Nome completo: Flavius Iustinus Iunior Augustus
Nascita: 520
Morte: 5 ottobre 578
Dinastia: Giustiniana
Regno: 565-578 d.c.
Della dinastia giustinianea, nacque a Costantinopoli, dalla madre Vigilantia, sorella dell'imperatore Giustiniano, che in seguito sarà denominata Diva (come del resto poi la nuora Sofia) a dispetto della raligione cattolica imperante, e dal padre tale Dulcidio, di cui nulla sappiamo.
Giustino, nipote di Giustiniano, si avvalse della sua influenza come mastro di palazzo, e del matrimonio con Sofia, nipote dell'imperatrice Teodora, per assicurarsi l'elezione al trono. Fu incoronato il 13 novembre 565, e nei primi giorni del suo regno pagò i debiti dello zio, amministrò la giustizia di persona e proclamò la tolleranza religiosa universale. Saggio comportamento che fece ben sperare al popolo, ma di fronte al potere dell'aristocrazia e agli avidi governatori provinciali, non si sentì di attuare le riforme che srebbero state necessarie per il benessere del popolo.
GLI AVARI
Nel settimo giorno di regno l'Imperatore diede udienza agli ambasciatori degli Avari, una popolazione turco-mongola alla quale i Bizantini pagavano un tributo annuale pur di tenerli buoni. L'ambasciatore avaro chiese che l'Imperatore continuasse a pagare loro un tributo, come aveva fatto il suo predecessore. Giustino rispose:
"L'impero abbonda di uomini e cavalli, e di eserciti sufficienti a difendere le nostre frontiere, e a castigare i Barbari. Voi offrite aiuto, voi minacciate ostilità: noi disdegniamo la vostra ostilità e il vostro aiuto. I conquistatori degli Avari sollecitano la nostra alleanza; dovremmo noi temere i loro fuggitivi e esiliati? La bontà di nostro zio era dovuta alla vostra miseria, alle vostre umili preghiere. Da noi riceverete la conoscenza della vostra debolezza. Ritiratevi dalla nostra presenza; le vite degli ambasciatori sono salve; e, se ritornerete a implorare il nostro perdono, forse gusterete la nostra benevolenza."
Il Khagan degli Avari, evidentemente impressionato, decise di non invadere l'Impero romano d'Oriente e di muovere guerra invece prima ai Franchi e poi ai Gepidi.
La distruzione del regno dei Gepidi, alleati dei Romani, fu raggiunta grazie all'alleanza con i Longobardi; i Romani non mossero un dito per aiutare i loro alleati. La distruzione del Regno dei Gepidi, lasciò l'Impero romano esposto, senza barriera, agli attacchi di queste temibili popolazioni barbariche.
IL TRADIMENTO DI NARSETE
Fu papa Giovanni III detto Catelino a scegliere come alleato contro i barbari Narsete, che per la sua politica fiscale fu odiato da tutti. Roma era ridotta al caos e alla fame e il popolo ne ritenne responsabile anche il papa.
L'ITALIA NEL 572 |
"Liberaci dalla sua mano, oppure, senza fallo, consegneremo la città di Roma e noi stessi ai Barbari"
Quando Narsete comprese di essere in pericolo cercò di mostrarsi pentito:
"Se male mi sono comportato con i Romani, male possa io ricevere."
Ma l'Imperatore si adirò con Narsete e lo privò della carica di Prefetto del Pretorio d'Italia, sostituendolo con Longino. Narsete, per vendetta, decise di ritirarsi a Napoli da dove invitò i Longobardi a invadere l'Italia. Alboino accettò l'invito ed alleatosi con i Sassoni, lasciò la Pannonia per invadere l'Italia con tutto il suo popolo e stabilircisi.
La prima provincia dell'Italia ad essere invasa e conquistata dai Longobardi furono le Venezie; e la prima città ad essere conquistata fu Forum Iulii. Seguì la presa di Verona mentre Padova, Monselice, e Mantova, ben difese, resistettero alla conquista. Alboino decise di svernare nel Veneto, per costringerle alla resa.
L'anno successivo, nel 570, i Longobardi entrarono in Liguria, che comprendeva anche la Lombardia e il Piemonte, e conquistarono Milano, Brescia, Bergamo, e tutto il Piemonte. Tutta la Liguria, tranne le zone costiere e Pavia, cadde. Pavia cadde dopo tre anni e divenne la capitale del regno longobardo. Ben presto quasi tutta l'Italia settentrionale venne conquistata dai Longobardi. Alcuni duchi longobardi, Zottone e Faroaldo, si spinsero ancora più a Sud, fondando i Ducati di Spoleto e Benevento.
Rimanevano in mano bizantina:
- Ravenna e dintorni
- il corridoio "bizantino"
- il ducato romano con altre città
- nel Veneto, Padova, Monselice e Cremona
- nella Liguria, Genova e altre città costiere
- Alpi Cozzie con Susa
- Napoli e dintorni
- parte della Calabria e della Puglia
- Sicilia
- Sardegna
- Corsica
ROSMUNDA
Alboino morì assassinato in una congiura di palazzo organizzata dalla bellissima moglie Rosmunda e dall'amante di questa Elmichi. Secondo la leggenda, dopo una notte di gozzoviglie a Verona, nella reggia che era stata di Teodorico, Alboino bevve vino in una terribile coppa da lui ottenuta dal cranio del padre di Rosmunda, Cunimondo, e costrinse perfino la moglie a imitarlo.
GIUSTINO II E MOGLIE |
Il prefetto d'Italia Longino propose a Rosmunda di sposarlo a patto che uccidesse Elmichi; Rosmunda, disperando di salvarsi, avvelenò Elmichi ma quest'ultimo costrinse anche lei a bere il veleno, così morirono entrambi.
Longino consegnò il tesoro dei Longobardi, che Rosmunda e Elmichi avevano portato con loro a Ravenna, all'Imperatore. Pare che con il tesoro arrivò anche Peredeo, l'assassino di Alboino, che venne accecato per ordine dell'Imperatore.
GUERRA PERSIANA
Nel 572 iniziò la guerra con la Persia. Dopo due disfatte, in cui i Persiani travolsero la Siria e invasero Gerusalemme, Giustino comprò una pace precaria dietro pagamento di un tributo annuo.
LA MORTE
Nel 573, a causa della perdita di Dara, conquistata dai Persiani, Giustino II divenne folle. Fu pregato di nominare un successore ed egli scelse come Cesare, su consiglio di Sofia, il generale Tiberio, nel dicembre 574.
Questo fu il discorso di Giustino II a Tiberio:
"Guarda le insegne del potere supremo. Ora stai per riceverle, non dalla mia mano, ma dalla mano di Dio. Onorale, e da esse riceverai onore. Rispetta l'imperatrice tua madre: ora sei suo figlio; prima, eri il suo servo. Non provare piacere nel sangue; astieniti dalla vendetta; evita queste azioni a causa delle quali ho suscitato l'odio pubblico; e prendi l'esperienza, e non seguire l'esempio, del tuo predecessore.
Come uomo, ho peccato; come peccatore, anche in questa vita, sono stato severamente punito: ma questi servi, (e noi ci riferiamo ai suoi ministri) che hanno abusato della mia confidenza, e infiammato le mie passioni, appariranno con me davanti al tribunale di Cristo. Sono stato abbagliato dallo splendore del diadema: si saggio e modesto; ricorda quello che sei stato, ricorda chi sei adesso.
Sei intorno a noi tuoi schiavi, e tuoi figli: con autorità, assumi la tenerezza, di un genitore. Ama il tuo popolo come ami te stesso; coltiva gli affetti, mantieni la disciplina, dell'esercito; proteggi le fortune del ricco, soddisfa le necessità del povero."
Tiberio ricevette il diadema sulle sue ginocchia; e Giustino rivolse al nuovo monarca le seguenti parole:
"Se tu acconsenti, vivo; se tu comandi, muoio: possa il Dio del cielo e della terra infonderti nel tuo cuore qualsiasi cosa abbia trascurato o scordato."
Giustino abbandonò la carica e si ritirò a vita privata per gli anni che gli restavano. Morì a Costantinopoili nel 578.
Sappiamo questi particolari grazie al poeta cristiano nordafricano Flavio Cresconio Corippo che scrisse il panegirico di Giustino II in cui l'imperatore viene smisuratamente elogiato, e comprende: la morte di Giustiniano, l'incoronazione del successore, Giustino II e gli avvenimenti dei primi anni di regno.
Paolo Diacono - Historia Langobardorum:
"Durante questi avvenimenti, regnava a Costantinopoli Giustino minore, persona avida di ogni cosa, che non rispettava i poveri e spogliava i senatori. Ebbe tanta furia di possedere, che fece costruire casse di ferro nelle quali ammassare i talenti d'oro che rapinava. Dicono, anche, che abbia aderito all'eresia pelagiana. Poiché distoglieva l'orecchio del cuore dai divini insegnamenti, il giusto giudizio di Dio gli fece perdere la ragione, e divenne pazzo."
Quando si deve dimostrare la presenza di Dio facilmente si vede tutto come punizione o premio. Comunque un santo non era, perchè fece giustiziare suo cugino Giustiniano.
Gibbon tende invece a giustificarlo:
"Quando il nipote di Giustiniano salì al trono, proclamò una nuova era di felicità e di gloria. Gli annali del secondo Giustino sono segnati dalla disgrazia all'estero e dalla miseria a casa. In Occidente, l'Impero romano venne afflitto dalla perdita dell'Italia, la desolazione dell'Africa, e dalle conquiste dei Persiani.
L'ingiustizia prevalse sia nella capitale che nelle province: i ricchi tremavano per le loro proprietà, i poveri per la loro sicurezza, i magistrati ordinari erano ignoranti o venali, i rimedi occasionali sembrano essere stati arbitrari e violenti, e i lamenti del popolo non potevano più essere zittiti dai splendidi nomi di un legislatore e di un conquistatore.
L'opinione che imputa al principe tutte le calamità dei suoi tempi potrebbe essere considerata dallo storico una seria verità o un salutare pregiudizio. Eppure si solleverà un candido sospetto, che i sentimenti di Giustino erano puri e benevolenti, e che avrebbe potuto ricoprire il suo ruolo senza subire rimproveri, se le facoltà della sua mente non fossero state compromesse dalla malattia, che privò l'imperatore dell'uso delle gambe, e lo confinò nel palazzo, uno straniero ai lamenti del popolo e ai vizi del governo.
La tarda conoscenza della propria impotenza fece sì che rinunciò al peso del diadema; e, nella scelta di un sostituto degno, mostrò alcuni sintomi di uno spirito perspicace e magnanimo."
Chi impazzisce di certo non stava bene neanche prima, di certo è meglio un sano di un folle, come è meglio un sapiente di un sano.
CROCE DI GIUSTINO
Per secoli è stato il simbolo sacro che i Papi, nella basilica di San Pietro, ostentavano nelle grandi celebrazioni liturgiche del Natale e della Pasqua. E' la Crux Vaticana o Croce di Giustino, rarissimo esempio di committenza imperiale di epoca bizantina regalata al Pontefice romano da Giustino II, imperatore di Costantinopoli, fra gli anni 565-578 d.c.
Caratterizzata da un prezioso corredo di gemme e perle, dalla capsula circolare che contiene la santa reliquia (un frammento ligneo della croce di Cristo), la croce, denominata anche Crux Invicta o Croce Gemmata, reca il testo:
"Ligno quo Christus humanum subdidit hostem dat Romae Iustinus opem et socia decorem"
("Con questo legno, attraverso il quale Cristo soggiogò il nemico degli uomini, dona Giustino a Roma l'opera e la sua compagna gli ornamenti").
La croce, debitamente restaurata, fa parte ancora oggi del tesoro del Vaticano.
BIBLIO
- Ralph-Johannes Lilie - Bisanzio la seconda Roma - Roma - Newton & Compton - 2005 -
- Gerhard Herm - I bizantini - Milano - Garzanti - 1985 -
- Silvia Ronchey - Lo stato bizantino - Torino - Einaudi - 2002 -
- Alexander P Kazhdan - Bisanzio e la sua civiltà - 2ª ed - Bari - Laterza - 2004 -
- Giorgio Ravegnani - Imperatori di Bisanzio - Bologna - Il Mulino - 2008 -
- Sante Guido - La Crux Vaticana o Croce di Giustino II - Città del Vaticano - Edizioni Capitolo Vaticano - 2009 -
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