NUMA POMPILIO PREGATO DI REGNARE SU ROMA |
Nome: Numa Pompilius
Nascita: 753 a.c.
Morte: 674 a.c.
Moglie: Tazia figlia di Tito Tazio
Predecessore: Romolo
Successore: Tullo Ostilio
Regno: 715-673 a.c.
DOMANDE
Predecessore: Romolo
Successore: Tullo Ostilio
Regno: 715-673 a.c.
DOMANDE
- Quando e dove nacque Numa Pompilio?
Numa Pompilio nacque a Cures nel 753 ac..
- Quando e dove morì Numa Pompilio?
Numa Pompilio morì a Roma nel 674 ac,
- Chi fu il predecessore di Numa Pompilio?
Il predecessore di Numa Pompilio fu Romolo.
- Chi fu il successore di Numa Pompilio?
Il successore di Numa Pompilio fu Tullo Ostilio.
- Come giunse ad essere eletto re Numa Pompilio?
Il senato lo propose al popolo che lo votò perchè era nato lo stesso giorno della fondazione di Roma.
- Quante guerre combattè Numa Pompilio?
Numa Pompilio non combattè alcuna guerra.
- Cosa fece Numa Pompilio per Roma?
Numa Pompilio fece rifiorire i rituali e le religioni, fece delle buone leggi ispirategli, come egli sostenne, dalla ninfa Egeria.
Inoltre ampliò le mura sul Quirinale.
Istituì il tempio di Giano le cui porte si aprivano in tempo di guerra e chiudevano in tempo di pace.
Istituì l'ordine sacerdotale delle Vestali, dei Flamini e dei Salii.
Custodì per il bene di Roma l'ancile sacro donato da Marte.
Riformò il calendario dividendo l'anno in 12 mesi.
NUMA POMPILIO
"Numa Pompilio nominato Re Postea Numa Pompilius rex creatus est, qui bellum quidem nullum gessit, sed non iminus civitati quam Romulus profuit. Nam et leges Romanis moresque constituit, qui consuetudine proeliorum iam latrones ac semibarbari putabantur, et annum descripsit in decem menses prius sine aliqua supputatione confusum, et infinita Romae sacra ac templa constituit. Morbo decessit quadragesimo et tertio imperii anno."
L'INCORONAZIONE
Si sa che avvenne in cima al Campidoglio, con la cerimonia e il verdetto degli auruspici etruschi, che forse preferivano un sabino a un romano, ma accettarono i segni del cielo. Fatto sta che questi, osservando il cielo in direzione di Monte Albano, antico centro di culto latino, scorsero un volo di uccelli. Il volere degli Dei era propizio: Numa Pompilio fu il nuovo re, nonchè capo militare, giudiziario e religioso.
"Clauso eo cum omnium circa fini timorum societate ac foederibus iunxisset animos, positis externorum periculorum curis, ne luxuriarent otio animi quos metus hostium disciplinaque militaris continuerat, omnium primum, rem ad multitudinem imperitam et illis saeculis rudem efficacissimam, deorum metum iniciendum ratus est".
"[Numa Pompilio], poiché l'indole dei Romani (da sempre tenuta a freno dal timore dei nemici) una volta venuti meno essi, non si corrompesse nell'ozio, pensò bene di introdurre un grande timore verso gli Dei: era il metodo più efficace per gente ignorante e, dati i tempi, rozza".
LA LEGGENDA
Narra la leggenda che Numa Pompilio fosse stato partorito nel tempio di Cerere. Fa pensare a un culto dove la Dea era la Magna Mater che dava la luce, o Dea Lucina. Egli instaurò per ispirazione della Ninfa Egeria il culto di Tacita, Dea del silenzio, equiparata ad Iside, colei che richiede il silenzio nei Sacri Misteri. Inoltre Tacita era collegata alla fava e al culto dei morti, il che ne sottolinea l'aspetto misterico e pure ctonio. In quanto alla ninfa Egeria qualcuno suppone fosse una moglie sacerdotessa, in carne ed ossa.
“Vi era un bosco irrigato nel mezzo da una fonte d'acqua perenne che sgorgava da un'ombrosa grotta. Numa spesso vi si recava senza testimoni per incontrarsi con la Dea, consacrò quel bosco alle Camene a sud est del Celio poiché ivi esse si ritrovavano con Egeria sua sposa".
(Tito Livio – Storia di Roma – Newton&Compton 1997)
Numa Pompilio cominciò a stabilire nuove leggi. Si dice, o almeno lui sostenne, che ispiratrice fosse la divina ninfa Egeria. Questo ha sollevato molti dubbi, dicono che Numa era un furbo che rifilava leggi, dichiarandole divine, per salvarsi dall’ostilità dei patrizi, e la ninfa non c'entrava per nulla. Ma andiamo a vedere.
Gli incontri tra il re e la ninfa avvenivano nel bosco sacro delle Camene, nel lato sud est del Celio.
Le Camene erano divinità o ninfe legate alle acque, sorgenti o fiumi che fossero. Erano quattro: Egeria, Carmenta, Antevorta e Postvorta. Avevano virtù profetiche e ispiratrici.
Sicuramente nel bosco vi era un tempio e un monastero dove vivevano e officiavano le sacerdotesse con la sacerdotessa suprema, o Gran Sacerdotessa. Nessuno avrebbe avuto da ridire se il re vi si recava perchè dette sacerdotesse non erano tenute alla castità. Probabilmente Egeria era la Gran Sacerdotessa.
Numa istituì il rito delle Vestali, le uniche che possedevano, unitamente al sommo sacerdote, il segreto di Samotracia. Forse i sacri Misteri perdurarono ma non se ne ha traccia. Per gli storici Numa è un gran furbo che s’inventa la ninfa. Ma Numa è Sabino e proviene da una società matriarcale che ha Dee e geni femminili. Altrimenti perché i romani avrebbero dovuto rapire le sabine anziché chiederle in moglie? I romani erano pastori e guerrieri, senza stanzialità, vagavano nel Lazio e la fondazione di Roma era recente.
Le Sabine non erano disposte a seguire le leggi maschiliste dei romani che avevano una trinità maschile: Giove, Marte e Quirino. Numa porta il culto da privato a pubblico, il famoso tempio di Giano le cui porte sono chiuse in tempo di pace viene costruito durante il suo regno. Al nuovo ordine sacerdotale dei Flamini è affidato il culto di Giove, Marte e Quirino mentre al nuovo ordine delle Vestali è assegnato il compito di vegliare il fuoco sacro di Vesta.
I resti del santuario mostrano in una grande stanza rettangolare, con una nicchia centrale e sei laterali, risalente al II sec. d.c. decorato di marmi verdi. All'esterno l'acqua scorreva in una grande piscina rettangolare, circondata da un portico oggi interrato. Era il 'Lacus Salutaris' anticamente citato a sinistra della via Appia Antica. Superato il quadriportico l'acqua formava un altro grande bacino ottogonale ed infine si gettava nel fiume.
Un santuario di tutto rispetto dunque, dedicato alla Dea della Salute, con una sorgente miracolosa dove, come a Lourdes, si bagnavano i fedeli. Ma nel colle Celio c'era il tempio sabino delle Camene, dove i magistrati deponevano le tavole di censimento dei beni cittadini. Insomma le Camene furono divinità sabine prima che romane.
Protettrice della gravidanza e della nascita e patrona delle levatrici, possedeva il dono della profezia e veniva chiamata anche al plurale: Carmentes antevorta et postvorta, "che conosce il passato e che conosce l'avvenire", aspetti della stessa Dea che diverranno due figure distinte.
Venerata anche come inventrice dell'alfabeto latino, il che ci dice che furono le sue sacerdotesse a farlo, nel suo tempio a Roma, situato vicino alla Porta Carmentalis, presso il Campidoglio, era proibito indossare abiti ed oggetti di pelle, il che richiama alla sacralità degli animali e la rivela Signora delle belve, come Feronia sabina.
In suo onore, l'11 gennaio, si festeggiavano i Carmentalia. A questi, successivamente, si aggiunse il 15 gennaio, voluto dalle matrone romane per onorare la Dea che le aveva aiutate nella battaglia contro il Senato che aveva loro proibito l'uso delle carrozze.
Per non essere costrette a casa o ad estenuanti camminate, le donne si coalizzarono negando ai mariti i piaceri del talamo, costringendo così il Senato ad abolire la proibizione.
Insomma le Camenae erano Dee della vita, delle acque e della profezia, una Grande Madre suddivisa, una Dea sabina che stava dalla parte delle donne, sicuramente il santuario aveva un tiaso o monastero con sacerdotesse e Gran Sacerdotessa. Si evince che Numa si ispirasse moralmente e fisicamente alla Gran Sacerdotessa, e che lei gli suggerisse le leggi e i provvedimenti opportuni.
La via Valle delle Camene, nel tratto iniziale dell'Appia Antica, ricorda che nelle sue vicinanze sorgeva la Fons Camenarum, una fontana dedicata alle Camenae, le cui acque avevano il potere di guarire ogni male, per cui vennero utilizzate dalle Vestali per i riti del loro culto.
Sembra che in via Valle delle Camene il Tempio di Ercole Musagete del 187 a.c., voluto da Marco Fulvio Nobiliare per la sua vittoria sugli Etoli, con pianta circolare su alta pedana, con un’esedra a nord, e un’area rotonda in cui sorgeva originariamente l’Edicola delle Camene, fosse riedificato appunto sull'antico tempio delle Camene voluto da Numa Pompilio.
L'ORDINAMENTO SACERDOTALE
Infatti il re ampliò e approfondì il culto religioso, creando templi e riti pubblici. Il tempio di Giano con porte chiuse in tempo di pace nacque durante il suo regno. Creò l'ordine sacerdotale dei Flamini per il culto di Giove, Marte e Quirino, e alle Vestali già costituite in ordine sacerdotale per vegliare il fuoco sacro della Dea Vesta, assegnò una rendita a spese dello stato.
Sul lato est della casa delle Vestali sorge un’area, denominata impropriamente tablino, che in origine era coperta con una volta ed era affiancata da tre ambienti per ogni lato, forse il Sacello dei Lari, luogo in cui si sa che ci fosse la statua in marmo di Numa Pompilio, tradizionalmente (e impropriamente) ritenuto istitutore delle Vestali.
"Numa Pompilio nominato Re Postea Numa Pompilius rex creatus est, qui bellum quidem nullum gessit, sed non iminus civitati quam Romulus profuit. Nam et leges Romanis moresque constituit, qui consuetudine proeliorum iam latrones ac semibarbari putabantur, et annum descripsit in decem menses prius sine aliqua supputatione confusum, et infinita Romae sacra ac templa constituit. Morbo decessit quadragesimo et tertio imperii anno."
"Poi fu fatto re Numa Pompilio che non combatté nessuna guerra, ma che giovò alla città non meno di Romolo. Infatti fissò leggi e istituzioni per i Romani che per l'abitudine alle guerre erano già considerati predoni e semibarbari e divise in dieci mesi l'anno, prima mescolato senza alcun computo e istituì innumerevoli cerimonie sacre e templi a Roma. Morì di malattia nel quarantatreesimo anno del regno."
(Tito Livio – Ab Urbe condita – Libro I)
"E divise l'anno in dodici mesi seguendo prima di tutto il ciclo della Luna; … Distinse poi i giorni in fasti e nefasti, perché in certi giorni non si dovessero prendere decisioni pubbliche."
La leggendaria scomparsa di Romolo nel 716 a.c. aprì un lungo periodo in cui Roma ebbe un interregno senza re. Nella vece dei monarchi operarono i Senatori o 'patres' che amministrarono i beni e la giustizia. Insomma tornò l'antica oligarchia, forse procurata dai Senatori con l'assassinio di Romolo.
Il senato comprese che occorreva un re ma i Sabini ne volevano uno della loro gente e altrettanto i Quiriti, per cui non se ne veniva a capo. Ma le decisioni erano complesse e la difesa del territorio problematica senza un capo, per cui il senato lasciò al popolo sovrano il compito di proclamare il II Re di Roma nel 715 a.c.: il sabino Numa Pompilio, della tribù dei Tities, che Tito Livio dice nativo di Cures (lib I - 34 - 6).
La nascita di Numa era avvenuta esattamente nel giorno della fondazione di Roma, particolare questo in cui i Romani vedevano un segno indecifrabile della volontà degli Dei. Numa Pompilio aveva circa quaranta anni quando gli ambasciatori si recarono da lui. La delegazione che raggiunse Numa per proporgli di diventare Re ricevette inaspettatamente un cortese rifiuto, Numa preferiva i suoi studi e la pace agreste alle responsabilità del governo.
Fu necessaria una lunga opera di persuasione da parte degli ambasciatori e di un parente di Numa di nome Marcio per convincere il prescelto ad accettare il regno: come re, gli disse, avrebbe avuto maggiori possibilità di rendere onore agli Dei e di far del bene agli uomini.
Sembra fosse molto apprezzato per la fede e le pratiche religiose, si che il Senato, da un lato scontento della stirpe sabina di Numa, ma dall'altro stanco delle lotte dei patrizi per accaparrarsi il trono, decise di lasciare il verdetto agli Dei.
Così Numa accettò e si trasferì a Roma dove fu accolto con entusiasmo mentre la sua elezione veniva confermata con una votazione popolare. Scrupoloso com'era nella devozione, volle consultare anche il volere divino e si fece accompagnare dai sacerdoti sul Campidoglio dove furono tratti auspici favorevoli dal volo degli uccelli e finalmente la folla riuscì ad acclamare il nuovo re.
Secondo alcuni studiosi vi sarebbe un rapporto di parentela tra Anco Marzio e Numa Pompilio, poiché entrambi erano di nobile stirpe sabina, e vennero rappresentati insieme sulle facce dei denarii fatti coniare dalla gens Marcia. In particolare, secondo il Pallottino, Anco Marcio sarebbe nipote di Numa, in quanto figlio di sua figlia Pompilia e di un esponente sconosciuto della gens Marcia.
ANTONIO NIBBY
"Il regno pacifico di Numa Pompilio quantunque non accrescesse la popolazione dì Roma con mezzi violenti, come il suo predecessore, pure favorì molto al suo aumento, cosicché fu di bisogno aggrandire il recinto. Del che abbiamo una prova in Dionisio, il quale ci assicura, che Numa ampliando le mura della città chiuse dentro il monte Quirinale, fin allora stato senza difesa.
Ma a Dionisio si oppone Livio, che dice il Quirinale essere stato riunito a Roma da Servìo Tullio i ed in tale discordia non si trova altro mezzo da conciliare i duo autori, che supponendo avere Numa cinto soltanto di mura quella parte del colle Quirinale, che più a Roma, o per dir meglio al monte Tarpejo accostavasi, lasciando il resto di fuori.
Imperciocché la estrema lunghezza che ha questo colle il quale si estende fin quasi alla odierna Porta Pia, rende inverosimile che fosse interamente rinchiuso in Roma prima degli altri; è però d'altro canto probabile, che venendosi quasi a congiungere alle estremità col monte Capitolino, questa parte fosse prima di ogni altra riunita a Roma, tanto più che dovea, secondo Dioniso stesso, essere già popolata dai sabini venuti con Tazio.
Nè si credano sufficiente obiezione a non supporre il Quirinale intieramente riunito a Roma, l'aver Numa stabilito in quel colle il Capitolium vetus, e l'essere stato sopra lo stesso colle eretto il tempio a Quiino. Imperciocchè essendo cosa dimostrata che il Capitoliun Vetus fosse, secondo l'opinione comune, dove è oggi il Palazzo Barberini, non ne segue da ciò che dovesse stare dentro il recinto, sapendo quanto spesso gli antichi edificassero i loro templi fuori città, e lo stesso ragionamento può tenersi al tempio di Quirino.
ANNALI DI ROMA
"Il nome di Pompilio aggiunto a Numa secondo quanto si ricava Dionigi esser dovè il nome di suo padre imperocchè dice lo Storico che Numa era figlio di Pompilio Pompone. Quando Numa eletto a Re contava il quarantesimo anno di sua età essendo per avventura venuto alla luce nello stesso anno della edificazione di Roma.
Questo personaggio di schiatta illustre e nato in Cures, Citta dei Sabini, versato era nelle umane e divine cose in grado eminente e degno di occupare il trono della novella Città. La di lui sapienza era dalla fama pubblicata non solo appresso i Romani ma presso tutti i popoli circonvicini. Tanto poi era grande il vanto di Numa che Tazio il quale regnò con Romolo ebbe a caro di ammogliarlo con sua figlia nomata Tazia.
Questa mancata eragli di vita dopo tredici anni di matrimonio per cui trovavasi Numa nello stato vedovile all'epoca della sua elezione. Degno è qui di osservazione il carattere e la saviezza di quei primi Romani che seme quindi esser dovevano di sommi eroi. Rozzi maggior parte e feroci quali essi erano nudrivano pure animo grande e generoso per la patria nascente.
Lungi dagli umani rispetti, lungi da veduta di privato interesse un uomo miravano ad eleggere degno della patria atto ai di lei avanzamenti e necessario ai tempi, virtù la probità il nobile carattere e 1'età di senno di Numa, 1'unico stimolo pei Romani onde eleggerlo Re. Il popolo dunque a non minori vedute dirigevasi uni gli animi si concordemente universale fu l'acclamazione di questo nuovo Sovrano.
L'Interrè al governo presiedeva della republica nel giorno della elezione di Numa convocato il popolo publicò la di lui scelta e fu unanime sentimento il non tardare un istante a spedir deputati perchè il Re supplicato venisse ad accettare quel Trono e trasferito si fosse Roma a stringer lo Scettro. Veleso che esser potrebbe ancora quel Volesio, uno dei tre personaggi illustri che seguendo Tazio passò con questi da Cures a Roma."
(Luigi Pompili Olivieri - 1836 - Rome)
(Tito Livio – Ab Urbe condita – Libro I)
"E divise l'anno in dodici mesi seguendo prima di tutto il ciclo della Luna; … Distinse poi i giorni in fasti e nefasti, perché in certi giorni non si dovessero prendere decisioni pubbliche."
La leggendaria scomparsa di Romolo nel 716 a.c. aprì un lungo periodo in cui Roma ebbe un interregno senza re. Nella vece dei monarchi operarono i Senatori o 'patres' che amministrarono i beni e la giustizia. Insomma tornò l'antica oligarchia, forse procurata dai Senatori con l'assassinio di Romolo.
Il senato comprese che occorreva un re ma i Sabini ne volevano uno della loro gente e altrettanto i Quiriti, per cui non se ne veniva a capo. Ma le decisioni erano complesse e la difesa del territorio problematica senza un capo, per cui il senato lasciò al popolo sovrano il compito di proclamare il II Re di Roma nel 715 a.c.: il sabino Numa Pompilio, della tribù dei Tities, che Tito Livio dice nativo di Cures (lib I - 34 - 6).
La nascita di Numa era avvenuta esattamente nel giorno della fondazione di Roma, particolare questo in cui i Romani vedevano un segno indecifrabile della volontà degli Dei. Numa Pompilio aveva circa quaranta anni quando gli ambasciatori si recarono da lui. La delegazione che raggiunse Numa per proporgli di diventare Re ricevette inaspettatamente un cortese rifiuto, Numa preferiva i suoi studi e la pace agreste alle responsabilità del governo.
Fu necessaria una lunga opera di persuasione da parte degli ambasciatori e di un parente di Numa di nome Marcio per convincere il prescelto ad accettare il regno: come re, gli disse, avrebbe avuto maggiori possibilità di rendere onore agli Dei e di far del bene agli uomini.
Sembra fosse molto apprezzato per la fede e le pratiche religiose, si che il Senato, da un lato scontento della stirpe sabina di Numa, ma dall'altro stanco delle lotte dei patrizi per accaparrarsi il trono, decise di lasciare il verdetto agli Dei.
Così Numa accettò e si trasferì a Roma dove fu accolto con entusiasmo mentre la sua elezione veniva confermata con una votazione popolare. Scrupoloso com'era nella devozione, volle consultare anche il volere divino e si fece accompagnare dai sacerdoti sul Campidoglio dove furono tratti auspici favorevoli dal volo degli uccelli e finalmente la folla riuscì ad acclamare il nuovo re.
Secondo alcuni studiosi vi sarebbe un rapporto di parentela tra Anco Marzio e Numa Pompilio, poiché entrambi erano di nobile stirpe sabina, e vennero rappresentati insieme sulle facce dei denarii fatti coniare dalla gens Marcia. In particolare, secondo il Pallottino, Anco Marcio sarebbe nipote di Numa, in quanto figlio di sua figlia Pompilia e di un esponente sconosciuto della gens Marcia.
NUMA POMPILIO PRESENTA L'ANCILE CADUTO DAL CIELO |
"Il regno pacifico di Numa Pompilio quantunque non accrescesse la popolazione dì Roma con mezzi violenti, come il suo predecessore, pure favorì molto al suo aumento, cosicché fu di bisogno aggrandire il recinto. Del che abbiamo una prova in Dionisio, il quale ci assicura, che Numa ampliando le mura della città chiuse dentro il monte Quirinale, fin allora stato senza difesa.
Ma a Dionisio si oppone Livio, che dice il Quirinale essere stato riunito a Roma da Servìo Tullio i ed in tale discordia non si trova altro mezzo da conciliare i duo autori, che supponendo avere Numa cinto soltanto di mura quella parte del colle Quirinale, che più a Roma, o per dir meglio al monte Tarpejo accostavasi, lasciando il resto di fuori.
Imperciocché la estrema lunghezza che ha questo colle il quale si estende fin quasi alla odierna Porta Pia, rende inverosimile che fosse interamente rinchiuso in Roma prima degli altri; è però d'altro canto probabile, che venendosi quasi a congiungere alle estremità col monte Capitolino, questa parte fosse prima di ogni altra riunita a Roma, tanto più che dovea, secondo Dioniso stesso, essere già popolata dai sabini venuti con Tazio.
Nè si credano sufficiente obiezione a non supporre il Quirinale intieramente riunito a Roma, l'aver Numa stabilito in quel colle il Capitolium vetus, e l'essere stato sopra lo stesso colle eretto il tempio a Quiino. Imperciocchè essendo cosa dimostrata che il Capitoliun Vetus fosse, secondo l'opinione comune, dove è oggi il Palazzo Barberini, non ne segue da ciò che dovesse stare dentro il recinto, sapendo quanto spesso gli antichi edificassero i loro templi fuori città, e lo stesso ragionamento può tenersi al tempio di Quirino.
Quindi noi vogliamo ammettere che da Numa fosse cinta di mura la punta di Magnanapoli, dove è la chiesa dei ss. Domenico e Sisto, la quale si trova più vicino al monte Capitolino e che, per conseguenza, una parte del recinto di là andasse direttamente con una cortina andasse a riunirsi alle mura, o per dir meglio alla rupe del monte Capitolino, presso la sala odierna di Marforio, nei dintorni del sepolcro di Caio Publicio Bibulo, ma lasciandolo fuori, e dall'altro lato seguendo le falde del Quirinale e la direzione di quel muro di recinto che esiste ancora, attribuito a Nerva, quantunque sembri di gran lunga a quell'Augusto anteriore, andasse a raggiungere le mura del Palatino, poco più oltre l'arco di Tito.
In questa guisa rimarranno conciliati Dioniso e Livio, senza che la lunghezza soverchia del Quirinale o l'esistenza in esso di templi sacrosanti, possa servire di ostacolo a riconoscerne una parte di essa rinchiusa dentro il recinto da Numa."
ANNALI DI ROMA
"Il nome di Pompilio aggiunto a Numa secondo quanto si ricava Dionigi esser dovè il nome di suo padre imperocchè dice lo Storico che Numa era figlio di Pompilio Pompone. Quando Numa eletto a Re contava il quarantesimo anno di sua età essendo per avventura venuto alla luce nello stesso anno della edificazione di Roma.
Questo personaggio di schiatta illustre e nato in Cures, Citta dei Sabini, versato era nelle umane e divine cose in grado eminente e degno di occupare il trono della novella Città. La di lui sapienza era dalla fama pubblicata non solo appresso i Romani ma presso tutti i popoli circonvicini. Tanto poi era grande il vanto di Numa che Tazio il quale regnò con Romolo ebbe a caro di ammogliarlo con sua figlia nomata Tazia.
Questa mancata eragli di vita dopo tredici anni di matrimonio per cui trovavasi Numa nello stato vedovile all'epoca della sua elezione. Degno è qui di osservazione il carattere e la saviezza di quei primi Romani che seme quindi esser dovevano di sommi eroi. Rozzi maggior parte e feroci quali essi erano nudrivano pure animo grande e generoso per la patria nascente.
Lungi dagli umani rispetti, lungi da veduta di privato interesse un uomo miravano ad eleggere degno della patria atto ai di lei avanzamenti e necessario ai tempi, virtù la probità il nobile carattere e 1'età di senno di Numa, 1'unico stimolo pei Romani onde eleggerlo Re. Il popolo dunque a non minori vedute dirigevasi uni gli animi si concordemente universale fu l'acclamazione di questo nuovo Sovrano.
L'Interrè al governo presiedeva della republica nel giorno della elezione di Numa convocato il popolo publicò la di lui scelta e fu unanime sentimento il non tardare un istante a spedir deputati perchè il Re supplicato venisse ad accettare quel Trono e trasferito si fosse Roma a stringer lo Scettro. Veleso che esser potrebbe ancora quel Volesio, uno dei tre personaggi illustri che seguendo Tazio passò con questi da Cures a Roma."
(Luigi Pompili Olivieri - 1836 - Rome)
L'INCORONAZIONE
Si sa che avvenne in cima al Campidoglio, con la cerimonia e il verdetto degli auruspici etruschi, che forse preferivano un sabino a un romano, ma accettarono i segni del cielo. Fatto sta che questi, osservando il cielo in direzione di Monte Albano, antico centro di culto latino, scorsero un volo di uccelli. Il volere degli Dei era propizio: Numa Pompilio fu il nuovo re, nonchè capo militare, giudiziario e religioso.
"Clauso eo cum omnium circa fini timorum societate ac foederibus iunxisset animos, positis externorum periculorum curis, ne luxuriarent otio animi quos metus hostium disciplinaque militaris continuerat, omnium primum, rem ad multitudinem imperitam et illis saeculis rudem efficacissimam, deorum metum iniciendum ratus est".
"[Numa Pompilio], poiché l'indole dei Romani (da sempre tenuta a freno dal timore dei nemici) una volta venuti meno essi, non si corrompesse nell'ozio, pensò bene di introdurre un grande timore verso gli Dei: era il metodo più efficace per gente ignorante e, dati i tempi, rozza".
NUMA ED EGERIA |
LA LEGGENDA
Narra la leggenda che Numa Pompilio fosse stato partorito nel tempio di Cerere. Fa pensare a un culto dove la Dea era la Magna Mater che dava la luce, o Dea Lucina. Egli instaurò per ispirazione della Ninfa Egeria il culto di Tacita, Dea del silenzio, equiparata ad Iside, colei che richiede il silenzio nei Sacri Misteri. Inoltre Tacita era collegata alla fava e al culto dei morti, il che ne sottolinea l'aspetto misterico e pure ctonio. In quanto alla ninfa Egeria qualcuno suppone fosse una moglie sacerdotessa, in carne ed ossa.
“Vi era un bosco irrigato nel mezzo da una fonte d'acqua perenne che sgorgava da un'ombrosa grotta. Numa spesso vi si recava senza testimoni per incontrarsi con la Dea, consacrò quel bosco alle Camene a sud est del Celio poiché ivi esse si ritrovavano con Egeria sua sposa".
(Tito Livio – Storia di Roma – Newton&Compton 1997)
Numa Pompilio cominciò a stabilire nuove leggi. Si dice, o almeno lui sostenne, che ispiratrice fosse la divina ninfa Egeria. Questo ha sollevato molti dubbi, dicono che Numa era un furbo che rifilava leggi, dichiarandole divine, per salvarsi dall’ostilità dei patrizi, e la ninfa non c'entrava per nulla. Ma andiamo a vedere.
Gli incontri tra il re e la ninfa avvenivano nel bosco sacro delle Camene, nel lato sud est del Celio.
Le Camene erano divinità o ninfe legate alle acque, sorgenti o fiumi che fossero. Erano quattro: Egeria, Carmenta, Antevorta e Postvorta. Avevano virtù profetiche e ispiratrici.
Sicuramente nel bosco vi era un tempio e un monastero dove vivevano e officiavano le sacerdotesse con la sacerdotessa suprema, o Gran Sacerdotessa. Nessuno avrebbe avuto da ridire se il re vi si recava perchè dette sacerdotesse non erano tenute alla castità. Probabilmente Egeria era la Gran Sacerdotessa.
Numa istituì il rito delle Vestali, le uniche che possedevano, unitamente al sommo sacerdote, il segreto di Samotracia. Forse i sacri Misteri perdurarono ma non se ne ha traccia. Per gli storici Numa è un gran furbo che s’inventa la ninfa. Ma Numa è Sabino e proviene da una società matriarcale che ha Dee e geni femminili. Altrimenti perché i romani avrebbero dovuto rapire le sabine anziché chiederle in moglie? I romani erano pastori e guerrieri, senza stanzialità, vagavano nel Lazio e la fondazione di Roma era recente.
Le Sabine non erano disposte a seguire le leggi maschiliste dei romani che avevano una trinità maschile: Giove, Marte e Quirino. Numa porta il culto da privato a pubblico, il famoso tempio di Giano le cui porte sono chiuse in tempo di pace viene costruito durante il suo regno. Al nuovo ordine sacerdotale dei Flamini è affidato il culto di Giove, Marte e Quirino mentre al nuovo ordine delle Vestali è assegnato il compito di vegliare il fuoco sacro di Vesta.
LA NINFA EGERIA INSEGNA IL BUON GOVERNO A NUMA POMPILIO |
EGERIA
I resti del santuario mostrano in una grande stanza rettangolare, con una nicchia centrale e sei laterali, risalente al II sec. d.c. decorato di marmi verdi. All'esterno l'acqua scorreva in una grande piscina rettangolare, circondata da un portico oggi interrato. Era il 'Lacus Salutaris' anticamente citato a sinistra della via Appia Antica. Superato il quadriportico l'acqua formava un altro grande bacino ottogonale ed infine si gettava nel fiume.
Un santuario di tutto rispetto dunque, dedicato alla Dea della Salute, con una sorgente miracolosa dove, come a Lourdes, si bagnavano i fedeli. Ma nel colle Celio c'era il tempio sabino delle Camene, dove i magistrati deponevano le tavole di censimento dei beni cittadini. Insomma le Camene furono divinità sabine prima che romane.
CARMENTA
Protettrice della gravidanza e della nascita e patrona delle levatrici, possedeva il dono della profezia e veniva chiamata anche al plurale: Carmentes antevorta et postvorta, "che conosce il passato e che conosce l'avvenire", aspetti della stessa Dea che diverranno due figure distinte.
NUMA POMPILIO |
In suo onore, l'11 gennaio, si festeggiavano i Carmentalia. A questi, successivamente, si aggiunse il 15 gennaio, voluto dalle matrone romane per onorare la Dea che le aveva aiutate nella battaglia contro il Senato che aveva loro proibito l'uso delle carrozze.
Per non essere costrette a casa o ad estenuanti camminate, le donne si coalizzarono negando ai mariti i piaceri del talamo, costringendo così il Senato ad abolire la proibizione.
Insomma le Camenae erano Dee della vita, delle acque e della profezia, una Grande Madre suddivisa, una Dea sabina che stava dalla parte delle donne, sicuramente il santuario aveva un tiaso o monastero con sacerdotesse e Gran Sacerdotessa. Si evince che Numa si ispirasse moralmente e fisicamente alla Gran Sacerdotessa, e che lei gli suggerisse le leggi e i provvedimenti opportuni.
La via Valle delle Camene, nel tratto iniziale dell'Appia Antica, ricorda che nelle sue vicinanze sorgeva la Fons Camenarum, una fontana dedicata alle Camenae, le cui acque avevano il potere di guarire ogni male, per cui vennero utilizzate dalle Vestali per i riti del loro culto.
Sembra che in via Valle delle Camene il Tempio di Ercole Musagete del 187 a.c., voluto da Marco Fulvio Nobiliare per la sua vittoria sugli Etoli, con pianta circolare su alta pedana, con un’esedra a nord, e un’area rotonda in cui sorgeva originariamente l’Edicola delle Camene, fosse riedificato appunto sull'antico tempio delle Camene voluto da Numa Pompilio.
L'ORDINAMENTO SACERDOTALE
Infatti il re ampliò e approfondì il culto religioso, creando templi e riti pubblici. Il tempio di Giano con porte chiuse in tempo di pace nacque durante il suo regno. Creò l'ordine sacerdotale dei Flamini per il culto di Giove, Marte e Quirino, e alle Vestali già costituite in ordine sacerdotale per vegliare il fuoco sacro della Dea Vesta, assegnò una rendita a spese dello stato.
Sul lato est della casa delle Vestali sorge un’area, denominata impropriamente tablino, che in origine era coperta con una volta ed era affiancata da tre ambienti per ogni lato, forse il Sacello dei Lari, luogo in cui si sa che ci fosse la statua in marmo di Numa Pompilio, tradizionalmente (e impropriamente) ritenuto istitutore delle Vestali.
Si narra che Numa parlasse con gli Dei, in particolare con Iupiter Elicius, un Giove crudele che chiedeva talvolta sacrifici umani, ma Numa seppe trattare col Dio e ottenne di sostituire il sacrificio con uno più mite, a base di cipolle, capelli e sardine, e così fu da allora. Il che la dice lunga sulla saggezza di questo re che riuscì a mitigare i riti cruenti delle consuetudini tribali dell'epoca.
La tradizione riporta infatti che Numa avrebbe invocato Giove per farsi svelare il segreto per difendersi dai suoi fulmini. Al richiamo del re, Giove discese sull'Aventino dove, come narra Ovidio, la terra si abbassava sotto il peso del Dio. Seppure intimorito dal Dio, Numa chiese come placare il fulmine, ottenendo una riposta inquietante.
- Taglia una testa -
«Septem fuerunt pignora, quae imperium Romanum tenent: acus matris deum, quadriga fictilis Veientanorum, cineres Orestis, sceptrum Priami, velum Ilionae, palladium, ancilia.»
«Ci furono sette garanzie a tenere il potere a Roma: l'ago della Madre degli Dei, la quadriga di argilla dei Veienti, le ceneri di Oreste, lo scettro di Priamo, il velo di Iliona, il palladio, gli ancilia»
(Maurus Servius Honoratus - In Vergilii carmina comentarii)
- L’ago di Cibele era una pietra nera piovuta dal celo e associata a Cibele, Dea della Frigia, portata nel 204 ac. dalla Grecia sul Palatino ed esposta nel Tempio della Vittoria;
- La Quadriga fittile dei Vejenti, in terracotta voluto da Tarquinio il Superbo per il Tempio di Giove Capitolino;
- Le ceneri di Oreste, destinatario dell’oracolo di Delfi, prelevate dai romani per trasferire l’invincibilità alla città di Roma;
- Lo scettro di Priamo, Re di Troia. Portato da Enea e conservato sul colle Palatino;
- Il Velo di Ilione, primogenita di Priamo, è l’abito che la bella Elena ricevette dalla madre Leda;
- Il Palladio, simulacro di Minerva caduto dal cielo, portato da Enea e custodito dalle vestali;
- Gli Ancila, uno scudo piovuto dal cielo, dono di Marte a Numa Pompilio.
Numa affidò gli scudi a dodici giovani patrizi divenuti sacerdoti e chiamati Salii che li custodirono nella Regia. Alle idi di marzo i Salii portavano gli ancilia in processione per le vie di Roma, percuotendoli con le loro aste e cantando inni a Marte danzando in ritmo a tre tempi, alla fine del mese venivano solennemente riposti, ed era vietato intraprendere operazioni militari prima di quella data.
La tradizione riporta infatti che Numa avrebbe invocato Giove per farsi svelare il segreto per difendersi dai suoi fulmini. Al richiamo del re, Giove discese sull'Aventino dove, come narra Ovidio, la terra si abbassava sotto il peso del Dio. Seppure intimorito dal Dio, Numa chiese come placare il fulmine, ottenendo una riposta inquietante.
- Taglia una testa -
e Numa di rimando: - Taglierò una cipolla cavata dei miei orti -
- Una testa d'uomo - precisa il Dio inesorabile.
Ma Numa non si scoraggia:
- Taglierò allora la cima di un capello -
Giove insiste, vuole il sacrificio di una vita.
- Ucciderò un pesce - replica Numa.
Giove non si adira e apprezza l'arguzia del re che aborre i sacrifici umani e gli rivela il rituale segreto per difendersi dai fulmini. Ai romani Numa dimostra, il giorno dopo, di aver ottenuto la grazia di Giove invocandolo davanti alla folla.
Ed ecco un fulmine squarcia il cielo e uno scudo con incavi laterali cade dal cielo. Per confondere eventuali ladri e difendere il dono divino, Numa incarica il fabbro Veturio Mamurio di eseguire undici copie identiche dello scudo. I Salii ne divengono i custodi, continuando nei secoli a portarle in processione.
Plutarco nella "Vita di Numa" risuscitò con rara vivezza il selvaggio, l'agreste, il rustico, il numinoso e il drammatico che convivevano nell'antica vita romana all'epoca di Numa, che dimorava nei boschi e nei prati sacri agli Dei, che catturava i demoni, e governava saggiamente il suo popolo. Nella viva descrizione compaiono il tempio di Giano chiuso, le vestali che hanno violato la verginità sacra attraversare il foro, rinchiuse in una portantina, " in modo che non se ne possa udire neppure la voce ", mentre " tutti si scostano in silenzio e le accompagnano muti con una terribile costernazione" e le attende la sepoltura da vive.
- Una testa d'uomo - precisa il Dio inesorabile.
Ma Numa non si scoraggia:
- Taglierò allora la cima di un capello -
Giove insiste, vuole il sacrificio di una vita.
- Ucciderò un pesce - replica Numa.
Giove non si adira e apprezza l'arguzia del re che aborre i sacrifici umani e gli rivela il rituale segreto per difendersi dai fulmini. Ai romani Numa dimostra, il giorno dopo, di aver ottenuto la grazia di Giove invocandolo davanti alla folla.
Ed ecco un fulmine squarcia il cielo e uno scudo con incavi laterali cade dal cielo. Per confondere eventuali ladri e difendere il dono divino, Numa incarica il fabbro Veturio Mamurio di eseguire undici copie identiche dello scudo. I Salii ne divengono i custodi, continuando nei secoli a portarle in processione.
Plutarco nella "Vita di Numa" risuscitò con rara vivezza il selvaggio, l'agreste, il rustico, il numinoso e il drammatico che convivevano nell'antica vita romana all'epoca di Numa, che dimorava nei boschi e nei prati sacri agli Dei, che catturava i demoni, e governava saggiamente il suo popolo. Nella viva descrizione compaiono il tempio di Giano chiuso, le vestali che hanno violato la verginità sacra attraversare il foro, rinchiuse in una portantina, " in modo che non se ne possa udire neppure la voce ", mentre " tutti si scostano in silenzio e le accompagnano muti con una terribile costernazione" e le attende la sepoltura da vive.
La tradizione narra che durante una pestilenza scatenata sotto il regno di Numa Pompilio uno scudo bilobato scese dal cielo e l'epidemia subito cessò. Secondo questa tradizione non fu Giove ma bensì Marte ad inviare lo scudo dal cielo.
La ninfa Egeria aveva rivelato a Numa che chi avesse posseduto questo scudo sarebbe diventato molto potente, pertanto Numa incaricò il fabbro Mamurio Veturio (della gens Veturia), di forgiare altri 11 scudi identici all'Ancile.
La ninfa Egeria aveva rivelato a Numa che chi avesse posseduto questo scudo sarebbe diventato molto potente, pertanto Numa incaricò il fabbro Mamurio Veturio (della gens Veturia), di forgiare altri 11 scudi identici all'Ancile.
Sottrarre 12 scudi era molto più complesso che sottrarne uno solo e così i nemici di Roma non avrebbero potuto sottrarre l'ancile sacro come fece Ulisse rubando il Palladio di Troia. L'Ancile divenne così uno dei sette pegni del comando (pignora imperii) di Roma.
«Septem fuerunt pignora, quae imperium Romanum tenent: acus matris deum, quadriga fictilis Veientanorum, cineres Orestis, sceptrum Priami, velum Ilionae, palladium, ancilia.»
«Ci furono sette garanzie a tenere il potere a Roma: l'ago della Madre degli Dei, la quadriga di argilla dei Veienti, le ceneri di Oreste, lo scettro di Priamo, il velo di Iliona, il palladio, gli ancilia»
(Maurus Servius Honoratus - In Vergilii carmina comentarii)
- La Quadriga fittile dei Vejenti, in terracotta voluto da Tarquinio il Superbo per il Tempio di Giove Capitolino;
- Le ceneri di Oreste, destinatario dell’oracolo di Delfi, prelevate dai romani per trasferire l’invincibilità alla città di Roma;
- Lo scettro di Priamo, Re di Troia. Portato da Enea e conservato sul colle Palatino;
- Il Velo di Ilione, primogenita di Priamo, è l’abito che la bella Elena ricevette dalla madre Leda;
- Il Palladio, simulacro di Minerva caduto dal cielo, portato da Enea e custodito dalle vestali;
- Gli Ancila, uno scudo piovuto dal cielo, dono di Marte a Numa Pompilio.
Numa affidò gli scudi a dodici giovani patrizi divenuti sacerdoti e chiamati Salii che li custodirono nella Regia. Alle idi di marzo i Salii portavano gli ancilia in processione per le vie di Roma, percuotendoli con le loro aste e cantando inni a Marte danzando in ritmo a tre tempi, alla fine del mese venivano solennemente riposti, ed era vietato intraprendere operazioni militari prima di quella data.
LA MORTE
Numa Pompilio riuscì coi riti e con la religione a unificare le tribù, e a civilizzarle assicurando un periodo di pace. Morì nel 673 a.c.
Nel 181 a.c., anno dei consoli Publio Cornelio Cethego e Marco Bebio Pamfilo, è attestato che venne scoperta la sua tomba, il che assicura, caso mai ce ne fosse bisogno, che non fu affatto un re leggendario.
BIBLIO
- Plutarco - vita di Numa - V -
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri -
- Tito Livio - Periochae -
Numa Pompilio riuscì coi riti e con la religione a unificare le tribù, e a civilizzarle assicurando un periodo di pace. Morì nel 673 a.c.
Nel 181 a.c., anno dei consoli Publio Cornelio Cethego e Marco Bebio Pamfilo, è attestato che venne scoperta la sua tomba, il che assicura, caso mai ce ne fosse bisogno, che non fu affatto un re leggendario.
BIBLIO
- Plutarco - vita di Numa - V -
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri -
- Tito Livio - Periochae -
- Strabone - Geografia - V -
- Theodor Mommsen - Storia di Roma antica - Firenze - Sansoni - 1972 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - II -
- Andrea Carandini - La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all'alba di una civiltà - Einaudi - Torino - 1997 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - II -
- Andrea Carandini - La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all'alba di una civiltà - Einaudi - Torino - 1997 -
5 comment:
ma pensi che i re sono esistiti veramente?
I riferimenti ai 7 Re di Roma sono tantissimi, ma tutti successivi, cioè repubblicani per cui qualcuno dubita sia realtà però sappiamo che quando un resoconto è così particolareggiato e lascia tanti segni nell'animo dei posteri, basti pensare a quanto i romani odiarono la monarchia, che è difficile dubitare della loro esistenza.
Molto probabilmente i re furono più di 7, considerando che in questo modo la durata media di ognuno di loro sarebbe 35 anni a testa. Inoltre, Romolo pare tanto un eroe fondatore fittizio simile a quelli greci, tant'è che ha un solo nome al posto di due come i successivi re (i due nomina potrebbero essere ulteriore indizio di veridicità). E forse i due Tarquini sono stati lo stesso re. Ancora, la divisione dell'ordine politico dato da Romolo e di quello religioso da Numa pare troppo artificioso. In sostanza, forse tali re (non tutti!) esistettero, ma probabilmente furono un numero maggiore rispetto alla tradizione ed i loro provvedimenti non furono così schematici come ci sono stati tramandati.
gianni i re sono stati ovviamente più di sette ma qua si intende il periodo della monarchia questi infatti sono stati i re in quel periodo invece ce ne sono stati altri nella repubblica
ciao bro
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