ATHENA PROMACHOS |
MINERVA ETRUSCA
Il termine Minerva fu probabilmente importato dagli etruschi che la chiamavano Mnerva, Dea della saggezza, della guerra, dell'arte, della scuola e del commercio.
Da essa derivò la Dea romana Minerva, nella mitologia greca corrisponde alla Dea Athena. In Etruria faceva parte della trinità principale composta da Tinia, Uni e Menrva.
Indubbiamente la religione etrusca influenzò la romana, dove gli Dei massimi erano rigorosamente maschi, la triade di Marte, Giove e Quirino, che vennero poi trasformati nella triade di Giove, Giunone e Minerva, copia della triade Etrusca di Tinia, Uni e Minerva.
ATHENA NEL MITO PRIMITIVO GRECO
Inno Orfico
"Pallade unigenita, augusta prole del grande Zeus, Divina,
Dea beata, che susciti la guerra, dall'animo forte, indicibile,
di gran nome, che abiti negli antri, che governi le alture elevate
dei gioghi montani e i monti ombrosi,
e rallegri il tuo cuore nelle valli, godi delle armi,
con le follie sconvolgi le anime dei mortali,
fanciulla che estenui, dall'animo che incute terrore,
che hai ucciso la Gorgone, che fuggi i talami,
madre felicissima delle arti, eccitatrice,
follia per malvagi, per buoni saggezza;
sei maschio e femmina, generatrice di guerra,
astuzia, dalle forme svariate, dracena, invasata,
splendidamente onorata, distruttrice dei Giganti Flegrei,
guidatrice di cavalli, Tritogenia, che sciogli dai mali,
demone apportatore di vittoria, giorno e notte,
sempre, nelle ore piccole ascolta me che prego,
dà la Pace molto felice e sazietà e Salute
nelle stagioni felici Glaucopide, inventrice delle arti, regina molto pregata."
Meti era la Dea greca della giustizia, secondo molti di origine libica trapiantata ad Atene, Grande Madre e Dea dai tre volti, uno dei quali un po' terrifico e guerriero. La natura che crea, accresce e distrugge.
La Dea Meti a seguito di guerre e battaglie perse tono e fu sostituita da sua figlia Athena, in realtà uno dei suoi aspetti assunto a ruolo primario. Pochi sanno che la Dea portava uno scudo di aegis cioè di pelle di capra, tratta dalla capra Amaltea, già usata da Zeus come mantello armatura. Il che la rivela anche in antecedenza una Dea della fertilità e lussuria.
Secondo un mito, Athena sarebbe figlia di un gigante alato a forma di caprone, di nome Pallade, che poi avrebbe cercato di violentarla; ma lei sarebbe riuscita a strappargli le ali applicandole alle proprie spalle e usando la sua pelle per farsi l'egida; per questo avrebbe come epiteto Pallade.
In un altro mito, l'egida sarebbe fatta con la pelle della Gorgone Medusa, scorticata da Athena dopo che Perseo la ebbe decapitata.
Per altri, Athena sarebbe figlia di Poseidone ma la Dea lo rinnegò, chiedendo di essere adottata da Zeus, che accettò.
MINERVA GIUSTINIANI |
I vari sacerdoti e sacerdotesse (ancora ce n'erano), chiesero allora ai due Dei di portare un dono alla città, a chi avesse portato il dono più utile sarebbe stato dedicato il tempio, e così fu.
Poseidone portò il cavallo da battaglia, Athena l'ulivo da lei innestato e coltivato nella penisola. Gli Ateniesi votarono, siamo all'incirca nel VI sec. a.c. quando ancora le donne avevano il voto. Vinsero le donne a cui piaceva molto il simbolo della pace, Strano visto che la Dea non era un angioletto, ma ai maschi non piacque perchè preferivano la guerra.
Così il Partenone fu costruito in onore di Athena, ma accanto costruirono un tempio più piccolo a Poseidone.
Ma non bastò, perchè i maschi arrabbiati tolsero il voto alle donne, gli allungarono la veste fino ai piedi obbligandole al peplo sul capo. Poi proibirono loro di indossare spilloni sui capelli perchè con quelli si difendevano dai maschi, e infine le chiusero nel gineceo impedendo loro di studiare e lavorare. Non contenti cacciarono le sacerdotesse, tranne alcune che asservirono, e al loro posto misero i sacerdoti. Meti però esisteva ancora e in qualità di Madre Terra, aveva un tempio oracolare.
Dovettero passare 2500 anni perchè le donne tornassero a votare.
Inno Omerico:
"Vado a cantare di Pallade Athena, guardiana della città, la terribile, colei che con Ares si occupa di azioni bellicose, il saccheggio di città e del pianto battagliero di guerra; Ella salva i soldati come essi vengono e se ne vanno. Sii la benvenuta, Dea, donami fortuna e buona salute."
ATHENA NEL MITO RIVEDUTO E CORRETTO
Giove è invaghito di Meti ma siccome la Dea non gli corrisponde se la ingoia, tutti i gusti sono gusti. Il vantaggio c'è, perchè Meti, a cui evidentemente non riesce di tacere, oracola dalla pancia di Giove.
Ma chi era Temi?
ESIODO:
- La diva e savia Temi su cavalle
dorate all'inizio recar le Moire
lì donde sgorga l'Ocean, fin dove
è quella scala augusta dell'Olimpo,
per vie sfarzose, perché fosse lei
la prima sposa di Zeus Sotér.
Lei generò le Ore veritiere,
con dorate bende, e con doni lucenti. –
Altro che sposa, Zeus la ingoia e l'oracolo della Grande Madre se lo pappa lui. In quanto ad Athena la storia è questa. Un Giorno Giove ha un gran mal di testa, allora va da Efesto, (Vulcano) e come analgesico lo prega di spaccargli la fronte con la scure. Efesto pensa poco ma esegue molto per cui brandisce la scure e vibra il colpo, e voilà, la fronte si apre ed esce fuori Athena, adulta e tutta armata. Così da figlia della Dea Vergine, cioè senza marito, diventa figlia di un Dio, che vergine non è, ma che l'ha fatta da solo.
Insomma è una Dea reinventata. Continua però ad essere importantissima per i Greci, a cui inventa l'erpice, l'aratro, il vaso, le briglie per i cavalli, il giogo per i buoi, il flauto, l'arcolaio e il telaio con tanto di fuso, e gli insegna pure a costruire le navi. Poi insegna agli uomini la scienza, la musica, la poesia e l'artigianato. Ma è pure la Dea della guerra e il simbolo della civetta dice che sa guardare nel buio, cioè nel mondo dei morti, o nell'occulto.
Dagli Inni Orfici:
"Pallade unigenita, augusta prole del grande Zeus, Divina,
Dea beata, che susciti la guerra, dall'animo forte, indicibile,
di gran nome, che abiti negli antri, che governi le alture elevate
dei gioghi montani e i monti ombrosi,
e rallegri il tuo cuore nelle valli, godi delle armi,
con le follie sconvolgi le anime dei mortali,
fanciulla che estenui, dall'animo che incute terrore,
che hai ucciso la Gorgone, che fuggi i talami,
madre felicissima delle arti, eccitatrice,
follia per malvagi, per buoni saggezza;
sei maschio e femmina, generatrice di guerra,
astuzia, dalle forme svariate, dracena, invasata,
splendidamente onorata, distruttrice dei Giganti Flegrei,
guidatrice di cavalli, Tritogenia, che sciogli dai mali,
demone apportatore di vittoria, giorno e notte,
sempre, nelle ore piccole ascolta me che prego,
dà la Pace molto felice e sazietà e Salute
nelle stagioni felici Glaucopide, inventrice delle arti, regina molto pregata."
MINERVA ROMANA
E' nell'aspetto tale e quale alla greca, però figlia di Giove e di Metide. Venne considerata la divinità vergine della sapienza, della tessitura, della poesia, del commercio e delle arti, nonché inventrice della musica e protettrice degli artigiani.
Ecco come la descrive Graves: "Atena inventò il flauto, la tromba, il vaso di terracotta, l'aratro, il rastrello, il giogo per i buoi, la briglia per i cavalli, il cocchio, la nave. Fu la prima ad insegnare la scienza dei numeri e di tutte le arti femminili, come il cucinare, il filare e il tessere.
Benché dea della guerra, essa non gode delle sanguinose battaglie, come invece accade ad Ares e a Eris, ma preferisce appianare le dispute e far rispettare la legge con mezzi pacifici.
Non porta armi in tempo di pace e qualora ne abbia bisogno le chiede in prestito a Zeus.
La sua misericordia è grande. Se nei processi che si svolgono all'Aeropago i voti dei giudici sono pari, essa di solito aggiunge il proprio per ottenere l'assoluzione dell'accusato.
Ma se si trova in tempo di guerra non perde mai una battaglia, sia pure contro lo stesso Ares, perché più esperta di lui nell'arte strategica; i capitani accorti si rivolgono sempre a lei per avere consiglio."
Il culto di Minerva nella religione romana era considerata inventrice delle arti e dei mestieri, nel II sec. a.c., come divinità patrona degli artigiani, era da essi celebrata in suo onore una festa il quinto giorno dopo le idi di marzo, detto perciò Quinquatrus, che acquistò maggiore importanza con la durata di cinque giorni in conseguenza dello sviluppo crescente dell'artigianato e delle altre professioni che andavano sotto questo nome. Era anche una festa dei maestri, e gli scolari offrivano loro il Minervale munus. Un altro giorno di festa si aggiunse col nome di Quinquatrus minusculae il 13 giugno, nel quale i tibicines, i flautisti addetti al culto pubblico, celebravano con un banchetto nel tempio di Giove Capitolino la festa della loro associazione, con una mascherata per le vie della città, e con una riunione nel tempio di Minerva sull'Aventino, il cui dies natalis era commemorato il 19 giugno.
Secondo i latini la loro Minerva è inoltre l'inventrice dei numeri e di conseguenza della matematica. tra l'altro aveva come numero sacro il 5, V, infatti i Quinquatria, la sua festa maggiore, durava 5 giorni e si celebrava 5 giorni dopo la festa del nuovo anno, quando anticamente l'anno nuovo cadeva all'equinozio di primavera, ponendo in acqua barche piene di fiori. In seguito alla riforma religiosa della monarchia etrusca venne assunta a formare con Giove e Giunone una triade divina rappresentativa del nuovo Stato, sostituendo la più arcaica triade Giove-Marte-Quirino.
Per questo fu allocata nella cella a destra di Giove sul famoso tempio di Giove capitolino, o Giove Optimus Maximus. Faceva parte della triade Capitolina, la Sacra trinità.
Il CULTO
Ebbe come attributi la lancia, l'elmo, lo scudo, l'effige di Medusa sul vergineo seno, oltre all'ulivo, la civetta, il gufo, il gallo, il dragone, il serpente, la conocchia, il fuso. Publio Ovidio Nasone la definì divinità dai mille compiti. Minerva fu adorata in tutta l'Italia, nonostante solo a Roma assumesse un aspetto da guerriera.
Viene solitamente raffigurata mentre con una cotta di maglia ed un elmo, completa di lancia e scudo, oppure con una tunica, ma sempre col elmo, lancia e scudo.
LE FESTE
I Romani ne celebravano la festa dal 19 al 23 marzo nei giorni che prendevano il nome di Quinquatria Maiores, i primi cinque successivi alle Idi di marzo, a partire dal diciannovesimo nel Calendario degli Artigiani.
Una versione più contenuta, la Minusculae Quinquatria, si teneva dopo le Idi di giugno, il 13 giugno, celebrata dal collegio dei suonatori di flauto (tibicines) e durava tre giorni, durante i quali i tibicines facevano un banchetto sacro al tempio capitolino e si esibivano portando maschere in volto e indossando vesti femminili.
CALCULUS MINERVAE
L'antica Minerva era Dea della legge e della giustizia, come sua madre Temi. Per cui a lei competeva il Calculus Minervae, la pietra di Minerva, voto decisivo in un organo collegiale in istallo per parità di voti su di una proposta, tanti pro quanti contro.
Era l’Athenas Psephos, la pallina di coccio che il presidente deponeva nell’urna per ultimo nell'organo legislativo greco della Boulè dei Cinquecento.
Si rifaceva al leggendario voto di Atena in favore di Oreste, ricordato da Eschilo nelle Eumenidi, decisivo per assolvere il matricida.
Roma la adottò nel 30 a.c. quando, nei processi criminali, un senatoconsulto riconobbe ad Ottaviano il calculus Minervae, il privilegio di aggiungere il suo voto a quello della minoranza, e quindi determinare l’assoluzione, qualora la sentenza fosse stata pronunciata con la maggioranza di un solo voto.
Naturalmente il voto dell'imperatore valeva per due.
ATTRIBUTI
Elmo, lancia, scudo, cotta di maglia, testa di Gorgone, ulivo, civetta, corvo, cornacchia, capra, gallo.
NOMI di MINERVA
- Minerva Acaia - venerata a Luceria in Puglia, dove sono stati rinvenuti i resti con doni votivi.
- Minerva Agelia - predatrice.
- Minerva Agoraia - dell'agorà.
- Minerva Alalcomeneide - protettrice della Beozia.
- Minerva Ambularia - che incede.
- Minerva Anemotide - che regola il vento.
- Minerva Apaturia - ingannatrice (dei nemici).
- Minerva Area - salvatrice di Oreste.
- Minerva Armipotente - potente in battaglia.
- Minerva Asia - perchè Castore e Polluce le dedicarono un tempio in Asia.
- Minerva Assiopena - vendicatrice.
- Minerva Ausiliare - che aiuta.
- Minerva Cabardiacensis - del santuario di Trevi, dove nell'epigrafe era chiamata Memor (Memoria)
- Minerva Calcidica - dell'Eubea.
- Minerva Calinite - che mette le briglie ai cavalli.
- Minerva Capita (o Capta) - che comanda. II culto fu introdotto da Falerii (Ovid, fasti 3, 843). Minervium è chiamato il tempio nei documenti degli Argei (Varro 1. 1. 5, 47), e sorgeva alla pendice del colle, presso il Colosseo (Ovid, fasti 3, 837). Cf. Preller, Mythol. 18 p. 292 2. b)
- Minerva Celeuteia - che cammina.
- Minerva Cissea - dell'edera.
- Minerva Colocasia - col manto di feltro.
- Minerva Coria - inventrice delle quadrighe.
- Minerva Coronide - civetta.
- Minerva Corifasia - uscita dalla testa.
- Minerva Crastia - per il tempio sibarita.
- Minerva Crisia - d'oro.
- Minerva Equestre - che combatte a cavallo.
- Minerva Ergane - industriosa, patrona delle arti decorative.
- Minerva Glaucopide - dagli occhi lucenti.
- Minerva Igiea - che restituisce la salute.
- Minerva Ingeniosa - intelligente.
- Minerva Ippia - perchè inventò di attaccare i carri ai cavalli.
- Minerva Larissea - di Larissa.
- Minerva Leitis - la bella Dea.
- Minerva Lennia - adorata a Lenno.
- Minerva Lesira - che procura bottini in guerra.
- Minerva Mantide - di Aiace.
- Minerva Medica - medico, curatrice.
- Minerva Memore - che si ricorda delle preghiere.
- Minerva Nicefora - che porta vittoria.
- Minerva Oftalmite - che protegge gli occhi.
- Minerva Ostalmite - dagli occhi benevoli.
- Minerva Pacifera - portatrice di pace.
- Minerva Parcia - dalle belle gote.
- Minerva Partenia - sempre vergine.
- Minerva Peana - guaritrice.
- Minerva Plinteria - velata.
- Minerva Poliade - della città.
- Minerva Poliuca - che conserva la città.
- Minerva Promacos - colei che sta davanti a tutti in battaglia.
- Minerva Pronea - del pronao.
- Minerva Pronoia - la provvidenza.
- Minerva Sapiens - sapiente.
- Minerva Salpinga - inventrice della tromba.
- Minerva Tritogenia - tre volte potente per la nascita.
- Minerva Tritonia - che comparve per la prima volta accanto al fiume tritone.
- Minerva Virgo - la vergine.
- Minerva Zosteria (della cintura) quando era armata per la battaglia
MINERVA TRITONIA |
Per i lavori di sistemazione della via Giovanni Lanza è stata recuperata una piccola testa fittile di Minerva galeata. È alta, compreso l'elmo m. 0,09, ed è lavorata semplicemente a stecco.
GIACOMO BONI 1899
"Io ho sempre ritenuto ed insegnato che Minerva (are. Menerva C. L L. I, 191) sia voce genuinamente latina, avente la stessa radice men-, di cui ora si tratta, e derivata dal tema menes- (menos- menes-). Sarebbe:
- Menerva nata da Mènés-òu-a,
- come caterva deriva da catés-ou;
- Menénius da Menés~nios;
- caténa da catès-nà.
Ma prima uno storico illustre, Edoardo Meyer, Geschichte des Altertums, II, 528, 703, e poi un dottissimo illustratore della parola italica, Michele Bréal, Actes du dixième congrès International des Orientalistes, hanno dichiarato il nome di Minerva come etrusco. Io non entrerò qui nel dibattito (la latinità di Minerva è sostenuta contro il Bréal dal Niedermann, È und I im Lateinischen Darmstadt 1897, p. 96 seg.). Ma non posso non richiamare l'attenzione degli studiosi sul fatto che nel cippo, accanto a ioux di probabile origine etrusca, si trovi menta, la qual voce non panni potersi disgiungere, etimologicamente, da Minerva."
I TEMPLI
IL SANTUARIO DEL CAPITOLIUM VETUS
locato sul Quirinale.
TEMPIO CAPITOLINO
eretto sul Campidoglio nel 509 a.c. nel quale era venerata la triade capitolina che includeva Minerva.
TEMPIO DI MINERVA SULL'AVENTINO
Oggi scomparso, di origine repubblicana, ma si sa dalla Forma Urbis Severiana che era situato alla destra del tempio di Diana, un tempio rettangolare con sei colonne davanti alla facciata, probabilmente di stile dorico, e con orientamento diverso da quello di Diana. Dai rilevamenti archeologici risulta all'interno di via Balestra, dove sorge oggi il Giardino degli Aranci, dove è situata un'antica vasca romana con due medaglioni a rilievo. Non è da escludere che la Chiesa di Santa Sabina sia stata edificata sopra al tempio di Minerva, visto che ospita grandi colonne romane antiche al suo interno, retaggio di un tempio più antico.
Il tempio era il centro delle corporazioni di mestiere, in particolare, dalla fine del III secolo a.c., di quella di scrittori e attori. Infatti nel 207 una gilda di poeti e attori, tra cui Livio Andronico, grande poeta, drammaturgo e attore, si incaricò delle offerte votive alla Minerva dell'Aventino.
Il tempio rimase un importante centro culturale per gli artisti per la maggior parte della Repubblica Romana. Nel 123 a.c. cercarono inutilmente rifugio in questo tempio Gaio Sempronio Gracco e i suoi sostenitori, durante la fuga da Roma.
TEMPIO DI MINERVA CAPTA AL CELIO
Anche questo di età repubblicana, fine sec. IV o prima metà del III sec. a.c., posto ai piedi del monte Celio, dedicato a Minerva Capta, il cui epiteto fa ritenere assai probabile la provenienza della statua oggetto di culto da Falerii conquistata dai Romani nell'anno 241 a.c.
TEMPIO MINERVA CHALCIDICA (CHALCIDICUM)
Augusto innalzò un tempio a Minerva Calcidica, il Chalcidicum presso la Curia Giulia.
TEMPIO DI MINERVA A CAMPO DI MARTE
Dedicato da Domiziano nel Campo di Marte, e istituì giochi in onore della Dea.
TEMPIO DI MINERVA AL FORO DI NERVA
Il Tempio di Minerva coronava il lato breve del Foro di Nerva (o Foro Transitorio) nei fori Imperiali a Roma.
Il tempio si ergeva su un alto podio e presentava sulla facciata sei colonne e tre sulla parte anteriore dei lati. Il retro era nascosto alla vista dalla piazza da due ali di muro, che nascondevano alla vista l'alto muro dell'esedra del Foro di Augusto e il passaggio verso la porticus absidata.
Minerva era una divinità particolarmente cara a Domiziano, l'imperatore responsabile della costruzione del Foro Transitorio, e venne completato entro il 97 d.c.
Il tempio di Minerva, nel foro di Nerva, restò intatto fino alla sua distruzione nel 1606, eseguita per ordine di Paolo V per riutilizzarne i materiali nella fontana dell’Acqua Paola sul Gianicolo. Ma ne vennero prese o distrutte le cinquanta colonne che decoravano il muro perimetrale sui lati lunghi, delle quali ne restarono solo due, quelle che si vedono in foto, che assunsero il nome popolare di “Colonnacce”.
Altre parti vennero riciclate per la cappella Borghese in Santa Maria Maggiore e per chiese varie, per quel vizietto dei papi di costruire distruggendo i reperti romani, spesso macinando colonne, statue e ornamenti marmorei solo per farne calce.
Ne resta il fondo della costruzione, poggiata sulle mura serviane, con le due enormi colonne, un blocco della cornice del frontone, la decorazione del fregio con scene di lavori femminili, dove la Dea era patrona, e il mito di Aracne, trasformata in ragno da Minerva in competizione con la Dea nell’arte della tessitura. Sull’attico si conserva l'altorilievo di Minerva, con testa coperta da un elmo e uno scudo sorretto dalla sinistra. In basso restano scarsi resti del grande podio.
Nel Museo dei Fori Imperiali è esposto un frammento del fregio, con bucrani e strumenti sacrificali, intagliato su lastre applicate ai blocchi della trabeazione. Sul lato frontale, come si vede dai disegni precedenti alla demolizione seicentesca, fregio e architrave erano invece occupati dall'iscrizione dedicatoria. Il fregio da solo dà l'idea dell'imponenza e della bellezza del tempio.
TEMPIO DI MINERVA MEDICA ALL'ESQUILINO DI ROMA
Negli scavi effettuati in varie epoche furono rinvenute diverse sculture: nel XVI secolo le statue di Asclepio, Igea e le figlie collegate con la scienza medica ed una statua di Minerva con il serpente (simbolo della medicina), da cui l'odierna denominazione ritenuta oggi impropria.
Si dimentica però che Igea, o Igeia, era proprio uno degli aspetti di Minerva nella sua qualità di guaritrice, non ci si meravigli che le venisse associato anche Asclepio (corrispondente romano di Esculapio, Dio della medicina).
Ne resta il fondo della costruzione, poggiata sulle mura serviane, con le due enormi colonne, un blocco della cornice del frontone, la decorazione del fregio con scene di lavori femminili, dove la Dea era patrona, e il mito di Aracne, trasformata in ragno da Minerva in competizione con la Dea nell’arte della tessitura. Sull’attico si conserva l'altorilievo di Minerva, con testa coperta da un elmo e uno scudo sorretto dalla sinistra. In basso restano scarsi resti del grande podio.
Nel Museo dei Fori Imperiali è esposto un frammento del fregio, con bucrani e strumenti sacrificali, intagliato su lastre applicate ai blocchi della trabeazione. Sul lato frontale, come si vede dai disegni precedenti alla demolizione seicentesca, fregio e architrave erano invece occupati dall'iscrizione dedicatoria. Il fregio da solo dà l'idea dell'imponenza e della bellezza del tempio.
TEMPIO DI MINERVA MEDICA ALL'ESQUILINO DI ROMA
Negli scavi effettuati in varie epoche furono rinvenute diverse sculture: nel XVI secolo le statue di Asclepio, Igea e le figlie collegate con la scienza medica ed una statua di Minerva con il serpente (simbolo della medicina), da cui l'odierna denominazione ritenuta oggi impropria.
Si dimentica però che Igea, o Igeia, era proprio uno degli aspetti di Minerva nella sua qualità di guaritrice, non ci si meravigli che le venisse associato anche Asclepio (corrispondente romano di Esculapio, Dio della medicina).
Robert Graves nella "Dea Bianca" scrive che Asclepio era legato al corvo, poiché sua madre era Coronide (cornacchia), probabilmente epiteto di Atena a cui questo animale era sacro. Suo padre era Apollo, il cui animale sacro era sempre il corvo.
Per cui per l'autore Asclepio era figlio di Atena. Tanto è vero che fu proprio lei a donare ad Asclepio il sangue della Gorgone per guarire, dimostrandosi ancora una volta guaritrice. Uno dei suoi epiteti era infatti Minerva Medica.
Alla fine dell'Ottocento furono rinvenute altre statue (oggi ai Musei Capitolini), fra cui due statue di magistrati romani in procinto di lanciare la mappa, l'atto che dava inizio alle corse dei carri nel circo, si sa che le corse dei carri erano particolarmente care a Marte e Minerva, quest'ultima ritenuta inventrice del carro attaccato ai cavalli. L'edificio, risalente al IV secolo d.c., si presenta come una grande costruzione dalla pianta decagona, in origine coperta da una cupola (in parte crollata nel 1828) del diametro di circa 25 m. Su ognuno dei lati del decagono erano presenti nove nicchie semicircolari, tranne quello di ingresso che forse era scandito da colonne.
Al di sopra delle nicchie grandi finestroni arcuati che oltre a fornire la fornire la luce alleggerivano la mole e il peso dell'edificio. Dieci pilastri fornivano il sostegno alla cupola, la quale, partendo da una forma poligonale, assumeva gradualmente un aspetto emisferico.
Il tempio di Minerva viene misconosciuto così come è stato misconosciuto il tempio di Vesta, che solo successivamente fu attribuito ad Ercole, ed ora riattribuito a Vesta (anche perchè non si spiegherebbe il foro centrale per il fuoco, classico dei templi femminili, nonchè la rotondità dell'edificio, anch'esso classico dei templi più antichi, che erano femminili. Eppure l'archeologia insegna che le attribuzioni popolari di un luogo contengono sempre un pizzico di verità.
In onore di Minerva Medica si festeggiava il Quinquatrus con le corse delle bighe e dei cavalli.
TEMPIO DE MANUBIS
Come Atena Nike Cneo Pompeo onorò Minerva con la fondazione di un tempio de manubiis nella zona dei Saepta.
TEMPIO DI MINERVA SOTTO SANTA MARIA SOPRA MINERVA
Si nega, nonostante l'evidenza del nome, che sotto la chiesa si celi l'ex tempio di Minerva, eppure nell'VIII sec. qui esisteva un oratorio dedicato alla vergine con il toponimo di Minervum. Già nota dalle fonti come Minerva Chalcidica, costruita da Domiziano nel Campo Marzio. Anni fa alcuni scavi hanno portato alla luce scalinate sotterranee con pezzi di mosaico (personalmente visionati), prontamente ricoperti chissà perchè. E' accertato dagli archeologi che la chiesa sia eretta su di un tempio romano, ma chissà perchè non attribuibile.
Nel gruppo ritrovato negli scavi del Comizio, della Curia, e del Calcidico, si ritrovò il piedistallo del "simulacrum Minerbae abolendo incendio tumultus civilis igni tecto cadente confractum " CIL. VI, 52.3;
TEMPIO DELLA MINERVA AD ASSISI
Piazza della Minerva ad Assisi deve il suo nome ad un tempio eretto da Domiziano e dedicato a Minerva Chalcidica, che occupava l’area dove oggi si eleva la chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Le sei splendide colonne corinzie con capitelli corinzi, che poggiano su dei plinti che, per mancanza di spazio, sono collocati sulla scalinata che si inoltra nel pronao e l'intera facciata sono ancora intatte dopo circa 2025 anni. Anche le mura laterali dell'edificio sono ben conservate, ma visibili soltanto dall'esterno.
Dal 295 a.c. Assisi diventò romana, per la sconfitta degli Italici federati. Nell'88 a.c. venne promossa Municipium romanum, con tutti i diritti e con ordinamento simile a Roma.
Il Tempio di Minerva, che allora si stagliava in alto sul complesso del Forum oggi domina la Piazza del Comune, con l'identica facciata di un tempo.
Il tempio costituisce uno degli esempi più integri e leggibili dell'architettura sacra romana. Fu edificato su uno dei terrazzamenti che costituivano l'antica città ed in particolare sulla terrazza centrale che si affacciava sul piazzale sottostante, identificato come foro.
Presenta una cella quadrangolare preceduta da un pronao molto breve, attualmente coperto da una volta a padiglione. La cella era costruita a piccoli blocchi di calcare locale legati da malta: di questa sono visibili la facciata e la controfacciata, mentre i muri laterali sono stati incorporati nella chiesa di S.Maria sopra Minerva, edificata nel XVII sec. Sulla fronte, sei colonne scanalate di ordine corinzio poggiano su alti plinti, sormontati da capitelli con doppio ordine di foglie d'acanto.
Al disopra poggia l'architrave sul quale campeggiava un'iscrizione dedicatoria con lettere in bronzo, andate perdute. Dal loro posizionamento si deduce il testo, riferito ai quattorviri quinquennali che eseguirono a proprie spese la costruzione del tempio. L'accesso era garantito da due scalette simmetriche aperte nel muro di sostegno del tempio. Il foro, pavimentato con lastre quadrangolari di calcare, era circondato su tre lati da un porticato di colonne doriche.
Recentemente è stato riscoperto un breve tratto del tempio vicino all'altare, con un arco murato.
Per Johann Wolfgang von Goethe, durante il suo viaggio in Italia, questo fu il primo monumento integro dell‘antichità che avesse visto e ne restò entusiasta.
TEMPIO DI MINERVA A S. LEUCIO
Splendidi elementi della decorazione architettonica del tempio di Minerva, ma anche manufatti, oggetti votivi, vasi di ceramica e oggetti di ornamento, sono i pezzi più importanti dell'Antiquarium nel parco archeologico di San Leucio, a Canosao.
Nella prima sala gli elementi della decorazione architettonica del tempio di Minerva, III- II sec. a.c., con capitelli ionici, capitelli corinzi figurati, metope e cornici. Nella seconda, manufatti dal III sec.a.c al I-II d.c, con terrecotte architettoniche, oggetti votivi, vasi di ceramica, monete, oggetti ornamentali, gioielli in metallo, balsamari in vetro della basilica paleocristiana di San Leucio.
SANTUARIO DI MINERVA A BRENO
Un tempio di epoca romana, situato a Breno in località Spinera, addossato ad uno sperone roccioso sulle rive del fiume Oglio, di fronte ad una grotta naturale in cui sgorgava una sorgente.
Sorto su un precedente santuario, venne inglobato agli inizi del I sec. in un tempio romano dedicato alla Dea Minerva, che in età flavia (69-96 d.c.) fu ristrutturato e ingrandito.
Il tempio aveva due ali porticate che dirigevano verso il fiume delimitando il cortile del tempio. Una breve gradinata consentiva di salire dal cortile al pronao e di accedere alle aule centrali, decorate con pavimenti musivi e affreschi. La sala principale ospitava, in una nicchia sopraelevata, la statua di Minerva, copia romana di una statua greca del V secolo a.c. in marmo pentelico. Nelle stanze laterali fontane e vasche, che la indicano come una Minerva Medica.
Venne riscoperto casualmente nel 1986 durante uno scavo per la posa di condutture pubbliche.
La soprintendenza archeologica della Lombardia vi ha condotto scavi fino al 2003, portando alla luce pavimenti a mosaico e mura affrescate, resti di colonne e are votive. Nel 2000 è stata rinvenuta anche la statua della Dea, priva di testa, braccia e parte delle gambe, nonchè cocci frantumati di contenitori in ceramica, figurine votive in marmo e terracotta, iscrizioni, fibule, monete e gioielli.
SANTUARIO DI MINERVA CABARDIACENSIS
LANCIANI:
"1301 : Minervae Cabardiacensis Maria C, Marx Umbonis f[ilia) v(otum) s(olvit) libens m(eo) rito:
1806: Minervae medicae Cabardiac{ensi) Valeria Sammonia Vercellens(is)
Senza dubbio, in connessione col Dome di Cabardiacas, che nella tavola alimentaria di Veleia (C. XI 1147, 2 lin. 47.65) ha portato a due fundi posti nel pagus Ambitrebius, confinante col territorio di Placentia e di Veleia.
Molto probabilmente uno di essi corrisponde all'odierno castello di Caverzago, a sinistra della Trebia e poco discosto da Trevi.
Ma per lo dubbio se appunto qui ovvero nel territorio di Trevi sorgesse quel santuario di Minerva, dal quale provengouo, insieme con queste due, parecchie altre iscrizioni (C. XI 1292- 1310), in cui alla stessa divinità venne d'ordinario dato l'epiteto di MINERVA MEMOR"
L'epiteto della divinità «Cabardiacensis» su due disperse epigrafi indigene [CIL, XI, 1301, 1306: infra] si ricollega inequivocabilmente a Cabardiacus, toponimo fondiario 'celtico' della Tabula alimentaria, proprio del distretto veleiate Ambitrebio, nella parte inferiore della Val Trébbia.
Infatti nella tradizione il tempio sarebbe sorto dove ora si trova la chiesa di S. Maria a Travo. Ciò è stato dedotto in base di ritrovamenti nella chiesa di epigrafi che sarebbero la testimonianza della continuità di un culto pagano trasferito al culto cristiano della Madonna.
Le stele rinvenute sono, però, chiaramente materiale di recupero e, secondo studiosi del cinquecento, pertinenti invece alla località di Caverzago, a Sud di Travo, al cui nome viene ricondotto anche l’appellativo cabardiacensis.
Si dà per certa l'origine preromana del culto, forse in un luogo naturale frequentato a scopi culturali più che in un santuario edificato, vedono la collocazione più idonea del tempio proprio sulla rupe di Caverzago, aderendo a un’antica tradizione di culti delle vette. Invece nella piana di Dorba, ai piedi della rupe di Caverzago, circa quaranta anni fa, vennero alla luce due grandi muraglioni profondamente interrati e una stele votiva (V. S. L. M., votum solvit libens merito).
Ma vi vennero pure reperiti materiali di età romana nel 1976, alla profondità di m 3,20 dal piano di campagna, interessata all'epoca da fenomeni alluvionali che potrebbero aver ricoperto il santuario.
In Val Trebbia, non lontano da Travo, in epoca romana, esisteva dunque un importante santuario sacro a Minerva, luogo di pellegrinaggi e guarigioni miracolose. Sconosciuto alle fonti storiche, il tempio è noto grazie ad una serie di epigrafi votive, riutilizzate in mura e fondamenta di chiese e castelli del circondario di Travo, che furono trascritte da studiosi nel cinquecento.
Molte iscrizioni sono andate perse, come quella di Rallio di Montechiaro che secondo il canonico Pier Maria Campi forse era l’iscrizione dedicatoria al tempio di Minerva. Solamente le stele murate nella chiesa di S. Maria a Travo e quelle di S. Antonino sono giunte sino a noi grazie all’intervento dei conti Anguissola che nel 1930 le donarono al Comune di Piacenza dove sono tuttora conservate nei Civici Musei.
Alla fine dell'Ottocento furono rinvenute altre statue (oggi ai Musei Capitolini), fra cui due statue di magistrati romani in procinto di lanciare la mappa, l'atto che dava inizio alle corse dei carri nel circo, si sa che le corse dei carri erano particolarmente care a Marte e Minerva, quest'ultima ritenuta inventrice del carro attaccato ai cavalli. L'edificio, risalente al IV secolo d.c., si presenta come una grande costruzione dalla pianta decagona, in origine coperta da una cupola (in parte crollata nel 1828) del diametro di circa 25 m. Su ognuno dei lati del decagono erano presenti nove nicchie semicircolari, tranne quello di ingresso che forse era scandito da colonne.
Al di sopra delle nicchie grandi finestroni arcuati che oltre a fornire la fornire la luce alleggerivano la mole e il peso dell'edificio. Dieci pilastri fornivano il sostegno alla cupola, la quale, partendo da una forma poligonale, assumeva gradualmente un aspetto emisferico.
Il tempio di Minerva viene misconosciuto così come è stato misconosciuto il tempio di Vesta, che solo successivamente fu attribuito ad Ercole, ed ora riattribuito a Vesta (anche perchè non si spiegherebbe il foro centrale per il fuoco, classico dei templi femminili, nonchè la rotondità dell'edificio, anch'esso classico dei templi più antichi, che erano femminili. Eppure l'archeologia insegna che le attribuzioni popolari di un luogo contengono sempre un pizzico di verità.
In onore di Minerva Medica si festeggiava il Quinquatrus con le corse delle bighe e dei cavalli.
TEMPIO DE MANUBIS
Come Atena Nike Cneo Pompeo onorò Minerva con la fondazione di un tempio de manubiis nella zona dei Saepta.
TEMPIO DI MINERVA SOTTO SANTA MARIA SOPRA MINERVA
Si nega, nonostante l'evidenza del nome, che sotto la chiesa si celi l'ex tempio di Minerva, eppure nell'VIII sec. qui esisteva un oratorio dedicato alla vergine con il toponimo di Minervum. Già nota dalle fonti come Minerva Chalcidica, costruita da Domiziano nel Campo Marzio. Anni fa alcuni scavi hanno portato alla luce scalinate sotterranee con pezzi di mosaico (personalmente visionati), prontamente ricoperti chissà perchè. E' accertato dagli archeologi che la chiesa sia eretta su di un tempio romano, ma chissà perchè non attribuibile.
Nel gruppo ritrovato negli scavi del Comizio, della Curia, e del Calcidico, si ritrovò il piedistallo del "simulacrum Minerbae abolendo incendio tumultus civilis igni tecto cadente confractum " CIL. VI, 52.3;
TEMPIO DELLA MINERVA AD ASSISI
Piazza della Minerva ad Assisi deve il suo nome ad un tempio eretto da Domiziano e dedicato a Minerva Chalcidica, che occupava l’area dove oggi si eleva la chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Le sei splendide colonne corinzie con capitelli corinzi, che poggiano su dei plinti che, per mancanza di spazio, sono collocati sulla scalinata che si inoltra nel pronao e l'intera facciata sono ancora intatte dopo circa 2025 anni. Anche le mura laterali dell'edificio sono ben conservate, ma visibili soltanto dall'esterno.
Dal 295 a.c. Assisi diventò romana, per la sconfitta degli Italici federati. Nell'88 a.c. venne promossa Municipium romanum, con tutti i diritti e con ordinamento simile a Roma.
Il Tempio di Minerva, che allora si stagliava in alto sul complesso del Forum oggi domina la Piazza del Comune, con l'identica facciata di un tempo.
Il tempio costituisce uno degli esempi più integri e leggibili dell'architettura sacra romana. Fu edificato su uno dei terrazzamenti che costituivano l'antica città ed in particolare sulla terrazza centrale che si affacciava sul piazzale sottostante, identificato come foro.
Presenta una cella quadrangolare preceduta da un pronao molto breve, attualmente coperto da una volta a padiglione. La cella era costruita a piccoli blocchi di calcare locale legati da malta: di questa sono visibili la facciata e la controfacciata, mentre i muri laterali sono stati incorporati nella chiesa di S.Maria sopra Minerva, edificata nel XVII sec. Sulla fronte, sei colonne scanalate di ordine corinzio poggiano su alti plinti, sormontati da capitelli con doppio ordine di foglie d'acanto.
Al disopra poggia l'architrave sul quale campeggiava un'iscrizione dedicatoria con lettere in bronzo, andate perdute. Dal loro posizionamento si deduce il testo, riferito ai quattorviri quinquennali che eseguirono a proprie spese la costruzione del tempio. L'accesso era garantito da due scalette simmetriche aperte nel muro di sostegno del tempio. Il foro, pavimentato con lastre quadrangolari di calcare, era circondato su tre lati da un porticato di colonne doriche.
Recentemente è stato riscoperto un breve tratto del tempio vicino all'altare, con un arco murato.
Per Johann Wolfgang von Goethe, durante il suo viaggio in Italia, questo fu il primo monumento integro dell‘antichità che avesse visto e ne restò entusiasta.
TEMPIO DI MINERVA A S. LEUCIO
Splendidi elementi della decorazione architettonica del tempio di Minerva, ma anche manufatti, oggetti votivi, vasi di ceramica e oggetti di ornamento, sono i pezzi più importanti dell'Antiquarium nel parco archeologico di San Leucio, a Canosao.
Nella prima sala gli elementi della decorazione architettonica del tempio di Minerva, III- II sec. a.c., con capitelli ionici, capitelli corinzi figurati, metope e cornici. Nella seconda, manufatti dal III sec.a.c al I-II d.c, con terrecotte architettoniche, oggetti votivi, vasi di ceramica, monete, oggetti ornamentali, gioielli in metallo, balsamari in vetro della basilica paleocristiana di San Leucio.
SANTUARIO DI MINERVA A BRENO
Un tempio di epoca romana, situato a Breno in località Spinera, addossato ad uno sperone roccioso sulle rive del fiume Oglio, di fronte ad una grotta naturale in cui sgorgava una sorgente.
Sorto su un precedente santuario, venne inglobato agli inizi del I sec. in un tempio romano dedicato alla Dea Minerva, che in età flavia (69-96 d.c.) fu ristrutturato e ingrandito.
Il tempio aveva due ali porticate che dirigevano verso il fiume delimitando il cortile del tempio. Una breve gradinata consentiva di salire dal cortile al pronao e di accedere alle aule centrali, decorate con pavimenti musivi e affreschi. La sala principale ospitava, in una nicchia sopraelevata, la statua di Minerva, copia romana di una statua greca del V secolo a.c. in marmo pentelico. Nelle stanze laterali fontane e vasche, che la indicano come una Minerva Medica.
Venne riscoperto casualmente nel 1986 durante uno scavo per la posa di condutture pubbliche.
La soprintendenza archeologica della Lombardia vi ha condotto scavi fino al 2003, portando alla luce pavimenti a mosaico e mura affrescate, resti di colonne e are votive. Nel 2000 è stata rinvenuta anche la statua della Dea, priva di testa, braccia e parte delle gambe, nonchè cocci frantumati di contenitori in ceramica, figurine votive in marmo e terracotta, iscrizioni, fibule, monete e gioielli.
SANTUARIO DI MINERVA CABARDIACENSIS
LANCIANI:
"1301 : Minervae Cabardiacensis Maria C, Marx Umbonis f[ilia) v(otum) s(olvit) libens m(eo) rito:
1806: Minervae medicae Cabardiac{ensi) Valeria Sammonia Vercellens(is)
Senza dubbio, in connessione col Dome di Cabardiacas, che nella tavola alimentaria di Veleia (C. XI 1147, 2 lin. 47.65) ha portato a due fundi posti nel pagus Ambitrebius, confinante col territorio di Placentia e di Veleia.
Molto probabilmente uno di essi corrisponde all'odierno castello di Caverzago, a sinistra della Trebia e poco discosto da Trevi.
Ma per lo dubbio se appunto qui ovvero nel territorio di Trevi sorgesse quel santuario di Minerva, dal quale provengouo, insieme con queste due, parecchie altre iscrizioni (C. XI 1292- 1310), in cui alla stessa divinità venne d'ordinario dato l'epiteto di MINERVA MEMOR"
L'epiteto della divinità «Cabardiacensis» su due disperse epigrafi indigene [CIL, XI, 1301, 1306: infra] si ricollega inequivocabilmente a Cabardiacus, toponimo fondiario 'celtico' della Tabula alimentaria, proprio del distretto veleiate Ambitrebio, nella parte inferiore della Val Trébbia.
Infatti nella tradizione il tempio sarebbe sorto dove ora si trova la chiesa di S. Maria a Travo. Ciò è stato dedotto in base di ritrovamenti nella chiesa di epigrafi che sarebbero la testimonianza della continuità di un culto pagano trasferito al culto cristiano della Madonna.
Le stele rinvenute sono, però, chiaramente materiale di recupero e, secondo studiosi del cinquecento, pertinenti invece alla località di Caverzago, a Sud di Travo, al cui nome viene ricondotto anche l’appellativo cabardiacensis.
Si dà per certa l'origine preromana del culto, forse in un luogo naturale frequentato a scopi culturali più che in un santuario edificato, vedono la collocazione più idonea del tempio proprio sulla rupe di Caverzago, aderendo a un’antica tradizione di culti delle vette. Invece nella piana di Dorba, ai piedi della rupe di Caverzago, circa quaranta anni fa, vennero alla luce due grandi muraglioni profondamente interrati e una stele votiva (V. S. L. M., votum solvit libens merito).
Ma vi vennero pure reperiti materiali di età romana nel 1976, alla profondità di m 3,20 dal piano di campagna, interessata all'epoca da fenomeni alluvionali che potrebbero aver ricoperto il santuario.
In Val Trebbia, non lontano da Travo, in epoca romana, esisteva dunque un importante santuario sacro a Minerva, luogo di pellegrinaggi e guarigioni miracolose. Sconosciuto alle fonti storiche, il tempio è noto grazie ad una serie di epigrafi votive, riutilizzate in mura e fondamenta di chiese e castelli del circondario di Travo, che furono trascritte da studiosi nel cinquecento.
Molte iscrizioni sono andate perse, come quella di Rallio di Montechiaro che secondo il canonico Pier Maria Campi forse era l’iscrizione dedicatoria al tempio di Minerva. Solamente le stele murate nella chiesa di S. Maria a Travo e quelle di S. Antonino sono giunte sino a noi grazie all’intervento dei conti Anguissola che nel 1930 le donarono al Comune di Piacenza dove sono tuttora conservate nei Civici Musei.
Secondo i dati delle epigrafi il santuario fu frequentato già dal I sec. d.c.. Vi giungevano pellegrini dalle città di Milano, Cremona, Vercelli, Brescello, soldati di ritorno dalla Britannia, genitori riconoscenti per il figlio guarito, insomma per grazia ricevuta.
La presenza di alcune stele senza iscrizione ha fatto ipotizzare un’officina di lapidi cui si potevano rivolgere i pellegrini per iscrizioni sul posto. Nel corso del III sec. d.c. la frequentazione del tempio diventa meno intensa a causa di nuovi culti, orientali prima, e poi il Cristianesimo, che impose l’abbandono e l'abbattimento del sito.
ETTORE DE RUGGIERO
CABARDIACENSIS (Minerva) - C. XI 1301
Minervae Cabardiacensi Maria C, Mari Umbonis filia votum solvit libens mie- : 1806: Minervae medicae Cabardiacensìs Valeria Sammonia Vercellensis v. s. L m. Il predicato è locale, e, senza dubbio, in connessione col nome di Cabardiacas, che nella tavola alimentaria di Veleia (C. XI 1147, 2 lin. 47.65) è portato da due funài posti nel pagus Ambitrebius, confinante col territorio di Placentia e di Veleia.
Molto probabilmente uno di essi corrisponde aill'diemo castello di Caverzago, a sinistra della Trebia e poco discosto da Trevi. È però dubbio se appunto qui ovvero nel territorio di Trevi sorgesse quel santuario di Minerva, dal quale provengono, insieme con queste due, parecchie altre iscrizioni (C. XI 1292- 1310), in cui alla stessa divinità è d'ordinario dato l'epiteto di memor (cf. Bormann, C. XI p. 254. Preller, rOm. Mythol. 1» p. 295. Fried- lAnder, Bittengesch. 3 p. 478).
TEMPIO DI ATENA-MINERVA A CASTELLAMMARE DI STABIA
Il tempio di Atena, conosciuto anche come santuario extraurbano, è stato riportato alla luce nel 1984, in località Privati, sulle sponde del Rivo Calcarella, nella zona collinare di Castellammare di Stabia, per una superficie di circa duecento mq. Il tempio risale al periodo sannita, costruito probabilmente intorno al IV sec. a.c. ed ha conservato una grande quantità di manufatti.
Non è certissima l'attribuzione del culto, ma la più accreditata è di Atena per il ritrovamento di una statuetta che la raffigura, molto simile a quella del tempio presso Punta Campanella anch'esso dedicato ad Atena. Per altri sarebbe dedicato al culto della sfera della fecondità o ancora ad Afrodite o Artemide.
Tra i reperti più importanti rinvenuti in questo tempio è una lastra con la testa di Ercole, d'ispirazione ellenistica, realizzata tra il IV e il III sec. a.c. e dalle dimensioni di 33 cm di lunghezza e 32 di larghezza: nell'antica Stabia il culto di Ercole era molto sentito poiché secondo la leggenda era il fondatore della città.
Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE
BIBLIO
- J. Champeaux - La religione dei romani - Il Mulino - Bologna - 2002 -
- Filli Rossi - Il santuario di Minerva, un luogo di culto a Breno tra protostoria ed età romana, Carpenedolo -Edizioni ET - 2010 -
- John Bodel - Cicero's Minerva, Penates, and the Mother of the Lares - An Outline of Roman Domestic Religion - in John Bodel e Saul M. Olyan (a cura di) - Household and Family Religion in Antiquity - Blackwell Publishing - 2008 -
- R. Graves - I miti greci - "The Nature and Deeds of Athena" - traduzione di Elisa Morpurgo - I Marmi - n. 35 - Milano - Longanesi - 1963 -
Interessantissimo!!
RispondiEliminaMeraviglia grande dea minerva
RispondiEliminaDove è possibile trovare un elenco con tutti i templi dedicati a Athena/Minerva in Italia?
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