ANTIUM - ANZIO E NETTUNO ( Lazio )


Nell'antichità Antium, che comprendeva le attuali Anzio e Nettuno, fu per lungo periodo capitale della popolazione dei Volsci, che abitavano un'area parzialmente collinosa e paludosa del sud del Latium. I Volsci erano fra i nemici più pericolosi di Roma e spesso alleati con gli Equi. Tito Livio, che non aveva grande opinione dei Volsci, li definì "un popolo più bellicoso nel ribellarsi che nel condurre una guerra"

L'antica Antium comprendeva quindi anche il territorio di Nettuno; infatti secondo gli storici, molti nobili romani avevano le loro ville nei pressi del fiume Loracina, oggi Loricina, dove si sono ritrovati numerosi reperti, tra cui un'iscrizione che cita "Nettuno olim Antium" ovvero "Nettuno una volta Antium".

ANTIUM
Nel 338 a.c. il console Caio Menio, dopo aver sconfitto Anzio, Lanuvio e Velletri, fece porre i rostri delle sue navi nel Foro Romano. Ad Anzio, in particolare, i Romani avevano catturato l’intera flotta nemica, immettendone le navi migliori nella flotta di Roma, costituendo così la loro prima marina militare. Le navi anziati più vecchie vennero invece bruciate, dopo averne smontato i rostri di bronzo, esposti permanentemente al basamento della tribuna, che da allora si chiamò “i Rostri” (Rostra).

Anzio, sconfitta da Roma, divenne la più antica colonia romana, che in era repubblicana parteggiò per Comelio Silla durante la guerra civile e pertanto fu distrutta da Caio Mario nell'87 a.c. Ma presto venne ricostruita più splendida che mai.



LE VILLAE OTII

Sul finire dell'età repubblicana Anzio conobbe invece un periodo di splendore come luogo di villeggiatura preferito dai patrizi di Roma: templi, circhi e palazzi abbellirono la città mentre lungo la costa si edificarono le ville dei più importanti personaggi del tempo: Marco Tullio Cicerone, infatti, tornato dall'esilio, vi riorganizzò i resti delle sue biblioteche, desiderando metterli al sicuro nella sua villa.

I romani più eminenti vi costruirono bellissime ville in riva al mare, sia Caio Lucrezio che Cesare Augusto. Svetonio narra infatti che ad Anzio, nel 2 a.c., Ottaviano Augusto fu raggiunto nel suo soggiorno da una delegazione del popolo romano per offrirgli il titolo di Pater Patriae, Padre della Patria, titolo concesso a suo tempo a Giulio Cesare.

Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia la visitavano frequentemente e Mecenate ad Antium possedeva una villa. Adriano poi descrisse la città come uno dei luoghi più belli d'Italia.

Ad Antium nacquero gli imperatori Caligola che ne voleva fare la capitale dell'impero e Nerone fondò una colonia di veterani in città e costruì un nuovo porto, mirabile esempio di ingegneria marittima, le cui rovine sono tuttora esistenti, ma soprattutto vi costruì la sua splendida villa, abbellendo sia la reggia che la città con marmi e statue famose.

I resti di ville romane lungo tutta la costa hanno restituito opere d'arte come la La Fanciulla di Anzio, Il Gladiatore Borghese, oggi al Louvre, e l'Apollo del Belvedere (nella foto sopra), conservato in Vaticano.



TEMPIO DELLA DEA FORTUNA

Del famoso tempio della Dea Fortuna, che molti storici studiosi del litorale laziale sostengono si trovi nell'attuale territorio di Nettuno, citato inoltre da Orazio nelle Odi, pur essendo troppo citata per non essere vera, non se ne è rinvenuta ancora traccia.



VILLA DI CICERONE

Resti della Villa che sarebbe appartenuta a Cicerone con biblioteca, recentemente restaurata, che ha sorpreso tutti con gli splendidi colori dei suoi affreschi originali.

I dipinti, di grande valore storico-artistico, sono oggi esposti al Museo Civico Archeologico.



LA VILLA IMPERIALE NELLE DIVERSE EPOCHE ( nota come Villa di Nerone )

L'appartenenza della villa all'imperatore Augusto, la inserisce nel patrimonio privato imperiale, passando di volta in volta nelle mani di ogni imperatore che salirà sul trono di Roma.
La dimora dell'imperatore si estendeva sul Capo d'Anzio lungo una fascia costiera di circa 800 m e venne edificata sul sito di una precedente villa di Augusto. Dopo la morte di Nerone tutti i Cesari romani la utilizzarono fino alla Dinastia dei Severi.

La villa si estendeva lungo la fascia costiera, larga una ottantina di m, a partire dalla punta di Capo d'Anzio e Via Furio Anziate, per più di 800 m. verso ponente fino al Capo dell'Arco Muto.

Una serie di sotruzioni e contrafforti costituiti da nicchioni, assicuravano stabilità alle costruzioni superiori collegandole con quelle che degradavano, a più piani, lungo la scogliera verso il mare.

Lunghi corridoi, cunicoli di servizio e scalinate mettevano in comunicazione gli ambienti superiori con quelli costruiti sul mare stesso su di una banchina o piattaforma sostenuta da palizzate lignee.

In antico invece, all'apice del suo sviluppo, la villa era di maggiori proporzioni e verso l'entroterra forse giungeva sino all'area dell'attuale Ospedale Militare nella Villa Sarsina. Verso la costa invece si espandeva anche oltre la spiaggia, inoltrandosi nelle acque del mare. Nella villa se ne distingue una fase Repubblicana ed Augustea, una fase Neroniana, una Domiziana, una Adrianea ed una Severiana.



EPOCA AUGUSTEA

Nella fase Repubblicana, la villa venne edificata nel piano che domina il mare, a poca distanza del Capo d'Anzio, verso la metà del II sec. a.c. con muri, stanze, vani, ambienti, tutti perfettamente ortogonali e paralleli tra loro, secondo lo schema simmetrico dell'epoca.

Questi resti, ridotti quasi completamente alle sole fondazioni, vennero alla luce per aprire la moderna Via di Fanciulla d'Anzio e sono quanto rimane dopo la distruzione operata da Nerone che vi ricostruì sopra un'altra villa più vasta.

Preziosi i resti di quel periodo, pavimenti in opera signina e in mosaico (nel tablinio) e intonaci dipinti. Attraverso un lungo corridoio, poi, si passava al peristilio e di qui si giungeva, attraverso gradini ed alcune costruzioni rustiche, sino agli orti. Resti di questa villa repubblicana furono trovati, e purtroppo distrutti, fino all'altezza della linea ferroviaria.



EPOCA NERONIANA

Proprio dietro il promontorio di Capo d'Anzio venne costruita una darsena da diporto e di servizio per le piccole imbarcazioni imperiali.

Nell'entroterra, molto vasto, la villa si articolava in padiglioni, ninfei, terme, giardini, fontane, terrazzi e belvederi.

In questa fastosa villa o palazzo imperiale gli architetti cercarono certamente di soddisfare ogni desiderio e capriccio dell’imperatore per rendere il suo soggiorno ad Anzio il più gradito possibile.

Nei vasti ed eleganti nuovi ambienti, potevano svolgersi al coperto anche recitazioni, piccoli spettacoli, danze e musiche destinate all'intrattenimento degli ospiti imperiali e al folto stuolo di cortigiani che in ogni stagione dell’anno affollavano la villa.



EPOCA DOMIZIANA ED ADRIANEA

Dai bolli laterizi e dalle tecniche costruttive, possiamo attribuire a Domiziano la sistemazione interna della villa con sistemi di isolamento delle sale e di canalizzazione delle acque. Ad Adriano invece le opere di abbellimento e decorazione secondo il gusto della sua villa di Tivoli. Una serie di padiglioni di cui resta poco, evidenziano la perfetta tecnica costruttiva adrianea con una serrata cortina di mattoni triangolari, sottili, ben cotti e perfettamente uguali.

Anche Domiziano, come Nerone, portò ad Anzio il suo gusto del grandioso e del raffinato ed Adriano, che non fu da meno, completò ed arrichhì l'opera.

Murature in laterizio e uso di bipedali, legati da ottima malta pozzolanica, si innestano nelle strutture neroniane sul lato occidentale della villa.

Il modulo architettonico degli ambienti ritorna ad essere quello rettilineo del primitivo impianto della villa.

Nel lato a mezzogiorno ampi finestroni arcuati, scanditi da lesene, si aprivano sul mare per l'areazione e l'illuminazione migliori, oltre che per lo zplendido panorama sul mare.

La decorazione architettonica era integrata da quella pittorica: giardini fioriti e uccelli che intrecciano voli tra gli alberi e si posano sui bordi delle fontane di marmo. Numerose statue nelle nicchie oltre a vasi e soprammobili nei piccoli vani rettangolari. Si pensa che potesse trattarsi della famosa biblioteca imperiale delle fonti epigrafiche. Filostrato infatti, ospite di Adriano in Anzio, oltre a celebrare il luogo e la villa, ammira la ricca biblioteca comprendente un raro libro di Pitagora.



EPOCA SEVERIANA

Ci è noto dalle fonti storiche, che la villa subì durante il regno dei Severi un importante restauro ed alcune modifiche architetturali.

Abbattuta sin quasi alle fondamenta ed interrata l'esedra neroniana, venne eretto un grande atrio ad otto colonne come si vede dai dadi di base su cui poggiavano le colonne in marmo cipollino.

Questo atrio o ingresso principale immetteva attraverso una breve e larga scalinata alla nuova imponente aula del palazzo, tripartita in tre navate, come una basilica.

Le terme, ad occidente della biblioteca, costituiscono un altro importante edificio della fase Severiana.
Ne rimane ben visibile il calidarium, con pareti di preziosi marmi a decorazione geometrica, tra cui il costosissimo marmo "africano". La villa imperiale raggiunse in questa ultima fase la sua massima estensione.



IL TEATRO

Il teatro, risalente alla metà del I sec. d.c. con modifiche e rifacimenti fine I sec. inizi II sec. d.c., misura 30 m. di diametro, con cavea suddivisa in 11 settori radiali, tagliati a metà da un corridoio voltato ed ornato da lesene intervallate. Un fornice centrale maggiore e due laterali davano accesso alla cavea.

Le gratinate sono andate distrutte, senz'altro per lo più asportate per comporre altre opere, i resti dell'orchestra le danno un diametro di circa 10 m., e la scena che chiudeva il semicerchio della cavea aveva quattro grossi corpi in muratura con rientranze e sporgenze.

Ai piedi della scena, due corridoi per il passaggio degli attori e delle scene. Alle spalle dell'edificio che chiude la scena, dei piccoli cubicoli con volta a botte e rivestiti in marmo bianco dovevano essere i camerini degli attori.

Davanti alla facciata un colonnato sorreggeva un lungo portico che sopravanzava la scena. Tutto il teatro era ornato da una serie di fornici a tutto sesto sostenuti da pilastri con semicolonne, entrambi in laterizio.

I fori per le grappe grappe denotano che anche l'esterno era rivestito di lastre di marmo e tutto il teatro poggiava su un alto zoccolo di grosse pietre vulcaniche squadrate. Il portico dietro la scena contava in origine ben 18 colonne, poi le due ultime colonne di ogni lato furono inglobate in due piccoli vani.

Delle colonne ancora oggi sono ben visibili alcune basi. Le grigie colonne, che erano state fatte con la stessa pietra vulcanica del basso podio, che rimanevano sul fronte, probabilmente non erano stuccate.



GLI SCAVI NELL'800

"Nuove indagini nell'area della villa imperiale. Nel mese di ottobre dello scorso anno, il mare burrascoso avendo fatto cadere un pezzo di rupe, in vocabolo Bottaccio, poco dopo oltrepassate le fornaci Sarsina, mise allo scoperto alcuni resti di costruzioni laterizie, presso i quali si raccolsero due statue marmoree, alte m. 1,20, l'una raffigurante Mercurio, l'altra Venere. Le due statue, di lavoro discreto e di corretto disegno, trovansi ora depositate nel piano terreno della villa della principessa di Sarsina.

Il giorno 19 dello scorso novembre cominciarono, per conto dell'amministrazione di casa Sarsina, alcune ricerche nell'area della villa imperiale anziate, al promontorio dell'Arco Muto, in terreno vocabolo Batteria, pure di proprietà della casa predetta. Le indagini furono dirette dal sig. Luigi Boccanera. A poca distanza dal sito prescelto per queste nuove investigazioni avvennero le scoperte delle quali è parola nelle Notizie del 1889 p. 164.

Gli scavi, condotti qua e là col semplice scopo di ricercare antichi oggetti, hanno messo in luce varie stanze della villa che, e dalla cortina delle pareti e dalla tecnica con cui furono composti i mosaici dei pavimenti, debbonsi indubbiamente ritenere del tempo di Adriano, il quale, come è noto, restaurò le costruzioni neroniane, in Anzio.

I mosaici sono pressoché tutti uguali, rappresentano cioè intrecci di ornati e vilucchi, su fondo bianco.

Nel mosaico di una sala che ha m. 8X8 di superficie, negli spazi lasciati dagli ornati e vilucchi predetti, vedonsi tanti piccoli busti femminili, ornamentali. In altro mosaico, invece dei busti è rappresentato un genio alato, con cornucopia nella sinistra e ima verga nella destra, in atto di incedere a dritta.

Dietro vedesi la figura di un cane in corsa. Il contorno del mosaico è formato da un intreccio ornamentale, che si diparte da alcuni crateri.

La camera ove fu rinvenuto questo mosaico, fu ridotta, in tempi posteriori, a proporzioni più ristrette, con la costruzione di alt:i muri che intersecando il mosaico lo dividono in parti irregolari e non simmetriche. Nuovi saggi praticati in altri punti della villa, hanno fatto conoscere alcune sale destinate ad uso balneario, come fu rilevato dalla presenza delle condotture nelle pareti, del duplice pavimento con suspensurae, e di un ipocausto.

Il mosaico, in queste sale balnearie, era semplicemente a grossi tasselli di marmo bianco. Si è potuto constatare, che la villa è stata tutta quanta scavata o rovistata nei passati secoli, con lo scopo evidente di trarne materiale da costruzione, tanto che mentre le stanze conservano ancora intatti i pavimenti a mosaico, ne furono asportati i marmi che rivestivano le pareti.

In un rapporto del prof. Lanciani, in cui si parla di lavori eseguiti nelle due prime settimane di questa nuova ricerca, è fatta parola di una lastra marmorea trovata fuori posto in fondo ad una piscina, ove sono segnate col carbone vario linee di cifre numeriche.

Merita qui essere ricordato che innanzi al grande muragliene neroniano-adrianeo, in cui furono trovate le statue, ancora al posto, entro le nicchie (cfr. Notizie 1879 pag. 16, 41, 116) verso la fine del 1887 per l'impeto dei marosi fu messa in luce una statua marmorea femminile, che unitamente alle sculture rinvenute nel 1879 trovasi nell'ingresso della villa Sarsina.

Ora essendo state in questo luogo medesimo eseguite alcune indagini, si riconobbe che il detto nuiraglione altro non era se non la parete interna di spazioso porticato, largo circa m. 7, decorato con colonne di cipollino, delle quali vari rocchi osservansi a fiore d'acqua. Dalla parte del mare, innanzi a detto muraglione, sono stati scoperti alcuni pilastii laterizi, sui quali poggiò la volta, oggi tutta franata, e della quale si raccolsero pezzi di finissimo stucco. I pochi oggetti recuperati sono i seguenti:

ARGENTO
- Anellino semplice.

BRONZO
- Alcune monete imperiali assai guaste per l'ossidazione.

FITTILI
- Vasetto semplice, della forma di oenochoe.
- Anfora vinaria, intatta, rinvenuta in una stanzetta incavata nel " macco » e prospiciente il mare.

MARMO
- Testa alquanto maggiore del vero, mutila e assai malconcia.
- Colonna conservatissima, di giallo brecciato, scanalata, m. 2,90 x 0,30. È priva di base e di capitello. Fu trovata fuori del fabbricato, nascosta in una buca scavata nel vergine, e naturalmente destinata ad essere poi asportata.
- Frammenti vari di statue,
- pezzi di cornici e di lastra per rivestimento.

STUCCO
- Vari frammenti di stucchi, semplici e lavorati, spettanti specialmente alla decorazione delle volte. In un frammento è rappresentato, ad alto rilievo, un puttino, di disegno e modellatum sorprendente.

Il eh. prof. K. Lanciani avendo avuto occasione di trascrivere le seguenti iscrizioni scoperte di recente in Anzio, ne comunicò gli apografi.
 a) Frammento di lastrone marmoreo conservato nel giardino della principessa di Sarsina :
 b). Anfora di forma elegante conservata nello stesso luogo. Porta scritte a pennello ed a vernice rossa
 e) Kaccolta sulla riva del mare fra Anzio e Nettuno.


BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - XLIII -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - X -
- Paola Brandizzi Vittucci - Antium: Anzio e Nettuno in epoca romana - Roma - Bardi Ed. - 2000 -
- A. La Regina - Porto d'Anzio - Enciclopedia dell'arte antica - Roma - Istituto dell'Enciclopedia Italiana - 1965 -
- G. Lugli - Saggio sulla topografia dell'antica Antium - Rivista del Regio istituto italiano di archeologia e storia dell'arte - VII - 1940 -
- A. Guidi - Anzio - Enciclopedia dell'arte antica - Roma - Istituto dell'Enciclopedia Italiana - 1994 -




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