HORTI DI AGRIPPINA - HORTI AGRIPPINAE





UN RITROVAMENTO NON CASUALE

Durante i lavori per la costruzione della rampa di accesso al parcheggio di Propaganda Fide dal lato di via del Gianicolo, nell’area degli horti di Agrippina e poi di Nerone, sono venuti alla luce ambienti di epoca romana con muri intonacati e dipinti, 4 m sotto il piano stradale.

L’intervento della Soprintendenza archeologica di Roma ha impedito che venissero distrutti dalle macchine scavatrici ed ha avviato lo scavo archeologico.

Dalle fonti già si sapeva che gli Horti erano là sotto, e già qualche sondaggio aveva mostrato, durante i lavori della rampa, la presenza di materiale sparso, e all’imbocco della galleria del Gianicolo, erano stati ritrovati e distrutti notevoli resti negli anni 1938-1939 durante la costruzione del traforo.

Trattavasi di strutture in opera laterizia e in opera reticolata, con un corridoio su cui si affacciavano da sud varie aperture. Si trovarono anche le suspensurae per la circolazione di aria calda di ambiente termale. 

Alcune pareti erano dipinte con decorazioni a motivi arborei e a ghirlande, altre a tinta unita, gialla o rossa. In più frammenti di cornicioni marmorei, una vasca di 4 m intonacata all’interno, con il fondo di cocciopesto ed un foro per l’uscita dell’acqua. Si recuperarono tratti di tubo di piombo iscritti del II sec. d.c.

Lo scavo ha portato al ritrovamento di monete, marmi, e tre pareti affrescate, non solo a bande o con disegni geometrici, come le prime venute in luce, ma con elementi architettonici stilizzati, uccelli e motivi floreali, degli horti di Agrippina, che avevano strutture abitative, un circo (dove ora è la basilica di San Pietro), giardini di un certo livello, porticati, e terrazze sul Tevere.



GLI HORTI DI AGRIPPINA

Gli Horti di Agrippina, citati da Filone Alessandrino e da Seneca come giacenti nella parte settentrionale del Gianicolo e nella piana del Vaticanum, erano la grande villa costruita dalla madre dell’imperatore Caligola.

L'intera zona dell'Ager Vaticanus venne occupata da aree sepolcrali e da grandi ville, finite in gran parte nelle proprietà imperiali di Augusto, come gli Horti di Agrippina, tra la basilica vaticana, le pendici del Gianicolo e il Tevere.

Tra gli edifici degli Horti di Agrippina le fonti ricordano che sotto al Gianicolo, i giardini di Agrippina, posti all'altezza del Vaticano, godevano il Tevere da vicino e lo costeggiavano con una grande terrazza e un bel portico posto proprio sulla riva del biondo fiume.

La villa imperiale fu poi indicata dai testi medievali come Palatium Neronis, col suo grande circo Vaticano (circus Cai et Neronis) che si estendeva dove sorge ora la basilica di S. Pietro.

Facevano parte degli Horti anche le strutture rinvenute sotto l’ospedale di S. Spirito, tra le quali una grande esedra aperta verso il fiume, e la grande domus rinvenuta recentemente presso il traforo Gianicolense, all’estremità meridionale degli Horti.

In passato in questa zona si rinvenne una vasca di marmo con scene marine scolpite, del I secolo d.c., e i più recenti scavi presso l’imbocco orientale del traforo, hanno riportato alla luce ambienti con affreschi di motivi architettonici, floreali e di uccelli.

Alcune stanze della domus erano un deposito dii elementi marmorei, per un restauro o di un cambiamento d’uso dell’edificio, uno straordinario deposito di materiali marmorei, lesene, capitelli e basi, ordinatamente riposti per essere poi riutilizzati.

Ben seicento pezzi, probabilmente appartenuti ad un unico complesso edilizio, probabilmente un ninfeo, del I secolo d.c., ma anche «bolli» di mattone del II sec. d.c., cioè del periodo di massima estensione degli Horti di Agrippina.

Da ricordare ancora la celebre Venere Capitolina rinvenuta da quanto accertato oggi, non nelle Terme di Traiano ma proprio nei bagni di Agrippina, e la bella statua della Venere Charis.

Tra il 1999 e il 2000, gli scavi hanno portato alla luce una serie di ambienti, di cui uno ricostruito nella mostra a Palazzo Altemps, con capitelli, lesene, cornici e lastre di rivestimento, e pitture a finte architetture e motivi decorativi.



L'OBELISCO

Agrippina Maggiore (14 a.c. - 33 d.c), figlia di Agrippa e madre dell'imperatore Caligola, alla morte della madre, nel 33 d.c. aveva ereditato gli splendidi Horti, includenti anche un circo lungo 500 m dove Caligola nel 37 aveva collocato un alto obelisco egizio, dell'epoca di Nencoreo, XII dinastia del 1991-1786 a.c., che ad Alessandria d'Egitto decorava il Forum Iulii.

Il circo, con gli horti, fu poi ereditato da Nerone che li utilizzò sia per ricoverare i romani sinistrati dal grande incendio del 64 sia per martirizzarvi molti cristiani, accusati di essere gli autori dell'incendio.

Il nome popolare del territorio oltre Tevere a nord del Trastevere rimase così, fino a tutto il medioevo, col nome di "Prati di Nerone".

L'obelisco rimase al suo posto fino al 1586, quando papa Sisto V lo fece trasportare davanti alla Basilica. Nel Medioevo era chiamato l'aguglia ed era tradizione che il globo bronzeo posto alla sua sommità contenesse le ceneri di Giulio Cesare.

Domenico Fontana, l'architetto papale, nel suo libro Della Trasportatione dell’Obelisco Vaticano et delle Fabriche di Nostro Signore Papa Sisto V, Roma 1590 narrò che il Papa avesse emanato la pena di morte per chi intralciasse i lavori o fatto rumore, dato che il sollevamento era guidato dal suono di una tromba, nel silenzio più assoluto.

IN ROSSO LA POSIZIONE DEGLI HORTI AGRIPPINAE
(INGRANDIBILE)
Nel racconto il marinaio Bresca fu il solo ad accorgersi che le funi di sostegno stavano per bruciare per l'attrito, per cui gridò: "acqua alle funi!" e non fu punito ma ricompensato.

Ora il grande obelisco non ha più in cima il globo in bronzo, fatto togliere da Sisto V perchè i pellegrini testardi andavano a omaggiare le spoglie di Cesare, per cui lo fece aprire e dichiarò che il globo era vuoto.

Ma il globo era appunto apribile e conteneva un secondo globo in ferro di cui rimasero solo dei pezzi, il che fa pensare a una reliquia di ceneri, e quale reliquia più grande di quella delle ceneri di Cesare?

Comunque il Papa fece sostituire la sfera da una croce e lo stemma della famiglia Chigi.


BIBLIO

- Rodolfo Lanciani - Rovine e scavi di Roma Antica - 1985 -
- Rodolfo Lanciani - Roma pagana e cristiana - Newton & Compton - 2004 -
- Lorenzo Bianchi - Ad limina Petri: spazio e memoria della Roma cristiana - Roma - Donzelli editore - 1999 -
- Danila Mancioli - Gli horti dell'antica Roma - a cura di Giuseppina Pisani Sartorio e Lorenzo Quilici - Roma Capitale - 1870-1911 - L'archeologia in Roma Capitale fra sterro e scavo - Venezia - Marsilio - 1983 -
- Eugenio La Rocca - Horti Romani - atti del convegno, Roma 1995 con Maddalena Cima - Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma - L'Erma di Bretschneider - Roma - 1998 -



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