Da una descrizione ottocentesca:
"Così viene chiamato dai legionari questo, anfiteatro, che dal nome si può dedurre essere stato destinato agli spettacoli, destinati ai soldati Pretoriani, potentissima milizia sotto l'Impero. Gli avanzi di questa fabbrica veggonsi nel tratto di mura fra le porte Maggiore e di S. Giovanni, parte al di fuori e parte al di dentro in una vigna, poichè nel recinto delle mura edificate da Aureliano vi fu incluso.
Alcuni poi, senza fondamento di ragione, ne vollero dedurre che fosse destinato ad esercitare i soldati a combattere contro le bestie feroci, genere di combattimento che i Romani lasciavano alla classe vilissima dei gladiatori, ed altri si persuasero che la nobilissima milizia dei pretoriani, fosse destinata a custodire il vivaio delle bestie feroci, che servir dovevano per l'uso di questo e degli anfiteatri.
Incerto è l'autore di questo anfiteatro, tutto d'opera laterizia, con un ordine di colonne corintie, e solo può dirsi che fu certo anteriore al Flavio. Il basamento è di travertini, e sopra al suddetto ordine doveva esservi un ordine di pilastri. Il suo maggior diametro è di circa 90 metri."
L'Anfiteatro castrense è il secondo anfiteatro romano conservato a Roma, risalente agli inizi del III secolo, peccato che non sia visitabile.
Fu citato da Rufo e da Vittore, nonchè nei Cataloghi Regionari della V Regio, cui molti danno il significato di "anfiteatro di corte", legato al Palazzo Sessoriano, o Sessorium, su cui è stata edificata la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, una villa imperiale della tarda età severiana, della quale, oltre al suddetto Anfiteatro, facevano parte anche le Terme Eleniane e il Circo Variano.
Sembra sia stato iniziato da Settimio Severo e terminato sotto Eliogabalo. Faceva parte del Complesso Sessorio comprendente:
- Il Palazzo Imperiale, con edifici vari, cortili, giardini e fontane, da cui fu tratto la celeberrima statua dell'Apollo del Belvedere, e sulla cui grande sala centrale la madre di Costantino fece erigere la Chiesa di S. Croce in Gerusalemme, il cui pavimento fu ricavato frammentando il precedente a intarsio di marmi pregiati. Infatti all'inizio del IV sec. d.c. il palazzo fu scelto come residenza da Elena, con il nome di Palazzo Sessoriano, facendo poi trasformare in basilica cristiana la grande aula rettangolare, originariamente coperta da un soffitto piano, illuminata da venti finestre collocate cinque su ogni lato e con pregevole decorazione marmorea nel registro inferiore. Il nome Sessoriano viene dal latino sedeo, ovvero "siedo", da cui il termine “sessione”, poiché in epoca tardo imperiale il consiglio imperiale usava riunirsi in una sala del palazzo.
- L'Anfiteatro Castrense.
- Il grande Circo Variano, in onore di Eliogalbalo il cui nome era Varius Avitus Bassianus, l'imponente tempio del Sole, copiato dal tempio di Palmira, nel cui centro della spina venne eretto l' obelisco di Antinoo, l’amante dell’Imperatore Adriano, di cui la tomba era accanto al circo. L’obelisco venne spostato solo nel III secolo per ornare la spina del circo di Vario.
- Le Terme Eleniane, costruite da Settimio Severo e poi restaurate da Elena, la madre di Costantino, da cui derivarono il nome.
- Il tempio di Venere e Cupido, la cui statua, probabilmente di un'imperatrice sotto la veste di Venere, è conservata, come l'Apollo Sessorio qui rinvenuto, nei Musei Vaticani.
- I giardini dell'Antica Speranza, Horti Spei Veteris, che offrivano un’oasi di verde ricca di statue mosaici e fontane. Era in questi giardini che si celebrava il culto ed i sacrifici al nuovo Dio importato da Efeso da Eliogabalo.
- Il santuario dell'Antica Speranza chiudeva il lato sud dei giardini. Un tempo il suo tempio si trovava accanto a Porta Maggiore.
- Sull’altro lato dell’Acqua Claudia si ergevano parecchie e ricche tombe di famiglie famose, come i Casonii, i Plotii e i Clodii.
L'USO
Secondo Publio Vettore l'anfiteatro fu creato per allenare i soldati facendoli combattere con le fiere, il che consisteva pure in uno spettacolo ad uso della corte.
Di questo tipo di allenamento ne parla anche Svetonio, scrivendo che Tiberio, per far vedere che non era ammalato, durante uno di questi spettacoli tirò una freccia ad un cinghiale.
Per altri erano usati si dai soldati ma solo pretoriani, cioè guardie dell'imperatore che lì alloggiavano e che erano preposti all'alloggio delle belve.
Per altri ancora l'anfiteatro era solo destinato agli spettacoli ed alle manovre militari in onore della corte imperiale, e lo ritengono costruito dall'imperatore Eliogabalo.
Il termine latino castrum è consono se si pensa non al suo significato di accampamento, ma a quello che più tardi ha assunto, vale a dire dimora imperiale. Perchè l'anfiteatro faceva comunque parte dei palazzi imperiali.
Attraverso lo studio dei mattoni, i quali si presentano senza bolli, si è riusciti a stabilire che la struttura risale alla fine del periodo in cui regnavano i Severi
DESCRIZIONE
L'anfiteatro ha la consueta forma ellittica, misura 88 m x 75,80, con le fondazioni in cementizio mescolato a pezzettini di selce, emerse a causa dell'abbassamento del piano di campagna circostante, mentre l'elevato è in opera laterizia.
I mattoni sono gialli mentre i tegoloni delle arcate sono rossi sottolineando l'eleganza dell'opera.
Alcune parti in travertino si conservano perchè inserite tra i mattoni, quindi più difficili da smantellare.
Il primo piano è formato da fornici in mezzo a piloni, tra semicolonne in stile corinzio, col capitello mattonato. Il secondo piano si presenta quasi identico, con la differenza che era formato da paraste invece delle semicolonne. Attraverso immagini rinascimentali si è saputo che al terzo piano c'erano mensole e pali per manovrare il velario che operava come nel Colosseo. Nessuna traccia, invece, ci è pervenuta della cavea.
La facciata esterna aveva tre ordini: il primo presentava arcate inquadrate da semicolonne, il secondo arcate chiuse da bassi parapetti, ma con paraste al posto delle semicolonne, e il terzo un attico che dai disegni rinascimentali, era chiuso, ma con finestre incorniciate da lesene e mensole per il velario. I basamenti di travertino cui allude lo storico Vacca, oggi non esistono più, dopo i vari depredamenti. Dei 48 archi originari ne restano solo 18.
Sopra c'erano le classiche mensole in travertino per sostenere i pali del velarium, ma anche queste sono state asportate.
Sui tre ordini sia le semicolonne che le lesene avevano capitelli corinzi realizzati interamente in mattoni, come il resto della struttura, contrariamente all'uso dell'epoca, dove le colonne o almeno i capitelli erano in marmo.
All'interno, attualmente occupato dall'orto del convento di Santa Croce in Gerusalemme, i gradini della cavea dovevano essere sorretti da ambulacri con volte a botte, sovrapposti come gli ordini della facciata.
Ambienti sotterranei erano ricavati sotto l'arena, i cui resti furono visti in scavi settecenteschi. Dopodichè la Chiesa ha chiuso i battenti e l'ingresso ai visitatori. Della cavea non resta quasi nulla. Dall'anfiteatro aveva inizio un grandioso corridoio coperto, lungo più di 300 m e largo m. 14,50, che sfiorava la grande sala più tardi trasformata nella chiesa di S.Croce in Gerusalemme spingendosi fino al Circo Variano: resti di questo corridoio e del circo sono visibili in vari punti nella zona retrostante la chiesa di S.Croce.
Recentemente gli scavi, sovvenzionati dallo stato italiano, hanno individuato, al di sotto dell'arena, il complesso dei servizi costituito da una galleria centrale su cui si affacciano ambienti con volte a crociera: sulla galleria principale si innestano poi altre due gallerie con un andamento semicircolare.
La cosa curiosa è che pur pagando l'impresa archeologica, non si aprono le porte ai visitatori, nemmeno a pagamento.
Dall’anfiteatro partiva un lungo corridoio coperto, che misurava 300 metri di lunghezza e 14.50 di larghezza, e toccava la maestosa stanza che successivamente divenne la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme e giungeva al circo variano.
Tracce di quest’ultimo e del corridoio si notano in alcune parti dietro la chiesa di Santa Croce. Da poco tempo si è scoperto attraverso studi specifici che sotto l’arena si trova un insieme di servizi, come la galleria più importante in cui vi sono aree con volte a crociera. Su tale galleria inoltre si congiungono un’altra coppia di gallerie tendenzialmente circolari, ma tutto è ancora da scoprire.
LA DECADENZA
LANCIANI:
Secondo Publio Vettore l'anfiteatro fu creato per allenare i soldati facendoli combattere con le fiere, il che consisteva pure in uno spettacolo ad uso della corte.
Di questo tipo di allenamento ne parla anche Svetonio, scrivendo che Tiberio, per far vedere che non era ammalato, durante uno di questi spettacoli tirò una freccia ad un cinghiale.
Per altri erano usati si dai soldati ma solo pretoriani, cioè guardie dell'imperatore che lì alloggiavano e che erano preposti all'alloggio delle belve.
Per altri ancora l'anfiteatro era solo destinato agli spettacoli ed alle manovre militari in onore della corte imperiale, e lo ritengono costruito dall'imperatore Eliogabalo.
Il termine latino castrum è consono se si pensa non al suo significato di accampamento, ma a quello che più tardi ha assunto, vale a dire dimora imperiale. Perchè l'anfiteatro faceva comunque parte dei palazzi imperiali.
Attraverso lo studio dei mattoni, i quali si presentano senza bolli, si è riusciti a stabilire che la struttura risale alla fine del periodo in cui regnavano i Severi
DESCRIZIONE
L'anfiteatro ha la consueta forma ellittica, misura 88 m x 75,80, con le fondazioni in cementizio mescolato a pezzettini di selce, emerse a causa dell'abbassamento del piano di campagna circostante, mentre l'elevato è in opera laterizia.
I mattoni sono gialli mentre i tegoloni delle arcate sono rossi sottolineando l'eleganza dell'opera.
Alcune parti in travertino si conservano perchè inserite tra i mattoni, quindi più difficili da smantellare.
Il primo piano è formato da fornici in mezzo a piloni, tra semicolonne in stile corinzio, col capitello mattonato. Il secondo piano si presenta quasi identico, con la differenza che era formato da paraste invece delle semicolonne. Attraverso immagini rinascimentali si è saputo che al terzo piano c'erano mensole e pali per manovrare il velario che operava come nel Colosseo. Nessuna traccia, invece, ci è pervenuta della cavea.
La facciata esterna aveva tre ordini: il primo presentava arcate inquadrate da semicolonne, il secondo arcate chiuse da bassi parapetti, ma con paraste al posto delle semicolonne, e il terzo un attico che dai disegni rinascimentali, era chiuso, ma con finestre incorniciate da lesene e mensole per il velario. I basamenti di travertino cui allude lo storico Vacca, oggi non esistono più, dopo i vari depredamenti. Dei 48 archi originari ne restano solo 18.
Sopra c'erano le classiche mensole in travertino per sostenere i pali del velarium, ma anche queste sono state asportate.
Sui tre ordini sia le semicolonne che le lesene avevano capitelli corinzi realizzati interamente in mattoni, come il resto della struttura, contrariamente all'uso dell'epoca, dove le colonne o almeno i capitelli erano in marmo.
All'interno, attualmente occupato dall'orto del convento di Santa Croce in Gerusalemme, i gradini della cavea dovevano essere sorretti da ambulacri con volte a botte, sovrapposti come gli ordini della facciata.
Ambienti sotterranei erano ricavati sotto l'arena, i cui resti furono visti in scavi settecenteschi. Dopodichè la Chiesa ha chiuso i battenti e l'ingresso ai visitatori. Della cavea non resta quasi nulla. Dall'anfiteatro aveva inizio un grandioso corridoio coperto, lungo più di 300 m e largo m. 14,50, che sfiorava la grande sala più tardi trasformata nella chiesa di S.Croce in Gerusalemme spingendosi fino al Circo Variano: resti di questo corridoio e del circo sono visibili in vari punti nella zona retrostante la chiesa di S.Croce.
Recentemente gli scavi, sovvenzionati dallo stato italiano, hanno individuato, al di sotto dell'arena, il complesso dei servizi costituito da una galleria centrale su cui si affacciano ambienti con volte a crociera: sulla galleria principale si innestano poi altre due gallerie con un andamento semicircolare.
La cosa curiosa è che pur pagando l'impresa archeologica, non si aprono le porte ai visitatori, nemmeno a pagamento.
Dall’anfiteatro partiva un lungo corridoio coperto, che misurava 300 metri di lunghezza e 14.50 di larghezza, e toccava la maestosa stanza che successivamente divenne la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme e giungeva al circo variano.
Tracce di quest’ultimo e del corridoio si notano in alcune parti dietro la chiesa di Santa Croce. Da poco tempo si è scoperto attraverso studi specifici che sotto l’arena si trova un insieme di servizi, come la galleria più importante in cui vi sono aree con volte a crociera. Su tale galleria inoltre si congiungono un’altra coppia di gallerie tendenzialmente circolari, ma tutto è ancora da scoprire.
LA DECADENZA
LANCIANI:
"Soggetto di studi assai in favore presso gli architetti e i vignettisti del cinquecento, nei disegni e nei ricordi dei quali si trova questa differenza. Quelli anteriori al pontificato di Paolo IV lo mostrano conservato, almeno esternamente, sino all'attico : quelli posteriori lo mostrano in istato di rovina
pari al presente.
pari al presente.
Alla prima serie appartengono i ricordi fiorentini 1536 di fra Giocondo (studio sull'opera doricha di matoni p mezo el chuliseo), 680 di Sallustio Peruzzi (ortografia diligentemente misurata) ; la splendida sezione di Andrea Palladio (Devonshire) da me riprotta a p. 384, fig. 146 di Rniiis and Excav. e l'incisione Lafreri del 1560. Alla seconda serie appartengono le note vignette du Perac, Sadeler, Dosio-Cavalieri, etc."
L'anfiteatro nel III sec. venne utilizzato per allestire rappresentazioni e parate militari per la corte imperiale, e si è mantenuto nel tempo poiché inglobato nelle Mura Aureliane, che lo tagliarono a metà e lo trasformarono in bastione avanzato, chiudendo, come si vede, gli archi della facciata. Il che gli permise di sopravvivere alle depredazioni medievali, ma non alle successive. Nel 409 Onorio lo chiuse ulteriormente per inglobarlo nelle mura.
Il tipo di mattoni, privi di bolli, permette di attribuire l'edificio alla fine dell'età severiana. Fino alla metà del XVI secolo conservava anche resti dei due ordini superiori, poi abbattuti, come un'infinità di altri monumenti romani, da papa Paolo IV che non amava le antichità.
Si scrisse che vennero abbattuti per motivi tattici di difesa, demolendo il secondo e il terzo piano di cui rimangono solo pochi resti del secondo. In realtà il saccheggio iniziò all'epoca per costruire chiese e conventi.
Successivamente ciò che rimase dell’anfiteatro fu impiegato per edificare nuovi palazzi nel ‘700 poiché con Benedetto XIV furono abbattute anche le gradinate. Infatti oggi ne resta il primo piano e pochi residui del secondo.
Nella stessa vigna accanto all'anfiteatro castrense c'era il Tempio di Venere e Cupido, tempio che fu demolito in quanto pagano, e di cui furono asportati gli splendidi fregi del frontone, mentre la statua di Venere e Cupido è conservata nei musei Vaticani. Sopra al tempio sta S. Maria del Buon Aiuto, una chiesetta fra l'anfiteatro Castrense e le mura urbane, eretta dal pontefice Sisto IV nel 1476, per la cui insignificante costruzione fu sacrificato il bel tempio.
BIBLIO
- Bill Thayer - The Other Amphitheatre in Rome: the Amphitheatrum Castrense - su http://penelope.uchicago.edu -
- Donato Colli, Sergio Palladino, Cinzia Paterna - Le campagne di scavo nell'Anfiteatro Castrense a Roma: nuove acquisizioni - Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma - 1998 -
- Mariarosaria Barbera - Un anfiteatro di corte: il Castrense in Adriano La Regina (a cura di) - Sangue e arena - catalogo della mostra - Milano - Electa - 2001 -
- Samuel Ball Platner (completato e revisionato da Thomas Ashby) - A Topographical Dictionary of Ancient Rome - Londra - Oxford University Press - 1929 -
L'anfiteatro nel III sec. venne utilizzato per allestire rappresentazioni e parate militari per la corte imperiale, e si è mantenuto nel tempo poiché inglobato nelle Mura Aureliane, che lo tagliarono a metà e lo trasformarono in bastione avanzato, chiudendo, come si vede, gli archi della facciata. Il che gli permise di sopravvivere alle depredazioni medievali, ma non alle successive. Nel 409 Onorio lo chiuse ulteriormente per inglobarlo nelle mura.
Il tipo di mattoni, privi di bolli, permette di attribuire l'edificio alla fine dell'età severiana. Fino alla metà del XVI secolo conservava anche resti dei due ordini superiori, poi abbattuti, come un'infinità di altri monumenti romani, da papa Paolo IV che non amava le antichità.
Si scrisse che vennero abbattuti per motivi tattici di difesa, demolendo il secondo e il terzo piano di cui rimangono solo pochi resti del secondo. In realtà il saccheggio iniziò all'epoca per costruire chiese e conventi.
Successivamente ciò che rimase dell’anfiteatro fu impiegato per edificare nuovi palazzi nel ‘700 poiché con Benedetto XIV furono abbattute anche le gradinate. Infatti oggi ne resta il primo piano e pochi residui del secondo.
Nella stessa vigna accanto all'anfiteatro castrense c'era il Tempio di Venere e Cupido, tempio che fu demolito in quanto pagano, e di cui furono asportati gli splendidi fregi del frontone, mentre la statua di Venere e Cupido è conservata nei musei Vaticani. Sopra al tempio sta S. Maria del Buon Aiuto, una chiesetta fra l'anfiteatro Castrense e le mura urbane, eretta dal pontefice Sisto IV nel 1476, per la cui insignificante costruzione fu sacrificato il bel tempio.
BIBLIO
- Bill Thayer - The Other Amphitheatre in Rome: the Amphitheatrum Castrense - su http://penelope.uchicago.edu -
- Donato Colli, Sergio Palladino, Cinzia Paterna - Le campagne di scavo nell'Anfiteatro Castrense a Roma: nuove acquisizioni - Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma - 1998 -
- Mariarosaria Barbera - Un anfiteatro di corte: il Castrense in Adriano La Regina (a cura di) - Sangue e arena - catalogo della mostra - Milano - Electa - 2001 -
- Samuel Ball Platner (completato e revisionato da Thomas Ashby) - A Topographical Dictionary of Ancient Rome - Londra - Oxford University Press - 1929 -
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