STELE FUNERARIA |
Si formò così la regione romana del Samnium come testimoniato dai molti documenti archeologici (vedi Sepino, Boiano, Isernia, Pietrabbondante, Venafro, Trivento).
Isernia giace sul fianco di una collina, che separa due modesti corsi d'acqua:
il Carpino ed il Sordo che confluiscono nel fiume Cavaliere, affluente del Volturno.
Il Carpino probabilmente deve il suo nuovo nome alla valle in cui scorre, la "valle caprina"; fu infatti chiamato prima Caprimo e poi divenne Carpino.
Il suo vecchio nome, Gianocanense, proviene dal Dio pagano Giano e da canere, verbo latino che significa cantare. Nel libro Res Publica Aeserninorum si può leggere:
"Jano Canese, parimente, fu di Giano Janus, deo con testa griggia, canesco, flume sonatore, canere, pe'l sono di gorgheggi che l'acqua sua fa ne'l passare"
Il Sordo, invece, ha acquisito il nome dal suono cupo delle sue acque. In antichità era denominato Giovinale (o San Giovinale), poiché dedicato al Dio Giove.
La città fu sotto il dominio Sannita fin dal V secolo a.c., per la sua posizione al centro delle guerre sannitiche.
Nel 264 a.c. divenne colonia romana e nel 209 a.c. rimase fedele a Roma nella seconda guerra punica. Durante la guerra sociale, nel 90 a.. fu occupata dagli italici dopo un lungo assedio e divenne la capitale della lega italica. Cadde alla fine della guerra per mano di Silla, che la rase al suolo.
A differenza di altri popoli però i Romani, dopo aver distrutto una città la riedificavano molto più ricca e bella di prima, infatti negli anni successivi, vari imperatori, da Cesare a Nerone, promossero un piano di ripopolamento inviando colonie nei territori ove sorgeva la città.
Ai tempi di Traiano, Isernia venne elevata al rango di Municipio; in quel periodo, venne anche costruito il Capitolium.
Dopo la caduta dell'Impero romano, Isernia venne distrutta nel 456 dai Vandali, capitanati da Genserico, che si guardarono bene dal ricostruirla.
FONTANA FRATERNA
La fontana, composta da blocchi di pietra locale provenienti da un numero imprecisato di edifici romani della città, è formata principalmente da una serie di archi a tutto sesto. I primi tre sono sorretti da colonne circolari a sinistra, mentre a destra le colonne sono di forma ottagonale.
Alla base di queste colonne sono presenti lastroni di pietra di recupero. Si suppone provengano da costruzioni di epoca romana di cui era ricca la città di Isernia, come la lastra in cui sono incise le lettere AE PONT.
Al centro della fontana c'è una lastra di marmo più grande delle altre, decorata con due delfini ed un fiore; anche questa lastra è di origine romana e forse proveniente da un edificio sepolcrale.
A sostegno delle colonne ci sono dei capitelli di forme diverse, per lo più ioniche.
Infine, sulla parte superiore della fontana, sono presenti dodici archetti pensili sorretti da piccole mensole ognuna con un disegno diverso dall'altra.
Oltre all'epigrafe AE PONT, ce n'è una dedicata agli Dei Mani sul fondo della fontana, un'altra sul lato destro che indica la costruzione di una fontana, ovvero il suo assemblamento, in epoca medioevale.
Un'altra iscrizione è incastonata nel lato destro con un'epigrafe e uno stemma: l'epigrafe è FONS ISTE/CUIUS POSIT/RAMPINIANI/ME PARABIS, mentre lo stemma è formato da uno scudo in rilievo e una croce uncinata che si presume appartenente alla famiglia Rampino.
Si può affermare quindi che la fontana non risale ad un periodo storico preciso ma sia un insieme di reperti di periodi storici diversi. Essa infatti è stata costruita non soltanto con pezzi di origine romana ma anche accorpando fontane già esistenti. La lastra con l'epigrafe AE PONT si dice appartenesse al Monumento Sepolcrale di Ponzio Pilato, ma è un'ipotesi molto remota.
IL TEMPIO DI GIOVE
La Cattedrale di San Pietro si trova in piazza Andrea d'Isernia e sorge su un antico tempio pagano italico del III secolo a.c.. Isernia infatti nel 263 a.c. divenne una colonia romana affidata a coloni latini che, nel punto più alto della nuova città, edificarono un grande tempio dedicato a Giove. Le sue basi ed il grandioso podio furono poi utilizzati dai cristiani che vi costruirono una cattedrale dedicata a San Pietro.
Il tempio latino non aveva l’ingresso come oggi verso la piazza del Mercato, come emerge dalle strutture sotterranee tornate alla luce e dalle grandi cornici a gola rovesciata che si ritrovano non interrotte sotto il portale di oggi.
Alle sue celle si accedeva originariamente da una grande scalinata sistemata nella parte opposta all’attuale ingresso, all’altezza di un vicolo dedicato a Giobbe che è la trasformazione dell’originario termine latino di Jovis.
Il vico di Giobbe, dunque, è l’antica via di Giove, attraverso cui si arrivava al grande tempio dedicato alla triade capitolina: Giove, Giunone e Minerva.
Di questo tempio si hanno i maggiori resti grazie alla preservazione dell'intero podio al di sotto dell'attuale cattedrale. Ulteriori scavi recenti hanno appurato le forme del tempio. Il podio in travertino che sporge da un lato è caratterizzato da un massiccio basamento, sopra il quale sono poste due sagome rigonfie a "cuscino", sovrapposte simmetricamente (dritta e rovescia) e sormontate dal plinto.
Per la costruzione dell'edificio alcuni materiali dell'antico tempio sono stati riciclati: ciò ha chiaramente reso più difficoltoso la ricostruzione delle fattezze dell'antico stabile, ed è lecito supporre che questo sia stato a lungo abbandonato ed utilizzato unicamente come cava cui attingere materiale per l'edilizia.
CONVENTO DI S. SPIRITO
Il convento fu sicuramente eretto, come spesso avvenne, su un santuario pagano, in cui furono rinvenuti vari pezzi romani.
Tra questi, diverse decorazioni in marmo e, in un ambiente diroccato del lato a valle, è stata rinvenuta la protome di una fontanella costituita da una piccola vasca di accumulo decorata nella parte centrale da un mascherone riccamente rifinito a girali e figure geometriche nella cui bocca era sistemato l'apposito cannello.
EREMO DEI SS. COSMA E DAMIANO
Costruito, come la cattedrale, sovrapponendolo a un antico tempio pagano.
Nel 1781, sir W. Hamilton, ministro di S. M. Britannica alla corte di Napoli, indirizzava a sir Joseph Banks, baronetto, presidente della Società Reale, una lettera in cui affermava di aver scoperto che poco lontano dalla provincia veniva ancora reso una sorte di culto a Priapo seppure sotto nuova denominazione: San Cosma.
"In Isernia Città Sannitica, oggi della provincia del Contado di Molise, ogni anno il 27 Sett. vi è una Fiera delle classi delle perdonanze, così dette negl’Abruzzi li gran mercati, e fiere non di lista. Questa fiera si fa sopra di una collinetta dove nella parte più elevata vi è un’antica Chiesa con un vestibolo.
La chiesa è dedicata ai Santi Cosma e Damiano. Nella fiera e in città vi sono molti divoti, che vendono membri virili di cera di diverse forme, e di tutte le grandezze, fino ad un palmo; e mischiate vi sono ancora gambe, braccia, e faccie ma poche sono queste.
Quei che li vendono, tengono un cesto, e un piatto; li membri sono nel cesto, e il piatto serve per raccogliere il danaro d’elemosina. gridano S. Cosma e Damiano. Chi è sprattico domanda, quanto un vale? Rispondono più ci metti e più meriti.
Avanti la Chiesa nel vestibolo del tempio ci sono due Tavole, ciascuna con sedia dove presiede un canonico, e suol essere uno il Primicerio, e l’altro l’Arci-prete; grida uno: Qui si ricevono messe e litanie; l’altro, Qui si ricevono voti; sopra la tavola in ognuna vi è un bacile, che serve per raccogliere gli membri di cera, che mai si presentano soli, ma con danaro, come si è pratticato sempre in tutte le presentazioni di membri, ad eccezione di quella dell’Isola degli Ottaiti.
Questa divozione è tutta delle Donne, e sono pochissimi quelli, o quelle, che presentano gambe, e braccia, mentre tutta la gran festa s’aggira a profitto dei membri della generazione. Io ho inteso dire ad una donna: San Cosma benedetto, così lo voglio. Altre dicevano: San Cosma a te mi raccomando; altre: San Cosma ringrazio; e questo e quello osservai, e si prattica nel vestibolo, baciando ogn’una il voto che presenta.
Dentro la Chiesa nell’altar maggiore un canonico fa le sante unzioni con l’olio di San Cosma. La ricetta di quell’olio è la stessa del Rituale Romano, con l’aggiunta dell’orazione dei S.S. martiri, Cosma e Damiano. Si presentano all’Altare gli Infermi d’ogni male, snudano la parte offesa, anche l’originale della copia di cera, ed il Canonico ungendoli dice, Per intercessionem beati Cosmi, liberet te ab omni malo. Amen.
Finisce la festa con dividersi li Canonici la cera ed il denaro, e con ritornar gravide molte donne sterili maritate, a profitto della popolazione delle Provincie; e spesso la grazia s’estende senza meraviglia, alle Zitelle, e vedove, che per due notti hanno dormito, alcune nella Chiesa de’ P.P. Zoccolanti, ed altre delli Cappuccini, non essendoci in Isernia Case locande per alloggiare tutto il numero di gente, che concorre: onde li frati, ajutando ai preti, danno le Chiese alle Donne, ed i Portici agl’uomini; e così Divisi succedento gravidanza non deve dubitarsi, che sia opera tutta miracolosa, e di divozione".
Nota
"Li forestieri alloggiano non solo tra li Capuccini e Zoccolanti, ma anche nell’Eremo di S. Cosma. Le Donne che dormono nelle chiese de’ P.P. Sudetti sono guardate dalli Guardiani, Vicarj e Padri più di merito, e quelli dell’Eremo sono di casa dall’Eremita, divisi anche dai Proprj mariti, e si fanno spesso miracoli senza incomodo delli santi".
Sir W. Hamilton
"Li forestieri alloggiano non solo tra li Capuccini e Zoccolanti, ma anche nell’Eremo di S. Cosma. Le Donne che dormono nelle chiese de’ P.P. Sudetti sono guardate dalli Guardiani, Vicarj e Padri più di merito, e quelli dell’Eremo sono di casa dall’Eremita, divisi anche dai Proprj mariti, e si fanno spesso miracoli senza incomodo delli santi".
Sir W. Hamilton
Una delle opere di ingegneria romana più straordinaria che ancora si conserva in Isernia è certamente l’antico acquedotto romano, scavato nelle viscere della città, che è in funzione senza interruzione da oltre duemila anni, scavato nelle rocce travertiniche nel sottosuolo della città.
Nessun documento epigrafico per documentare l’epoca della sua costruzione che per alcuni è di molto anteriore al periodo imperiale e da mettere in relazione alla fondazione della colonia latina nel III secolo a.c.. Secondo altri è di epoca traiana.
Il suo “specus”, ovvero il suo condotto, si sviluppa nella prima parte per una lunghezza di circa 3.300 m congiungendo il “caput aquae”, presso la montagna di S. Martino, al serbatoio principale, situato accanto alla porta decumana superiore della città.
La seconda parte, per una lunghezza di circa 1.100 m, si estende nel centro urbano e segue il decumano maggiore della città fino alla porta inferiore verso Venafro. La captazione delle acque avviene attraverso una serie di canali di drenaggio costruiti artificialmente per convogliare le varie vene acquifere ad un unico pozzo che costituisce il vero inizio del condotto.
PONTE ROMANO
Interessanti reperti della Aesernia latina si possono ammirare in località Quadrella, dove si conserva un ponte romano in pietra, lavorata in opera quadrata, con un unico fornice.
Il ponte è ora invaso dalle erbacce e andrebbe trattato con maggior cura. Nel luogo si sono anche rinvenuti cippi di età imperiale.
TERME ACQUA SULFUREA
E' presente, in contrada Acqua Sulfurea, uno stabilimento termale risalente ai tempi dei romani, e in disuso ormai da molto tempo. Nello stabilimento è presente una fontana di acqua sulfurea tutt'oggi attiva.
BIBLIO
- Antonio Maria Mattei - Storia d'Isernia - Napoli - 1978 -
- Raffaele Garrucci - La storia di Isernia, raccolta dagli antichi monumenti -
- G. Masciotta - vol. 3° - Il Molise dalle origini ai nostri giorni, Campobasso - 1984 -
- Angelo Viti - Ponte Giancanese (Giano Camense) - Res Publica Aeserninorum - Isernia - 1982 -
- Italo M. Iasiello - Samnium: assetti e trasformazioni di una provincia tardoantica - 2007 -
4 comment:
Fù colonia latina e non romana, il tempio A non è riconducibile a nessuna divinità poichè non è stata individuata nessuna iscrizione, il vico Giobbe è così chiamato poichè in quel quartiere vi era un ghetto ebraico e vi era una famiglia da cognome Jobb, dialettalmente chiamati Giobb.Non vi sono tracce di un passato sannita, tranne che in due località Castelromano, a nord, e la civita di Longano a sud-est di Iserbia due fortezze sannite d'altura, in quanto li si snodava la via tratturale della tramsumanza denominata in epoche successive Pescaseroli-Candela.
Complimenti per l'articolo 😉
Chiedo scusa... Isernia
bellissimo
e stata un vera occasione preziosa consultare questo sito per poter apprezzare al meglio i regali vhe ci offre questa fantastica città di Isernia che tra l'altro è proprio la citta in cui vivo, una citta piena di ricchezze
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