FERENTIUM ( Lazio )


Orazio, Livio, Diodoro Siculo e Plinio la chiamarono Forentium. Diodoro narrò di un borgo sannita, mentre Livio la definì un "Agglomeratum validum" una città forte che oppose tenace resistenza alla seppur inevitabile conquista romana nel 317 a.c.

Il colle di Pianicara venne abitato prima dagli etruschi e poi dai romani; l’insediamento umano rimase vivo anche in età medievale, quando vi fu costituita una diocesi, ma l'abitato di Ferento, ridotto a piccolo castello, fu distrutto dai viterbesi nel 1172 con il pretesto di eresia.

Le rovine della città romana di Ferento si trovano su una lingua tufacea di forma allungata estesa una trentina di ettari, che si affaccia in modo davvero spettacolare sui torrenti Vezzarella e Acquarossa.

Gli scavi furono realizzati da Luigi Rossi Danielli alla fine dell’Ottocento e proseguono tuttora a cura dell’Università della Tuscia. L'importante area archeologica dell'antica città romana di Ferentium sorge oggi presso la Via Teverina, al confine settentrinale del comune di Viterbo, Capoluogo della Tuscia, centro di grandissimo interesse storico e archeologico.

Ferento nacque come città etrusca nel IV sec. a.c. sul colle tufaceo di Pianicara, tra i torrenti Vezzarella e Acqua Rossa. Sull'opposto colle di S. Francesco era l'abitato di Acquarossa, la Ferento arcaica improvvisamente distrutta alla fine del VI sec. a.c.

Eleganti e ordinate, così molti definivano le rovine di Ferentium, per come fosse ben costruita e prospera questa città romana. L' area archeologica, purtoppo oggi piuttosto trascurata, si trova verso il confine nord del Comune di Viterbo e racchiude, lungo una struttura viaria rappresentativa della intessitura urbana tipica delle città romane, con resti di importanti monumenti pubblici.

I monumenti di maggiore evidenza sono il teatro e le terme. Il teatro è anche utilizzato per spettacoli estivi all’aperto. L’area è attraversata dalla Via Publica Ferentiensis, che mostra i basoli originari con i solchi dei carri. La strada romana collegava la Cassia viterbese ai porti fluviali sul Tevere. La passeggiata può così essere proseguita sulla strada sterrata Ferentana, erede della Ferentiensis, che scende dal colle, traversa campi, poderi e masserie, e si dirige verso Grotte Santo Stefano.



LA STORIA

Nel territorio di Ferento si insediò dapprima un insediamento etrusco del IV sec. a.c. tra i torrenti Vezzarella e Fosso dell’Acqua Rossa. Sul vicino colle di San Francesco era l’insediamento di Acquarossa, che ebbe vita dal protovillanoviano al 500 a.c., strutturato in epoca arcaica intorno ad un "palazzo" (secondo altri un tempio), edificato con blocchi di tufo, le cui terrecotte architettoniche figurate sono conservate oggi nella viterbese Rocca di Albornoz.

Nei secoli antecedenti l'occupazione romana, Ferento, sorgeva sull'altura di Pianicara, dove molto probabilmente, si insediarono gli sfollati della vicina città etrusca Acquarossa, distrutta intorno al 500 a.c. durante le guerre di espansione di Tarquinia.

Infatti nell'area a fronte di Ferentium sorgeva l'antichissimo insediamento arcaico etrusco dell'Acquarossa mentre in questo luogo sorgeva un suo distaccamento; quando il sito dell'Acquarossa fu distrutto dagli abitanti della città etrusca localizzata nell'attuale Viterbo, i suoi abitanti si trasferirono qui. Non è da trascurare il fatto che il distrutto abitato dell'Acquarossa si chiamasse Ferenth, che forse ha determinato il nome di Ferentium.

IL TEATRO

FERENTUM ROMANA

La città attuale di Ferentium fu, dopo che i Romani l'ebbero conquistata, ricostruita come d'uso secondo i nuovi canoni dei piani urbanistici romani, introdotti da Cesare prima e da Augusto poi diffondendoli per tutto l'impero. Sorse così sulla collina prospicente a quella di Acquarossa alla fine del II sec. a.c., come colonia graccana.

Con la conquista romana del territorio a Nord dei monti Cimini, avvenuta nel 310 a.c., l’area di Ferento entrò pertanto nella sfera d’influenza di Roma, divenendo la settima regione d'Italia.
Sappiamo da Tacito e Vitruvio che la città divenne municipium e che fu ascritta alla tribù Stellatina, ma soltanto in età giulio-claudia raggiunse il massimo splendore.

Con l’edificazione di sontuosi edifici pubblici tra cui il teatro, l’anfiteatro, le terme e il foro che grazie alla generosità di due privati cittadini, Sesto Ortensio e Sesto Ortensio Claro, il centro romano venne completamente riqualificato. Anche il decumano venne dotato di un largo portico colonnato sul quale si affacciava un grande isolato destinato ad attività commerciali.

Cinta da mura a blocchi, aveva un impianto regolare, per strigas; l'asse principale è costituito dal tratto urbano della Via Ferentiensis. La città è solo parzialmente esplorata; colonia graccana e poi municipio, ebbe uno sviluppo urbanistico imponente in età augustea, con la costruzione del teatro, un anfiteatro, il Foro, l'Augusteo.

Al II secolo d.c. risalgono la costruzione delle terme e i rifacimenti edilizi relativi al teatro. Intorno si estendono le necropoli antiche, soprattutto a Pianicara, e sulle attigue alture, dall'età ellenistica all'età imperiale, dove sono state messe in luce numerose tombe a camera a pianta irregolare.

Essa infatti si sviluppò soprattutto dall'età augustea fino al II sec. d.c., periodo a cui risalgono i più importanti monumenti. Lo splendore di Ferento in questo secolo la fece definire "Civitas Splendidissima" come è scritto in una epigrafe di marmo rinvenuta nei pressi della città.
Divenuta poi municipio, dopo la guerra sillana, raggiunse massimo splendore in età imperiale. Soprattutto in epoca augustea si ebbe la massima monumentalizzazione, poi tra il tardo I e II sec. d.c.

Fiorente Municipio romano ebbe come attività principali il commercio, l'agricoltura, l'allevamento, nonché l'estrazione e lavorazione di tufo e peperino. Tra le attività ferentane spicca in particolre quella della lavorazione e la commercializzazione del ferro che era facile da reperire in grandi quantità e soprattutto in superficie, su gran parte del territorio circostante.
Per questi motivi Ferento divenne una città molto ricca, abitata da abili artigiani e potenti commercianti che controllavano i traffici delle merci che si spostavano dalla costa del Tirreno all'entroterra e viceversa.
Visti i confort ed i servizi che la città offriva, erano molte le famiglie romane che la sceglievano per trascorrere i propri periodi di vacanza, aumentando così l'importanza e la fama della città.
Da alcune epigrafi, pertinenti una delle tombe del territorio, si deduce l’appartenenza di un sepolcro ai Salvii, antenati dell’imperatore Otone, che qui sembra aver avuto i natali.

Con la fine dell’impero romano, soggetta alle incursioni barbariche, Ferento decadde come quasi tutti i centri abitati con la caduta dell'Impero. Dopo le invasioni barbariche divenne sede di diocesi almeno dal VI-VII secolo; con il successivo conflitto tra longobardi e bizantini per la città inizierà inesorabilmente un lento declino con conseguente calo demografico.

Nel corso dei secoli XI e XII Ferento si ripopolò ma il declino e la definitiva distruzione della città di Ferento avverrà nel 1172 ad opera dei viterbesi, con la scusa di una persecuzione per eresia, un reato che i buoni cristiani facevano pagare con la morte. Tale fatto sembra però essere scaturito da continue rivalità tra i due centri sul controllo del territorio.

A seguito della distruzione di Ferento, una parte della popolazione si rifugiò in località “Le Grotte (attuale Grotte Santo Stefano) mentre ad altri fu permesso dai viterbesi di trasferirsi presso la zona di San Faustino.

Per meglio evidenziare l’annientamento della città rivale, aggiunsero al leone di Viterbo anche la palma, simbolo di Ferento, dando così origine allo stemma comunale viterbese che è ancora oggi così rappresentato.



DESCRIZIONE

La città romana aveva un impianto regolare, vie ortogonali tipica degli abitati romani, per strigas, cioè con strade ortogonali. La città di Ferento era attraversata dalla Via Publica Ferentiensis, un’arteria trasversale che collegava la via Cassia con la valle del Tevere e che ne costituiva il decumanus maximus, adiacente all’anfiteatro ed era cinta di mura a blocchi, in parte ancora visibili sul margine orientale della città.
Essa conserva, oltre a tratti della antica cinta muraria, i resti del Foro, delle Terme, del Teatro, una Fontana contornata da numerose statue e L'Augusteo, nonchè di vari edifici civili e tratti di basolato stradale (l’asse cittadino era la Via Ferentiensis).

In epoca augustea vi furono edificati teatro, l’anfiteatro, il Foro e l’Augusteo. Al II sec. risalgono invece le terme pubbliche e la seconda fase del teatro.

Ma il monumento più pregevole è il grandioso Teatro ancora oggi utilizzato, a parte i periodi di chiusura per restauro, per importanti manifestazioni nel periodo estivo; negli ultimi tempi l'area ha un aspetto abbastanza trascurato e impazzano le erbacce.

Ai limiti dell'area archeologica si trovano notevoli resti di Necropoli etrusche e sepolcreti romani, tra cui la sepoltura appartenente alla famiglia dell’imperatore Otone. Ferentum dette infatti i natali all'imperatore Ottone ma pure a Flavia Domitilla, moglie dell'imperatore Vespasiano.




GLI SCAVI


La scoperta di Ferento è legata al nome di Luigi Rossi Danielli, archeologo viterbese che insieme alla “Società Archeologica Pro-Ferento”, costituitasi nel 1906, condusse ricerche e scavi sul colle di Pianicara agli inizi del Novecento, effettuando lo sterro di gran parte del teatro e mettendo in luce il vicino impianto termale.

Tra il 1925 e il 1928 la Soprintendenza alle antichità di Roma completa la messa in luce del teatro e lo scavo restituisce tra le altre cose un prestigioso arredo statuario composto da nove Muse della mitologia classica (Melpomene, Talia, Erato, Euterpe, Clio, Tersicore, Urania, Calliope, Polimnia) che ornavano le nicchie dell’ordine inferiore del proscenio e una copia del Pothos del celebre scultore Skopas, collocato nella cavea del teatro (oggi a Viterbo al Museo Nazionale della Rocca Albornoz).

L'Università di Viterbo negli ultimi anni ha portato alla luce importanti resti monumentali, i cui reperti più significativi sono esposti nel Museo Nazionale di Viterbo, presso Rocca Albornoz. Sulla adiacente collina a nord est, chiamata Talone è stata rinvenuta una necropoli.


IL TEATRO

E' il monumento meglio conservato dell’antica città, e attualmente restituito alla cittadinanza per la rappresentazione di spettacoli estivi. La cavea, realizzata in un’imponente opera quadrata di peperino e cinta da ventisei arcate in blocchi, alcune delle quali originali, si sviluppa attorno all’orchestra semicircolare, e al palcoscenico in reticolato e laterizio, secondo lo schema tipico dei teatri romani, che riduce la più ampia orchestra di quelli greci.
Le versurae, corridoi di accesso alla cavea, sono realizzati in cementizio, il palcoscenico è in opus reticolatum e la parte alta del frontescena in latericium.

I nicchioni della scena, ai lati della porta regia, erano decorati con statue delle Muse, oggi al Museo Civico di Viterbo e con una bellissima copia del Pothos scopadeo, oggi al Museo Archeologico di Firenze.
Adiacenti al teatro si conservano diversi resti di abitazioni ed i ruderi delle terme, strutturate in opera mista di reticolato e laterizio sul consueto impianto che comprende frigidarium, tepidarium e calidarium e conservanti mosaici in bianco e nero.
Parti degli edifici emersi durante le campagne archeologiche a Ferento, sono stati ricostruiti presso il Museo Archeologico Nazionale di Viterbo; in particolare, alcune statue in marmo raffiguranti i personaggi della tragedia e della commedia greco-romana che presumibilmente erano posizionate nel frontescena del teatro. Inoltre è presente una piccola ricostruzione in legno del teatro ferentano.


TERME

Notevole il complesso termale pubblico, dove ancora sono riconoscibili il frigidario, il tepidario e il calidario, con parti di colonne, di mura e di pavimentazioni a mosaico con tessere bianche e nere.

Purtroppo sono state scavate solo in parte e speriamo che i lavori archeologici riprendano quanto prima.

Peraltro le terme dovevano essere estremamente lussuose, visto che Ferento venne fregiata del titolo di Civitas Splendissima, come ci ricorda un’iscrizione del II sec. d.c. rinvenuta nelle vicinanze del teatro, ma è anche famosa per aver dato i natali all'imperatore Marco Salvio Otone, che regnò nel 69 d.c., nonché a Flavia Domitilla, la moglie dell’imperatore Vespasiano e madre di Flavia Domitilla Minore, Tito e Domiziano, entrambi imperatori di Roma.

ACQUEDOTTO

Come sempre i Romani si occupavano di acquedotti per i bisogni dei cittadini e per le terme.

Poche erano le case con terme private per cui i cittadini si lavavano in quelle pubbliche.

Le pubbliche terme però richiedevano continua acqua corrente, dato che i romani erano dei grandi igienisti, dei grandi costruttori, e pure padroni di notevolissime ricchezze dell'erario.

Per quanto anche nell'antica Roma vi fosse la corruzione attraverso la compera dei voti, verso il popolo c'era un grande rispetto, per cui i soldi dell'erario non se li prendevano gli amministratori ma li spendevano per il popolo, beneficiandoli di monumenti splendidi e lussuosi, come ad esempio le terme.

Ma per avere le terme occorreva un acquedotto, affinchè l'acqua fosse sempre fresca e pulita, compresa quella scaldata, altrimenti il popolo avrebbe preso malattie se non epidemie.

SEPOLCRI E NECROPOLI

Le necropoli di Ferentum si trovano, sia sui fianchi della collina di Pianicara che nei colli intorno.
Poche tombe sono ancora visibili.

Una di queste tombe, di importanza notevole per la problematica sulla romanizzazione in Etruria e per gli aspetti linguistici ed epigrafici che rivestono le iscrizioni ivi rinvenute, apparteneva ai Salvii, antenati dell'imperatore Otone, che qui ebbe i natali.

Scavate nella metà dell'800 e ai primi decenni del 900, si sono lentamente riempite di terra e nuovamente scomparse. Sono di varia epoca e vanno dal VII secolo a.c. fino alle invasioni barbariche.

Numerose sono comunque le necropoli che circondano Ferento, si conoscono la necropoli di:

- Procoietto: III-II sec. a.c., principalmente tombe a camera;
- Talone: IV-II sec. a.c.;
- Poggio della Lestra.
- Poggio della Lupa: famosa soprattutto per la Tomba dei Salvi, la famiglia che dette i natali all'imperatore Marco Salvio Otone, sepolcro risalente al II-I sec. a.c.

Interessante è la presenza a circa 200 metri da questa tomba della cosiddetta “Miniera di Ferento", di origine romana, la galleria si sviluppa per almeno 50 metri sotto la rupe della collina, finalizzata alla ricerca di minerale ferroso, in genere limonite.


ATTUALMENTE SI POSSONO VISITARE

- il decumanus maxìmus (E/O), l’asse principale dell’abitato che lo tagliava in direzione est-ovest;
- un pregevole impianto termale con pavimenti a mosaico ben conservati;
- il teatro formato dalla cavea, destinata gli spettatori, dalla scaena ove si svolgevano le rappresentazioni, dal fossato e da ben 27 arcate che circondano e decorano la parte posteriore alcune originarie dell’epoca altre rialzate e/o completamente o solo in parte ricostruite
- verso l’estremità orientale di Piancara si trova l’anfiteatro ancora non scavato e visibile solo in parte.


BIBLIO

- Marcello Spanu - Ferento romana - in Atlante tematico di topografia antica - vol. 24 - 2014 -
- Fabrizio Botticelli - Le terme romane di Ferento. Dall’archeologia alla documentazione sui restauri moderni - in Archeologia Classica - LXVII - 2016 -
- Salvatore Medaglia - Carmelo Marino e Fabrizio Trentacoste - Note sull'acquedotto romano di Ferento (Viterbo) - in Daidalos - n. 11 - 2011 -
- Giuseppe Rocco Volpi - Vetus Latium Profanum - Roma - 1745 -




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