I Romani, i Greci e pure gli Egizi, non conoscevano il profumo come l'intendiamo oggi, in quanto l'alcol non era ancora stato distillato. Però balsami, unguenti e sostanze profumate abbondavano, tanto più che non conoscendo il sapone, i Romani, grandi igienisti, si lavavano con cenere di faggio, lisciva, e poi una speciale creta tritata, e pietra pomice. Di questo trattamento la pelle non godeva, e perciò andava lenita, ammorbidita, idratata con balsami oleosi che inoltre profumavano la persona.
Ecco la fabbricazione dei profumi a Roma:
Una spruzzata di sale ha la funzione di mantenere inalterata la natura dell'olio. Si addizionano resina o gomma per fissare all'essenza l'aroma che, in caso contrario, rapidissimamente svanisce e si perde. Tra i profumi il più semplice e, verisimilmente, il primo ad essere inventato, fu quello ricavato dal muschio e dall'olio di balano; in seguito il profumo di Mende si arricchì di olio di balano, di resina, di mirra, mentre ancora più complessa è, ai nostri giorni, la ricetta del Metopio.
Questo è un olio estratto, in Egitto, da mandorle amare, al quale sono stati addizionati agresto, cardamomo, giunco profumato, calamo aromatico, miele, vino, mirra ,seme di balsamo, galbano e resina di terebinto".
Ma i Romani, grandi conquistatori, presero dalle province e non solo, tutto ciò che dava piacere nella vita, erano grandi edonisti, e il profumo era tra i piaceri, per cui non solo ne usarono abbondantemente, anche i maschi e pure i soldati. Divennero anzi i più grandi intenditori ed estimatori dell'antichità in fatto di profumi.
Qualcuno criticò l'esagerazione, come ad esempio Marziale
"Quando passi sembra che traslochi il profumiere Cosmo e che il cinnamomo esca da un flacone rovesciato. Non voglio, Gellia, che ti piacciano queste futilità. Sai, credo che anche il mio cane potrebbe profumare così"
oppure, sempre Marziale:
"Poiché sei scuro di cannella e di cinnamomo e delle essenze ricavate dal nido della Fenice e olezzi dei profumi che Nicerote tiene nei vasi di piombo, Coracino, ridi di me che non profumo di niente: preferisco non avere odore che odorare troppo"
Profumi Egizi
Gli oli profumati furono gli antecedenti dei profumi personali, uniti a quelli per la fumigazione degli ambienti, nell'uso tanto sacro che profano. Gli Egizi ne usarono fin dalla fine del IV millennio a.c. Le tombe a fossa predinastiche già contenevano cosmetici, profumi e ingredienti per la loro preparazione: resine, limoù, ginepro, hennè, semi oleosi e resine di conifere importate.
Sembra che Cleopatra facesse perfino immergere in unguenti odorosi le vele del suo battello quando si recava a incontrare Antonio.
La sua fabbricazione era collegata a quella dei profumi. Dopo aver estratto l'essenza profumata dalla pasta di piante aromatiche, resine e oli, la base grassa in eccedenza veniva conservata per essere poi utilizzata sotto forma di cono.
Furono gli Egiziani a creare i primi portaprofumo, l’Alabastron, vasetto di alabastro che conservava gli oli profumati. La forma a goccia, larga imboccatura e collo svasato, evitava le sgocciolature e fu copiato in terracotta e in vetro. Ecco alcuni degli unguenti:
- Olio della Festa - tratto da un'effigie di una tomba di Sakkara, uno dei Sette Sacri Oli, contrassegnati sulle giare.
- Olio di Cedro - uno dei 7 oli sacri, evidentemente col cedro tra i componenti.
- Olio Libico - un altro dei 7 oli sacri, evidentemente proveniente dalla Libia.
- Hekenu - dei 7 oli sacri. Non se ne conosce la composizione.
- Sefeti - dei 7 oli sacri. Non se ne conosce la composizione.
- Nekhensem - dei 7 oli sacri. Non se ne conosce la composizione.
- Tewat - dei 7 oli sacri. Non se ne conosce la composizione.
- Susinum - olio di lillà famoso alla corte di Cleopatra, presente anche nelle iscrizioni geroglifiche, è citato da Dioscòride e usatissimo al tempo della XXVI dinastia, come il principale ingrediente del Lirio. Della sua composizione abbiamo due ricette, una di Plinio e l’altra di Dioscòride. È un profumo molto liquido di uso prettamente maschile.A Roma fu copiato e variato.
- Elmendesianum - profumo prodotto a Mendes, città sul delta del Nilo, profumo forte di olio di balano (ghianda), mirra, casia, resina, con una punta di cannella. Simile all’Elegipicium.
- Irinum - composto da olio d’oliva in cui erano stati macerati i fiori dell’Iris. Anche di questo abbiamo due ricette, una di Plinio e l’altra di Dioscòride, ma quest’ultimo dice che per essere buono deve contenere soltanto petali di Iris e che ogni altra essenza ne disturba il fresco aroma. Consiglia però di tingerlo di rosso con i semi dell’hennè e di farlo riposare molto tempo poiché quello invecchiato 20 anni era sicuramente l’optimum, ma doveva costare una fortuna.
- Kyphi - incenso, mirra, cannella. sandalo, cipero, ginepro, calamo, coriandolo, mastice, storace, uva passa, macerati in vino agro e forte.
- Unguento Myrtum-laurum, con mirto, alloro, giglio, maggiorana e trigonella greca, era uno dei preferiti di Cleopatra.
Profumi di zone varie
- Regale Unquentum - del 3000 a.c., importato dall'oriente e rinvenuto in una tomba di Ur, contenente Calamo, mirra, legno di rosa, balsamo, maggiorana, spezie ed essenze di fiori.
- Metopium - profumo di Galbano, dall’aroma intenso, con la pianta del galbano macerato nell’olio di mandorle amare. Il Galbano, originario della Mesopotamia, aveva, come scrisse Plinio nella Historia Naturalis, la proprietà di fissare i profumi.
- Balsamo di Giudea - ottenuto da un arbusto introdotto in Israele dalla regina di Saba, forse del cedro del Libano, che ne fece dono a Salomone.
- Unguento regale - era il prediletto dai re dei Parti, e Ciro lo usava per la sua barba imperiale: contiene ventiquattro sostanze diverse, fra cui il seme di cardamomo, che costava dodici denari per libbra, e poi mirra, cassia, e lodno. Costosissimo.
- Labdano - profumo etrusco, sotto forma di resina morbida, scura, fragrante, amara ed oleosa, ricavata dai cespugli di eliantemo, composto da olio di lentisco (dalla spremitura dei frutti) e cisto spontaneo, con un profumo che richiama il cuoio.
- Rhodinum – Profumo alle rose, secondo alcuni originario persiano: rosa, onfacio, zafferano, cinabro, calamo, miele, giunco, fior di sale o ancusa, vino e cinabro.
Profumi greci
Ben 60 reperti sono stati scoperti nel 2003 nell'area di Pygros, a Cipro. Nel sito dell'isola sono venuti alla luce alambicchi, frantoi, anfore e boccette con i resti dei profumi, testimonianza di un'industria risalente al 2000 a.c..
Un raro complesso polindustriale distrutto da un terremoto nel 1900 a. c. circa, che ruotava intorno alla produzione dell'olio d'oliva e al riciclaggio degli scarti di lavorazione, come la sansa utilizzata per la lavorazione del rame.
In 14 fossette colme di carbone sono state ritrovate altrettante brocche per l'estrazione dei profumi che contenevano olio d'oliva ed essenze. Oltre all’olio d’oliva, tra le 18 essenze, individuati aromi di resina di pino, rosmarino, alloro, mirto, coriandolo, mandorle amare, trementina, anice, prezzemolo e bergamotto.
Le donne greche, avevano un uso simile all'egizio, nascondendo fra i capelli piccoli "cornetti" contenenti gelsomino e grasso di capretto: con il caldo il grasso si scioglieva facendo colare sui capelli le stille profumate.
- Ciprinum - olio estratto dai fiori dell’Hennè, una specie di Ligustro, dalla fragranza di limone, prodotto a Cipro. A base di olio di oliva verde (l’onfacium prodotto con le olive acerbe del mese di agosto), Cardamono, Calamo, giglio giallo aromatico, Hennè, Aspàlato (legno di aloe) e Resina. Di questo profumo abbiamo tre ricette, una di Teofrasto, una di Plinio e una di Dioscòride. Era verde e poteva mantenere il suo aroma inalterato per quattro anni. Fu considerato uno degli ingredienti principali, insieme al Megaleion, al Cinamonium (cannella), al Mirtinum (mirto), al Rodinon (rosa) e alla Salvia per la creazione dei profumi “personalizzati”.
- Kipros - a base di menta e bergamotto.
- Amarakinon - prodotto a Cipro e basato sulle essenze di maggiorana e origano.
- Brenthys - profumo cretese, un olio aromatico estratto da una specie di mandragora.
- Unguento di rose - profumo cretese, petali di rosa macerate nell'olio.
- Sampsuchinon - prodotto a Cipro e basato sulle essenze di maggiorana e origano. Non si conoscono le differenze dall'Amarikon.
- Elegipcium - usato ad Atene fin dal V sec. a.c.. profumo forte e duraturo, incolore come i tutti i profumi pregiati, con aroma di cannella e mirto, se era invecchiato più di dieci anni valeva più del prezioso contenitore che lo custodiva.
- Rhodinum – Profumo alle rose dell’isola di Rodi: rosa, onfacio, zafferano, cinabro, calamo, miele, giunco, fior di sale o ancusa, vino e cinabro. Si dice però che provenisse dalla Persia.
- Olio di lavanda - lavanda macerata nell'olio, poco costoso.
- Megallion - incenso, mirra, nardo, zafferano, cardamomo, cinnamomo, cassia. Usato in tutto il Mediterraneo.
Profumi, prodotti o importati. prediletti dai Romani
Forse a volte esageravano, perchè Marziale diceva: "Non ha buon odore chi è sempre profumato". Nei banchetti più sfarzosi i Romani avevano l'abitudine di liberare nei saloni bianche colombe le cui ali erano state intinte in balsami pregiati. Usanza odiata da Ovidio, per gli schizzi e le macchie di unto sui pepli.
Nell'Urbe i profumieri, riuniti in una corporazione, il collegium aromatarium, avevano botteghe concentrate nel vicus Thuriarus e nell'attiguo vicus Ungentarius al Velabro, il che dàl'idea di quanto fossero usati i profumi dai Romani, uomini e donne.
L“oleum ex albis ulivis, detto onfacium, era ottenuto dalla spremitura di olive verdi ancora acerbe e servì come sostanza grassa per la fabbricazione dei profumi, tanto in Grecia che a Roma.
Le sostanze aromatiche venivano spremute con il tornio e gli oli essenziali venivano macerati nell’onfacio, o nell’ agresto, spremitura di uva acerba, e poi filtrati. Si ponevano a macerare erbe, petali di fiori, radici, spezie, bucce di frutta essiccate, incensi, mirra e resine varie, spesso disponibili nei mercati romani.
Il profumo casalingo
A Pompei, nella Casa del giardino di Ercole, si sono rinvenuti semi e resti di piante carbonizzate, conservati dal Vesuvio, che le hanno permesso di ricostruire con precisione le coltivazioni del giardino.
Su questo è stata impiantata un'erboristeria sui ricettari antichi, riproducendo gli unguenti Okiminon (basilico) e Rhodinon (rosa). Si trattava di una piccola officina e bottega, per una produzione di olio di oliva per la preparazione dell'omphacio, nonchè di una coltivazione di fiori e quindi una produzione di profumi-unguenti e forse anche per ghirlande e corone di "piante coronarie".
Insieme agli olivi e alla vite, il giardino raccoglieva una coltura di erbe ed essenze per i profumi: Viola mammola, Rosa centifolia, Versicolor, Damascena, Ocinum basilicum, Anethum graveolens, Hiacinthus Romanus, Ruta graveolens, Thymus serpyllum, Pimpinella anisum, Borago officinalis, Origanum maggiorana, Menta suavolens, Iris fiorentina, Melissa officinalis.
In base alle fonti, agli affreschi e agli scavi, erano le essenze che anche l'ultimo abitante della casa coltivava nel suo giardino, così come consigliato da Varrone:
" E' redditizio avere vicino alla città un giardino per la richiesta di violette, rose ed altri prodotti".
Insieme alle spezie esotiche importate, come mirra, incenso ecc. si poteva attingere dunque alla ricca flora locale.
Anzitutto la rosa, i cui petali secchi polverizzati costituivano i diapasmata, polverine aspersorie e da bruciare negli incensieri, mentre in associazione a finocchio, mirra e incenso in olio o in "agresto" costituiva la base del profumo Rhodinon o Rhodinum, il profumo più diffuso dell'epoca nonché il più economico.
Durante le rappresentazioni teatrali e anfiteatrali, oltre al velarium teso sugli spettatori per ripararli dal sole, su di essi venivano spruzzati getti d'acqua misti a profumi. Le sparsiones, costituite da getti di acque odorose e di polveri aromatiche sparse su attori e spettatori, a Pompei sembra fossero a base di rosso croco e di profumo di rosa.
Della rosa campana di Napoli, Capua e Pompei parla diffusamente Plinio il Vecchio:
" Tra i fiori da giardino la nostra gente ne conosce solo pochissime da far ghirlande, praticamente solo le viole e le rose. La rosa si fa macerare nell'olio, e questo già dal tempo della guerra di Troia, come attesta Omero. Inoltre la si fa entrare nei profumi. Le specie di rose che da noi hanno acquistato maggiore celebrità sono la prenestina e la campana…"
I profumi prodotti a Roma spesso prendevano spunto da profumi esotici nel nome, ma non ne riprendevano, se non in parte, gli stessi ingredienti.
- Rhodinum – agresto, petali di rosa, olio di zafferano, cinabro, calamo aromatico, miele, giunco profumato, fiore di sale ( cioè carbonato di sodio o soda) o ancusa, vino.
- Olio di mirto - mirto, calamo aromatico, cipresso, henna, lentisco e scorza di melagrana.
- Crocinum - zafferano, cinabro, ancusa e vino. Profumo di maggiorana - maggiorana, agresto e di calamo aromatico.
- Megalium - olio di balano, calamo aromatico, giunco profumato, xilobalsamo, cannella, resina.
- Viola – Viole e acque profumate (per lo più insieme a petali di rosa) erano spesso utilizzate per profumare le sale dei banchetti e i commensali.
- Lasminum – Gelsomino, importato dall’Oriente, macerato nell'onfacio.
- Melinum – mele cotogne, agresto, olio di henna, olio di sesamo, balsamo, giunco profumato, cannella, abrotano.
- Regale - così chiamato perché preparato per il re dei Parti. Si compone di mirabolano, costo, amomo, cinnamo comaco, cardamomo, spiga di nardo, maro, mirra, cannella, storace, ladano, opobalsamo, calamo aromatico e giunco profumato della Siria, enante, malobatro, sericato, henna, spalato, panacea, zafferano, cipero, maggiorana, loto, miele, vino. Il più costoso in assoluto.
- Telinum - l' olio con cui si profumava Giulio Cesare, come lui stesso ci informa nel "De bello gallico". Prodotto con olio fresco, fieno greco, maggiorana e meliloto. Ha un odore dolce e forte di cetronella. Tutto sommato un profumo a basso costo.
- Susinum - gigli, olio di balano, calamo aromatico, miele, cinnamo, zafferano, mirra.
- Henna - henna, agresto,cardamomo, calamo aromatico, spalato e abrotano, cipero, mirra e panacea.
I contenitori
I profumi venivano sigillati in anfore di varia grandezza e poi trasferiti in portaprofumi di piccole dimensioni, di fattura elegante e con diverse forme:
- a sfera,
- a forma di colombine in vetro soffiato,
- a testa di donna,
- a oinochoe, brocchetta dall'orlo trilobato,
- a forma tubolare, forma arrotondata e labbro estroverso,
- alabastra egiziani di forma oblunga,
- aryballo, a sfera, sostenuto da una sottile cordicella passata alle anse, da portare alla cintura,
- ad ancoretta,
- a coppetta,
- a pisside, scatolina con coperchio,
- piriforme,
- ovoidale
COLOMBA DI ROVASENDA (VC) |
COLOMBE DI VETRO
Questo contenitore di vetro a forma di colomba è l’unico ancora sigillato che si sia mai reperito, un ritrovamento straordinario, ancora col suo profumo intatto, solo con un lieve sedimento rosato sul fondo, forse un balsamo o forse un profumo.
Le delicate colombine, in vetro sottile e trasparente in vari colori, venivano prodotte tramite soffiatura, di origine siro-palestinese della metà del I secolo a.c., poi diffusa nel II secolo in zona Mediterranea. Le colombine, una volta riempite, venivano sigillate a fiamma, conservando il prodotto come una moderna fiala, per cui occorreva, per usarlo, rompere il becco o la coda. Se ne producevano in gran quantità anche in suolo italico, soprattutto nelle fornaci il bacino del Ticino e del lago Verbano in Piemonte.
I balsamari più semplici erano a sfera, in genere commerciate vicino ai luoghi di produzione, mentre i più ricercati erano a colombina, e si esportavano anche in aree lontane, come la Cisalpina orientale e in diverse zone del Mediterraneo.
Per determinare la composizione del materiale contenuto nel balsamario sono in corso indagini chimico-analitiche svolte con tecniche non invasive basate sull’impiego di radiazione elettromagnetica. Le analisi sono coordinate dall’Istituto di Scienze e Tecnologie Molecolari del CNR e condotte con l’apporto del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Milano, con la collaborazione della ditta Bruker Italia. Forse un giorno si potrà non solo capire ma pure replicare quella fragranza.
COLOMBINA ROMANA |
BIBLIO
- Robert Maxwell Ogilvie - De vita Agricolae - 1967 -
- Arnaldo Marcone - Storia dell'agricoltura romana - Carocci - 2004 -
- Scriptores rei rusticae, seu Cato, Varro, Columella, Palladius Rutilius Taurus, Venetiis, apud Nicolaum Ienson - editio princeps - 1472 -
- Varrone - De lingua latina - Oxford Latin Dictionary - Clarendon Press - Oxford - 1982 -
Nessun commento:
Posta un commento