CULTO DELLA MATER MATUTA



Lucrezio - De rerum natura
"Così a un'ora fissa Matuta soffonde con la rosea luce
dell'aurora le rive dell'etere e spande la luce...
è fama che dalle alte vette dell'Ida si assista
a questi fuochi sparsi quando sorge la luce,
poi al loro riunirsi come in un unico globo
formando il disco del sole e della luna
"



IL MITO GRECO

Nel Museo Nazionale Romano si conserva una pittura del I sec. della "Casa della Farnesina" dove Leucotea allatta Dioniso. Secondo la leggenda la Mater Matuta era Ino-Leucotea, approdata a Roma dopo il suicidio e la sua trasformazione in Dea marina.

Ino, figlia di Cadmo, era la seconda moglie di Atamante, col quale aveva avuto due figli, Learco e Melicerte. Poiché aveva persuaso Atamante ad accogliere il piccolo Dioniso, e ad allevarlo insieme ai loro figli, Era si era incollerita perché avevano accolto un figlio degli amori adulterini di Zeus, e pertanto li fece impazzire entrambi.

Atamante uccise Learco con uno spiedo, scambiandolo per un cervo, e Ino gettò in un paiolo d'acqua bollente Melicerte e poi si gettò in mare con il cadavere del bambino.

Le divinità marine ebbero pietà di lei e la trasformarono in una Nereide col nome di Leucotea, la Dea Bianca, mentre il figlio diventava il piccolo Dio Palemone.

Infatti il corpo del bambino era stato trasportato da un delfino fin sull'Istmo di Corinto e qui venne raccolto da Sisifo, fratello di suo padre Atamante, il quale lo seppellì, gli innalzò un altare vicino ad un pino e gli tributò onori divini, facendone il nume tutelare dei giochi Istmici, protettore dei naviganti.

Di Ino-Leucotea, che diverrà poi Mater Matuta, Ovidio racconta che al suo arrivo a Roma aveva incontrato le Baccanti che celebravano i riti dionisiaci, le quali, istigate da Era, che ancora non aveva perdonato ad Ino di aver fatto da nutrice a Dioniso fanciullo, si erano scagliate su di lei e stavano per straziarla.

Alle sue grida era accorso Ercole, che si trovava nelle vicinanze, e l'aveva liberata; l'aveva poi affidata a Carmenta, madre di Evandro, la quale le promise che a Roma le sarebbe stato tributato un culto insieme al figlio, che sarebbe stato onorato col nome di Portunno.
Leucotea è la Grande Madre, la Dea Bianca a cui Robert Graves dedicò il suo libro.



IL MITO ITALICO

La Mater Matuta è una Dea italica preromana e non proveniente dalla Grecia, anche se poi vi fu un assimilazione con la Leucotea ellenica. La Dea risale al matriarcato e se ne hanno tracce visibili fin dal 1500 a.c. Ma della Grande Madre si hanno tracce in ogni parte del mondo, fino a 30.000 anni fa. La figura accanto, la Grande Madre di Willendorf, risale a 22000 anni a.c.

Il Museo Campano, singolare e preziosa collezione di reperti sacri, accoglie le spoglie di un tempio arcaico scoperto nel 1873, in cui si rinvennero molte statue di tufo o di pietra con donna seduta con uno o più pargoletti tra le braccia.

Di solito le Dee invece del pargolo portavano i loro attributi, ma solo una Dea portava un melograno in una mano e una colomba nell'altra, così dissero che era la "Mater Matuta", antica divinità italica dell'aurora e della nascita e le "madri" erano ex voto, per grazia ricevuta, cioè per aver messo alla luce un bimbo.

La Dea del santuario è una donna seduta su trono del sec. V-IV a. c., con una colomba su una mano e sull'altra un melograno, quindi non solo Dea del parto. Il melograno era per l'epoca l'ultimo frutto della stagione, che alla sua maturazione si spaccava e lasciava scorgere i suoi semi, che per giunta erano commestibili.

Non a caso Persefone, o Kore, mangia nell'Ade i 7 frutti di melograno acquisendo la proprietà di partecipare ad ambedue i mondi, sulla terra e negli inferi.

Però la scultura più antica del Museo Campano è la donna seduta con bimbo che è antecedente alla Dea, insomma una Dea più arcaica, ma la più curiosa è una sfinge accovacciata sulle zampe posteriori con ali piegate e cinque coppie di mammelle, anche questa un'antica immagine della Grande Madre.

Ora la sfinge è un'immagine della Grande Madre molto arcaica, è il mistero della natura, il che fa capire che tutte le immagini fossero della Mater Matuta.

La Mater Matuta è la manifestazione della Dea Natura, anticamente c'era la Mamma Mammosa, detta anche Mammona, e la Mater Matuta, di cui la prima era la parte invisibile della Dea, e di cui la seconda, la terra, era la parte visibile.

Nella destituzione patriarcale della Grande Madre, Mammona decadde e nel Nuovo Testamento diventò il diavolo. Successivamente, quando il cristianesimo proibì i culti pagani, gli autori parlarono di Natura Naturans e Natura Naturata, era la stessa cosa detta in modo più ermetico.

Poichè il ciclo naturale delle messi implica la morte del seme, perché esso possa risorgere nella nuova stagione, la Grande Madre è connessa al ciclo di morte-rinascita.

Il cinerario è in forma di statua femminile, che regge sul grembo un bambino, avvolto in un panno. La figura è seduta su un trono, di forma cubica, con i braccioli pieni a forma di sfinge accosciata con le ali aperte.

La testa, mobile, fungeva da coperchio; ugualmente mobili sono i piedi. Il corpo, che fa un tutt'uno con il tronco, fu probabilmene ricavato da un unico blocco di pietra. Nell'interno della statua furono rinvenuti l'oinochòe plastica a testa femminile e lo spillo d'oro con decorazione granulare.



MATER MATUTA ROMANA

Eccone la bella descrizione di Alberto Angela:

"La pallida luce della luna rivela un volto disteso, dal colore candido, con un sorriso appena accennato. Ha un nastro attorno alla fronte e i capelli raccolti, ma qualche ciocca scende maliziosamente sulle spalle. 

Un improvviso colpo di vento alza un mulinello di polvere attorno a lei, ma i suoi capelli non si muovono. Né potrebbero farlo: sono di marmo. Come sono di marmo le sue braccia nude e le mille pieghe del suo vestito. Lo scultore che l'ha realizzata ha usato uno dei marmi più pregiati, fermando nella pietra una delle divinità più riverite dai romani. 

È Mater Matuta, la "madre propizia", dea della fecondità, dell`inizio" e dell'aurora. E ora la statua è lì, da tanti anni, sopra il suo imponente piedistallo di marmo, a dominare il bivio di una via del quartiere".



I TEMPLI


Tempio al Foro Boario di Roma

La Dea aveva un tempio nel Foro Boario, accanto al Porto fluviale di Roma, che le fonti riportano consacrato addirittura da Romolo, distrutto nel 506 a.c. e poi ricostruito.

Altre fonti lo fanno risalire al re Servius Tullius, e la sua festa cadeva il 9 Giugno, sempre le Matralia. Il suo tempio è stato riscoperto sotto la chiesa di S. Omobono nel 1937. Il santuario più antico di cui si sono ritrovati i resti risale infatti al VII secolo a.c..

Un tempio successivo vi fu riedificato agli inizi del VI sec. a.c., riconsacrato nel 530 a.c, e si ritiene fatto edificare dal re Servio Tullio.

Lo storico romano Tito Livio, nel I sec. a.c., racconta che in seguito alla cattura di Veio nel 396 a.c., Marco Furio Camillo fece ricostruire il tempio per voto (e contemporaneamente fece restaurare il tempio della Fortuna).

Livio riferisce inoltre che il tempio andò a fuoco nel 213 e fu ricostruito l'anno successivo. La documentazione archeologica tende a sostenere le fonti letterarie.


Tempio di Satricum

A Satricum si possono dunque distinguere tre grandi complessi ben diversi di terrecotte architettoniche che appartengono ad altrettanti "tetti", Il primo appartiene al santuario della Mater Matuta con fregi sul frontone decorati con coppie di arcieri a cavallo in alto rilievo.

I fregi erano sormontati da lastre dipinte con motivi a meandro, stelle e uccelli. Il tetto era a tegole rosso-chiaro, mentre le tegole di gronda erano dipinte con fiori di loto e palmette in rosso e nero su fondo bianco. Le antefisse raffiguravano grandi teste femminili. Sulla cuspide del tetto era collocato un acroterio centrale a forma di un gruppo statuario con due figure umane, di cui una era Eracle. Lo stile è dell'Etruria meridionale del VI sec.

Sul culmen del tetto del tempio ricostruito sopra al precedente c'erano le tradizionali coppie di divinità: Zeus ed Era, Dioniso accompagnato da una Dea bionda forse Leucothea, Atena e Eracle e Apollo con Artemide.

Tra le divinità una ha degli attributi particolari: l'accompagnatrice di Dioniso, con i capelli biondi, i vestiti ricchissimi, il diadema decorato e più che altro la sua posizione di primo rango, immediatamente accanto a Dioniso.

Siamo in presenza della Dea Ino Leucothea, nutruice di Dioniso e sorella di sua madre Semele. Ino, menade archetipica è tra tutte le divinità del pantheon greco ed italico, l'unica accompagnatrice possibile di Dioniso.

La sua presenza sul colmo di Satricum è estremamente significativa, quando ci rendiamo conto che nell'antichità Ino-Leucothea fu la lectio graeca, oppure la forma grecizzata, della divinità italica Mater Matuta.


La Mater Matuta di Chianciano

La statua-cinerario di Chianciano, una Mater Matuta, ha un corpo massiccio, quasi tutt'uno col blocco cubico del trono; il panneggio è reso con vivo plasticismo nelle ampie pieghe accentuate sulle gambe.

La bella testa, con capelli spartiti sulla fronte, trattenuti da un nastro e ricadenti sulle tempie in bande ondulate ha volto ovale con grandi occhi a mandorla, palpebre pesanti, naso diritto, labbra carnose che ne accentuano l'espressione serena e pensosa.

La datazione va dal V all IV sec a.c. Gli oggetti del corredo (la oinochòe a testa femminile, datata 470-450 a.c. e lo spillo d'oro granulato del V sec. a.c. datano la Mater Matuta al 450-440 a.c.)



LE FESTE

Il giorno sacro alla Mater Matuta, la divinità femminile del Santuario di Satricum, era l'11 giugno, quando veniva onorata nelle feste dei Matronalia, cioè la festa delle matrone.

Il culto era molto diffuso e a Satricum, come a Roma, a Capua, a Beiruth e nelle città dell'Africa settentrionale, dove c'erano templi dedicati alla Dea, con gran numero di fedeli, come testimoniano gli innumerevoli e preziosi doni nelle stipe votive, spesso prodotti in aree molto lontane.

Le donne erano le più devote, anzi le Univirae, cioè le donne sposate una sola volta, che in quel giorno potevano chiedere grazie per i nipoti, i figli delle sorelle.

L'Univira entrava nel tempio accompagnata da una schiava che, dopo aver spazzato, veniva cacciata a frustate. Solo dopo questo strano rito le bonae matres potevano offrire focacce gialle in rustiche scodelle.

Il sito del tempio infatti era sacrale almeno dal XIV sec. a.c., quando la buca votiva accoglieva i doni dei fedeli. Mater Matuta è una divinità arcaica pre-romana che ricorda usanze preistoriche matriarcali tra i popoli pre-latini.

La festa esaltava il ruolo della seconda madre, la zia, e rappresentava un modello di solidarietà tra sorelle, entrambi madri e zie, e una rivincita al femminile. Frustando la schiava, perché proprietà del marito e possibile concubina, ma anche estranea in quanto non libera.

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- Jacqueline Champeaux - La religione dei romani - A cura di N. Salomon - Editore Il Mulino - Traduzione G. Zattoni Nesi - 2002 -
- Vittorio Dini - Il potere delle antiche madri - Firenze - Pontecorboli - 1995 -
- Laura Rangoni - La grande madre. Il culto del femminile nella storia - Milano - Xenia - 2005 -
- Cicerone - De natura Deorum - III -
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - V -
- Andrea Romanazzi - Guida alla Dea Madre in Italia. Itinerari fra culti e tradizioni popolari - Roma - Venexia - 2005 -

9 commenti:

  1. molto interessante bravi

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  2. Poderão ser colocadas as legendas das imagens? Muito agradecia.

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  3. Ma anche a Sanremo è stata trovata qualche traccia di questo culto? Me lo fa pensare il fatto che la si chiami città Matuziana.

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  4. Matulah, sanscrito: Zia materna. Culto di origine indiana ricollegabile alla mater matuta dei greci e dei romani

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    1. Degli osci campani precedentemente e delle culture più antiche del mediterraneo .

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  5. ma allora il tempio di capua e le sue matres sono sia mater matuta che la grande madre?

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  6. Sanremo un tempo si chiamava Matutia in onore della dea. Noi siamo i Matuziani

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