Nome completo: Publius Licinius Egnatius Gallienus - Publio Licinio Egnazio Gallieno
Nascita: 218
Morte: Mediolanum (Milano), 268
Predecessore: Valerianus I
Successore: Claudius the Gotic
Consorte: Cornelia Salonina
Figli: Cornelius Valerianus, Cornelius Saloninus, Egnatius Marinianus
Padre: Valerianus
Madre: Mariniana
Regno: 260-268 AD.
ASCESA AL TRONO
Tra le fonti della vita di Gallieno, una delle più importanti è la Historia Augusta, la quale descrive le gesta di Gallieno dal punto di vista del Senato romano, e quindi mostrando ostilità verso questo imperatore.
Gallieno appartenne alla gens Licinia e nacque nel 218 da Valeriano, un membro della classe senatoria, ed Egnazia Mariniana, ed ebbe un fratello, Publio Licinio Valeriano. Prima del 242 sposò Cornelia Salonina, da cui ebbe almeno tre figli. Il Senato romano fu contento di ratificare la nomina di un optimate e nominò Cesare il figlio Gallieno. Giunto Valeriano a Roma, fece nominare il figlio coimperatore.
Molti imperatori avevano associato il figlio al trono, ma solo perchè troppo giovane per governare, con l'idea di lasciarlo come erede. Nel caso di Valeriano e Gallieno, invece, essendo adulti ambedue, ci fu un doppio governo e pure ben amalgamato. Così gli imperatori si spartirono l'amministrazione e il comando militare, Gallieno in Occidente e Valeriano in Oriente.
DIFESA DEI CONFINI OCCIDENTALI
Franchi, Alemanni e Marcomanni minacciavano i confini occidentali dell'impero. Gallieno aveva difeso questa frontiera fortificando le città di Augusta Treverorum (Treviri) e Colonia, baluardi contro le incursioni dei Germani. Strinse anche alleanza con una delle tribù barbare.
Dotato di buone qualità di strategia militare, Gallieno respinte le tribù germaniche, e dovette fronteggiare i Franchi scesi fino all'Hispania col saccheggio di Tarraco, mentre gli Alamanni si spinsero fino a Milano, sconfitti però ancora da Gallieno.
Nel 260 si ribellò all'imperatore il comandante di queste regioni, ma Gallieno riuscì a sconfiggerlo insieme al suo successore Regaliano: poi strinse alleanza con i Marcomanni prendendo come ostaggio Pipara, la figlia del re.
PIPARA
Quando i Marcomanni invasero la Pannonia, Gallieno stipulò un trattato con Attalo, per cui parte della Pannonia superior veniva ceduta ai Marcomanni, ai quali era affidato il compito di prevenire ulteriori incursioni oltre confine. All'imperatore fu data la figlia del re, la principessa Pipara o Pipa, come ostaggio. Mentre la Historia Augusta afferma che si trattava di un amore genuino che provavano l'uno per l'altro, Aurelio Vittore parla di una relazione di concubinaggio, ma sembra piuttosto prevenuto.
CONSEGUENZE DELLA MORTE DI VALERIANO
Nel 260 Valeriano fu sconfitto e fatto prigioniero, così i nemici dell'impero profittarono per minacciarne i confini, mentre le province, non potendo Gallieno difendere tutto il territorio, sostennero gli usurpatori locali che intendessero difenderli.
Quando l'imperatore Valeriano fu catturato, Gallieno non si scompose più di tanto dicendo: "ho sempre saputo che mio padre era mortale."
L'Impero delle Gallie, con Britannia, Gallia, Germania e Hispania e il Regno di Palmira, con le varie province orientali, si ribellarono, facendo correre Gallieno tra una frontiera e l'altra per difendere il suo impero.
In occidente si ribellò Postumo, il generale a cui Gallieno aveva affidato il comando delle truppe renane mentre combatteva la rivolta di Ingenuo.
L'impero era stato invece affidato al figlio di Gallieno, Cornelio Salonino, ma data la sua minore età, governava il Prefetto del pretorio Silvano. Sconfitti gli Alemanni, Postumo fu proclamato imperatore dalle truppe dopo la battaglia con le truppe di Silvano, in cui Silvano fu ucciso. Postumo non tentò di espandersi oltre l'Impero delle Gallie, ma Gallieno non riuscì mai a recuperarlo.
L'esercito sconfitto di Valeriano elesse imperatori i due figli di Macriano Maggiore, Macriano Minore e Quieto. Con l'appoggio del Prefetto del pretorio di Valeriano, Ballista, i Macriani tentarono di sconfiggere Gallieno, ma padre e figlio primogenito vennero sconfitti e uccisi dal generale di Gallieno Aureolo in occidente, mentre Quieto fu deposto da Odenato, re di Palmira.
Con l'approvazione di Gallieno, Odenato rafforzò i confini orientali sconfiggendo i Sassanidi, governando in autonomia la provincia che alla sua morte diventò il Regno di Palmira per volere di sua moglie Zenobia.
A differenza del padre, che aveva perseguitato i cristiani, Gallieno promulgò la libertà di culto, compreso quello cristiano, restituendo ai cristiani alcune proprietà confiscate. Nel 260 Valeriano fu sconfitto e catturato dal re persiano Sapore II e Gallieno, in disaccordo con lui fin dal 257, non solo non cercò di liberarlo ma sconfessò subito la sua politica religiosa.
Ce ne informa la Storia Ecclesiastica di Eusebio che tramanda il testo del rescritto di Gallieno a Dionigi di Alessandria ed ai vescovi d’Egitto. Siamo all’inizio del 262, quando l’imperatore riuscì a riprendere il controllo della zona dell’Egitto già nelle mani di alcuni usurpatori. L’editto era esteso anche a questa regione, e tra i benefici c'era la restituzione ai vescovi dei luoghi di culto sequestrati in seguito agli editti di Valeriano.
Per mantenere le frontiere creò una riserva strategica formata da 150 equites, i comitatenses, pronti ad intervenire velocemente ove occorresse. Il numero fu poi aumentato a 750 per ogni legione.
I generali di questa riserva avevano un potere incredibile, infatti i futuri imperatori Claudio II e Aureliano ricoprirono questa carica prima del trono.
Però questi comandanti, spesso militari di carriera partiti dalla gavetta, badavano al massimo alla provincia d'origine, non a Roma. Contemporaneamente tolse la carriera militare ai Senatori, concedendola ampiamente agli equites.
Gallieno favorì la cultura e le speculazioni religiose: sotto di lui fiorì il Neoplatonismo, il cui maggior rappresentante, Plotino, fu amico personale di Gallieno e Salonina. Si ricollegò alla cultura ellenica come Adriano, recandosi in visita ad Atene, diventando arconte eponimo e facendosi iniziare ai misteri di Demetra. Di lui ci resta un bell'Arco di Trionfo nel quartiere Esquilino di Roma.
Di certo non amava la vita sobria: « ... in primavera si faceva preparare giacigli di rose, costruiva castelli di frutta, conservava l'uva per tre anni, in pieno inverno imbandiva dei meloni. Insegnò il modo di conservare il mosto per tutto l'anno ed offriva, anche fuori stagione, fichi verdi e frutta appena colta dagli alberi. Faceva sempre apparecchiare le tavole con tovaglie d'oro, facendosi preparare vasellame ornato di gemme e d'oro.... Banchettava in pubblico. »
(Historia Augusta - Due Gallieni, 16.2-5.)
« Beveva sempre in coppe d'oro, disprezzando il vetro, e affermando che nessun materiale era più comune. Cambiava sempre qualità di vino e nel corso di uno stesso banchetto non beveva mai due volte la stessa qualità. Le sue concubine sedevano spesso nei suoi tricilini. La seconda portata disponeva della presenza di mimi e buffoni. »
(Historia Augusta - Due Gallieni, 17.5-7.)
Ovunque l'imperatore si trovasse, specie in zone dell'impero minacciate, la zecca locale coniava monete in cui gli Dei proteggevano l'imperatore. Ebbe particolare venerazione per il culto del Sole Invitto, identificato come comes Augusti, "compagno dell'augusto". Il Sole Invitto, cioè Mitra, era molto seguito dai soldati, ancor di più da quelli orientali, dei quali Gallieno cercava il favore e il sostegno.
Anche Mitra aveva i suoi Misteri, infatti i suoi adepti dovevano seguire un cammino di sette gradi, si riunivano in templi sotterranei e venivano iniziati dopo un lungo apprendistato, inonfati dal sangue di un toro ucciso.
LA MORTE
Nel 268 l'imperatore riuscì a sconfiggere presso la foce del fiume Nestus una parte dei Goti che avevano invaso le provincie di Tracia, Macedonia ed Acaia. Intanto il suo generale Aureolo, che comandava una fondamentale unità di cavalleria a Milano, si era ribellato.
Gallieno assediò Milano, in cui Aureolo si era arroccato, ma Cecropio, il comandante della cavalleria dalmata, uccise Gallieno a tradimento mentre usciva dalla sua tenda. Tra gli organizzatori della congiura c'era il suo Prefetto del pretorio Aurelio Eracliano, i cui familiari vennero per vendetta assassinati.
Per altri Gallieno morì per una ferita durante l'assedio. Gallieno morì a cinquanta anni, dopo quindici anni di regno. Gallieno ottenne la Tribunicia potestas per 16 volte, il consolato per 7 volte, la Salutatio imperatoria per 12 volte, i titoli vittoriosi di: Germanicus, Restitutor Galliarum; Dacicus Maximus, Germanicus Maximus, Parthicus maximus, Persicus maximus, Pater Patriae, Pontifex Maximus.
CONSEGUENZE DELLA MORTE DI VALERIANO
Nel 260 Valeriano fu sconfitto e fatto prigioniero, così i nemici dell'impero profittarono per minacciarne i confini, mentre le province, non potendo Gallieno difendere tutto il territorio, sostennero gli usurpatori locali che intendessero difenderli.
Quando l'imperatore Valeriano fu catturato, Gallieno non si scompose più di tanto dicendo: "ho sempre saputo che mio padre era mortale."
L'Impero delle Gallie, con Britannia, Gallia, Germania e Hispania e il Regno di Palmira, con le varie province orientali, si ribellarono, facendo correre Gallieno tra una frontiera e l'altra per difendere il suo impero.
In occidente si ribellò Postumo, il generale a cui Gallieno aveva affidato il comando delle truppe renane mentre combatteva la rivolta di Ingenuo.
L'impero era stato invece affidato al figlio di Gallieno, Cornelio Salonino, ma data la sua minore età, governava il Prefetto del pretorio Silvano. Sconfitti gli Alemanni, Postumo fu proclamato imperatore dalle truppe dopo la battaglia con le truppe di Silvano, in cui Silvano fu ucciso. Postumo non tentò di espandersi oltre l'Impero delle Gallie, ma Gallieno non riuscì mai a recuperarlo.
L'esercito sconfitto di Valeriano elesse imperatori i due figli di Macriano Maggiore, Macriano Minore e Quieto. Con l'appoggio del Prefetto del pretorio di Valeriano, Ballista, i Macriani tentarono di sconfiggere Gallieno, ma padre e figlio primogenito vennero sconfitti e uccisi dal generale di Gallieno Aureolo in occidente, mentre Quieto fu deposto da Odenato, re di Palmira.
Con l'approvazione di Gallieno, Odenato rafforzò i confini orientali sconfiggendo i Sassanidi, governando in autonomia la provincia che alla sua morte diventò il Regno di Palmira per volere di sua moglie Zenobia.
I PROVVEDIMENTI
A differenza del padre, che aveva perseguitato i cristiani, Gallieno promulgò la libertà di culto, compreso quello cristiano, restituendo ai cristiani alcune proprietà confiscate. Nel 260 Valeriano fu sconfitto e catturato dal re persiano Sapore II e Gallieno, in disaccordo con lui fin dal 257, non solo non cercò di liberarlo ma sconfessò subito la sua politica religiosa.
Ce ne informa la Storia Ecclesiastica di Eusebio che tramanda il testo del rescritto di Gallieno a Dionigi di Alessandria ed ai vescovi d’Egitto. Siamo all’inizio del 262, quando l’imperatore riuscì a riprendere il controllo della zona dell’Egitto già nelle mani di alcuni usurpatori. L’editto era esteso anche a questa regione, e tra i benefici c'era la restituzione ai vescovi dei luoghi di culto sequestrati in seguito agli editti di Valeriano.
Per mantenere le frontiere creò una riserva strategica formata da 150 equites, i comitatenses, pronti ad intervenire velocemente ove occorresse. Il numero fu poi aumentato a 750 per ogni legione.
I generali di questa riserva avevano un potere incredibile, infatti i futuri imperatori Claudio II e Aureliano ricoprirono questa carica prima del trono.
Però questi comandanti, spesso militari di carriera partiti dalla gavetta, badavano al massimo alla provincia d'origine, non a Roma. Contemporaneamente tolse la carriera militare ai Senatori, concedendola ampiamente agli equites.
Gallieno favorì la cultura e le speculazioni religiose: sotto di lui fiorì il Neoplatonismo, il cui maggior rappresentante, Plotino, fu amico personale di Gallieno e Salonina. Si ricollegò alla cultura ellenica come Adriano, recandosi in visita ad Atene, diventando arconte eponimo e facendosi iniziare ai misteri di Demetra. Di lui ci resta un bell'Arco di Trionfo nel quartiere Esquilino di Roma.
Di certo non amava la vita sobria: « ... in primavera si faceva preparare giacigli di rose, costruiva castelli di frutta, conservava l'uva per tre anni, in pieno inverno imbandiva dei meloni. Insegnò il modo di conservare il mosto per tutto l'anno ed offriva, anche fuori stagione, fichi verdi e frutta appena colta dagli alberi. Faceva sempre apparecchiare le tavole con tovaglie d'oro, facendosi preparare vasellame ornato di gemme e d'oro.... Banchettava in pubblico. »
(Historia Augusta - Due Gallieni, 16.2-5.)
« Beveva sempre in coppe d'oro, disprezzando il vetro, e affermando che nessun materiale era più comune. Cambiava sempre qualità di vino e nel corso di uno stesso banchetto non beveva mai due volte la stessa qualità. Le sue concubine sedevano spesso nei suoi tricilini. La seconda portata disponeva della presenza di mimi e buffoni. »
(Historia Augusta - Due Gallieni, 17.5-7.)
Ovunque l'imperatore si trovasse, specie in zone dell'impero minacciate, la zecca locale coniava monete in cui gli Dei proteggevano l'imperatore. Ebbe particolare venerazione per il culto del Sole Invitto, identificato come comes Augusti, "compagno dell'augusto". Il Sole Invitto, cioè Mitra, era molto seguito dai soldati, ancor di più da quelli orientali, dei quali Gallieno cercava il favore e il sostegno.
Anche Mitra aveva i suoi Misteri, infatti i suoi adepti dovevano seguire un cammino di sette gradi, si riunivano in templi sotterranei e venivano iniziati dopo un lungo apprendistato, inonfati dal sangue di un toro ucciso.
LA MORTE
Nel 268 l'imperatore riuscì a sconfiggere presso la foce del fiume Nestus una parte dei Goti che avevano invaso le provincie di Tracia, Macedonia ed Acaia. Intanto il suo generale Aureolo, che comandava una fondamentale unità di cavalleria a Milano, si era ribellato.
Gallieno assediò Milano, in cui Aureolo si era arroccato, ma Cecropio, il comandante della cavalleria dalmata, uccise Gallieno a tradimento mentre usciva dalla sua tenda. Tra gli organizzatori della congiura c'era il suo Prefetto del pretorio Aurelio Eracliano, i cui familiari vennero per vendetta assassinati.
Per altri Gallieno morì per una ferita durante l'assedio. Gallieno morì a cinquanta anni, dopo quindici anni di regno. Gallieno ottenne la Tribunicia potestas per 16 volte, il consolato per 7 volte, la Salutatio imperatoria per 12 volte, i titoli vittoriosi di: Germanicus, Restitutor Galliarum; Dacicus Maximus, Germanicus Maximus, Parthicus maximus, Persicus maximus, Pater Patriae, Pontifex Maximus.
Fu comunque divinizzato dal senato, per volere di Claudio.
BIBLIO
- Aurelio Vittore - De Caesaribus -
- Aurelio Vittore - De Vita et moribus imperatorum romanorum excerpta - su thelatinlibrary.com. -
- Corpus Inscriptionum Latinarum - edidit Theodor Mommsen - Berolini - 1863 -
- Eutropio - Breviarium ab Urbe condita -
- Lukas De Blois - The Policy of the Emperor Gallienus (in inglese) - Leiden - E.J. Brill - 1976 -
- John Jefferson Bray - Gallienus: A Study in Reformist and Sexual Politics - Kent Town - Wakefield Press - 1997 -
BIBLIO
- Aurelio Vittore - De Caesaribus -
- Aurelio Vittore - De Vita et moribus imperatorum romanorum excerpta - su thelatinlibrary.com. -
- Corpus Inscriptionum Latinarum - edidit Theodor Mommsen - Berolini - 1863 -
- Eutropio - Breviarium ab Urbe condita -
- Lukas De Blois - The Policy of the Emperor Gallienus (in inglese) - Leiden - E.J. Brill - 1976 -
- John Jefferson Bray - Gallienus: A Study in Reformist and Sexual Politics - Kent Town - Wakefield Press - 1997 -
seppe resistere nonostante il susseguirsi di tradimenti da parte dei suoi stessi generali.
ReplyDeleteGallieno licinio nato aliciano alzano bg
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