Presso gli Etruschi era una Dea Pennuta, passata poi al culto romano come Dea prostituta e protettrice di Roma ma soprattutto della plebe. Le Dee Pennute erano le cosiddette Arpie, le sfingi dell'epoca, immagini triplici della Grande Madre, che poi divennero nefaste nella mitologia greca perchè includevano il lato mortifero della Dea.
I miti sono vari, in alcuni fu all'inizio una semplice donna che guadagnò il favore degli Dei stando per una notte intera in adorazione nel tempio di Eracle. Appena uscita dal tempio infatti incontrò tal Caruzio, Taruzio o Taurilio, uomo ricchissimo, che se ne innamorò e la sposò, lasciandola poi erede della sua immensa fortuna.
Alla sua morte Acca lasciò tutto il patrimonio al popolo romano. Tutto questo sarebbe accaduto al tempo di Anco Marzio. Il re, in segno di ringraziamento, le avrebbe fatto costruire una magnifica tomba sul Velabro, il mitico luogo del rinvenimento dei gemelli, nei pressi della porta Romanula.
Secondo Plinio e Gellio invece, Acca, nutrice dei gemelli, ebbe anche dodici figli maschi che diventeranno poi i fratelli Arvali, costituendo il celebre collegio sacerdotale, adoratore di Dia, antichissima Dea.
Secondo un altro mito essa era una tipina un po' dissoluta, moglie del pastore Faustolo (il nome probabilmente deriva dal Dio Faunus), che si fece però carico dei fatali gemelli fondatori di Roma, per altri una prostituta vera e propria che fece loro da balia. In un altro mito fu la lupa che li allattò sulle rive del Tevere.
Il cardinale Enrico Noris (1631 - 1704), storiografo, affermò che non fosse Dea, "perchè le si celebravano i funerali; il che non si faceva per quelli che si tenevano quai numi". Ma sulla obiettività di un cardinale verso una divinità pagana ci sarebbe molto da riflettere.
Il filo conduttore di tutto ciò è un mito più antico camuffato. Larentia era la Grande madre, la Natura Grande prostituta che si accoppia con chiunque e produce di tutto, dalle piante agli animali e agli uomini. Questo mito faceva si che in nome della Dea si effettuasse la prostituzione sacra, la ierodulia, e le stesse sacerdotesse, in onore della Dea selvaggia, la Dea lupa, indossavano pelli di lupo e ululavano ai viandanti. Non a caso gli antichi postriboli erano detti "lupanare".
Sembra che Acca Larentia fosse denominata anche Mater Larum o "Madre dei Lari", del resto in sanscrito Akka significa Madre, ma fu anche un nome di Demetra, Acca Demetra, in qualità di nutrice.
Romolo e Remo infatti furono celebrati come Lari di Roma, gli antenati protettivi.
Ciò spiegherebbe perché durante la festività dei Larentalia i sacrifici venissero celebrati dal Flaminis Quirinalis, il sacerdote di Quirino, ovvero Romolo, suo figlio.
L'identificazione di Mater Larum spiega perché durante i Laurentalia si offrissero sacrifici ai Lares, gli spiriti benevoli degli antenati, anch'essi di origine etrusca, il cui compito era di proteggere e benedire i nuclei familiari e le loro abitazioni dalle minacce esterne.
Acca Larenzia viene identificata con una divinità ctonia, custode del mondo dei morti, Larenta, o Larunda, come era chiamata dai Sabini. Larenta, o "Dea Muta" era una divinità femminile del sottosuolo e dell'oltretomba, quindi il lato oscuro della Madre Natura, quello relativo alla morte.
ALTRI NOMI DELLA DEA
- Larentina
- Mania
- Lara
- Larunda
- Muta
- Tacita
Essendo identificata con Tacita o Muta, la Dea che pone il dito sulle labbra chiedendo il silenzio, è evidente, e l'ordine dei Fratelli Arvali lo conferma, che era Dea dei Sacri Misteri, che non potevano essere rivelati. Come Mania, moglie di Mantus, divinità di origine etrusca adottate dai Romani, era Dea dell'oltretomba e madre di fantasmi, non-morti e spiriti della notte.
Come Larunda fu privata della lingua da Giove per aver riferito a Giunone dei suoi tradimenti, anzi il Dio ordinò a Mercurio di portarla nell'Ade per torgliersela di torno, ma questi se ne innamorò.
Dall'unione nacquero due figli invisibili, e pure Larunda, per non farsi scorgere da Giove, se ne stette rintanata nei boschi, insomma una divinità delle Selve, come Rhea Silvia, o come Fauna, Dea sposa di Fauno.
LA FESTA
La festa, detta Larentalia, ma anche Larentinalia o Accalia, e pure Fasti Prenestini, secondo le zone, cadeva il 23 dicembre, come racconta Macrobio, subito al termine dei Saturnali, poi Augusto la fece ripetere due volte l'anno. Come divinità del solstizio d'inverno aveva il lato buio delle brevi giornate quando il sole è al punto più basso dell'orizzonte e illumina meno la terra.
Per l'occasione si offrivano sacrifici ai Lari e ai Mani, gli spiriti degli antenati e gli spiriti dell'oltretomba. I festeggiamenti si tenevano al Velabro dove era la tomba di Acca.
Si usava anche un curioso rituale da parte delle donne, per scampare ai pettegolezzi e alle diffamazioni altrui. Invocavano la Dea e recitavano un'orazione sopra un pesce morto dalla bocca serrata mediante un filo di lana. Con questo rituale magico si chiudeva la bocca ai detrattori.
Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE
BIBLIO
- Plutarco - Vita di Romolo -
- Lattanzio - Divinae institutiones - I -
- Tito Livio - Storia di Roma dalla sua fondazione - Biblioteca Universale Rizzoli - Milano - 1989 -
- Macrobio - Saturnalia - I -
- Tito Livio - Storia di Roma dalla sua fondazione - Biblioteca Universale Rizzoli - Milano - 1989 -
- Macrobio - Saturnalia - I -
- Andrea Carandini - La leggenda di Roma, volume IV - Dalla morte di Tito Tazio alla fine di Romolo - Mondadori – Fondazione Valla - Milano - 2014 -
- Andrea Carandini - Roma. Il primo giorno - Roma-Bari - Laterza - 2007 -
- Andrea Carandini - Roma. Il primo giorno - Roma-Bari - Laterza - 2007 -
- Rodolfo Lanciani - L'antica Roma - Roma - Newton Compton - 2005 -
3 comment:
bravo non si trova da nessuna altra parte.
Grazie è un altra manifestazione della dea istar ,ora ho capito la simbologia del silenzio degli illuminati
Grazie dell'approfondimento. Utile per il mio libro di poesie "Oltre il mito".
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