TOMBA DEL FORNAIO


Monumento funebre di Marco Virgilio Eurisace e di sua moglie Atistia, detta dai romani "tomba del fornaio.

Verso la fine del I sec. a.c., quando la zona era ancora fuori dall´abitato, visto che era proibito porre sepolcri entro le mura, Eurisace, ricco panettiere e fornitore ufficiale dello stato, decise di costruire qui il suo particolarissimo monumento funebre, copia in travertino di un grande forno con le sue bocche di dolii in argilla refrattaria e i suoi sacchi.

IL MONUMENTO OGGI
Il sepolcro sta appena fuori Porta maggiore, e risale al 30 a.c., e riproduce un edificio a pianta trapezoidale, con:
- le bocche del forno e i recipienti in cui veniva impastata la farina,
- con i bassorilievi della panificazione,
- dalla pesatura del grano alla molitura,
- alla setacciatura della farina,
- alla preparazione dell'impasto,
-  alla pezzatura
- e infine all'infornata del pane per la cottura,
fasi non molto cambiate nei secoli, rappresentate lungo tutto il fregio decorativo che scorre alla sommità del monumento.

Su tre lati del sepolcro è posta la stessa epigrafe "Est hoc monimentum Marcei Vergilei Eurysacis pistoris, redemptoris, apparet", cioè:

"Questo sepolcro appartiene a Marco Virgilio Eurisace, fornaio, appaltatore, apparitore", da cui si comprende che il fornaio lavorava per lo Stato, al quale forniva i suoi prodotti, e che era pure un ufficiale subalterno (apparitore) di qualche personaggio di alto rango (un magistrato o un sacerdote).

Nel bassorilievo operai in tunica, probabilmente schiavi, macinano il grano, impastano, cuociono e pesano pagnotte di medie dimensioni, sotto il vigile controllo di uomini togati che sembrano presiedere alle varie fasi della lavorazione.

BASSORILIEVO DELLA TOBA

Nell’epitaffio Marco Virgilio Eurisace è definito "pistor et redemptor", ovvero fornaio ed appaltatore di mercati pubblici, ma se forniva lo stato sicuramente provvedeva alle focacce per l'esercito.

IL MONUMENTO OGGI
Oltre a tutto, l'urna che conteneva le ceneri della moglie, ora conservata al Museo delle Terme, ha la forma dei cesti con i quali si pesava il pane.

Sul lato orientale del piccolo edificio funebre, ora perduto, trovava probabilmente posto il rilievo con i due coniugi, che attualmente è visibile ai Musei Capitolini.

Si suppone trattarsi du liberto, molti schiavi risparmiando denaro sui loro magri salari, si comprarono la libertà, oppure la ottenevano per benevolenza dei padroni, Ottaviano e sua moglie Livia ne liberarono ben 3500, come risulta dai colombari per loro costruiti dalla coppia imperiale. I liberti crearono molte attività commerciali e artigianali, fino a diventare la spina dorsale dell’economia romana.

RICOSTRUZIONE DEL MONUMENTO

Operai in tunica macinano il grano, impastano, cuociono e pesano pagnotte di medie dimensioni, sotto il vigile controllo di uomini togati che sembrano presiedere alle varie fasi della lavorazione. Pistor et redemptor, ovvero fornaio ed appaltatore di mercati pubblici (forse per impegnative forniture agli eserciti) è definito Marco Virgilio Eurisace nell’epitaffio scolpito sulla sua tomba, e ciò convaliderebbe la tesi che individua nel lavoro dei pistores romani, durante l’Impero, modelli di aggregazioni corporative.

IL MONUMENTO OGGI
Il sepolcro, alto più di 7 m, deve la sua forma trapezoidale all'adattamento allo spazio a disposizione e alle preesistenze funerarie.

La facciata principale, rivolta ad est, è completamente perduta ma in essa doveva inserirsi il grande rilievo con i due coniugi, il cui il rilievo, reimpiegato nella torre di Onorio, è oggi conservato nei Musei Capitolini.

Nel podio della costruzione c'è una cavità per la deposizione delle ceneri. La struttura era completamente rivestita in travertino e presentava una decorazione su diversi registri.

Dal basso verso l'alto:
- una zona con elementi cilindrici disposti verticalmente tra listelli,
- una fascia orizzontale dove è incisa l'iscrizione,
- una zona liscia con lesene ed elementi cilindrici, cavi e con la faccia rivolta verso l'esterno, forse copia dei recipienti nei quali si impastava la farina;
- un fregio figurato;
- una cornice a mensole.
- La sommità doveva essere coronata da un elemento piramidale.

RICOSTRUZIONE DEL MONUMENTO (PARTICOLARE)

Il sepolcro di epoca repubblicana, quasi poggiato alle mura aureliane, fu più tardi, sotto Onorio, inglobato in un bastione più avanzato, con una nuova porta e tre torri, una rotonda al centro e due quadrangolari ai lati, in una delle quali, nella centrale, rimase incluso il sepolcro di Eurisace.

Fu scoperto nel corso della demolizione, disposta nel 1838 da papa Gregorio XVI, delle torri difensive costruite da Onorio su Porta Maggiore a Roma, al fine di ripristinare l’antico assetto risalente all'epoca aureliana.


LA TOMBA DI UN FORNAIO  di Andrea Carandini

Subito oltre il limite della regione V augustea, dove in seguito sorgerà la porta Praenestina e Labicana delle mura Aureliane, è la tomba del fornaio Eurisace e di sua moglie Antistia (30-20 a.C.). A illustrare i due sono un rilievo con i defunti stanti, due iscrizioni e tre fregi. 

Questi ultimi mostrano la consegna del grano, la macinazione e la setacciatura della farina, l’impasto e la cottura e la pesatura dei pani. Fin qui nulla d’insolito, basti ricordare il finale della cena di Trimalcione (Petronio Arbitro, Satyricon, 27-31). 

Ma in questo monumento vi è qualcosa di più ed è la trasformazione in decorazione architettonica dello strumento ritenuto principale per fare il pane: l’impastatrice. Al livello iii del sepolcro si notano 9 + 15 + 6 = 30 impastatrici. 

Il pane deve aver reso bene a Eurisace, che è vissuto e morto per e nel suo mestiere, che lo ha soddisfatto al punto da tradurlo in scrittura, in figurazioni, in rappresentazioni delle impastatrici e in monumento alla panificazione.

(Andrea Carandini)




BIBLIO

- Paola Ciancio Rossetto - Il sepolcro del fornaio Marco Virgilio Eurisace a Porta Maggiore - Roma - Ist. Nazionale di Studi Romani - 1973 -
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Verona - Arnoldo Mondadori Editore  - 1984 -
- J. Bodel - Death on display: looking at Roman funerals - in The art of ancient spectacle - eds. B. Bergmann, C. Kondoleon - Washington - 1999 -
- Rodolfo Lanciani - Roma pagana e cristiana - 1893 -



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