VENUSIA - VENOSA ( Basilicata )



VENOSA

Venosa è circondata da una rigogliosa vegetazione, situata al margine nord-orientale della Basilicata, su una delle alture dell'Appennino lucano, vicino al confine con la Puglia.

Il suo centro storico ancora ricalca l'antico sistema viario della città romana, con due vie di attraversamento longitudinali identificabili nell'attuale Corso Vittorio Emanuele e Corso Garibaldi, e da una serie di strade minori trasversali che descrivevano isolati regolari.

Dell'antica Venusia poco resta, inglobata nella città medievale che reimpiegò il materiale architettonico preesistente, per cui le vestigia della città romana: epigrafi, frammenti architettonici, elementi decorativi e bassorilievi, murati nelle chiese e nei palazzi fanno di Venosa un museo all'aperto.



LA LEGGENDA

La leggenda della prima fondazione di Venosa risale all’arrivo del mitico eroe greco Diomede in viaggio dopo la caduta di Troia.

Dopo il grande evento, secondo il mito omerico, il figlio protetto della dea Atena fu il primo tra tutti gli Achei a tornare in patria, ad Argo, di cui Diomede era divenuto re dopo la morte del vecchio sovrano. In effetti il padre della sua futura moglie Egialea, era perito durante la seconda guerra contro Tebe, a cui aveva inoltre valorosamente partecipato lo stesso Diomede.

Il veloce ritorno era però opera di Afrodite, ansiosa di vendicarsi dell’offesa ricevuta durante la guerra, dato che il figlio di Tideo, nello scontro contro i troiani, l'aveva ferita a una mano mentre tentava di sottrarre alla sua furia il figlio Enea, futuro fondatore di Roma.

Al suo ritorno ad Argo quindi, né sua moglie Egialea né i suoi sudditi lo riconobbero più: Afrodite aveva cancellato il ricordo del eroe-re dalla loro memoria.

Ancora una volta il destino condusse pertanto l’eroe ad abbandonare la sua città e ad avventurarsi stavolta per l'Italia. Diomede si fermò nei porti dell’Adriatico e insegnò alle popolazioni locali a navigare (arte sotto la protezione di Afrodite) e ad addomesticare i cavalli.

Diomede divenne così l’eroe del mare e della diffusione della civiltà greca o meglio “l’eroe della civilizzazione” come in seguito verrà definito, per aver a lungo navigato e per aver fondato diverse città della costa adriatica e della Daunia, come Canusium, Arpi, Sipontum e Luceria.

Infine, per placare l’ira di Afrodite le dedicò la città da lui fondata, Venusia ottenendone così il perdono. Poi l’eroe decise però di non tornare in patria ma di stabilirsi in Italia meridionale, sposando la principessa Evippe, figlia del re Dauno, signore dell’antico popolo indigeno dei Dauni.

Una spiaggia delle Isole Tremiti divenne il luogo di sepoltura dell’eroe greco e i suoi compagni vennero trasformati da Afrodite in grandi uccelli marini: le “diomedee”, allo scopo di bagnare per sempre la tomba del grande eroe Diomede.



LA STORIA

Situata su un altopiano delimitato lateralmente da due valli abitato fin dalla preistoria, l'antica Venusia era una città apula sorta al confine con la Lucania. Fu ricostruita dai Romani che nel III sec. a.c., cacciarono i Sanniti che la occupavano e ne fecero una colonia, nel 291 a.c.che dedicarono alla Dea Venere dandole il nome di Venusia. In questa città nel 65 a.c. nacque il poeta Orazio di cui sembra si conservino le vestigia della sua domus patrizia.

Fondata dai Peucezi e divenuta poi sannita, Venusia fu dunque conquistata dai Romani nel 291 a.c, e nel 291 ne fecero una grossa colonia latina militare di 20000 persone, che assicurava a Roma il controllo delle pericolose popolazioni lucane e daune.

Ebbe un notevole sviluppo a partire dal 268 a.c. e assunse un ruolo strategico per il controllo dell'Appennino e delle comunicazioni tra Puglia e Campania.

Nel 190, il prolungamento della via Appia, da Benevento a Brindisi, ne fece un centro commerciale e amministrativo, fra i più importanti dell'Italia.

Nel 114 d.c. l'imperatore Traiano fece deviare il percorso della Via Appia, per evitare le difficoltà dell'attraversamento del Vulture, escludendo cosi Venosa dal collegamento Roma- Taranto - Brindisi, ponendo fine a una ricca attività commerciale.

Fu teatro di episodi della guerra sociale, fra il 90 e l'88. Nel 43 a.c. i Romani vi trasferirono una nuova colonia. Acquisì così una posizione di privilegio all'interno della regione, che mantenne per tutto l'Alto Medioevo.

Nel tardo impero a Venosa si stabilì una comunità ebraica che lasciò delle articolate catacombe ebraiche, con serie gallerie, cunicoli e affreschi, scavate in una collina di tufo appena fuori del centro storico accanto a ipogei cristiani.

Numerose epigrafi ebraiche del IV-IX secolo d.c., rinvenute nell'area dell'anfiteatro e nei muri perimetrali dell'Incompiuta, testimoniano l'integrazione di questa comunità nella società romana.

L’impero romano ha lasciato una magnifica testimonianza a Venusia, che ospita oggi un ricco parco archeologico e testimonianze stratificate all’interno della S.S. Trinità.



I RESTI ARCHEOLOGICI

Tra le rovine di complessi residenziali, spiccano i resti di una domus patrizia, di un complesso termale e dell'anfiteatro del I-II secolo d.c., con solo metà dell'originaria ellisse.


Anfiteatro

L'anfiteatro, di 70 m x 40, era costituito da tre livelli di gradinate che poggiavano su altrettanti corridoi anulari, fu edificato tra il I ed il II secolo d.c. su un'area già occupata da edifici d'età repubblicana, ancora visibili, con una capienza di circa 10000 spettatori.

Sull'arena si trovava la terrazza del "podio" per i personaggi importanti. Il primo scavo avvenne ad opera dei Borboni nel XIX sec., con ritrovamento di bronzi, monete, terrecotte ma, per abbandono, i ruderi furono risotterrati.

Solamente nel 1935 fu riportato il tutto alla luce.

L'anfiteatro ellittico, edificato su tre piani, in parte costruiti fuori terra e in parte realizzati tagliando a terrazze il terreno in cui sorge, è stato privato di molte opere e ornamenti, attualmente collocati in altri monumenti di Venosa. soprattutto per erigere la Chiesa Incompiuta.


Terme

Il complesso termale è formato da una serie di ambienti posti in successione destinati ai bagni freddi o frigidarium con una vasca e un mosaico a motivi marini, tiepidi o tepidarium e caldi o calidarium, in più strutture di servizio e forni che riscaldavano alcuni ambienti con aria calda che scorreva sotto il pavimento, il cosiddetto encausto.

All'esterno dell'edificio si trovano resti di un cortile provvisto di porticato, adibito probabilmente a palestra.


Domus di Orazio

Un altro impianto termale, appartenente ad una domus patrizia è stato identificato nella cosiddetta casa di Orazio, il poeta latino nato a Venosa nel 65 a.c.


Catacombe ebraiche

Situate sulla collina della Maddalena, in una zona periferica di Venosa, datano tra il IV e il VI sec. d.c. secondo la documentazione epigrafica, e furono scoperte nel 1853, oggetto di studio sistematico dal 1974.

Si snodano in una serie di corridoi lungo i quali si possono ammirare le sepolture e le iconografie di questo popolo. Accanto alle catacombe ebraiche, vi è un'altra struttura che ospita quelle cristiane; ciò è una delle prove che gli ebrei riuscirono a convivere pacificamente con la popolazione locale.


Tomba di Marcello

Secondo la leggenda vi fu sepolto il console Claudio Marcello, caduto in combattimento contro Annibale.



Via Venusia - Canusium

Fu la via che attraversò il console Varrone per raggiungere, con i pochi cavalieri scappati con lui, Canusium, ove si trovava il maggior contingente superstite alla fatale battaglia.

Essa costituiva un raccordo tra la via Appia e la via Traiana. Probabilmente era, in origine, una mulattiera, che poi fu rifatta per agevolare il collegamento tra l'antica Venusia e Canusium.


BIBLIO

Polibio - Storie - III -
- AA. VV - Basilicata Atlante Turistico - Istituto Geografico De Agostini - 2006 -
- Giuseppe De Lorenzo - Venosa e la regione del Vulture (la terra d'Orazio) - Istituto italiano d'arti grafiche - 1906 -
- Emanuele Masiello - Venosa: storia città architettura - Appia 2 - 1994 -
- Maria Luisa Marchi, Mariarosaria Salvatore - Venosa: forma e urbanistica - L'erma di Bretschneider - 1997 -



1 comment: