roma a 22 anni.
Cienus - oplomaco, scuola giulia, 8 vittorie, risparmiato
Clacea - di Stabia
Columbus di Nemausus - (Nimes) famoso gladiatore che Caligola fece avvelenare. Era un mirmillone così forte e valoroso che vinse ugualmente riportando solo lievi danni.
Però Caligola lo fece assassinare versando sulle sue ferite, anziché un balsamo, un veleno di sua invenzione, che da allora chiamò Colombinum. Aveva accumulato 88 vittorie.
Columbus Serenianus - mirmillone, eduo, 25 vittorie.
Crescent- reziario, in un graffito pompeiano si autoproclamò “signore delle ragazze” e addirittura “medico delle bambole notturne, mattutine…e delle altre”
Cresces - su un muro di Pompei è scitto che "Cresces reti (arius) puparum noctumarum" (Cresces, che di notte col suo tridente cattura nella rete le ragazze)
Crispus - provocator
Crixus - Morto in Apulia nel 72 a.c., uno dei capi della ribellione degli schiavi durante la III Guerra Servile assieme a Spartaco ed Enomao. Di origini galliche, del popolo degli Allobrogi, fu sconfitto in battaglia e reso schiavo. Anch'egli si allenò per diventare gladiatore nella scuola di Capua di proprietà di Lentulo Batiato. Crixo si separò da Spartaco, quando questi voleva raggiungere la Gallia e i Balcani, mentre Crixus era intento a saccheggiare, come fece, l'Italia meridionale. Nel 72 a.c. uno dei due consoli inviati a reprimere la ribellione, Lucio Gellio Publicola, raggiunse Crixo e i suoi uomini, per lo più Celti e capi tribù germanici, nell'Apulia. Nella battaglia Crixo fu ucciso ed i suoi 30.000 soldati sconfitti. Alla maniera degli aristocratici romani, Spartaco onorò la memoria dell'ex-gladiatore con giochi funebri nei quali 300 romani prigionieri di guerra furono costretti a combattere sino alla morte come i gladiatori.
Cupidus - reziario
Cursor - doctor retiarorum
Danaos - trace
Dardanus
Daunus
Decoratus - morto combattendo per il munerarius Constantius.
Delicatus - pseudonimo: raffinato.
Delphinos - secutor
Demetrius
Demosthenes
Diodoro - gladiatore che nell'epigrafe rimpiange la sua generosità: “nel suo ultimo combattimento egli aveva disarmato l’avversario e credeva di essersi così assicurato la vittoria. L’arbitro invece decise diversamente e fece proseguire l’incontro e così Diodoro venne ucciso."
Ellius - citato come valente gladiatore nello spettacolo allestito per il quinquennale Alleio Nigido Maio.
Eleutherus
Enomao - combattente e poi schiavo gallo, morto in Campania, fu uno dei tre capi ribelli della III Guerra Servile. Guidò gli schiavi contro l'esercito romano comandato dal pretore Gaio Claudio Glabro e vinse presso il Vesuvio. Morì probabilmente nel 72 a.c., mentre gli schiavi ribelli iniziavano incursioni e saccheggi in tutto il sud Italia: da quel momento, infatti, le fonti non riportano più sue notizie.
Epiptas - della tracia, evidentemente dalla sua abilità nel colpire l’avversario soprannominato: colui che colpisce, attacca.
Eros
Euprepes
Euthales - liberto.
Exochus - essedario, cimbro.
Faustus - mirmillone specializzato contro il reziario, scuola neroniana, 12 vittorie, schiavo d’origine, Alessandrino, morto a 35 anni.
Faustus - essadario, morto a Nemausus, aveva ottenuto ben 37 vittorie.
Felix - In un graffito pompeiano fu annunciato uno spettacolo di caccia con la presenza di Felix che avrebbe combattuto contro gli orsi.
Ferox - soprannome, per indicare ferocia.
Firmus - da un graffito di Pompei.
Flamma - soprannome: la fiamma, secutor, siriano, morto in campo a 30 anni nella 35° sfida, 34 combattimenti, 21 vittorie, ha reso nulli 4 incontri, è stato graziato 4 volte.
Flavius Sigerus - a Cesarea in Mauritania, morì all’età di sessant’anni insignito della spada d’onore (segno che aveva concluso una brillante carriera e poi vissuto da uomo libero)
Filemazione - originario di Colonia Agrippinense, visse trenta anni, reziario di quindici combattimenti, scuola gladiatoria imperiale.
Floronius - "Floronius hic fuit neque mulieres scierunt nisi paucae et se dederunt" è scritto in un graffito di Pompei, cioè: È stato qui Floronio e le donne non seppero (resistergli) e, tranne poche, gli si donarono. Insomma uno sciupafemmine.
Florus - da un graffito si apprende che i gladiatori spesso effettuavano trasferte. Infatti egli fu vittorioso a Nocera il 28 luglio e vinse nuovamente il 15 agosto nell’arena di Ercolano gli essedari Auriolus, Philippus e il temibile Amarantus.
Fortunatus - da un graffito di Pompei.
Gaius Sempronius - mirmillone, scuola giulia.
Gallicianus - essedario, uomo libero, 25 anni, alto 12 palmi, d’origine germanica.
Gallico - Dall’anfiteatro di Cartagine proviene questa tremenda richiesta: “Uccidete, eliminate, ferite Gallico generato da Prima, in quest’ora stessa entro la cinta dell’anfiteatro. Legategli i piedi, le membra, i sensi, il midollo. Bloccate Gallico figlio di Prima, perché non possa uccidere l’orso e il toro né con un sol colpo, né con due, né con tre colpi. In nome del dio vivo e onnipotente, esauditemi, adesso, adesso, presto, presto. Che l’orso lo urti e lo ferisca!”.
Gamos
Generosus - reziario
Germanius Victor - dottore
Germanus - samnita, scuola giuliana, 14 vittorie, morto a 30 anni.
Glaucus - modenese di origine. Combatté sette volte, l'ottava morì. Visse ventitré anni e cinque giorni.
Graccus - aristocratico, volle scendere in arena come reziario, quindi a viso scoperto. All’epoca considerato disonorevole come poi scrisse Giovenale considerandolo vergogna di Roma, disprezzandolo e addirittura parlando dell’avversario che fu costretto a combattere contro di lui e a sopportare l’ignominia peggiore di ogni altra ferita.
Hablis - soprannome, colui che è agile, fu un gladiatore tunicato che combatteva con lunghe spade affilate ma senza punta.
Herachintus - mirmillone.
Herculanus - reziario.
Herennius
Hermes - detto il guerriero delle tre armi (lancia, tridente e gladio), di cui scrisse Marziale:
Hermes piacere guerresco di questo secolo
Hermes capace di maneggiare ogni tipodi arma
Hermes gladiatore e istruttore
Hermes che mette scompiglio e paura nei suoi allievi
Hermes il solo temuto da Elio
Hermes il solo che fa cadere Aduolante
Hermes abile nel vincere senza ferire
Hermes sostituibile solo con se stesso
Hermes ricchezza dei noleggiatori dei posti a sedere
Hermes tormento e angoscia delle donne
Hermes che brandisce fieramente la lancia guerriera
Hermes infallibile con il tridente marino
Hermes che fa tremare sotto l'elmo dalla criniera spiovente
Hermes gloria di Marte in ogni tipo di lotta
Hermes uno e trino.
Hermias
Hyacintus- doctor oplomachorum.
Hierocles
Hilarus il più famoso dei gladiatori Neroniani, definito Princeps Neronianus, che combattè anche a pompei dove ne resta un rilievo.
Hippolytus
Hylas - dimachaerus e assidiarius, 7 combattimenti, liberato e congedato.
Hyllus
Kallimorphos - greco
Kritos - greco, reziario
Iaculator - un soprannome che è tutto un programma, ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Iantinus - morto a 24 anni dopo 5 combattimenti e 5 anni di matrimonio.
Icarus
Incitatus - secutor, visse 27 anni sostenendo 16 combattimenti e divenne primus palus, quindi il più esperto e preparato nella categoria che rappresentava.
Incitatus - un altro che ebbe 80 vittorie, diventato libero infatti seguitò a combattere accumulando grande fortuna.
Ispanus - dai graffiti di Stabia.
Itotagus - da un graffito di Pompei.
Iucunda - donna, mirmillone, scuola neroniana.
Iulium
Iutto - barbaro, dai graffiti di Stabia.
Leo - soprannome, della forza di un leone.
Licentious - soprannome: il licenzioso, il che è tutto un programma, ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Lucilio I di Isernia - In una delle principali scuole di gladiatura, la famosa Capua, vi era uno dei gladiatori sanniti più famosi, Lucilio I di Isernia, detto l'Aesernino, che alla fine della carriera divenne "Doctor" cioè addestratore di gladiatori. Le sue gesta nell'arena risalgono al periodo dopo la "Guerra Sociale" cioè intorno alla metà del I sec. a.c. Per concomitanza di tempi e luoghi, potrebbe aver addestrato Spartaco. “C’era, durante i giuochi offerti dai Flacchi, un Esernino Sannita, uomo sanguinario, degno di quella vita e di quella condizione. Viene appaiato con Pacideiano, che fu il miglior gladiatore da che mondo è mondo; però anche Esernino non era un uomo da nulla, per quanto lo stesso Sannita fosse valente nella lotta e desse abbastanza da fare ad ogni avversario…”
Lucius Annius Valens - mirmillon, morto nell'arena a 20 anni.
Lucius Asicius - su di lui si legge una pesante presa in giro firmata da un tal Jesus che giocando sul ruolo di mirmillone di Asicius lo associa ad una salsa di pesce economica (muriola) e lo accusa di essere un “pesciolino”, cioè un combattente codardo e poco virile
Lucius Raecius Felix - 12 volte vincitore, con 12 corone, da un graffito di Pompei.
Lucius Pompeius - reziario, 8 corone, originario di Vienne (Gallia).
Macinizus - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Mansuetus - provocator, fece voto a Venere di offrire in dono lo scudo se avesse vinto il combattimento.
Martianus
Marcus Attilius - Su una tomba fuori Porta Nocera (Pompei) vi è un graffito ove un tifoso raffigurò uno spettacolo tenutosi a Nola con la lotta tra un gladiatore liberto, appunto Marcus Attilis, che era al suo primo incontro, contro l’esperto Hilarus che aveva al suo attivo 14 combattimenti e 12 vittorie. Vinse però Marcus Attilius, che vinse anche Lucius Raecius Felix, 12 volte vincitore, con 12 corone.
Marcus Ulpius Aracinthus - liberto.
Marcus Ulpius Felix - liberto.
Mariscos - secutor, graco.
Marius - da un graffito di Pompei.
Maternus - fu un gladiatore tunicato che combatteva con lunghe spade affilate ma senza punta.
Matutinus - gladiatore Sannita, vincitore di 32 incontri con altrettante corone di palme.
Maximus - del ludus imperiale di Capua, I sec. d.c., 40 vittorie con ben 36 corone.
Meleager
Meliio - bestiario o venator, che col venabulum infilzò e vinse contro una pantera.
Memnus - secutor
Mevia - si conosce tramite Giovenale, gladiatrice che con seno nudo e lo spiedo in mano cacciava cinghiali nell’arena.
Mucrus
Murranus
Miletus
Montanus - soprannome: che viene dalla montagna.
Myrtilus
Mucrus (da epigrafe sepolcrale)
Murranus - trace, scuola neroniana, 3 vittorie, morì in combattimento.
Muscolosus - noto come “Ercole” e anche auriga vincitore di trecento corse nella corsa dei cocchi.
Nasica - 60 vittorie.
Oceanus
Ocheanius - Su una delle colonne del peristilio della casa del Labirinto (Pompei) è graffito un gladiatore che imbraccia lo scudo con la destra e l’arma con la sinistra. Oceanus, graziato dopo aver perso l’incontro con il neroniano Asteropaeus, evidentemente si era battuto bene.
Officiosus - su un muro di Pompei si dice di lui che “fuggì a otto giorni dalle Idi di novembre, sotto il consolato di Druso Cesare e M. Giunio Silano”.
Olympus - specializzato contro il reziario, della scuola imperiale, combattè per 20 anni ottenendo 105 vittorie, fu graziato 19 volte, non fu mai vinto, ottenne la libertà e morì di morte naturale.
Orpheus - detto: damnatus ad bestias, cioè specializzato ed abile nella lotta con le fiere.
Ostoriius
Palumbus - combattente vittorioso, nella stele con una mano stringe la palma e l’altra è poggiata sull’elmo e il grande scudo.
Pampineus - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Pamphilus
Pampineus - secutor
Pando - vincitore di 10 scontri e che, come recita l’epigrafe, uccise un avversario come se fosse un asino, pur avendo il sole negli occhi che lo accecava.
Paratus - mirmillo.
Pardus - il leopardo
Passer - retiarius
Pertinax - Pertinace
Philargyrus
Philodamus
Philomusus
Pinna - soprannome, forse combatteva con un elmo dall’alto piumaggio.
Plotium
Primigenius - gladiatore raffigurato su di un pilastro in una casa pompeiana.
Priscus - scuola neroniana
Priscus e Verus - due gladiatori romani, della II metà del I sec. d.c., noti da un epigramma del poeta Marziale, inserito nella raccolta Liber de spectaculis dell'80, in cui sono descritti i vari spettacoli offerti al pubblico in occasione dell'inaugurazione del Colosseo ad opera dell'imperatore Tito.
Nella prima giornata dei giochi offerti per l'inaugurazione combatterono in modo tanto equilibrato che la folla richiese la loro liberazione e Tito alzò un dito per segnare la fine del combattimento dichiarandoli entrambi vincitori e premiando entrambi con la spada di legno e con la palma.
Probus - liberato da Publius Volumnius Vitalis, germano, mirmillone speccializzato nel combattimento contro il reziario, 99 vittorie.
Proshodus - di Pompei.
Publius Aelius Aplus - liberto.
Publius Aelius Troadensis - liberto.
Publius Ostorius - essediario, di Pompei, 51 vittorie in arena e dopo essersi guadagnato la libertà con la spada aveva continuato a combattere volontariamente.
Pudens - liberto, mirmillone.
Pugnax - trace, soprannome, scuola neroniana, 3 vittorie, terminò vincendo.
Purpurione - reziario, greco, scuola gladiatoria imperiale. ucciso da un Mormillone all'11° combattimento.
Quinto Sossio Albio - mirmillone
Quintus Octavius - secutor, morto a 23 anni.
Quintus Vettius Gracilis - trace, d’origine spagnola, morto a 25 anni, del resto il nome non prometteva bene.
Quintus Vitellius - Cassio Dione narra che Quinto Vitellio, senatore di Roma, si battè di sua iniziativa durante uno spettacolo organizzato da Ottaviano in occasione della consacrazione del tempio in onore di suo padre, il divo Iulio.
Raecius Felix
Rusticum Cnea - da un graffito di Pompei.
Rutuba
Rutumannus - retiario, 23 battaglie, invitto.
Sabinus - gladiatore che amava le donne e una in particolare, una certa Licisca, che in incognito “lavorava” in un lupanare. Altri non era che Messalina, terza moglie dell’imperatore Claudio. Quando Sabino fu sconfitto in arena fu difeso da una convincente arringa di Messalina che riuscì a salvarlo.
Sabinus - trace, l’imperatore Caligola lo mise a capo della sua guardia del corpo.
Satornilus - trace di Smirne, II e III sec. d.c. La sua lapide fu eretta dalla familia gladiatoria a cui apparteneva.
Satur - mirmillone, scuola giuliana, 13 vittorie.
Scava - barbaro, dai graffiti di Stabia.
Scilace - essedario, scuola giulia, 26 vittorie
Secundus
Sergiolus - (Sergiuccio), con spiacevole aspetto per sfregi e cicatrici. Ma Giovenale mastica amaro: "Era però gladiatore: e questo è titolo per far di lor Giacinti… Amano queste donne la violenza"
Serpeniius - Nel Mosaico con scena di Venatio, conservato alla Galleria Borghese, l’agile bestiario affronta una pantera e la infilza la fiera con la sua lancia acuminata.
Sextus Karius Felix - affrancato da Sextus, reziario.
Sextus Karius Rufus - figlio di Marcus, reziario, 4 vittorie..
Sedulatus - da un graffito di Pompei.
Serpentius
Servilius - da un graffito di Pompei.
Sextius - da un graffito di Pompei.
Sequanus - da un graffito di Pompei.
Siicun - da graffiti di Stabia
Siidlatis - da graffiti di Stabia
Sisinne - sciita, come narra luciano, entrò nella scuola gladiatori di Arnastride, sul Mar Nero, nella speranza di guadagnare combattendo le diecimila dracme che servivano per comprare la libertà di un suo amico e vi riuscì.
Sitio - da graffiti di stabia
Smaragdus - mirmillone hoplomaco, originario di Gadès.
Smargidus - soprannome, smeraldo
Spartacus - nato in Tracia nel 109 a.c. e morto in Lucania nel 71 a.c., capeggiò la rivolta degli schiavi nella III Guerra Servile mettendo Roma in seria difficoltà. Combattè in Macedonia col grado di milite ausiliario, ma disertò. Fu catturato e condannato, scampò alla morte dei disertori, cioè la fustigazione estrema, forse perchè bravo combattente, ma fu ridotto in schiavitù e destinato a fare il gladiatore nella scuola di Capua del lanista Lentulo Battiato. Capeggiò la rivolta dei gladiatori fuggendo con un gruppo fino al Vesuvio, dove fu nominato, insieme ai galli Enomao e Crixus, capo dei ribelli. Vinse diverse battaglie contro le legioni romani, finchè presso il fiume Sele fu sconfitto. Nella battaglia morirono 60.000 schiavi mentre i romani persero solo 1.000 uomini e fecero 6.000 prigionieri. Crasso fece crocifiggere lungo la via Appia da Capua a Roma tutti i prigionieri.
Spiculus - A Pompei è ricordato questo gladiatore famoso come preferito di Nerone la cui figura fu graffita nell'ingresso della casa del Fauno. Nerone gli regalò patrimoni e palazzi come un vero trionfatore (parte dei beni confiscati a senatori caduti in disgrazia). Addirittura l’imperatore, nel momento della sua rovina, cercò, senza successo, proprio Spiculo per farsi uccidere.
Sux - dai graffiti di Stabia.
Talamonius - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
Telephus - meritò il rudis (spada di legno) simbolo del congedo e successivamente fu ingaggiato come istruttore.
Thelonicus - reziario, pagano, liberato dalla pietà del popolo.
Tetraides Scilace
Tigris - soprannome, che ha la ferocia di una tigre.
Titus Aelius Silvanus - liberto.
Titus Claudius Firmus - liberto.
Titus Flavius Initatus - liberto.
Triumphus - soprannome, colui che trionfa.
Urbico - III sec. d.c., secutor cioè inseguitore di prima fila, primo palo, cioè primo aiutante dell’addestratore dei gladiatori, fiorentino di origine, che combatté 13 volte, visse 22 anni.
Valentius - reziario - della Legio XXX.
Valerius - da un graffito di Pompei.
Velox
Veriotal - da un graffito di Pompei.
Verus
Vervicius
Vetius
Victorinus - soprannome: colui che vince.
Viridea - una gladiatrice, da un graffito di Pompei.
Virodius - da un graffito di Pompei.
Vitulus
Zosimus
ALTRI
Da un bassorilievo ritrovato a Venafro (IS) compare una “sfida” nell’anfiteatro cittadino tra un gruppo di gladiatori della familia di un tal Cassio, contrapposti a quella della familia dei gladiatori Iuliani Sono rappresentati: il gladiatore di nome Sereno, della famiglia gladiatoria di Cassio, che sconfisse Incitatus, e di Aster che sconfitto, piegando il ginocchio a terra, appoggia il braccio sinistro allo scudo come per dichiarare di non voler/poter più combattere. Il suo avversario è Blastus. poi c'è Euthicus mentre sta per infliggere il colpo di grazia a Niger e Basso, gladiatore imperiale della familia Iuliana, dominante sullo sconfitto Chrestus.
Un graffito figurato a Pompei mostra il duello tra Severus, lo sconfitto, e Albanus, il vincitore.
Nel mosaico di Smirat (Turchia), detto del “banchetto in maschera” sono raffigurati 4 gladiatori cacciatori Mamertinus, Soittara, Bullarius e Hilarinus che stanno uccidendo 4 leopardi, identificati anche loro con dei nomi Crispinus, Victor, Romanus e Luxurius.
Svetonio (Vitae Caesarum) racconta che si batterono in combattimento gladiatorio anche nobili di famiglie bene in vista. Infatti nel 46 a.c., durante il grande spettacolo organizzato da Cesare nel Foro Romano, si affrontarono Furius Leptinus di famiglia pretoria contro Quintus Capenus avvocato ed ex senatore.
In Turchia a Smirne, due fratelli gladiatori assunsero i nomi di Eteocle e Polinice per suggerire al pubblico l’idea della durezza dei combattimenti, evocando i personaggi del ciclo mitologico tebano.
Sulle colonne del peristilio della caserma dei gladiatori di Pompei vennero scoperti un centinaio di graffiti tra cui in cui si rivela che il murmillo Samus, abitò in quella casa
Nell’inaugurazione del Colosseo l’imperatore Tito graziò con tutti gli onori i gladiatori Myrinus e Trionphus.
In un sepolcro dei Gladiatori del I. sec. a.c., oggi al Museo nazionale Romano, c'è un combattimento tra due gladiatori “provocatores”, con un terzo combattente in lotta con una quarta figura incompleta. L’iscrizione cita il nome del provocator Iulius che vinse cinque volte. L’atro provocator è Clemens. Già in epoca republicana, i provocatores combattevano con cardiophilax, una piastra o corazza-scudo, tenuta da due fasce incrociate e fermate dietro la schiena da una borchia. Il simbolo del provocator di sinistra è una testa di gorgone. Essendo nel I sec. a.c. gli elmi sono aperti, corredati solo dai paragnatides.
A Pompei due gladiatori mirmilloni, Tetraites e Prudes, dovevano essere abbastanza famosi all'epoca, visto che i loro nomi compaiono su alcuni vasi di vetro ritrovati in Francia, Inghilterra e Ungheria I sec. d.c. Vi si leggono anche i nomi di altri due gladiatori: Ories e Calamus.
Di Marco Valerio Marziale
“Quei due gladiatori, Priscus e Verus, sono davvero valorosi! Adesso tutto il pubblico si è alzato in piedi e sta gridando a gran voce di fare terminare lo spettacolo, tanto si è capito che il valore dei due è tale, che nessuno dei due può soccombere.
Ma ecco finalmente intervenire l’imperatore. Ha dato ordine di togliere ai due combattenti gli scudi. Vuole farli lottare a mani nude, fino a quando uno dei due non alzerà il dito per indicare la resa. Per ora li fa riposare un momento e manda a tutti e due cibi e doni. Ecco stanno ricominciando. Niente da fare: sono caduti tutte e due insieme a terra stremati.
All’imperatore il combattimento di questi due schiavi deve essere molto piaciuto perché sta facendo mandare a tutti e due la palma della vittoria. Li ha anche resi uomini liberi per il loro ingegno ed il loro valore. Non si era mai visto uno spettacolo di gladiatori finire in questo modo. Tutti e due i combattenti hanno vinto!"
RUFIUS CECINA FELIX LAMPADIUS
SPADE
- Il gladio era l’ arma tipica dei gladiatori, dalla quale presero il nome.
- La sica, del tipico guerriero della Tracia, che la adoperava in combattimento.
- Il pugio (pugnale) usato dal Reziario come seconda arma e dal Dimachero, che combatteva con due pugi.
ELMI
Combattere con un elmo non era necessariamente un vantaggio, nonostante attutisse i colpi in testa, dovendo fare un forte sforzo dei muscoli del collo; inoltre, la visibilità era molto limitata. Alcuni elmi avevano un'unica grata all’altezza degli occhi, altri solo dei piccoli fori; inoltre aderivano perfettamente alla testa del gladiatore limitando la capacità respiratoria. Era interesse del gladiatore finire l’incontro prima che la respirazione ne soffrisse.
SCHINIERI
Gli schinieri erano le protezioni del lato anteriore della gamba, in metallo o in cuoio. Quelli usati dai gladiatori risultano di due tipi:
- I cnemides molto alti e fin sopra il ginocchio. Avevano una conformazione ad incavo all’ altezza del ginocchio, per consentire un comodo alloggio nella rientranza e quindi dare libertà di movimento in trazione.
- Le ocreae più corte, col ginocchio libero e presentavano un incavo in basso per il piede. Gli schinieri erano fissati ai polpacci tramite corregge infilate in piccoli anelli posteriori. Sotto gli schinieri erano portate fasce di stoffa o di cuoio, che avvolgevano le gambe. L’ uso degli schinieri riduceva la mobilità dei gladiatori.
BRACCIALI
La manica era formata da piastre articolate o scaglie metalliche, o, talvolta, da una stretta fasciatura di stoffa e cuoio. Serviva a proteggere il braccio dai colpi dell’ avversario e solitamente veniva indossata sul braccio in cui il Gladiatore impugnava l’ arma d’ offesa, più esposta ai colpi, in quanto l’altro braccio aveva lo scudo.
I movimenti del braccio ne risultavano leggermente limitati.
Portavano la manica di protezione sul braccio sinistro, con cui impugnavano il tridente, che non soffriva limitazioni. La mano destra per far volteggiare la rete, non aveva manica che limitasse il gesto.
La placca metallica rettangolare fissata alla spalla del lato in cui utilizzava il tridente, proteggeva la parte più esposta ai colpi dell’ avversario. Sii alzava infatti al di sopra della spalla di 13 centimetri per proteggere la gola e testa, in quanto il Reziario era privo di elmo.
MANI
La protezione della mano del gladiatore, che impugnava l’ arma, era costituita da un guanto, di cuoio, o di fasce sovrapposte di cuoio, o di cuoio con piastre metalliche sopra applicate.
Diversi gladiatori ricorrevano a delle protezioni che avvolgevano completamente la mano che impugnava il gladio.
GLADIATORE - 50 A.C. |
NOMI DI GLADIATORI FAMOSI E NON
Nella prima giornata dei giochi offerti per l'inaugurazione combatterono in modo tanto equilibrato che la folla richiese la loro liberazione e Tito alzò un dito per segnare la fine del combattimento dichiarandoli entrambi vincitori e premiando entrambi con la spada di legno e con la palma.
ALTRI
Da un bassorilievo ritrovato a Venafro (IS) compare una “sfida” nell’anfiteatro cittadino tra un gruppo di gladiatori della familia di un tal Cassio, contrapposti a quella della familia dei gladiatori Iuliani Sono rappresentati: il gladiatore di nome Sereno, della famiglia gladiatoria di Cassio, che sconfisse Incitatus, e di Aster che sconfitto, piegando il ginocchio a terra, appoggia il braccio sinistro allo scudo come per dichiarare di non voler/poter più combattere. Il suo avversario è Blastus. poi c'è Euthicus mentre sta per infliggere il colpo di grazia a Niger e Basso, gladiatore imperiale della familia Iuliana, dominante sullo sconfitto Chrestus.
Un graffito figurato a Pompei mostra il duello tra Severus, lo sconfitto, e Albanus, il vincitore.
Nel mosaico di Smirat (Turchia), detto del “banchetto in maschera” sono raffigurati 4 gladiatori cacciatori Mamertinus, Soittara, Bullarius e Hilarinus che stanno uccidendo 4 leopardi, identificati anche loro con dei nomi Crispinus, Victor, Romanus e Luxurius.
Svetonio (Vitae Caesarum) racconta che si batterono in combattimento gladiatorio anche nobili di famiglie bene in vista. Infatti nel 46 a.c., durante il grande spettacolo organizzato da Cesare nel Foro Romano, si affrontarono Furius Leptinus di famiglia pretoria contro Quintus Capenus avvocato ed ex senatore.
In Turchia a Smirne, due fratelli gladiatori assunsero i nomi di Eteocle e Polinice per suggerire al pubblico l’idea della durezza dei combattimenti, evocando i personaggi del ciclo mitologico tebano.
Sulle colonne del peristilio della caserma dei gladiatori di Pompei vennero scoperti un centinaio di graffiti tra cui in cui si rivela che il murmillo Samus, abitò in quella casa
Nell’inaugurazione del Colosseo l’imperatore Tito graziò con tutti gli onori i gladiatori Myrinus e Trionphus.
In un sepolcro dei Gladiatori del I. sec. a.c., oggi al Museo nazionale Romano, c'è un combattimento tra due gladiatori “provocatores”, con un terzo combattente in lotta con una quarta figura incompleta. L’iscrizione cita il nome del provocator Iulius che vinse cinque volte. L’atro provocator è Clemens. Già in epoca republicana, i provocatores combattevano con cardiophilax, una piastra o corazza-scudo, tenuta da due fasce incrociate e fermate dietro la schiena da una borchia. Il simbolo del provocator di sinistra è una testa di gorgone. Essendo nel I sec. a.c. gli elmi sono aperti, corredati solo dai paragnatides.
A Pompei due gladiatori mirmilloni, Tetraites e Prudes, dovevano essere abbastanza famosi all'epoca, visto che i loro nomi compaiono su alcuni vasi di vetro ritrovati in Francia, Inghilterra e Ungheria I sec. d.c. Vi si leggono anche i nomi di altri due gladiatori: Ories e Calamus.
Di Marco Valerio Marziale
“Quei due gladiatori, Priscus e Verus, sono davvero valorosi! Adesso tutto il pubblico si è alzato in piedi e sta gridando a gran voce di fare terminare lo spettacolo, tanto si è capito che il valore dei due è tale, che nessuno dei due può soccombere.
Ma ecco finalmente intervenire l’imperatore. Ha dato ordine di togliere ai due combattenti gli scudi. Vuole farli lottare a mani nude, fino a quando uno dei due non alzerà il dito per indicare la resa. Per ora li fa riposare un momento e manda a tutti e due cibi e doni. Ecco stanno ricominciando. Niente da fare: sono caduti tutte e due insieme a terra stremati.
All’imperatore il combattimento di questi due schiavi deve essere molto piaciuto perché sta facendo mandare a tutti e due la palma della vittoria. Li ha anche resi uomini liberi per il loro ingegno ed il loro valore. Non si era mai visto uno spettacolo di gladiatori finire in questo modo. Tutti e due i combattenti hanno vinto!"
RUFIUS CECINA FELIX LAMPADIUS
- Questa iscrizione venne restaurata tra il 1814 ed il 1822 e di nuovo, con maggior precisione, nel 1986. Si riferisce alle riparazioni effettuate nel 443 o 444 durante il regno di Teodosio II e Valentiniano III.
Questa pietra è particolarmente importante perché è stata scolpita su un blocco di marmo cancellando una precedente iscrizione a lettere bronzee, che venne decifrata nel 1995 scoprendo che commemorava la prima inaugurazione dell'anfiteatro da parte di Vespasiano e che confermava l'ipotesi che il Colosseo fu costruito con le spoglie di guerra, ovvero il bottino della guerra giudaica ed il sacco del tempio di Gerusalemme.
IMPERATORI GLADIATORI
Si racconta che una volta l’imperatore Caligola si sia esibito come gladiatore.
L'imperatore Commodo era definito "Ercole Romano" perché affrontava animali e come il suo eroe si vestiva con pelle leonina e clava. La sua passione per le cacce lo portò ad uccidere elefanti, rinoceronti, ippopotami, giraffe, tigri, leoni e orsi. Con gli struzzi si divertiva a colpirli con l’arco.
Contro gli uomini preferiva vestirsi da Secutor (sembra che i reziari gli stessero antipatici). Si dice che abbia preso parte a 735 combattimenti e riportato un migliaio di vittorie. Aveva una stanza al Ludus Magnus e inoltre era solito abitare nella caserma dei venatores esercitandosi con essi (Lampridio, Commodo, 2,9 e 5,5). Alla sua morte fu fatta un’asta pubblica del suo equipaggiamento da gladiatore. Furono messi in vendita armamenti tempestati di pietre preziose e inserti d’oro.
L’imperatore Claudio era appassionato di combattimenti di massa e nel 44 d.c. organizzò al Campo Marzio la simulazione dell’assalto a una città britannica, che condusse egli stesso.
Anche Tito, Adriano, Lucio Vero e Dido Giuliano non sdegnarono il combattimento.
Per ulteriori approfondimenti: L'EQUIPAGGIAMENTO DEI GLADIATORI
BIBLIO
- Domenico Augenti - Spettacoli del Colosseo: nelle cronache degli antichi - L'erma di Bretschneider - 2001 -
- Donald G. Kyle - Sport and Spectacle in the Ancient World - 2007 -
- Fabrizio Paolucci - I dannati dello spettacolo - Giunti Editore - 2003 -
- Federica Guidi - Morte nell'arena. Storia e leggenda dei gladiatori - Arnoldo Mondatori Editore SpA - Milano - 2006 -
- Luciana Jacobelli - Gladiatori a Pompei - L'"Erma" di Bretschneider - Roma - 2003 -
- Konstantin Nossov - Gladiators: History, Types, Armament, Organisation of Spectacles - Sankt-Peterburg - 2005 -
- Konstantin Nossov - Gladiatori: Sangue e spettacolo nell’antica Roma - Gorizia - 2010 -
Questa pietra è particolarmente importante perché è stata scolpita su un blocco di marmo cancellando una precedente iscrizione a lettere bronzee, che venne decifrata nel 1995 scoprendo che commemorava la prima inaugurazione dell'anfiteatro da parte di Vespasiano e che confermava l'ipotesi che il Colosseo fu costruito con le spoglie di guerra, ovvero il bottino della guerra giudaica ed il sacco del tempio di Gerusalemme.
IMPERATORI GLADIATORI
Si racconta che una volta l’imperatore Caligola si sia esibito come gladiatore.
L'imperatore Commodo era definito "Ercole Romano" perché affrontava animali e come il suo eroe si vestiva con pelle leonina e clava. La sua passione per le cacce lo portò ad uccidere elefanti, rinoceronti, ippopotami, giraffe, tigri, leoni e orsi. Con gli struzzi si divertiva a colpirli con l’arco.
Contro gli uomini preferiva vestirsi da Secutor (sembra che i reziari gli stessero antipatici). Si dice che abbia preso parte a 735 combattimenti e riportato un migliaio di vittorie. Aveva una stanza al Ludus Magnus e inoltre era solito abitare nella caserma dei venatores esercitandosi con essi (Lampridio, Commodo, 2,9 e 5,5). Alla sua morte fu fatta un’asta pubblica del suo equipaggiamento da gladiatore. Furono messi in vendita armamenti tempestati di pietre preziose e inserti d’oro.
L’imperatore Claudio era appassionato di combattimenti di massa e nel 44 d.c. organizzò al Campo Marzio la simulazione dell’assalto a una città britannica, che condusse egli stesso.
Anche Tito, Adriano, Lucio Vero e Dido Giuliano non sdegnarono il combattimento.
Per ulteriori approfondimenti: L'EQUIPAGGIAMENTO DEI GLADIATORI
BIBLIO
- Domenico Augenti - Spettacoli del Colosseo: nelle cronache degli antichi - L'erma di Bretschneider - 2001 -
- Donald G. Kyle - Sport and Spectacle in the Ancient World - 2007 -
- Fabrizio Paolucci - I dannati dello spettacolo - Giunti Editore - 2003 -
- Federica Guidi - Morte nell'arena. Storia e leggenda dei gladiatori - Arnoldo Mondatori Editore SpA - Milano - 2006 -
- Luciana Jacobelli - Gladiatori a Pompei - L'"Erma" di Bretschneider - Roma - 2003 -
- Konstantin Nossov - Gladiators: History, Types, Armament, Organisation of Spectacles - Sankt-Peterburg - 2005 -
- Konstantin Nossov - Gladiatori: Sangue e spettacolo nell’antica Roma - Gorizia - 2010 -
13 comment:
come faccio a stampare
Wow molto interessante
Certo che venivano maltrattati, erano schiavi, spartacus è stato infatti l’unico a ribellarsi con efficacia passando alla storia come avversario di Roma e della schiavitu portando con se migliaia di schiavi stanchi di essere maltrattati
Di certo non come si vede nei film o serie tv
Complimenti ragazzi, davvero un ottimo lavoro ed una ricerca storica enorme.
Cercavo almeno un gladiatore Sardo ma zero, nemmeno uno per sbaglio. In compenso vi erano almeno 3 intere legioni di Sardi di cui sono a conoscenza... la "Cohors II Sardorum" e la "I Nurritanorum" di istanza in Nord Africa {Tunisia?} e la "I Praetoria Sardorum" che era di istanza in Sardegna.
Insomma... più preziosi in guerra che nell'arena.
molto buona línforrmazione si mostra il llavoro
tutto molto corretto forse leggermente lungo
molto ricco ma come ha detto anonimo è un pò troppo lungo
Pensa che bello mi sono imparato tutti i nomi dei gladiatori a memoria
che bravo
Avete dimenticato il gladiatore ritus carullus
Stupendo!
[399 d.C. , non a.C. (circa metà articolo)]
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