CORSE DELLE BIGHE





CORSE COI CARRI

Ovidio:

CIRCUS MAXIMUS
"Non è l'interesse per i cavalli di razza che mi fa' sedere qui; in ogni modo faccio voti perché vinca la gara quello per il quale tieni tu. 

Io sono venuto per parlare con te e per sederti vicino, perché il sentimento d'amore che susciti in me non ti fosse ignoto. 

Tu guardi le corse, io guardo te: guardiamo pure entrambi quel che ci piace e lasciamo che i nostri occhi si sazino. 

O fortunato l'auriga, chiunque sia, per cui fai il tifo! Dunque egli ha avuto la fortuna di suscitare il tuo interesse? Possa questa fortuna capitare anche a me, ed io salirò pieno d'ardore sul carro mentre i cavalli si lanciano fuori dal sacro recinto e ora allenterò le briglie, ora li frusterò sul dorso, ora con la ruota interna sfiorerò la meta; ma se, mentre corro, tu mi guarderai, rallenterò e dalle mie mani le briglie penderanno abbandonate. "

Si può avere un'idea delle corse dei carri dal film Ben- Hur, le corse coi carri furono uno degli spettacoli più in voga nell'antica Roma e il teatro più famoso della corsa delle bighe fu il Circo Massimo.

I Romani tifavano per i fantini di allora e per i cavalli, scommettendo freneticamente su di loro.

Ma i fantini o meglio gli aurighi, non erano i cavallerizzi di oggi, perchè erano atletici guidatori di carri in velocità, dove occorreva destrezza, occhio, competenza ma anche forza fisica e agilità nelle gambe per non perdere l'equilibrio finendo magari sotto le ruote di un altro carro.



LE ORIGINI DELLA GARA

La corsa dei carri aveva già una tradizione sul suolo italico, uno sport che esisteva anche in Grecia, ma prima ancora fece parte delle lunghe feste che gli Etruschi organizzavano per la morte delle persone care. Infatti oltre al banchetto, secondo le possibilità dei parenti, per una settimana almeno si facevano gare di pugilato, di gladiatori, di danze e di corse con le bighe o a cavallo montato.

Per gli Etruschi avevano dunque un significato sacrale in memoria dei defunti, ma anche per i Romani iniziarono come feste sacre per ingraziarsi gli Dei.

Le prime competizioni ippiche etrusche risalgono almeno alla fine del VII sec. a.c., come si vede nelle pitture tombali come quella delle Bighe, degli Auguri e delle Olimpiadi a Tarquinia.

Presso i Celti Rhiannon era la Dea dei cavalli, presso i Romani fu Epona, in parte importata ma pure Dea preromana portatrice di fertilità e pure Dea dei morti, perchè il carro dell'Ade porta il defunto nel cimitero e poi nell'oltretomba. L'etrusca Vanth, Dea dell'oltretomba, infatti guida un carro di cavalli.

Apuleio, l'Asino d'oro
"Ridotto dunque in questo stato e costretto in solitudine, mi ritirai in un angolo della stalla. E mentre penso fra me all'insolenza dei miei simili e per il giorno seguente macchino una vendetta per il perfido cavallo quando sarei diventato di nuovo Lucio, scorgo una statua della Dea Epona che stava in un chiostro in mezzo al pilastro che sosteneva le travi della stalla, quasi nel centro esatto, che era stata ornata accuratamente di corolle di rose e per giunta fresche.."

Sembra che gli Equites, o cavalieri romani, festeggiassero a novembre la loro patrona, Epona, Dea dei cavalli, e probabilmente con corse di cocchi.

C'erano poi le feste Agonalia, sembra si svolgessero a piazza Navona, che come è stato provato, aveva un fondo impermeabile coperto di sabbia, che poteva essere allagato o tenuto all'asciutto con un sistema idrico di irrigazione e deflusso.

Sembra vi si giocassero battaglie navali e corse di carri. Non a caso la via che immette a piazza Navona ancora oggi si chiama via in agone e la chiesa che vi si trova è santa Agnese in agone. Da agone proviene la parola agonistica, ma più interessante ancora è che a piazza Navona si svolgessero le Agonalia, dette più brevemente Agnalia, feste con gare sportive. Non meraviglia che la Chiesa abbia scelto di porvi la santa Agnese, per la similitudine del nome.

Cicerone racconta nel suo De divinatione:
"E intanto intorno al circo gravitavano maghi e astrologhi che promettevano all’incauto spettatore di predire il nome dell’auriga vincente"

Infatti per vincere si faceva di tutto, ma la tifoseria non coinvolgeva solo il pubblico, ma spesso anche gli Imperatori, e a volte in modo folle, si dice che Vitellio a Caracalla facesse giustiziare gli avversari sportivi, e che Caligola facesse avvelenare cavalli e aurighi avversari, e che regalasse due milioni di sesterzi come dono di addio all’auriga Eutico.

Il dono di Eutico sembra confermato dalle cronache, ma su Vitellio e sull'avvelenamento dei cavalli sono supposizioni, anche perchè il pubblico tifoso e scommettitore si sarebbe ribellato violentemente.

La corsa rappresentava anche il ciclo delle stagioni: le porte dei carceres, le postazioni alla partenza, erano dodici come i segni zodiacali; le fazioni erano quattro come le stagioni: bianca per l’inverno, rossa per l’estate, verde per la primavera e azzurra per l’autunno, e i giri da compiere erano sette come i pianeti intorno al sole. Il che conferma la sua origine sacra.

Lamenta Giovenale
"Oggi i giochi nel circo rapiscono i Romani ed il fragore colpisce le mie orecchie."

La corsa era preceduta da un fastoso corteo, un po' come oggi ci sono le majorette, dopodiché il pubblico si disponeva sugli spalti e la gara aveva inizio: le bighe, o le quadrighe, partivano dai dai carceres, le postazioni, all’agitare di un panno bianco, come oggi, per tagliare per primi il traguardo dopo aver percorso i sette giri.

Questi, come si è visto in diversi films, vedi anche Il Gladiatore, erano segnalati dal movimento in basso di sette delfini o sette uova poste sulla stessa spina.

Si iniziava la mattina con l’arrivo appunto dell’Imperatore dei notabili e dei dignitari. Sorteggiati i numeri di partenza si dava in inizio alle corse, che non raccoglievano meno tifo del calcio odierno.

Ovidio:

"Ma ecco che nella pista ormai libera del Circo il pretore ha dato il via dalla stessa linea di partenza ai cavalli delle quadrighe: è lo spettacolo più importante. Ho capito per chi fai il tifo; vincerà, chiunque sia a godere delle tue preferenze: perfino i cavalli sembrano sapere quali siano i tuoi desideri. Me infelice, ha preso una curva troppo larga; che fai? L'inseguitore, accostando il carro, sfiora la meta.

Che fai, disgraziato? Rendi vani i favorevoli auguri della mia donna; tira con mano sicura le redini dalla parte sinistra, te ne scongiuro! Abbiamo dato il nostro sostegno a un incapace. Ma avanti, cittadini, fateli ricominciare e agitando le toghe fate segno da ogni parte. Ecco, li fanno ricominciare; ma, per evitare che il movimento delle toghe ti scompigli i capelli, tu puoi ripararti stringendoti al mio petto.


E ormai, aperti i cancelli, si spalancano di nuovo le porte delle scuderie e una schiera variopinta si slancia in avanti sui cavalli che vanno a briglia sciolta. Cerca di vincere almeno questa volta e svetta nello spazio che ti si apre davanti: fa' sì che le mie speranze e quelle della mia donna si realizzino. Le speranze della mia donna si sono realizzate, restano ancora le mie; quello ha conquistato la vittoria, ora devo conquistarla io."




I RISCHI

Tanto sugli spalti che nell’arena, la vita non era facile. Sugli spalti erano frequenti i tumulti, a cui interveniva la militia cittadina, mentre l'Imperatore era circondato dai Pretoriani. Sull'arena invece rischiavano gli aurighi, che guidavano i cavalli in piedi sul carro e con la parte terminale delle redini avvolta intorno al corpo.

Dovevano compiere i giri intorno alla spina del Circo e per guadagnare terreno e posizioni erano costretti a manovre spericolate ed azzardate per cui in caso di caduta potevano finire investiti dagli altri carri, oppure i carri si ribaltavano, o le bighe si scontravano. Per giunta gli aurighi avevano come protezione solo un caschetto di cuoio e dei parastinchi.

CIRCO DI MEDIOLANUM
Gli aurighi erano solitamente di umile origine, ma in seguito anche nobili o l’Imperatore stesso. Nerone si esibì del resto su un tiro a dieci cavalli e Poppea correva a velocità folle su una quadriga, osannati dalla folla e guadagnando spesso cifre astronomiche.

Nelle quadrighe solo i due cavalli al centro venivano aggiogati, mentre i due esterni erano uniti agli altri solo da una correggia, che li lasciava più liberi.

La bravura del cavallo di sinistra era determinante poiché doveva guidare gli altri nella curva intorno alla meta.

Inizialmente le gare atletiche erano svolte nello stadio, ma dopo l’aggiunta della corsa dei carri (680 a.c.) sorse l'ippodromo. I momenti cruciali della gara erano la partenza e il giro intorno alle mete, una delle quali dedicata ad un eroe.

L'immagine più precisa di una corsa dei carri è rappresentato nel mosaico della villa romana del Casale di piazza Armerina in Sicilia in cui sono raffigurate tutte le fasi dello sport.



CIRCO MASSIMO (accenni storici)

Il Circo Massimo fu il più grande edificio per spettacoli mai costruito, 600 metri di lunghezza e 140 metri di larghezza con una capienza di 250.000 persone. Sorgeva (e ce ne sono i resti a tutt'oggi)tra il Palatino e l’Aventino, dove avvenne il ratto delle Sabine tanto che si dice fosse Romolo ad organizzare una corsa coi carri per distrarre i Sabini e rapire le donne.

Il Circo Massimo risale all’epoca dei Tarquini ma l’assetto definitivo si ebbe con Giulio Cesare nel 46 a.c. mentre Agrippa fece aggiungere i sette delfini di bronzo per il conteggio dei giri.

Augusto fece costruire il “palco imperiale” e fece innalzare sulla spina, il divisorio al centro del Circo, l’obelisco di Ramsete II, (visibile oggi in P.zza del Popolo), poi sostituito da quello di Thutmosis III, (visibile oggi in P.zza San Giovanni in Laterano), dopo i numerosi incendi e il terremoto che distrussero il Circo e spaccarono in due l'obelisco.

A Roma oltre al Circo Massimo c’era il Circo di Flora, quello di Nerone, di Eliogabalo, di Adriano, quello di Massenzio e quello di Domiziano.
Voci correlate: APPROFONDIMENTO



CORSE DI CAVALLI ROMANI

Gli antichi Romani crearono razze di cavalli adatti ad ogni impiego, ma molto dedicarono ai Celeres equi.

Ai cavalli più famosi vennero eretti cippi funerari lungo le vie ricordandone vittorie, piazzamenti, origini genealogiche e circhi in cui avevano gareggiato.

Dietro le corse c'erano allevatori professionisti, aurighi, veterinari, costruttori di carri, sellai per ogni sorta di finimenti, aurighi e fantini.

Esisteva persino un sistema di Agenzie Ippiche, dove i risultati delle corse di Roma arrivava ai territori limitrofi per mezzo di piccioni viaggiatori.

Vincere nel Circo era importantissimo, per la grande fama e la grande ricchezza che si acquisivano, e per raggiungere lo scopo si utilizzavano tutti i mezzi, leciti o meno, compreso l’uso di droghe. Fu l’Imperatore Teodosio che per primo ne vietò l'uso.



EQUIRRES

A Roma si correva coi cavalli per le feste Equirres, in onore di Marte:
La prima si svolgeva il 27 febbraio con la corsa dei cavalli nel Campo Marzio.
La seconda il 14 marzo, le Mamurrales sempre in onore di Marte, che rappresenta l'espulsione di Mamurrio Veturius, il demone dell'inverno, un vecchio vestito di pelli di animali, che viene cacciato da Roma colpendolo con un bastone bianco.
La terza il 17 marzo, le Gare di Marte, con il sacrificio di un montone.

Il 25 giugno, si svolgevano poi i Giochi Tauri della durata di due giorni, con una caccia ai tori e una corsa di cavalli al Circo Flaminio. Si celebravano ogni cinque anni in onore degli Dei infernali.
La quinta il 21 agosto, i cavalli correvano di nuovo ma stavolta per il Dio Conso, Dio dei silos.

Le ultime gare si svolsero nel 549 per ordine del re dei Goti.


BIBLIO

- Harris, H. A. - Sport in Ancient Greece and Rome (Lo sport nell'antica Grecia e nell'antica Roma) - Ithaca - Cornell University Press - 1972 -
- Omero - Iliade -
- Humphrey, John - "Roman Circuses: Arenas for Chariot Racing" - (I circhi romani: arene per la corsa dei carri) - Berkeley - University of California Press - 1986 -
- Adriano La Regina - Circhi e ippodromi. Le corse dei cavalli nel mondo antico - Roma - Cosmopoli - 2007 -
- Carlo Fea - Descrizione Dei Circhi, Particolarmente Di Quello Di Caracalla E Dei Giuochi In Essi Celebrati - opera postuma del consigliere Gio Lodovico Bianconi ordinata e pubblicata dall'Avvocato Carlo Fea - 1789 -


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