LUCERIA - LUCERA ( Puglia )

PORTALE DI LUCERA

Posta su tre colli da cui domina la piana del Tavoliere, l'antica città di Lucera è stata scenario di importanti avvenimenti storici. Qui combatterono Pirro e Annibale per contrastare l’Impero Romano, qui si assistette alla terribile guerra tra Cesare e Pompeo.

Quello romano fu un periodo d’oro per la città, elevata a colonia di diritto latino, con ampia autonomia e privilegi.

Il nome di Lucera deriva, forse, dal nome della tribù serviana dei Luceres, ma per altri dal tempio della Dea Lucina che qui sarebbe stata venerata.

Altri ancora lo derivano da “lux cereris” per la fecondità dei campi o da Lucio, prenome del mitico Dauno, o ancora, dall’etrusco “luceres” in riferimento ai boschi sacri che un tempo circondavano la città, ma con gli etruschi ebbero poco a che fare.


LA LEGGENDA

Erodoto narra che i cretesi, dopo essersi recati in massa in Sicilia per vendicare la morte del loro re Minosse, furono spinti da una tempesta all’altezza della penisola Italica e precisamente della Iapigia, nome dell’antica Puglia, dove si stabilirono nel XIII sec. a.c. Forse tutta leggenda non è perchè recentemente sono stati scoperti a Lucera 725 segni, appartenenti alle tre forme di scrittura cretese-micenea, incisi sui blocchi di pietra utilizzati per la costruzione della Fortezza svevo-angioina sul colle Albano.

Le pietre segnate apparterrebbero, secondo Marincola, ad un tempio dedicato a divinità pagane, successivamente riutilizzato come cappella cristiana. Anche il castello costruire da Federico II del Sacro Romano Impero nel 1233 trasse il materiale di costruzione principalmente dai resti delle costruzioni romane ancora presenti nella zona.

Il castello, infatti, sorge nello stesso luogo della acropoli della città romana.


LA STORIA

Di origini antichissime, gli storici fanno risalire la sua origine al periodo del Neolitico, Lucera fu fondata, in epoca imprecisata, dai Dauni. Le prime testimonianze di vita nell’area della città sono state individuate sul Monte Albano, dove sono state rinvenute tracce di alcuni villaggi neolitici del III millennio a.c.

Dal 314 a. c. fu colonia latina e in seguito municipium e colonia romana con il nome di Luceria. A detta di Cicerone era "una delle più fiorenti città d’Italia". La città mantenne una certa importanza per tutto il periodo imperiale, fino a diventare capoluogo della provincia di Apulia (Puglia) sotto Costantino, nel III sec. d.c.

Fra i Dauni e i Sanniti non scorreva buon sangue e questo fu di fondamentale importanza durante la seconda guerra sannitica (326-304 a.c.), quando l'esercito romano, nel tentativo di prestare soccorso a Luceria, assediata dai Sanniti, subì una grave sconfitta nella battaglia delle forche caudine.

Lucera, valida alleata di Roma fin dalle guerre sannitiche, nel 315 a.c., dopo l'evento delle Forche Caudine che gettarono un'onta indelebile sui vinti, si che le donne romane portarono il lutto per un anno intero.

Fu qui che i sanniti rinchiusero i seicento cavalieri romani che torturarono e forse sodomizzarono, dopo avergli promessa salva la vita se si fossero arresi. I Romani si vendicarono nel 320 a.c., il console Papirio Cursore coi suoi attaccò la città, liberando i prigionieri romani, e pose il suo dominio su di essa. I Romani strangolarono poi il re sannita nel carcere Mamertino, dopo aver battuto definitivamente i Sanniti.

Dopo pochi anni, nel 315 a.c., Lucera si ribellò a Roma, tornando dalla parte dei Sanniti, ma l'anno dopo, nel 314 a.c. i consoli Petilio e Sulpicio riuscirono a recuperare con le armi Luceria, che si trasformò in colonia romana e si sviluppò grazie alla preziosa posizione difensiva.

Nel 295 a.c. i Sanniti tentarono un ultimo attacco verso Lucera, ma il console M. Attilo Regolo riuscì a sconfiggere le truppe nemiche, sancendo in modo definitivo la vittoria romana.

Nel 265 a.c. Luceria fu messa a capo di una delle 4 province questorie della repubblica. Da allora restò fedelissima a Roma, diventando una Colonia "iuris latini", per la sua grande lealtà, sempre tenuta in grande considerazione dai Consoli e dal Senato (Lucerinis bonis et fidelibus sociis – Livio:IX, X).

A fianco di Roma nella guerra contro Pirro, re dell’Epiro, Luceria fronteggiò la guerra annibalica (218-201 a.c.). Poi nel 217 a.c., presso Geronio, a cinque leghe a nord di Lucera, mentre Annibale si teneva pronto a difendere il campo e i distaccamenti sparsi nelle campagne, ancora una volta Luceria rimase fedele a Roma, che la proclamò colonia togata, comandata quindi da un "Senatus Consultus", con magistrature proprie, simili a quelle romane, ed addirittura di battere moneta.

MOSAICI DELLA BASILICA PALEOCRISTIANA

LUCERA ROMANA

Vi costruirono infatti una colonia latina, alla quale, successivamente, fu concessa la cittadinanza con l'iscrizione alla tribù Claudia. Città greca e poi colonia romana, durante la dominazione di Augusto si arricchì di importanti monumenti, fra cui l'imponente anfiteatro, le ricche terme a mosaici policromi, alcuni circhi e diversi templi di divinità romane e locali, nonchè di molte altre pregevolissime opere d'arte.

Anche durante la decadenza imperiale, Lucera ebbe un ruolo importante nell’ organizzazione politica dello Stato: Costantino il Grande la fece capoluogo di Puglia e di Calabria.

Per la sua posizione intermediana tra Roma e Bisanzio, Occidente ed Oriente, fu attaccata da Bizantini, Franchi e Longobardi. L'impianto romano fu distrutto quasi completamente dai Bizantini nel 663 d.c..

In epoca romana, Lucera occupava una porzione di territorio molto vasta, che dai colli si estendeva fin oltre l'attuale Porta Foggia. Sul Monte Albano era situata l'Acropoli, sul colle del Belvedere si trovava il Foro, mentre sul Monte Sacro sorgeva il Tempio dedicato a Cerere.

Le mura della città romana si snodavano seguendo la conformazione del terreno, al loro interno la pianta della città si strutturava in modo ortogonale, e le insulae erano orientate in modo da opporre la minor resistenza possibile ai venti dominanti.


La Lucera romana ebbe proprie leggi e magistrati, godette del diritto di conio e durante l'Impero di Costantino fu capoluogo della provincia d'Apulia. Con la dominazione bizantina, la città romana andò per buona parte distrutta. I suoi resti furono utilizzati come materiale di spoglio negli anni seguenti.

Luceria fu riempita di templi e i lucerini presero a venerare le divinità dell’impero, tra cui Minerva, l’ Athena Iliàs della Grecia. Sempre più importanza ebbe il tempio su Monte Belvedere, che divenne un vero santuario, venerato da ogni parte dell’Apulia. Numerose sono le testimonianza archeologiche di questo tempio, in primis la "stirpe votiva" del Belvedere: testa di Athena col elmo, di Alessandro Magno e di Augusto, e alcune divinità Afrodite, Persefone, Proserpina conservate presso il Museo Archeologico “Fiorelli” di Lucera.

Con la guerra marsica tra il 91-88 a.c. Luceria difese ancora una volta Roma nel 90 a.c., cosicchè l'Urbe per la lex iulia de civitate, concesse a Luceria la cittadinanza romana. La città adottò la sigla S.P.Q.L. (Senatus Populusque Lucerinus) simile a quella usata a Roma.

Durante la guerra civile del 49 a.c., prima che Giulio Cesare presidiasse la città con una propria guarnigione, Lucera fu quartier generale delle truppe di Pompeo Magno. Con l’uccisione di Giulio Cesare (44 a.c.) e l’avvento di Ottaviano Augusto e della dinastia giulio-claudia (27 a.c. - 68 d.c.), Luceria divenne uno dei centri più importanti della regio II.


Nel 31 d.c., dopo la vittoria di Azio, Luceria venne inserita nelle 28 colonie augustee; fu una delle prime città a riconoscere la natura divina di Augusto, al quale dedicò numeroso edifici pubblici, tra cui il teatro, il circo, numerosi templi, l’acropoli e le terme.

Tra il 27 a.c. e il 14 d.c., il magistrato Lucerino Marco Vecilio Campo, prefetto dei fabbri e tribuno militare, fece costruire a sue spese, in onore di Ottaviano Augusto, il grande Anfiteatro nella parte est della città. Lo stesso imperatore spesso si recava a Lucera per assistere a combattimenti fra gladiatori o addirittura tra feroci bestie; e cita Luceria nel suo testamento politico.

Prima del 60 d.c a Luceria sorge una delle prime comunità cristiane, dove l’apostolo Pietro, di passaggio, pose a capo della diocesi di Luceria, Basso, un lucerino considerato primo vescovo della città, martire cristiano sotto l'imperatore Traiano (112 circa) assieme ai Vescovi di Siponto e di Ecana (oggi Troia). Dopo anni di sede vacante, nel 251 Cornelio I mandò a Lucera Pardo. Uomo pio e devoto, fece costruzione la prima Cattedrale della città nell’attuale Piazza San Giacomo.
In ricordo del passaggio dell’Apostolo e delle conversioni che ne sono seguite, nei pressi del fiume Vulgano, fu innalzata la prima chiesa locale, intitolata a San Pietro in bagno.

Nel III secolo d.c., sotto Costantino, Luceria divenne capoluogo della provincia di Apulia et Calabria e nel IV secolo d.c., e venne chiamata "Civitas Constantiniana". Del V sec. d.c. sono i ritrovamenti del nucleo paleocristiano nell’attuale Borgo San Giusto nell’agro di Lucera.



MONUMENTI

Sul Monte Albano era situata l'Acropoli. La fortezza di Lucera, costruita da Carlo I D'Angiò, tra il 1269 e il 1283, sorge infatti sull'antica Acropoli romana, di Monte Albano. Invece sul colle del Belvedere si trovava il Foro, mentre sul Monte Sacro sorgeva il Tempio dedicato a Cerere. 


L'ANFITEATRO

L’Anfiteatro romano risale al I sec. a.c. ed è fra i più antichi e i più grandi dell’Italia meridionale, potendo contenere dai 16000 ai 18000 spettatori. Fu costruito in onore della colonia di Lucera e di Cesare Augusto, che la tenne in si gran conto da segnalarla nel suo testamento tra le 28 colonie più degne di attenzione. Probabilmente si tratta del primo anfiteatro dedicato all’Imperatore, dal tribuno Marco Vecilio Campo, che lo edificò a sue spese nel 69 d.c., come si evince dall'epigrafe dell'architrave di una delle porte di accesso alla cavea.

L’anfiteatro, di pianta ellittica, di 130 x 100 m, si distingue per le notevoli dimensioni che testimoniano l’importanza della città, ricca capitale della Daunia e roccaforte militare. L’arena è posta a 9 metri sotto il piano del terreno, delimitata da un canale di displuvio, con un sistema di carceres, grotte che servivano per la raccolta delle fiere.


L'anfiteatro riflette le contaminazioni tra cultura romana ed ellenistica. I portali, ad esempio, pur essendo di tipologia romana, non sono inseriti in un arco, bensì in un architrave con timpano triangolare, sorretto da due colonne ioniche. Esso è situato in una depressione naturale ed ha forma ellittica.

Dopo esser stato utilizzato come cava per secoli, nel 1932, l'Anfiteatro è stato fatto oggetto di un'importante opera di recupero.

Anzitutto, si è proceduto alla ricostruzione dei due ingressi principali situati lungo l'asse maggiore e di quelli posti lungo l'asse minore.

Inoltre i lavori di restauro hanno consentito di rilevare con apprezzabile chiarezza quella che fu l'organizzazione logistica dell'Anfiteatro.

Concepito come un luogo di svago, venendo dapprima adibito a spettacoli ginnici, lotte di gladiatori, cacce alle fiere, esecuzioni capitali e, probabilmente a naumachìe, successivamente decadde con il trionfo del Cristianesimo e l'abolizione degli spettacoli cruenti. Venne quindi devastato nel 663 ad opera delle truppe di Costante II. I suoi resti, così come quelli di altri edifici romani, vennero infine utilizzati da Federico II nella costruzione del suo Palazzo imperiale nel 1233.


Rimasto coperto da materiali di riporto, dopo che per secoli il sito era servito da cava per la costruzione della città, a terreno agricolo e a pascolo, il monumento fu riportato alla luce grazie a tre campagne di scavi, svoltesi dal 1932 al 1945. Principali elementi d'arte dell'edificio sono i due portali ricostruiti agli sbocchi dei corridoi, in corrispondenza dell'asse maggiore, ornati di fregi, motivi floreali e altre raffigurazioni simboliche.

Costruiti in pietra d’Apricena e perfettamente identici nella struttura, essi constano di due colonne dai capitelli in stile eolico, sormontate da un poderoso architrave e da un frontone triangolare, le cornici si presentano ricche di figurazioni simboliche (aquile, serpenti, sfingi) miste a eleganti motivi floreali

A destra dell'ingresso nord-nordovest, si ammirano i resti delle celle gladiatorie messe in luce ad opera della Soprintendenza alle Antichità nel 1966. Adiacenti all'edificio vi sono i resti degli spoliaria: palestre, infermerie e altri fabbricati pubblici in cui trovavano soccorso i combattenti feriti, nonché un piccolo cimitero dove i gladiatori caduti venivano sepolti.

LE MURA

Prima romane e poi angioine, con evidenti resti delle precedenti romane su cui si inserirono le successive, alzandole e rinforzandole.

In epoca romana le mura, ben oltre il nucleo urbano per cinque miglia, furono aperte da 4 porte:
  • a nord la Porta Sacra, verso Taiti (San Paolo di Civitate);
  • a nord ovest la Porta Albana fra il Monte Albano e il Monte Belvedere;
  • a sud la Porta Ecana, verso Aecae (Troia);
  • a sud est la Porta Arga verso Arpi.


PONTE ROMANO

Sulla via per S. Severo, ai piedi della collina del Cimitero (Monte Sacro), si nota un ponte di età tardo antica che congiunge le due sponde del torrente Salsola e a cui la tradizione assegna il nome di Ponte Gallucci, per la sua probabile ubicazione su terreni già di proprietà della nobile famiglia Gallucci.

Il Ponte Gallucci, antico ponte romano, ormai del tutto abbandonato, proseguiva la vecchia strada che partendo dalla Porta Teanum Apulum, permetteva di raggiungere alcuni centri abitati dell’epoca.



LA TC SACRA

LA TC SACRA
Gli archeologi hanno individuato in sette chiese della Capitanata, da Lucera a Monte S. Angelo, lo stesso simbolo, la TC sacra, o Triplice Cinta, probabile testimonianza, secondo alcuni, di un "percorso templare" diretto verso il punto d'imbarco per le Crociate, per altri un simbolo misterico di iniziazione.

La verità? Niente di tutto questo. Là dove sorgono chiese su un centro romano il sito viene depredato per edificare i nuovi templi, e le pietre riportano spesso il gioco, una specie di "filettino" antelitteram, molto in voga tra i romani, tra gli adulti più ancora che tra i bambini.

Ce n'erano parecchi ovunque, soprattutto nei fori e negli edifici pubblici, se ne trova pure nel foro romano di Roma, dove la gente si annoiava ad ascoltare processi interminabili o ad aspettare documenti o persone. Così qualcuno incideva grossolanamente la pietra per giocare e pure lanciarci su scommesse.



I REPERTI

Nel 1932 alcuni scavi portano alla luce le prime significative pietre dell’Anfiteatro Romano, assieme a numerosi cimeli, fra cui la statua di Cesare Augusto.

Le numerose figurine fittili di gladiatori, rinvenute nei corredi delle necropoli, e non pertinenti al morto, sono il segno della grande popolarità goduta dai giochi che vi si svolgevano per la popolazione.

Subito vengono finanziati degli imponenti lavori di scavo, diretti dal professore Quintino Quagliati e proseguiti dal professore Renato Bartoccini, per riportare alla luce l’intera arena e il conseguente restauro terminato nel 1945.

Nel Museo Archeologico “Fiorelli” di Lucera sono conservati i reperti rinvenuti.


BIBLIO

- Massimiliano Monaco, Lucera nella Storia e nell'Arte, Lucera 2009 -
- Francesco Maria Pratilli - La Puglia romana: un paesaggio pietrificato - in Quaderni dell'Archivio Storico Pugliese XXI - Bari - 1982 -
- Vincenzo Coletti - Indagini storiche sopra Lucera - Pompei - 1934 -
- Giambattista d'Amelj - Storia della Città di Lucera - Lucera - 1861 - II ed. Bologna 1983 -



4 commenti:

  1. Mi chiamo Leonardo Altieri. Sono stato Professore di Sociologia all'Università di Bologna, ora in pensione. Ma mio padre e mio nonno erano scalpellini di Castelluccio Valmaggiore (FG). Mio padre ha scolpito il capitello sotto uno dei due archi di entrata dell'anfiteatro romano di Lucera!
    Nei due archi di entrata all'anfiteatro ci sono 4 capitelli. Ma gli archeologi ne trovarono solo 3. Il quarto fu commissionato agli scalpellini di Castelluccio Valmaggiore, dove c'era allora la cava di pietra denominata "La Petrera" e, storicamente, un noto gruppo di apprezzati scalpellini, fra cui mio nonno Leonardo (di cui porto il nome) denominato il "Mastro" per il suo ruolo. Nel gruppo fu scelto mio padre a cui fu affidato il compito di scolpire il capitello. E, perché si distinguesse bene dagli altri capitelli originali, in accordo con gli archeologi, quello di mio padre fu scolpito con linee "sfumate". Osservandolo con attenzione, si comprende che non risale a 2000 anni fa.
    Siamo intorno al 1942, secondo quanto mi ha lasciato scritto mio padre. Fortunatamente allora egli era a casa in una pausa fra due richiami alle armi durante la guerra.
    Per comprendere il valore di quegli scalpellini, aggiungo che mio nonno Leonardo lavorò ai restauri della bellissima cattedrale medioevale di Troia (FG). Inoltre mio padre e mio nonno scolpirono l'arco di entrata della vecchia sede comunale di Castelluccio Valmaggiore (ora piccolo hotel). I loro nomi sono infatti incisi alla base dell'arcata.

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  2. Valida testimonianza... szluti

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  3. Commento e come: Gaio Ponzio è stato un grande stratega, uomo Magnanimo e di grande coraggio, per anni combatté contro la prepotenza dell' Urbe a difesa dei suoi territori e della sua gente..Figlio di Erennio Ponzio, uomo di grande valore e mente eccelsa del Samnium, a tal proposito andatevi a leggere il dialogo tra Archita di Taranto, Erennio Ponzio e Platone...Il Gaio Ponzio stesso non disdegnava lo studio della filosofia Greca, della storia ed era intelligente quanto il padre... Questo per iniziare..Il popoli del Sannio descritto dagli storici Romani come rudi e barbari montanari erano tutt' altro, la loro società era una società evoluta, democratica dai gusti raffinati basta osservare e ammirare i reperti Archeologici dislocati nei vari musei Sanniti del territorio Campano o studiare le costruzioni della Pompei pre romana...Il.vaso più Bello del mondo è Sannita( Attseos )..e non solo...la struttura sociale stessa era uniforme e orizzontale, tesa dui valori della coesione sociale e dell' aiuto reciproco ..le donne avevano un ruolo di rilievo ed erano rispettate...Un popolo Dignitoso che ha saputo tener testa alla prepotenza romana condannato poi alla Damnatio memoriae dal sanguinario Silla nonché dai suoi precedessori...A tal proposito vi consiglio di leggere attentamente tutta la storia , quella oggettiva e non romano centrica, per analizzare le varie situazioni di contrasto tra le due potenze( quella Romana e quella Sannita) che portarono alla disfatta romana delle Forche Caudine...bisogna sempre partire dai trattati antecedenti all' episodio delle Furculas Caudinas, quelli per intenderci risalenti all' epoca delle prime guerre Sannitiche...Trattati a cui Roma non tenne fede... Consiglio di Leggere Lo storico Salmon, e poi i libri storici di Gianfranco de Benedittis e Nicola Mastronardi... emeriti professori della materia storica...Lo studio della civiltà Sannita sta trovando negli ultimi anni un nuovo vigore, perché la loro è stata una Storia negata.La storia è stata sempre dalla parte dei vincitori si sa. Livio , Pittore e altri non sono da meno, bisogna prenderli con le molle...( De Sanctis un ' altro storico)..per quanto concerne la storia delle Furculas Caudinas e la onta indelebile della Sub Iugum, dubito fortemente che ci sia stata una violenza a sfondo sessuale, in primis perché il giogo e di per sé un umiliazione è vero...Ma anche un rito Purificatorio...gli stessi Romani usarono lo stesso metodo con altri popoli Italici e non soggiogati dalla loro voglia di conquista e sangue..Poi non esistono fonti storiche a riguardo, lo stesso Livio per quanto riluttante a parlare delle forche Caudine, non ne fa menzione... Ebbero salva la vita e la tunica...e così tornarono a Capua...Sulla Storia di Luceria si ripropone lo stesso scenario, la sevizia e la sodomizzazione quindi la violenza bruta...un invenzione pure questa , per le caratteristiche dei Sanniti e del loro condottiero, uomo oltre che colto, anche generoso e Magnanimo una violazione così estrema della dignità dei prigionieri non avrebbe trovato posto nei loro modi di agire... tantomeno trova riscontro nella storia antica e quella moderna. Ci metto la faccia, anzi no il Nome , mi chiamo Rossana del Grosso e sono addetta ai lavori storici.

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