PORTICO DI OTTAVIA

RICOSTRUZIONE DEL PORTICO DI OTTAVIA

"Fu fabbricato da Ottaviano Augusto un magnifico Portico in onore d'Ottavia sua Sorella, il quale consisteva in lunghe gallerie sostenute da doppie colonne, con cui cinse il suddetto Tempio di Giunone Regina, e quello d'Apollo.

Gli avanzi, che ora ci restano di questo portico, sono quelli, che formavano il suo ingresso principale, il quale, come anche ora si riconosce, aveva due facciate consimili, una dalla parte di fuori, e l'altra al di dentro, ciascuna ornata di quattro colonne, e di due pilastri Corintj, che sostenevano un cornicione, che girava all'intorno, e che, come apparisce anche al presente, terminava con un frontone. Questa fabbrica essendosi incendiata, fu ristaurata dagli Imperadori Settimio Severo, e Caracalla."

Per quanto si deduce da Vellejo Patercolo di cui sopra, sembra che questi due templi coi loro portici peristili, siano stati edificati da Metello Macedonio. Davanti ai due templi si ergevano le statue equestri che Metello trasportò dalla Macedonia.

Il Portico di Ottavia (porticus Octaviae) è un complesso monumentale di Roma antica, edificato nella zona del Circo Flaminio in epoca augustea.

E' l'unico conservato dei grandi portici che limitavano, sul lato settentrionale, la piazza del Circo Flaminio, insieme al Portico di Ottavio e al Portico di Filippo. Esso fu preceduto sullo stesso luogo da un edificio più antico, il Porticus Metelli, portico di Metello, iniziato da Q. Cecilio Metello Macedonico nel 146, dopo la sua vittoria e il trionfo sullo pseudo-Andrisco, inaugurato probabilmente nel 131 a.c.

Il portico era costituito da un recinto porticato che circondava i templi di Giunone Regina e di Giove Statore. I resti attualmente visibili appartengono ad una radicale ricostruzione dell'epoca di Settimio Severo.



M. POGGIO

LA DISTRUZIONE DEL PORTICO

1462, febbr. PORTICVS OCTAVIAE.
"Fino dal 21 giugno 1461 si ricorda un pagamento fatto « a frate antonio. da gaeta per spese di certe corde et tragle pe lo desegno de lo edifitio pe tirar colonne » ed un secondo in data 10 luglio al med. « frate antonio da gaeta pe cóperare legname p decto edifitio ». Ecco dunque scoperto il nome dell'ingegnere, dell' emulo di Aristotile di Fioravante da Bologna, cui era stato affidato l'incarico di calare a basso mercè 1' aiuto di incastellature ( " edifitio di legname per tirare colonne grosse ») le colonne che fiancheggiavano i propilei sulla fronte dei portici d'Ottavia."

"Pio II - Il colonnato orientale dei portici d'Ottavia, il Trullo, e tanti altri edifizii furono da lui sacri- ficati per la costruzione del pulpito, distrutto alla sua volta da Paolo V."




VACCA


"Il Maestro (Ficoroni) ha pubblicato nel Cracas, una lettera dell'Amaduzzi all'abate Visconti, con la quale richiede notizie circa la sorte toccata alle sculture della villa  (Villa Medicea in monte Sancti Valentini extra portam flaminiam) :
« La statua di Giunone che il Boissairdo accenna come già esistente nel portico di Ottavia, e che riporta incisa in rame"

Il portico serviva a riparare gli spettatori del teatro di Marcello in caso d'intemperie, e, come narra Plinio, vi erano pure la Scuola e la Curia di Ottavia. Nella lapide dell'antica Pianta di Roma la Scuola, di forma semicircolare, sta nella parte posteriore dei due templi.
Le due figure quadrangolari segnate nella parte semicircolare, dovrebbero essere la Curia e la Libreria, che da Plutarco e da Dione si dice edificata da Ottavia in onore di Marcello, ed andata a fuoco sotto Tito.



RODOLFO LANCIANI

1462, febbr. PORTICVS OCTAVIAE. Fino dal 21 giugno 1461 si ricorda un pagamento fatto « a frate Antonio da Gaeta per spese di certe corde pe lo desegno de lo edifitio per tirar colonne » ed un secondo in data 10 luglio al med. « frate Antonio da Gaeta per cóperare legname per decto edifitio ». Ecco dunque scoperto il nome dell' ingegnere, dell' emulo di Aristotile di Fioravante da Bologna, cui era stato affidato l'incarico di calare a basso mercè 1' aiuto di incastellature (edifitio di legname per tirare colonne grosse) le colonne che fiancheggiavano i propilei sulla fronte dei portici d'Ottavia. 

Gli scavi incominciarono nel 1462, appaltatore maestro Galasso da Bologna: « 3 febbraro. m° Galaxo ....sono per suo laboro facto i levare le coIonne de sancto agnilo et farle condurre et simile còporle nella beneditione ». Carreggiatore dei monoliti fu il vetturale Silvestro di Giuliano Ser Roberti, quello stesso che aveva portato in Vaticano il blocco per la statua di s. Pietro. 

Pare che le colonne fossero VII, poiché nel maggio del 1464 maestro Egidio Tocco rimurava gli squarci fatti in alcuna delle casupole presso s. Angelo. Nei registri del 1463 le colonne sono ridotte a cinque: 26 gennaro « Selvestro de avere due. VII per tiratura de colonne VIII piccole tirate da Sancto Ianni (Lateran.) per la beneditione: due. XXX sono per tiratura di colonne v. grandi da sancto agnilo a. s. p° p. la beneditione ». 

Le due che mancano al conto devono essere state scavate nel febbraio da un certo Torone con due suoi compagni : esse furono carreggiate a destino sul principio dell'estate. (12 luglio) " Selvestro de Giuliano ... per tiratura de colonne (due) da sancto Agio a la piazza .... per tiratura de capitelli et altri marmi tirati da s° Agnilo « etc. 1462, 28 marzo.



LA STORIA

Nel 179 a.c. il censore Marco Emilio Lepido dedicò il tempio di Giunone Regina, dedicato nel 179 dal censore M. Emilio Lepido, probabilmente un tempio di tipo italico, su alto podio, la cui statua della Dea, come riferisce Plinio, era opera dello scultore Timarchide.

Nel 143 a.c. Quinto Cecilio Metello Macedonico, dopo aver celebrato un trionfo nel 146 a.c. sulla Macedonia, fece erigere un tempio dedicato a Giove Statore, il primo in Roma integralmente in marmo, su progetto dell'architetto greco Ermodoro di Salamina.

Il tempio venne dedicato entro il 131 a.c., anno in cui Metello rivestiva la carica di censore.

Il tempio viene descritto da Vitruvio come un vero pseudoperiptero di tipo greco, il primo edificio sacro costruito interamente in marmo a Roma. Alla costruzione sono legati i nomi di Sauro e Batraco, probabilmente gli scultori incaricati della sua decorazione, che avrebbero lasciato come firma la rappresentazione di una lucertola (saurus) e di una rana (batrachus).
RICOSTRUZIONE

Contemporaneamente venne probabilmente ricostruito anche il precedente tempio di Giunone Regina e i due edifici vennero inseriti nel "portico di Metello" (porticus Metelli), un recinto con portici sui quattro lati (quelli laterali a due navate), ornato da opere d'arte greche. Anche statue delle due divinità furono affidate a scultori greci, Polycles e Dionysios.

Tra queste era celebre la turma Alexandri, ossia le 24 statue equestri dei compagni di Alessandro Magno morti nella battaglia del Granico, opera di Lisippo, che Metello aveva asportato come bottino di guerra da Dion, in Macedonia.

Vi era inoltre esposta la statua in bronzo di Cornelia, madre dei Gracchi, celebre per essere stata la prima statua femminile esposta in pubblico a Roma.

Le statue di culto dei due templi furono eseguite dagli scultori Dioniso e Policle, figli di Timarchide (la testa della statua di Giunone è forse riconoscibile nella cosiddetta "Giunone Albani" dei Musei Capitolini).

Il rifacimento di età augustea ebbe inizio nel 33 a.c., dedicato alla sorella dell'imperatore, Ottavia Turina minore, moglie di Gaio Claudio Marcello e di Marco Antonio, una dimostrazione pubblica di affetto e di stima. Descritta da Plutarco come un “tesoro di donna”, nonchè “bella, austera e intelligente", Ottavia di certo fu molto amata dal fratello, che del resto amava le donne severe ma intelligenti, come del resto era sua moglie Livia.

La pianta severiana mostra, posteriormente ai templi, un edificio absidato: è questa la Curia Octaviae allora inserita, insieme alla biblioteca omonima, nel complesso, che dovette essere ampliato verso nord raggiungendo così le dimensioni attuali.


A questa regione l'Imperatore Augusto dette il nome di Circo Flaminio e, tra il 33 e il 27 a.c., restaurò tutto il complesso grazie al bottino della vittoria sulla Dalmazia dedicando il portico all'amata sorella.
Quest'area faceva già parte del percorso dei cortei trionfali che celebravano la vittoria, con l'imperatore in armi, l'esercito, i prigionieri e i trofei conquistati.

Infatti nel corso del tempo erano sorti qui vari templi importanti, tutti costruiti dagli imperatori vittoriosi per sciogliere i voti fatti o per ringraziare gli Dei, ma pure per ingraziarsi il popolo. Il Circo Flaminio, da cui partivano appunto i cortei trionfali, era già sede di diversi templi, edificati dai trionfatori, ma fu probabilmente il primo complesso monumentale di templi racchiusi da lussuosi portici.

Tra il 27 e il 23 a.c. si ebbe una ricostruzione del complesso monumentale, pagata col bottino della vittoria sulla Dalmazia da Ottaviano, che lo dedicò a nome della sorella Ottavia (porticus Octaviae). I templi furono probabilmente rimaneggiati e nuovamente dedicati.

A questa fase dovrebbe appartenere un'esedra, visibile alle spalle dei due templi su un frammento della Forma Urbis Severiana, forse identificabile con la curia Octaviae, luogo di riunione del Senato.

Nell'80 il complesso subì danni in seguito ad un incendio e venne probabilmente restaurato da Domiziano. Nel 203 il portico e probabilmente anche i templi, vennero ricostruiti, probabilmente con la stessa pianta, e nuovamente dedicati da Settimio Severo e Caracalla, il Porticus Severi, dopo le distruzioni dovute all'incendio del 191 d.c..

Nel 442 subì un altro terremoto, per cui due delle colonne del propileo di ingresso vennero sostituite dall'arcata tuttora esistente. Intorno al 770 a partire dal propileo di ingresso venne edificata la chiesa di San Paolo in summo circo, poi Sant'Angelo in Pescheria, tuttora esistente.



DESCRIZIONE

I due templi mostrano una pianta diversa: quello di Giunone, a sinistra, è un prostilo esastilo, a sei colonne, mentre quello di Giove è uno speudoperiptero, privo cioè di colonne sul lato posteriore. il Portico fu restaurato dopo l'incendio dell'80, e poi ancora sotto Settimio Severo, in seguito all'incendio del 191. I resti attualmente visibili appartengono a questo restauro.

Il portico era un passaggio monumentale dall'aspetto maestoso. Era largo ben 119 m e lungo 132, tutto rivestito di marmo candido, e al suo interno custodiva numerose opere d'arte. Ne restano il propileo d'ingresso e del tratto di portico alla sua destra, fino all'estremo angolo meridionale. Lo scavo di quest'ultima parte ha riportato alla luce il pavimento antico, da cui emerge che l'edificio sorgeva su un basso podio colonnato.

La parte meglio conservata è il grande propileo che sporge internamente ed esternamente al portico, costituito lateralmente da due muri in mattoni, allora rivestiti in marmo, in cui si aprono i grandi archi in corrispondenza del portico. Delle decorazioni rimangono solo pochi resti e alcune parti del monumento, dei capitelli e un architrave, ancora visibili nei muri delle case che lo circondano.

Nella ricostruzione il portico venne ampliato verso sud-ovest e vi furono aggiunti l'ingresso monumentale sporgente al centro del lato verso il Circo Flaminio e forse il portico esterno, che tuttavia potrebbe essere già stato presente nella fase metelliana.

L'ISCRIZIONE
L'ingresso aveva due facciate uguali e simmetriche, esterna e interna, con quattro colonne tra due pilastri a capitelli corinzi figurati, con un'aquila al posto del fiore dell'abaco. I resti del porticato esterno, chiuso sul fondo da un muro, comprendono fusti di marmo cipollino e di granito grigio alternati, con capitelli corinzi.

Le due facciate del portico erano precedute da quattro gigantesche colonne corinzie, inquadrate tra le ante, anch'esse corinzie, costituite dalle testate dei muri laterali. Rimangono in piedi due colonne esterne (quelle di destra sono state sostituite nel medioevo da un arcone, in corrispondenza della chiesa di Sant'Angelo in Pescheria) e tre di quelle interne.

Sull'architrave della facciata fu incisa la seguente iscrizione, del 203 d.c., che ricorda il restauro di Settimio Severo e Caracalla:

"L'imperatore Cesare Augusto Lucio Settimio Severo Pio Pertinace Arabico Adiabenico, Partico Massimo, nella sua undicesima potestà tribunizia, salutato undici volte imperatore, console per la terza volta, padre della patria e l'imperatore Cesare Augusto Marco Aurelio Antonino Pio Felice, nella sua sesta potestà tribunizia, console e proconsole, hanno restaurato dai danni di un incendio"

Sui fianchi l'ingresso presenta pareti in laterizio, in origine rivestite da lastre in marmo bianco, con arcate che mettevano in comunicazione il propileo con i portici esterni. Anche i pilastri e l'intradosso dell'arcata erano rivestiti di lastre di marmo. Sui fianchi gira la trabeazione della facciata, che viene più oltre sostituita da elementi in tufo destinati ad essere ricoperti in stucco. La copertura presentava tegole e antefisse di marmo.


Portico della fase metelliana (II secolo a.c.)

A questa fase del portico appartengono forse i resti della grande sostruzione in blocchi di tufo di Monteverde, su cui venne successivamente ricostruito il complesso augusteo, ancora visibile sul lato sud-orientale. Il portico, privo in quest'epoca di un propileo di accesso sporgente, presentava già forse un colonnato esterno sulla facciata rivolta verso il Circo Flaminio. A questa facciata si accedeva dalla quota del circo salendo delle scalinate.


Tempio di Giunone Regina

Alcuni resti della ricostruzione del tempio, di epoca severiana sono visibili nelle case circostanti, tra cui due colonne con capitelli compositi e un frammento di architrave in travertino.


Mercato del pesce

Durante il medioevo il propileo, situato nel rione di Sant'Angelo, ha ospitato il mercato del pesce (Forum piscium o di "Pescheria Vecchia" da cui Sant'Angelo in Pescheria). È ancora visibile una lapide di questo periodo con l'iscrizione:
"CAPITA PISCIUM HOC MARMOREO SCHEMATE LONGITUDINE MAJORUM USQUE AD PRIMAS PINNAS INCLUSIVE CONSERVATORIBUS DANTO" (le teste dei pesci più lunghi di questa lapide, pinne comprese, devono essere date ai conservatori).
Il mercato del pesce fu spostato dal Portico d'Ottavia a piazza S. Teodoro nel 1885, dopo l'unità d'Italia.



I RESTI

Di tutta la monumentale Piazza del Circo Flaminio, sono attualmente visibili solo i resti dell'ingresso centrale sul lato verso il Circo Flaminio, nella ricostruzione severiana.

Altri ingressi simili dovevano essere presenti al centro degli altri tre lati. Attualmente la mancanza del tetto mostra il lato interno del frontone, con numerosi blocchi di reimpiego della fase precedente: l'utilizzo di marmo pentelico per alcuni dei blocchi, come nel Foro di Nerva di Domiziano, ha fatto pensare che gli elementi provengano dal restauro di epoca flavia.

I timpani sono stati costruiti in gran parte con materiale reimpiegato, probabilmente del vecchio edificio, soprattutto sul rovescio dei frontoni, non visibile in antico in quanto coperto da soffitto ligneo.

Dei due templi che erano al centro dell'edificio, solo di quello di Giunone restano alcune parti.



LA VENERE DE MEDICI

Vacca:
"La famosa Venere de Medici, la quale ora non si trova più in Roma per licenza di Innocenzo XI, si dice che fosse trovata in Pescaria al portico di Ottavia. Bartoli, Mem. 108. Io credo questa notizia né vera né probabile: in ogni caso il simulacro fu esportato non al tempo di Innocenzo XI (1676-1689), ma nel settembre del 1570, come apparisce da un brano di lettera del cardinale Ferdinando in Lettere pittoriche, tomo III, n. 100, p. 177."

Secondo alcuni la Venere ornava Villa Adriana, secondo altri proveniva dal Portico d'Ottavia, non improbabile, visto che Venere era vista come la progenitrice della Gens Iulia, di anche Ottaviano faceva parte. La statua, probabilmente copia della Afrodite cnidia di Prassitele, risale al I sec. a.c..



ULTIMI SCAVI

Scavi effettuati nell'area compresa tra via delle Sette Sale e Santa Lucia in Selce (mensa facoltà d'Ingegneria) hanno fatto rinvenire notevoli resti della porticus, a conferma dell'orientamento della pianta dell'edificio delineata nella Forma Urbis severiana, con tratti del lastricato marmoreo della piazza e vari ambienti sostruttivi. La zona nel 5°-6° secolo fu occupata da un sepolcreto. Nel corso degli stessi lavori sono venute in luce strutture pertinenti all'abside occidentale delle Terme di Traiano.

Demolito un piccolo muro ch'era addossato al fianco orientale della chiesa di s. Martino, si è trovato tra i materiali di fabbrica un frammento di stele marmorea, che conserva:
L • PLoTÌvs"
piOSCORVS
ET • SIBI
Per i lavori di prolungamento della via Giovanni Lanza verso la Subura sono stati recuperati alcuni mattoni inscritti. Un tegolone intiero, di m. 0,(30 X 0,00, porta il noto bollo dell'età dioclozianea : o OPP S R F DOM
In altri tre frammenti di mattoni sono impressi i sigilli:
a) o OP DOL EX P M AVRELI ANTO
NINI AVG N PORT LIC
Vitti. ria.
b) o GAVI/c. . HAMIL . PLATAN • SVC
c) o \L . LVRIVS PROCVL/
FECIT


BIBLIO

- Gaio Svetonio Tranquillo - Vite dei dodici Cesari - Augustus - 29 -
- G.Lugli - I Monumenti di Roma e Suburbio - Tomo I - Roma - 1930/1940 -
- Appiano - Guerra illirica - 28 -
 - Plutarco, Marcello - 30 -
- James C. Anderson - Architettura e società romana - Baltimore - Johns Hopkins Univ. Stampa - a cura di Martin Henig - Oxford - Oxford Univ. - Comitato per l'archeologia - 1997 -



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