E' un museo a cielo aperto con ville, teatri, basiliche, acquedotti e monumenti funerari d'epoca romana, in parte restaurati e in parte no, tenendo conto che le strade consolari di Roma, e in particolare la via Appia, brulicano nel sottosuolo di ville romane suburbane, solo in piccola parte scoperte, e in parte scoperte e reinterrate, per il principio per cui se non si interviene immediatamente a un'opera di restauro e consolidamento, i beni antichi si distruggono in breve.
La via Appia Antica che fu detta da Procopio "Spectatu dignissima" (degnissimo spettacolo).
IL PERCORSO
L'Appia Antica partiva da Porta Capena, presso le Terme di Caracalla, per collegare l'Urbe a Capua (Santa Maria Capua Vetere) passando per:
- Aricia (Ariccia),
- Forum Appii - fu un piccolo centro di sosta sulla via Appia a 43 miglia da Roma, dove la via entrava nelle paludi pontine e dal porto fluviale qui collocato si dipartiva un canale navigabile di 19 miglia, attraverso cui in epoca augustea si poteva proseguire il viaggio fino a Terracina, con imbarcazioni trainate da muli dalla strada.
Abbandonato nel medioevo, venne ripopolato, con parziale sovrapposizione sul villaggio romano di Borgo Faiti.
Ne rimangono pochissimi resti: tracce di edifici minori, tratti di muratura in opus incertum, lapidi commemorative e numerosi frammenti di materiali da costruzione o decorativi, nonchè tratti di basolato, cippi miliari, e un ponte romano sul fiume Cavata.
- Anxur (Terracina), qui l'Appia era costretta a percorrere uno stretto passaggio sulla costa, condizionato dalle mareggiate, a causa di un alta rupe, il Pisco Montano.
Traiano fece tagliare il fianco della rupe, alta circa 38 metri.
Lo spazio così ottenuto permise di deviare la sede stradale e consentire un più agevole transito.
- Itri,
- Formiae (Formia),
- Minturnae (Minturno),
- Sinuessa (Mondragone).
Da Capua proseguiva poi per
- Vicus Novanensis (Santa Maria a Vico) - e, superando la stretta di Arpaia, raggiungeva, attraverso il ponte sul fiume Isclero
- Caudium (Montesarchio) - la principale città dei Sanniti Caudini, sorta nell'VIII secolo a.c., ricordato per la sconfitta delle Forche Caudine dei Sannitisui Romani nel 321 a.c., durante la II guerra sannitica. Caudium è poi menzionata sulla via Appia, sia al tempo di Augusto che nel tardo impero. Non se ne conosce la collocazione. (Città scomparsa).
- di qui, costeggiando il monte Mauro, scendeva verso Apollosa ed il torrente Corvo, su cui passava tre volte, utilizzando i ponti di Tufara Valle, di Apollosa e Corvo, distrutti durante la II guerra mondiale, e solo quello di Apollosa è stato ricostruito fedelmente.
Non si è certi del percorso dell'Appia da Apollosa fino a Benevento, ma sappiamo che vi entrava passando sul Ponte Leproso o Lebbroso, come indicato da tracce di pavimentazioni che conducono verso il terrapieno del tempio della Madonna delle Grazie, da cui poi proseguiva nel senso del decumano, per uscire dalla città ad oriente e proseguire alla volta di Aeclanum (presso l'attuale Mirabella Eclano), come testimoniano fra l'altro sei cippi miliari conservati nel museo del Sannio.
L'Appia raggiungeva il mare a Taranto, passando per Venusia (Venosa) e Silvium (Gravina). Poi svoltava a est verso Rudiae (Grottaglie) fino ad un'importante stazione presente nella città di Uria (Oria) e, da qui, terminava a Brundisium (Brindisi) dopo aver toccato altri centri intermedi. Due colonne segnavano la fine della strada a Brindisi (di quella di destra resta solo la base).
La Via Appia Traiana avrebbe poi collegato, in maniera più lineare, Benevento con Brindisi passando per Aequum Tuticum (presso Ariano Irpino) Aecae (Troia), Herdonias (Ordona), Canusium (Canosa) e Barium (Bari).
Non si è certi del percorso dell'Appia da Apollosa fino a Benevento, ma sappiamo che vi entrava passando sul Ponte Leproso o Lebbroso, come indicato da tracce di pavimentazioni che conducono verso il terrapieno del tempio della Madonna delle Grazie, da cui poi proseguiva nel senso del decumano, per uscire dalla città ad oriente e proseguire alla volta di Aeclanum (presso l'attuale Mirabella Eclano), come testimoniano fra l'altro sei cippi miliari conservati nel museo del Sannio.
L'Appia raggiungeva il mare a Taranto, passando per Venusia (Venosa) e Silvium (Gravina). Poi svoltava a est verso Rudiae (Grottaglie) fino ad un'importante stazione presente nella città di Uria (Oria) e, da qui, terminava a Brundisium (Brindisi) dopo aver toccato altri centri intermedi. Due colonne segnavano la fine della strada a Brindisi (di quella di destra resta solo la base).
La Via Appia Traiana avrebbe poi collegato, in maniera più lineare, Benevento con Brindisi passando per Aequum Tuticum (presso Ariano Irpino) Aecae (Troia), Herdonias (Ordona), Canusium (Canosa) e Barium (Bari).
RICOSTRUZIONE, COME DOVEVA APPARIRE |
LA VIA CONSOLARE
L'Appia, definita da Stazio "Regina Viarum", Regina delle strade, voluta da Appio Claudio, era una via consolare che partiva da porta Capena per giungere a Brindisi in Puglia.
Ai lati di essa ci sono file di mausolei visibili ancora oggi: possono essere colombari contenenti le cenere dei defunti o splendidi mausolei come quello di Cecilia Metella, degli Scipioni, o la tomba di Servilio Quarto (restaurata dal Canova).
Un luogo storico, lungo la via, è Bovilla dove Clodio fu ucciso da Milone. Nel 268 a.c. venne prolungata fino a Benevento e nel 191 a.c. raggiunse Brindisi, il principale porto per la Grecia e per l’Oriente.
TRATTO URBANO
L’area del Parco dell’Appia Antica inizia invece da Porta S. Sebastiano.
I MONUMENTI
Da Porta San Sebastiano al VI miglio
- Porta San Sebastiano
- Sepolcro di Geta
- Sepolcro di Priscilla
- Colombario dei Liberti di Augusto
- Ipogeo di Vibia
- Catacombe di San Callisto
- Catacombe di Vigna Randanini
- Catacombe di San Sebastiano
- Circo di Massenzio
- Mausoleo di Romolo
- Mausoleo di Cecilia Metella
- Castrum Caetani
- Torre di Capo di bove
- Basolato romano
- Sepolcro di Hilarus Fuscus
- Tomba di Annia Regilla
- Tumuli degli Orazi e dei Curiazi
- Villa dei Quintili
- Casal rotondo
Dal V miglio a Frattocchie
- Sepolcro a torre
- Sepolcro in opera mista
- Sepolcro a tempietto
- Colombario Torre Selce
- Epigrafe di C. Atilius Euhodus
- Acquedotto dei Quintili
- Sepolcro del vaso di alabastro (VII miglio)
- Sepolcro a esedra
- Tomba a edicola Mausoleo
- Sepolcro a tumulo
- Tempio di Ercole (VIII miglio)
- Tomba a edicola Berretta del Prete
- Resti di copertura di sepolcro
- Tomba di Gallieno (IX miglio)
- Sepolcro a tumulo "Monte di Terra"
- Sepolcro a tumulo
- Mausoleo circolare "La Mole"
- Sepolcro con torretta a Frattocchie (XI miglio)
LANCIANI
"Ligorio Torin. IX parla dell' « epitaphio di un' Hirtius trovato nella via Appia nella vigna di Atio Arcioni, nella cava fatta alle spese di Monsignore Sebastiano Gualtiero episcopo di Viterbo ". Il medesimo poi riferisce così frequentemente iscrizioni trovate nella « vigna di Diaolello nella via appia « che è probabile vi siano stati eseguiti scavi e scoperti infiniti sepolcri.
La vigna Arcioni è ricordata in quest'altro passo del tomo XV, e. 75 : Furono guasti da venti monumenti pochi anni sono, i quali si trovavano sotto le rovine degli altri editìcii maggiori che gli erano stati gittati adesso: et quantunque la sorte havesse conservati interi, i quali erano stati pieni di ossa da moderni in qualche pestilenza o' pure qualche conflitto . . . havevano tali edificij anchora le pitture et gli stucchi et gli epitaphij su le porte nondimeno per spianare il luogo et per far la Vigna, et per cavarne i marmi ogni cosa fu scavato insino all'ultima pietra di fundamenti da M."
La vigna Arcioni è ricordata in quest'altro passo del tomo XV, e. 75 : Furono guasti da venti monumenti pochi anni sono, i quali si trovavano sotto le rovine degli altri editìcii maggiori che gli erano stati gittati adesso: et quantunque la sorte havesse conservati interi, i quali erano stati pieni di ossa da moderni in qualche pestilenza o' pure qualche conflitto . . . havevano tali edificij anchora le pitture et gli stucchi et gli epitaphij su le porte nondimeno per spianare il luogo et per far la Vigna, et per cavarne i marmi ogni cosa fu scavato insino all'ultima pietra di fundamenti da M."
PARCO DELL'APPIA ANTICA DI PROPRIETA' PRIVATA
CARTINA DEL PARCO DELL'APPIA ANTICA (INGRANDIBILE) |
- il sepolcro di Geta;
- i sepolcri del colombario dei liberti di Augusto (inglobati in un’osteria);
- i grandi mausolei dei Calventii e dei Cercennii;
- le catacombe ebraiche prima della chiesa di San Sebastiano;
- la tomba dei Volusii;
- la Torre di Capo di Bove;
- il sepolcro di Sant’Urbano,
- e il più grande mausoleo dell’Appia, quello di Casal Rotondo, sopra cui i proprietari hanno costruito una villa.
TOMBA DI ANNIA REGILLA
Nella valle della Caffarella poi, il raffinato sepolcro in cotto di Annia Regilla, della nobilissima famiglia degli Annii che intorno al 140 d.c. sposò il ricchissimo Erode Attico, precettore dei futuri imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero, portandogli in dote vasti terreni sulla via Appia e che morì nel 160 d.c.
Il sepolcro fu anche chamato il tempio del Dio Redicolo, che, secondo la leggenda, aveva nel fondovalle della Caffarella il “Campus Rediculi”, sacro al Dio che proteggeva il ritorno dei Romani nella loro città, edificio che ispirò Raffaello e che sta andando in rovina.
E' un edificio quadrato a tempio in laterizio policromo, a podio di tipo italico e di ordine corinzio, secondo una tipologia dell’età degli Antonini nel II sec. d.c..
L’identificazione si basa sull’esistenza nella zona dell’Appia di un santuario chiamato Triopio, dedicato da Erode alla memoria della moglie e su una serie di iscrizioni menzionanti Regilla, provenienti dal comprensorio della basilica di S.Sebastiano e dalla tomba di Cecilia Metella.
Un'iscrizione relativa alla tomba di Annia Regilla è conservata presso i Musei Capitolini.
GROTTA DELLA NINFA EGERIA
Qui sorgeva il Bosco Sacro dove il re sabino Numa Pompilio incontrava la ninfa Egeria sua amante e consigliera sulle Sacre Leggi di Roma.
La grotta artificiale, del II sec. d.c si apre nel fianco della collina sotto al Tempio di Cerere.
Ha pianta rettangolare racchiusa da una conchiglia e da tre nicchie minori su ognuno dei due lati, più due grandi nicchie in posizione più avanzata; al centro dell'area una piccola piscina rettangolare originariamente racchiusa da porticati da identificarsi forse nel Lacus Salutaris.
Da qui l'acqua defluiva in un più ampio bacino per poi giungere all'Almone. Il pavimento e le pareti del ninfeo erano coperti di marmi verdi Greci e da mosaici vitrei ed i portici erano adornati da statue.
Anticamente l'acqua che alimentava il ninfeo proveniva da una sorgente tramite un condotto sotterraneo in funzione fino alla fine del 1500; poi una frana della volta che ha provocato l'interruzione dell'acqua.
"Vi si vede ancora in oggi" scrive una fonte ottocentesca "nel fondo d'una specie di spelonca, ornata di verdegianti foglie, che spira amenità, e piacere, la statua giacente della Ninfa Egeria, molto dannegiata dal tempo, sotto cui evvi la sorgente dell'acqua. All'intorno della grotta sonovi inoltre le nicchie, dove erano situate le statue delle Muse; e per terra restano sparsi in quà, e in là alcuni pezzi di marmi antichi. Tanto le mura, che le nicchie mostrano d'essere antichissime, ed in qualche tempo ristaurate, vedendovisi tramezzato lavoro di piccoli sassi compiessi d'opera reticolare."
In completo abbandono poi i monumenti al di là del raccordo anulare, che negli anni '50 spaccò in due l’Appia Antica, dal cosiddetto tempio di Ercole al mausoleo di Gallieno.
Quanto ai casali trasformati in ville e appartamenti, con la compiacenza della Soprintendenza alle Belle Arti e del comune, scandalosa la Giostra a un passo da Cecilia Metella, dove il proprietario ha recintato con robusta cancellata quindici ettari, sottraendo così ai romani una delle zone più prestigiose tra l’Appia, la Pignatelli e il Circo di Massenzio; e il casale della Farnesiana abusivamente frazionato in miniappartamenti.
Ora, la legge regionale dell’88 che ha istituito il Parco dell’Appia Antica e l’azienda consorziale che deve realizzarlo e gestirlo, prevede l’individuazione delle zone da espropriare in via prioritaria; ma non si sa se si farà, perchè fu già stabilito trent’anni fa, e la campagna dell’Appia Antica da allora si è trasformata in un suburbio residenziale.
TOMBA DI GETA
Accanto al numero civico 41 di via Appia Antica, sul lato sinistro della strada andando fuori Roma, sorge un manufatto di epoca imperiale conosciuto come Sepolcro di Geta, figlio dell’imperatore Settimio Severo.
La costruzione in calcestruzzo era in origine formata da più piani decrescenti verso l’alto ed era rivestita con blocchi di marmo bianco. La maggior parte dei monumenti romani furono purtroppo depredati dalla roma papalina per costruire i sontuosi palazzi delle famiglie patrizie da cui uscivano, dopo grandi lotte, i Papi che avrebbero avuto il dominio dello stato papale.
Il mausoleo è oggi sormontato da una costruzione di piccole dimensioni risalente al 1500, ristrutturato a moderna abitazione con tanto di antenna parabolica.
Purtroppo il mausoleo non è visitabile, perché nonostante le previsioni di esproprio, è ancora di proprietà privata.
PARCO DELL'APPIA ANTICA DEL DEMANIO
L’antica legge romana delle Dodici Tavole del 450 a.c. proibiva le sepolture all’interno del sacro confine del Pomerio: gli edifici funerari si concentravano quindi lungo le principali vie extraurbane, in prossimità della mura, mescolati alle altre costruzioni.
L’Appia Antica presenta sepolcri accanto a ville signorili, perchè al tempo della Roma antica il culto dei morti era altissimo e la bellezza delle sepolture dava maggior prestigio alla villa e al luogo.
Ai Romani piaceva essere seppelliti lungo le grandi strade, per tramandare a quanta più gente possibile il loro nome.
L'usanza delle sepolture lungo la principale delle vie consolari fu lanciata da Appio Claudio, il censore che nel 312 a.c. aprì il primo tratto di strada che da lui prese nome. Il censore volle essere sepolto ai margini della "sua" strada e da qui la moda delle sepolture, in gran parte aristocratiche, che affollarono il primo tratto dell’Appia.
Su un’epigrafe tombale conservata nel museo di Brindisi, la città dove terminava l’Appia, si legge: "Viandante, se non ti reca disturbo, fermati e leggi. Io spesso ho attraversato il mare su navi a vela e mi sono recato in molti paesi lontani, ma questa è la mia ultima tappa in questo luogo io ho deposto tutti i miei interessi e i miei affanni, non temo più le stelle, le burrasche e il mare infido, né temo più di non poter giungere a guadagnare più di quanto spendevo. Viandante, vivi e sta’ sano, possa tu sempre non avere crucci economici, perché non hai disprezzato questa pietra e l’hai ritenuta degna di essere letta"
SEPOLCRI AD ARA
Il tipo più semplice di tomba riprende, in maggiori dimensioni, lo schema dell’altare per i sacrifici, quadrato con pulvini ai lati e un’iscrizione funeraria sul fronte. Spesso hanno rilievi funerari dei defunti a mezzobusto, sul genere delle imagines maiorum, i ritratti di cera degli antenati conservati negli atri delle case; nei rilievi di fine età repubblicana la fisionomia è più realistica,
mentre in età imperiale si nota una maggiore idealizzazione.
SEPOLCRO DORICO
Un manufatto ad ara in blocchi di peperino e con un fregio dorico ricostruito dal Canina.
SEPOLCRO DI SECONDO
Della famiglia di Tiberio Claudio Secondo, liberto imperiale, esattore di banca, copista e messo, accolse le spoglie della moglie, della figlia e del figlio morto all’età di 9 anni, 9 mesi e 18 giorni.
Vi sono conservate molte epigrafi in marmo. Alla base una lunga modanatura anch'essa in marmo e, alle due estremità in alto, due basamenti di statue.
Nella stessa tomba, nel II secolo d.c., furono sepolti un gruppo di liberti della casa imperiale.
SEPOLCRO DEI RABIRII
Un noto rilievo con i tratti dei defunti. L’originale, sostituito da un calco, si trova nel Museo di Palazzo Massimo alle Terme.
Il Canina decise di ricostruirlo secondo lo schema di una grande ara, utilizzando tutti frammenti ritrovati. Si tratta del monumento funerario di Caio Rabirio Ermodoro, liberto di Postumo, di Rabiria Demaride e di Ursia Prima, loro figlia e prima sacerdotessa di Iside, con sistro e coppa.
Il volto della sacerdotessa, chiaramente rilavorato, è stato aggiunto in un secondo momento, forse circa ottanta anni più tardi, e accanto a lei c'è un posto vuoto. La sacerdotessa non è in coppia, ma accanto a sé ha un posto vuoto con un umbone solare, il simbolo del maschile per gli antichi romani. La sacerdotessa il maschile l'aveva conquistato dentro di sé, il suo sole era dentro di lei.
SEPOLCRO DEI FESTONI
Manufatto ad ara in blocchi di peperino restaurato dal Canina sormontato da un fregio con putti che reggono festoni.
SEPOLCRO DI USIA PRIMA
Sacerdotessa di Iside, un manufatto ad ara ricostruito dal Canina con i frammenti ritrovati sulle rovine.
I MAUSOLEI
Monumenti funerari gentilizi derivanti in parte dalla tomba a tumulo etrusco-italica e in parte dalla tradizione architettonica dell’Asia Minore, con un tumulo su un alto basamento quadrato.
MAUSOLEO DI CECILIA METELLA
L’imponente tomba circolare fu costruita negli ultimi 25 anni del I sec a.c. per la nobile romana Cecila Metella, figlia di Quinto Metello Cretico, conquistatore di Creta, e moglie di Crasso, figlio del triumviro e generale di Cesare in Gallia, membro di una delle più illustri famiglie della città.
La costruzione viene descritta ancora integra nel XV secolo.
Successivamente, iniziarono le spoliazioni alle quali si deve l’asportazione di tutte le lastre di rivestimento del grande basamento; nel 1588 viene salvato dall’ordine di demolizione di Sisto V, per quelprincipio per cui tutto ciò che non è sacro, cioè propaganda religiosa deve essere abolito, solo grazie all’intervento del popolo romano in Campidoglio.
Voce correlata: MAUSOLEO CECILIA METELLA
CASAL ROTONDO
Grande mausoleo al VI miglio dell'Appia Antica, chiamato Casal Rotondo a causa di un piccolo casale, ora trasformato in villa, che vi fu costruito sulla sommità.
Il sepolcro, di età augustea, è formato da un corpo cilindrico, originariamente rivestito di travertino, su un basamento quadrato di 35 m per lato.
Un'iscrizione frammentaria con il nome di Cotta sembra riferirsi a un altro sepolcro, anch'esso circolare, con tetto conico a squame coronato da un pinnacolo, attribuibile a un membro della famiglia degli Aureli Cotta.
Questa iscrizione, insieme ad altri frammenti architettonici, furono murati nella parete laterizia a fianco del mausoleo tra il 1830-40 dallo stesso Canina: le nicchie in basso risultano prive di alcuni pezzi rubati dai soliti vandali.
MAUSOLEI CIRCOLARI CON PRONAO
Una variante dei mausolei a pianta circolare è caratterizzata da un pronao rettilineo anteriore, come il Pantheon. Alla tipologia dei mausolei tardo-imperiali in laterizio, caratterizzati da pianta circolare o articolata e coperti a cupola, appartengono il mausoleo di S. Urbano al IV miglio della via Appia, il mausoleo di Gallieno al IX miglio ed i mausolei dei Calventi e dei Cercennii sull’Appia Pignatelli.
MAUSOLEO DI ROMOLO
Il complesso monumentale tra il II e il III miglio della via Appia, che comprende anche il Palazzo Imperiale e il Circo, voluti da Massenzio, include il mausoleo del figlio Romolo, un grandioso edificio a due piani a forma di tempio, coperto da una cupola e preceduto da un colonnato.
Al piano inferiore, ancora visitabile, era collocata la cripta per i sarcofagi, un ambiente circolare con pilastro centrale; al piano superiore, non più conservato, l’ambiente per il culto del defunto.
Del monumento oggi si conserva, al centro di un quadriportico, un basamento a pianta circolare, del diametro di 33 m, privato dei blocchi di rivestimento originario, a cui si addossa il settecentesco Casale Torlonia.
COLOMBARI
Era una tomba collettiva a incinerazione che utilizzava un piccolo lotto di terreno, con un unico edificio, sotterraneo o sopraelevato, in cui collocare numerose olle cinerarie. Alla base di ciascun loculo veniva dipinto, o graffito sulla parete intonacata, il nome del defunto oppure veniva affissa una targa marmorea.
COLOMBARIO DEI LIBERTI DI AUGUSTO
Al II miglio della via Appia Antica, nella ex vigna Vignolini, poi vigna Ciampelletti, all'interno di un casale moderno, si trova il colombario che l'imperatore Augusto fece costruire per i liberti della famiglia.
L'edificio in laterizio con tre ambienti affiancati e comunicanti, coperti a volta e con nicchie lungo le pareti, contiene circa 3000 loculi, purtroppo attualmente inglobato in un casale occupato da un ristorante. Le uniche testimonianze dell'aspetto originale sono le incisioni di Piranesi del 1751 e di Canina nel 1851.
A breve distanza sorgeva il colombario dei liberti di Livia, edificato in età augustea ma distrutto nei primi anni del Settecento, subito dopo la sua scoperta. La costruzione a noi nota solo attraverso le incisioni di P.L. Ghezzi, conteneva circa 500 loculi, disposti in una camera quadrangolare comunicante con un ambiente più piccolo.
La decorazione interna era notevole, con modanature in stucco e terracotta alle pareti, e mosaici a disegni geometrici bianchi e neri sul pavimento dei due vani. I sarcofagi contenuti nel colombario sono oggi dispersi in diversi musei anche stranieri.
Ne restano invece nei Musei capitolini le 87 iscrizioni lapidarie, ripartite in dodici sezioni di muro, su cui è scritto: "Titulis Veteris Columbarii Servor. Libert. Liviae Augustae" con sotto un bassorilievo rappresentante un vecchio con la lira e una lunga asta in mano.
SEPOLCRI A TORRE
Una delle tipologie di monumenti funerari più frequenti sulla via Appia, costituiti da corpi sovrapposti di forma parallelepipeda di grandezza decrescente, a formare una specie di piramide.
Secondo alcune fonti, fra cui Plutarco, sembra sia stato Pompeo Magno a introdurre questa nuova forma di architettura nelle sepolture romane, su modello delle tombe siriane.
In foto a fianco, la cosiddetta Torre Appia, una torre medievale ricavata da un antico sepolcro a torre, situata al VII miglio dell'Appia antica.
In origine il sepolcro, in calcestruzzo, scaglie di peperino e di pietra calcarea, era rivestito da cornicioni in marmo con modanature o ornamenti vari.
MAUSOLEO DI POMPEO
Risale al I sec. a.c., considerato il prototipo di tutti i monumenti “a torre” di epoca romana in quanto a Pompeo si riconosce il merito di aver introdotto nell’Urbe una delle tipologie edilizie a destinazione funeraria sino allora sconosciuta.
Il generale e politico romano, una volta tornato dalle campagne in Oriente, nel 60 a.c. intraprese un programma di rinnovamento dell’assetto urbanistico di Roma introducendovi costruzioni mai viste sino allora.
La scelta di un monumento del tipo ‘a torre’ rimanderebbe ai mausolei della Siria Occidentale da cui riprende le proporzioni e assume le funzioni.
Nonostante il rivestimento esterno in marmo sia stato oggetto di numerose asportazioni, il rudere permette di farsi un’esatta idea della sua forma: una torre su quattro livelli con un nucleo interno di scaglie di peperino, con chiavi di marmo a sostegno dei blocchi di taglio del rivestimento esterno.
Il sepolcro di Pompeo dispone di una camera sepolcrale quadrilunga, larga di m 2,40 x 3,30.
SEPOLCRO DI FRONTESPIZIO
Con quattro busti della seconda metà del I sec. a.c. e in cui le due figure centrali del fregio che si tengono per mano.
SEPOLCRI A EDICOLA
Un altro tipo di sepolcro che si sviluppa in altezza è quello a edicola, in cui, al di sopra della camera sepolcrale contenente il sarcofago o le urne funerarie, si eleva un prospetto con una nicchia per la statua del defunto; due esempi di questa tipologia si trovano al VII e all’VIII miglio della via Appia.
TOMBE A CAMERA
Era costituita da un ambiente a pianta quadrangolare in laterizio, coperto a volta, in cui sulle pareti erano ricavati “arcosoli” per i sarcofagi, degli incavi rettangolari coperti da un archetto, o nicchie per le olle cinerarie.
SEPOLCRO DEGLI SCIPIONI
Situato poco prima della Porta San Sebastiano, appartenne alla valorosa famiglia che diede i natali a Scipione l'Africano e fu ricavato in un banco naturale di cappellaccio.
Il sepolcro, costruito nei primi decenni del III sec. a.c. dal capostipite Lucio Cornelio Scipione Barbato, console nel 298 a.c., con un sarcofago in peperino in posizione dominante di fronte all’ingresso.
Trattasi tuttavia di una copia, perchè l'origonale è conservato nei Musei Capitolini. Il sepolcro ha pianta quadrata, con quattro gallerie sui lati e due perpendicolari al centro; lungo le pareti interne trovavano posto ben 32 sarcofagi.
La facciata monumentale, sistemata da Scipione l’Emiliano nel II sec. a.c., era costituita da un alto podio su cui si aprivano tre ingressi simmetrici con tre nicchie che dovevano ospitare statue raffiguranti il poeta Ennio, Scipione l’Africano e Scipione l’Asiatico.
Su alcuni sarcofagi ivi contenuti sono stati rinvenuti i cosiddetti Scipionum elogia:
"Cornelio Lucio Scipione Barbato, generato da Gneo suo padre, uomo forte e saggio, la cui bellezza era in armonia con la sua virtù, che fu console, censore e edile fra voi, prese Taurasia, Cisauna, il Sannio e soggiogò tutta la Lucania e liberò ostaggi."
"A Roma moltissimi riconoscono che lui solo è stato tra i buoni cittadini il migliore, Lucio Scipione. Figlio di Barbato, fu console, censore ed edile presso di voi. Prese la Corsica e la città di Aleria, consacrò alle Tempeste un tempio, a buon diritto."
IL II SEPOLCRO DI POMPEO MAGNO
Da Plutarco sappiamo che Pompeo fece seppellire nell'Albanum, dove possedeva una grandiosa villa, la quarta moglie Giulia e che qui Cornelia, sua quinta moglie, fece trasportare e seppellire nella tomba di famiglia, anche le ceneri di Pompeo, morto in Egitto.
Secondo alcuni questo torrione posto sul ciglio sinistro della Via Appia sarebbe il suo sepolcero, trorrione che venne usato successivamente come torre medievale di avvistamento.
Per alcuni le spoglie di Pompeo giacerebbero nel sepolcro ipogeo posto a destra dell'Appia tra Corso Matteotti e via A. Costa.
Essendo più prossimo alla villa di Pompeo, ques'ultima ubicazione sembra la più plausibile. Il sepolcro è scavato in parte nella roccia, con un lungo dromos di m. 17,15, pareti in opera reticolata e volta a botte.
Il lungo dromos immette in una cella monumentale alta 5 m. e realizzata completamente in un'opera quadrata. La cella è a croce latina, formata da tre ambienti rettangolari con volta a botte, col dromos come braccio lungo. Nella cella, a circa 2 m. dal suolo, corre un'elegante cornice aggettante in peperino costituita da un listello in rilievo e da un incavo continuo.
Il grandioso monumento funerario, scarno m molto accurato ed elegante, si delinea come sepoltura di un personaggio di alto rango della Roma repubblicana, per cui non sarebbe disdicevole per Pompeo detto Magnus, il Grande.
TOMBE A TEMPIETTO
Nella metà del II sec. d.c., all'epoca degli imperatori Antonini, si diffuse una variante del sepolcro a camera in laterizio, generalmente dedicato ai membri di una stessa famiglia.
Spesso a forma di tempio a più piani, in cui al piano inferiore, a volte sotterraneo, era collocata la camera sepolcrale con i sarcofagi o le urne cinerarie, mentre al piano superiore si svolgevano le cerimonie funebri in onore dei defunti.
Meno costosi dei sepolcri individuali o familiari d’età repubblicana e della prima età imperiale, che venivano realizzati con murature “a sacco” rivestite di materiali pregiati, questi monumenti in laterizio, spesso a mattoni rossi e gialli, mostravano comunque il prestigio e l’importanza della famiglia in causa.
SEPOLCRO DI ILARIO FUSCO
Con fronte in laterizio su cui sono stati inseriti dal Canina frammenti di marmo lavorato e un altorilievo con i busti dei defunti (oltre ad una iscrizione con il nome del defunto oggi scomparsa).
SEPOLCRO IN LATERIZIO 1
Costruzione su alto podio con gradinata frontale e lesene angolari, camera funeraria con nicchie per i sarcofagi e ambiente superiore per le cerimonie anniversarie.
SEPOLCRO DI PISONE LICINIANO
L'imperatore Galba aveva adottato Cajo Pisone Liciniano come successore, un giovane di trentadue anni, di severi costumi e discendente da Pompeo e da Crasso, sperando di calmare gli animi e di scoraggiare i contendenti che miravano a sfilargli il regno.
Ma la successione designata contrariò fortemente Otone, che in precedenza aveva sostenuto Galba e che aveva sperato nell’adozione, al punto che cominciò a organizzare una congiura fra le guardie pretoriane.
Queste il 15 gennaio assassinarono tanto Galba quanto Pisone nel foro e ne portarono le teste a Otone che si trovava nel campo dei pretoriani. Lo sfortunato Pisone Liciniano venne poi cremato e sepolto sull'Appia antica. Questa è l'immagine della tomba a tempio ritratta dal Piranesi.
TOMBE A TUMULO
Tomba circolare con un cono di terra sopra un basso basamento, forse derivato dal tumulo funerario etrusco-italico, in cui la tomba a camera era coperta da una collinetta di forma conica; sulla via Appia tale tipologia è ad esempio rappresentata dai tumuli degli Orazi e Curiazi al V miglio.
I tumuli sono due e raccolgono, secondo la tradizione, le spoglie dei Romani e degli Albani che combatterono per il predominio di una città sull'altra.
La battaglia, avvenuta in età monarchica sotto re Tullo Ostilio, fu vinta dai Romani Orazi, ma i perdenti Albani non vennero fatti schiavi bensì trapiantati sul colle Celio, I Romani avevano infatti estremo bisogno di allargare l'Urbe e soprattutto l'esercito, visto che i suoi confini erano perennemente minacciati dai popoli limitrofi.
I COLONNA MILIARE DELL'APPIA
1584. « S. P. Q. R. columnam milliariam primi ab urbe lapidis indicem ab vulcanalia impp. Vespasiano et Nerva restitutam de ruinis suburbanis viae appia e iu capitolium transtulit anno mdlxxxiv » . .
Questa memoria, che si legge incisa nel piedistallo moderno della colonna, sulla balaustrata di Campidoglio, afferma chiaramente essere stata la colonna ritrovata nei tempi addietro fuori della porta s. Sebastiano.
Cosi pure il Fabretfci la dice
« reperta ... in vinca nobilium de Naris, quae prima est ad dexterara exeuntibus a recenti porta Sancti Sebastiani ».
Da ultimo il Kevillas afferma che « il signor abate Valesio . . . crede d'avere molti anni sono osservata, nel muro che cinge la suddetta vigna, scolpita in marmo . . . una memoria la quale indicava esser quello il luogo del ritrovamento della colonna ".
Il valore di queste testimonianze è messo in dubbio dal Dessau, primieramente perchè sembra strano che la doviziosa famiglia Naro, avendo scoperto contemporaneamente alla colonna la celeberrima iscrizione del Clivus Martis CIL. VI, 1270, abbia venduto o donato al Comune di Roma uno solo e il meno interessante dei due monumenti, ritenendo per sé proprio quello nel quale era fatto espresso ricordo del « senatus populusque romanus » .
In secondo luogo perchè Flaminio Vacca, Afem. G7, dice che la colonna era stata trovata ai suoi tempi « alle radici del Tarpeo verso il teatro di Marcello ... e stava in opera in quel loco dove fu ritrovata ».
In terzo luogo perchè anche Pirro Ligorio dice d'averla vista " in una casa privata ch'è circa alla parte di dietro di sant Agnolo in Pescaria ».
Il Dessau, vagliati questi argomenti, conchiude essere « probabile che l'ignoto autore dell'iscrizione capitolina del 1584 abbia indovinato il vero, e che essa abbia veramente una volta marcato il primo miglio della via Appia •'.
Per conto mio osservo che il primo miglio di quella strada, da me misurato metro a metro circa dieci anni or sono, cade nell' intervallo tra il cosidetto arco di Druso e la porta di san Sebastiano, dentro il suolo delia città di Aureliano: e che per conseguenza la colonna non può essere stata trovata nella vigna Naro, che ne è fuori.
La tabella commemorativa della pretesa scoperta, fatta affiggere di recente al muro della vigna, dovrebbe essere tolta via per non prolungare più oltre l'equivoco.
RINVENIMENTI DEL '500
LANCIANI (dove vengono descritti i reperti recuperati e aggiustati tratti dall'Appia Antica da mausolei, sepolcri e ville)
1551 (9 maggio)
- Licenza di scavo « in pertinentiis ecclesiae s. Sebastiani extra muros » (S. Sebastiano fuori le mura) accordata ad Andrea di Giovanni da Siena. (A. S. Vat. Divers. tomo 168, e. 160). 1562, 20 aprile. « Licentia effodiendi in territorio oppidi Fri ve mi Terracinensis dioecesis Mariano Maialocio layco Tarracinensi » con la riserva del terzo alla Camera. (Ivi, tomo 209, e. 114).
Ligorio Torin. IX parla dell' « epitaphio di un' Hirtius trovato nella via Appia nella vigna di Atio Arcioni, nella cava fatta alle spese di Monsignore Sebastiano Gualtiero episcopo di Viterbo ".
Il medesimo poi riferisce così frequentemente iscrizioni trovate nella « vigna di Diaolello nella via Appia « che è probabile vi siano stati eseguiti scavi e scoperti infiniti sepolcri. La vigna Arcioni è ricordata in quest'altro passo del tomo XV, e. 75 :
" Furono guasti da venti monumenti pochi anni sono, i quali si trovavano sotto le rovine degli altri edifìcii maggiori che gli erano stati gittati adesso: et quantunque la sorte havesse conservati interi, i quali erano stati pieni di ossa da moderni in qualche pestilenza o' pure qualche conflitto . . . havevano tali edificij anchora le pitture et gli stucchi et gli epitaphij su le porte nondimeno per spianare il luogo et per far la Vigna, et per cavarne i marmi ogni cosa fu scavato insino ali ultima pietra di fuudamenti da M. A ciò Arcioni le memorie che vi erano trasportate in casa di Delphini et d'altri ".
- Licenza di scavo « in pertinentiis ecclesiae s. Sebastiani extra muros » (S. Sebastiano fuori le mura) accordata ad Andrea di Giovanni da Siena. (A. S. Vat. Divers. tomo 168, e. 160). 1562, 20 aprile. « Licentia effodiendi in territorio oppidi Fri ve mi Terracinensis dioecesis Mariano Maialocio layco Tarracinensi » con la riserva del terzo alla Camera. (Ivi, tomo 209, e. 114).
Ligorio Torin. IX parla dell' « epitaphio di un' Hirtius trovato nella via Appia nella vigna di Atio Arcioni, nella cava fatta alle spese di Monsignore Sebastiano Gualtiero episcopo di Viterbo ".
Il medesimo poi riferisce così frequentemente iscrizioni trovate nella « vigna di Diaolello nella via Appia « che è probabile vi siano stati eseguiti scavi e scoperti infiniti sepolcri. La vigna Arcioni è ricordata in quest'altro passo del tomo XV, e. 75 :
" Furono guasti da venti monumenti pochi anni sono, i quali si trovavano sotto le rovine degli altri edifìcii maggiori che gli erano stati gittati adesso: et quantunque la sorte havesse conservati interi, i quali erano stati pieni di ossa da moderni in qualche pestilenza o' pure qualche conflitto . . . havevano tali edificij anchora le pitture et gli stucchi et gli epitaphij su le porte nondimeno per spianare il luogo et per far la Vigna, et per cavarne i marmi ogni cosa fu scavato insino ali ultima pietra di fuudamenti da M. A ciò Arcioni le memorie che vi erano trasportate in casa di Delphini et d'altri ".
1588, 30 gennaio
- « Licentia elfodiendi prò DI). Hieronimo leni et Baptista Mutino: nobilibus viris Diìis Hieronimo leni et Baptiste Mutino Nobilibus Romaiiis De mand" Tenore piìtiuni Vobis ut in predijs et possionibus vestris Casalis Cupo.
Il medesimo Vacca ricorda nella mem. 82:
« Presso s. Sebastiano, in una vigna di rincontro furono trovate molte statue in un luogo ornatissimo di pavimenti mischiati, con belli scompartimenti, e molte medaglie bruciate, come anche molti musaici scrostati dai muro. Si notava non grande editizio ma delizioso, e ricco d'ornati ».
A questi scavi si riferisce forse il seguente appunto che ho trovato nelle schede di Giovanni Alberti : «le do Cornice presente sono di tutta grandezza trovate nel cortile di Capo «li bove ... 1580 .... la presente segnata B nel luogo medesimo del l ».
Gli architetti del secolo XVI hanno visitata questa contrada, e studiati e disegnati gli avanzi della villa - rifatta da Massenzio - con grande amore.
Il Peruzzi iuniore. Uffizi 665, dà la pianta del Ninfeo - totu e opus lateritiu prete columne. le pariete erano tutte ornate di pietre bellissime cobelli lavori. Vedi anche le schede 687 e 691, con i più minuti e inediti particolari del circo e dell' on'"i di Romulo. Notevoli pure sono i disegni del Sangallo vecchio.
1552 (2 febbraio).
- « A frate Giovangiac. dal Piombo se. 25 boi. 20 per pagarli a Fabritio de Giacotti {sic) per alcuni suoi epitaffi ch'ha venduti a N. S. condotti alla vigna ».
Si tratta del celebre notaio Fabrizio Galletti, il principe dei tabellioni del cinquecento, i protocolli del quale lo mostrano in relazione d'affari con tutta la prelatura e con tutto il patriziato romano. Il Galletti possedeva due vigne, cioè due luoghi di scavo: la prima al quinto miglio della via Campana, nel sito dell' Augustéo degli Arvali (vigna Ceccarelli): la seconda fuori di porta san Giovanni.
Gli epitaffi venduti a Giulio II nel febbraio 1552 non possono credersi provenienti dal sacro recinto degli Arvali alla Magliana, perchè gli scavi del Galletti « via Campana in loco cui nomen Affoga l'asino, ubi lucus Fratrum fuit » i quali fruttarono la scoperta dei piedistalli CIL. VI, 968, 1000, 1012, 1026, 1053 e 1093 e delle statue Vacca, Mem. 98, ebbero luogo soltanto nel 1570.
È dunque probabile che si tratti di titoli sepolcrali della Latina o della Castrimeniese, scavati nella vigna fuori la porta s. Giovanni.
- (8 giugno). « Scudi 8 a Giovannni Sormano per valuta di un putto di marmo che tiene un e agnolo - A m. Gir. Lapidario scudi 2 per due pale (tavole) di mischio per due piramidi.
- (16 giugno). « Scudi 5 d"oro a ra. Francesco Rigattiere alla Pace per prezzo di un Ant.° ca rag alla moderno la testa solo.
- (22 gennaio). « Scudi 4. doro a m. Gio. batt. scultór per conto della testa di marmo sul giovanetto nudo che sta alla fontana.
- (12 novembre). « a m. Iacopo scultore scudi 10. per breve racconcio un Cupido di marmo. (10 dicembre).; a m. Franc. regattiere alla Pace scudi 13 per prezzo di 4. teste 3. di marmo et una di metallo messe in opera alla villa.
- (23 dicembre). a Ferrante traiettatore per resto di scudi 33. per 3. teste di metallo traiettate (e quasi certamente messe in opera su busti petti di scavo).
1554
- (7 gennaio), «a m. Valente scultore scudi 8 di oro per pagare una testa di Caragalla a un Nap. per mitterla in opera sopra una figura alla grotta di sotto.
- (9 luglio), «a m. Gio. Batt. Capriccio per resto del prezzo ili un Fauno ch'egli dette per la vigna de N. S. scudi 10.
- (Ottobre). « a m. Leonardo scultore a buon conto de hauer rassettati et raccóci int. Marte et Venere attaccati dove lui ci ha messo Marte ch'era suo scudi venticinque.
- A Thom.° da Cassignola scudi quattro a buon conto di un petto di una figura da lui fatto.
- (Novembre). « scudi 4 al Mantovano orefice, per prezzo di una testa di marmo.
- a m. Batt. scultore scudi 4 a buon conto di una testa di donna.
- a Nic. scultore a buó conto di una testa di marmo scudi 4.
- (ugual somma) a m.° Thom.° scultore a buó conto di u.* anetra di marmo messa alla Pescliiera
- scudi 21. a m. Lionardo scultore a buonconto di una Venere di marmo con un cupido a piedi.
- (Dicembre). « a Batt. scultore scudi 5. doro di una testa di marmo.
- scudi 6. di oro a m. Franc. regattiere alla Pace per prezzo di una testa di marmo.
- scudi 2. a m.° Lionardo scultore a buon conto dell' Hercole venuto da Civita Lavinia ».
Nel codice berlinese del Pighio si trovano questi ricordi:
- rilievo esprimente un leone che divora un toro sotto un albero di pino, con la scritta « vis solis in terram vergens »:
- piedistallo triangolare di ara o candelabro, con lira apollinea tra due grifi, ramo d'alloro, e faretra.
RINVENIMENTI '800
Lavorandosi il terreno vignato, sotto il quale si estendono le gallerie del cimitero di Callisto, è stato rinvenuto un pezzo di lastra marmorea, che porta scritto :
li ■ SEVERI ■
in A C I S * E T •
ANTONINI
AVGG-
ÌT- IVLIAE- AVC
V^///ET-CASTROF
^ S'ISSA XI VS ■ I
BIBLIO
- Attilio Stazio - Via Appia: da Roma a Brindisi attraverso Capua e Benevento - Napoli - Edizioni del sole - 1987 -
- Luciano Piepoli - Il percorso della via Appia antica nell’Apulia et Calabria: stato dell’arte e nuove acquisizioni sul tratto Gravina-Taranto - Vetera Christianorum - 2014 -
- Giuseppe Lugli - La via Appia attraverso l'Apulia e un singolare gruppo di strade "orientate" -
- Ciccone - ‘Indicazioni sul ‘Formianum’ di Cicerone presso l’Appia’- Il Lazio nell’antichità romana - ed. R. Lefevre - Roma 1982 -
- Samuel Ball Platner e Thomas Ashby - A Topographical Dictionary of Ancient Rome -
1 comment:
Sarei grato se citate anche il mio libro sull'Appia in versione Deluxe
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