Templum Divi Augusti
Scavi presso il tempio de' Castori " in urna sacra in foro Romano sub palatio ubi nunc est tabernaculum Vir. ad ponticulum in quo loco effossa fuere uestigia cum duabus tabulis marmoreis teste Pompo, leto " , f. 48. Vedi Bull. com. tomo XXVIII, a. 1900, p. 309.
IL TEMPIO
La costruzione di un tempio in onore del fondatore divinizzato dell'impero fu iniziata dalla vedova Livia e da Tiberio, figlio adottivo, e completata da Caligola. Un' iscrizione del 103 rinvenuta nel 1726 nella Colombaria di Livia sulla via Appia, menziona un C. Giulio Bathyllus, sacrestano o custode del tempio.
Plinio (xii. 19,42) descrive, tra le curiosità del luogo, una radice di un albero di cannella, di dimensioni straordinarie, posta da Livia su un vassoio dorato. La reliquia fu distrutta dal fuoco nel regno di Tito.
Domiziano deve aver restaurato l' edificio, perché il muro posteriore del tempio, il murus post templum divi Augusti ad Minervam, è menzionato nei documenti contemporanei come il luogo in cui sono stati affissi gli avvisi di stato.
Due documenti mostrano il meraviglioso stato di conservazione in cui è stato trovato il tempio. Uno è uno schizzo, ripreso nel 1549 da Pirro Ligorio, che, per gentilezza del professor T. H. Middleton, io riproduco dall'originale, nella Biblioteca Bodleiana.
L' altro è una descrizione della scoperta di Panvinio.
Il luogo era in condizioni talmente buone che anche la statua e l' altare di Vortumnus, descritti da Livia, Asconio, Varro e altri, furono trovati ai piedi dei gradini del tempio.
La chiesa di S. Maria Antiqua, deriva dalla trasformazione, o più che altro dalla devastazione di un bellissimo edificio romano, la biblioteca annessa al tempio di Augusto. S. Maria Antiqua sorse infatti nel Foro Romano all'interno di un complesso di edifici della seconda metà del I sec..
Uno di questi ambienti, in origine un vestibolo con corpo di guardia a protezione della rampa che conduceva ai palazzi imperiali, già a metà del V sec. divenne una chiesa, che alcuni fanno risalire risalire all'epoca dell'imperatore Giustino II (567-578), altri la ritengono invece più tarda ed oggi prevale questa ipotesi.
Sotto al Palatino, dove la Via Nova incrociava il Vicus Tuscus, l'imperatore Tiberio, figlio adottivo di Augusto, fece erigere, dietro il tempio dei Castori nel Vicus Tuscus, un tempio in onore di suo padre divinizzato, il Templum Divi Augusti, detto pure Templum Novum.
Già identificato come parte della domus Tiberiana, al Velabro, dietro il tempio dei Dioscuri, sempre nei pressi del Vicus Tuscus, viene ora riconosciuto dagli studiosi come una costruzione di epoca domizianea.
Qui sotto il tempio ottastilo di Augusto sul rovescio di un sesterzio di Antonino Pio (159), che restaurò il tempio del primo imperatore romano; si intravedono nella cella le statue di Augusto e Livia Drusilla. I gradini del tempio erano affiancati da due statue di Vittoria.
La costruzione di un tempio in onore del fondatore divinizzato dell'impero fu iniziata dalla vedova Livia e da Tiberio, figlio adottivo, e completata da Caligola. Un' iscrizione del 103 rinvenuta nel 1726 nella Colombaria di Livia sulla via Appia, menziona un C. Giulio Bathyllus, sacrestano o custode del tempio.
TEMPIO DI AUGUSTO SU UNA MONETA PERO' ESASTILO |
Domiziano deve aver restaurato l' edificio, perché il muro posteriore del tempio, il murus post templum divi Augusti ad Minervam, è menzionato nei documenti contemporanei come il luogo in cui sono stati affissi gli avvisi di stato.
Due documenti mostrano il meraviglioso stato di conservazione in cui è stato trovato il tempio. Uno è uno schizzo, ripreso nel 1549 da Pirro Ligorio, che, per gentilezza del professor T. H. Middleton, io riproduco dall'originale, nella Biblioteca Bodleiana.
L' altro è una descrizione della scoperta di Panvinio.
Il luogo era in condizioni talmente buone che anche la statua e l' altare di Vortumnus, descritti da Livia, Asconio, Varro e altri, furono trovati ai piedi dei gradini del tempio.
La chiesa di S. Maria Antiqua, deriva dalla trasformazione, o più che altro dalla devastazione di un bellissimo edificio romano, la biblioteca annessa al tempio di Augusto. S. Maria Antiqua sorse infatti nel Foro Romano all'interno di un complesso di edifici della seconda metà del I sec..
Uno di questi ambienti, in origine un vestibolo con corpo di guardia a protezione della rampa che conduceva ai palazzi imperiali, già a metà del V sec. divenne una chiesa, che alcuni fanno risalire risalire all'epoca dell'imperatore Giustino II (567-578), altri la ritengono invece più tarda ed oggi prevale questa ipotesi.
Sotto al Palatino, dove la Via Nova incrociava il Vicus Tuscus, l'imperatore Tiberio, figlio adottivo di Augusto, fece erigere, dietro il tempio dei Castori nel Vicus Tuscus, un tempio in onore di suo padre divinizzato, il Templum Divi Augusti, detto pure Templum Novum.
Già identificato come parte della domus Tiberiana, al Velabro, dietro il tempio dei Dioscuri, sempre nei pressi del Vicus Tuscus, viene ora riconosciuto dagli studiosi come una costruzione di epoca domizianea.
Qui sotto il tempio ottastilo di Augusto sul rovescio di un sesterzio di Antonino Pio (159), che restaurò il tempio del primo imperatore romano; si intravedono nella cella le statue di Augusto e Livia Drusilla. I gradini del tempio erano affiancati da due statue di Vittoria.
ANTONINO PIO E TEMPIO DI AUGUSTO |
Probabilmente oggi il tempio si trova sotto le costruzioni alle spalle della Basilica Giulia, in una zona non ancora scavata al di sotto dell'ex-ospedale della Consolazione, dinanzi a cui giacciono capitelli e colonne romane reperite durante alcuni lavori.
Il tempio fu dedicato da Tiberio non si sa se da solo o insieme a Livia Drusilla, la terza moglie di Augusto, l'imperatrice, l'augusta e l'unica donna amata dall'imperatore. Oltre alle statue di Augusto e di Livia, il tempio conteneva anche quelle di altri imperatori divinizzati, come si evidenzia dal fatto che una aedes Caesarum fosse stata colpita da un fulmine nel 69. Del tempio parla anche Tacito nei suoi Annali.
Tiberio fece decorare il tempio con la riproduzione di un'opera di Nicia di Atene, del IV sec. a.c., un'opera famosa raffigurante Giacinto, lo sfortunato ragazzino di cui si era invaghito Apollo. Tiberio costruì anche una biblioteca che dal tempio prese il nome di Bibliotheca Templi Novi o Bibliotheca Templi Augusti.
La menziona Gellio: "Cum in domus Tiberianae bibliotheca sederemus" e pure in Volpisco: "Libri ex biblioteca Ulpia ex domo tiberiana"
L' imperatore Caligola, sulle cui monete è effigiato il tempio a sei colonne corinzie sulla fronte e ornato di statue, se ne servì per appoggiarvi uno dei piloni del famoso ponte costruito per congiungere il palazzo imperiale col tempio di Giove Capitolino.
Il tempio di Augusto apparve invece a 8 colonne sul rovescio di un sesterzio di Antonino Pio, che restaurò il tempio di Augusto evidentemente modificandolo; vi si intravedono le statue di Augusto e Livia Drusilla.
Nell'incendio di epoca neroniana il tempio di Augusto fu distrutto, e naturalmente la biblioteca, una grossa perdita della cultura romana e greca; Domiziano lo restaurò costruendovi dietro un santuario in onore di Minerva, Dea cui dedicava un culto speciale.
"Presso Minerva, dietro il tempio del Divo Augusto" ogni anno, come attestano numerose iscrizioni, erano affisse le grandi tavole di bronzo con i nomi di quei soldati che dopo aver terminato gli anni di servizio, ottenevano il congedo ed erano ricompensati col diritto di cittadinanza, pensione o altro.
In quest'ambito le fonti citano anche una biblioteca aperta da Tiberio e rinnovata dopo l' incendio da Domiziano: Templum Divi Aug(usti) rest(itutum).
LA BIBLIOTECA AUGUSTEA
Dietro l' angolo SE del tempio dei Castori si trova l'ingresso di un gran cortile quadrato, con nicchie per statue colossali nelle pareti, che comunica con la cella del tempio di Augusto mediante una porticina, e verso sinistra con la gran rampa che conduce all'altura del Palatino. Nella parte inferiore delle pareti, già rivestite di marmo, erano probabilmente affisse le tavole di bronzo, come già scritto, dei congedati "tabulae honestae missionis".
Nel centro del cortile vi è un gran bacino rettangolare che ha sul lato minore una scaletta per discendervi e si estende fin sotto le fondamenta del quadriportico. Il bacino, che sembrerebbe l' "impluvium" di un'insula, è di m. 9 × 25, così vasta dovrebbe essere un edificio imperiale, infatti un frammento d' iscrizione onoraria di Caligola fu ritrovato nei suoi scavi.
Dietro il quadriportico si trovano tre sale, una più grande di m. 8,5 × 7 nel mezzo e due piccole di m. 4,5 × 7 e 4,5 × 5 ai lati; due altre stanze laterali, poi, a cui si accede dalla navata destra del quadriportico, si estendono fin dietro il lato meridionale del tempio di Augusto. Il quadriportico forse serviva come sala da studio della Biblioteca, le altre sale e stanze da magazzini per i libri.
Nella navata laterale sinistra si apre una porta che conduce in un gran corridoio a volta, da cui si sale in alto mediante una rampa, interrotta da alcuni gradiniche comunica col primo piano della casa delle Vestali e con la Nova Via. Più in alto, si arriva sul tetto della Biblioteca, e un quarto braccio della rampa conduce al Clivus Victoriae, ove la rampa si incontra con la gradinata che sale dal tempio di Vesta. Altre salite a gradini conducono fino alla Domus Tiberiana.
La pianta dell' edifizio corrisponde ai precetti di Vitruvio, ed è simile ad altre biblioteche. L'edificio è orientato a NE., per avere la piena luce della mattina, preferita dagli antichi studiosi, e verso mezzogiorno e sud-ovest è perfettamente chiuso, come appunto prescrive Vitruvio, affinchè lo scirocco, il sole cocente del pomeriggio, e gl'insetti della stagione calda non vi penetrino.
E' inoltre giustamente posta nel centro della città, a pochi passi dal Foro e dai palazzi imperiali, e nel medesimo tempo isolato dai rumori, assai conveniente ad una biblioteca.
Nel medio evo il Quadriportico venne trasformato nella navata centrale e nelle navi laterali della basilica; mentre delle tre sale si fecero il presbiterio e due cappelle.
Lastroni di granito grigio uniti insieme rozzamente formano il pavimento: nel centro del cortile presso e si vede un avanzo ottagonale di mattoni, forse la base di un ambone.
Nell' età cristiana il "Cortile di Minerva" fu trasformato nel vestibolo della chiesa, e un gran portone centrale e due porte laterali danno accesso all'ambiente principale della Biblioteca, un quadriportico sostenuto da quattro pilastri rettangolari di mattoni e da quattro colonne di granito con capitelli di marmo.
È incerto se la sala centrale fosse da principio scoperta, oppure se sia stata chiusa con un tetto solo in età cristiana.
Nell' età cristiana, forse già prima del VI sec., fu posta nella sala maggiore della Biblioteca una cappella della Madonna, la quale fu ingrandita e decorata parecchie volte, mentre la sala maggiore della biblioteca fu ridotta a presbiterio.
Anche Paolo I (757‑767) e Adriano I (772‑793) decorarono la chiesa e durante la contesa iconoclasta, monaci greci cacciati dall'Impero orientale trovarono rifugio in Roma, nella chiesa e nel monastero.
Nel secolo IX la chiesa fu abbandonata sotto papa Leone IV (845‑856) e ad essa venne sostituita quella di S. Maria Nova, sulle rovine del tempio di Venere e di Roma.
Naturalmente i resti antichi vennero distrutti, e solo in parte riutilizzati. Basti pensare che davanti al tempio di Venere e Roma c'era una fornace in cui si fabbricava la calce, proprio per volontà del papa, calcinando statue, colonne e decori del tempio pagano.
Le mura della Domus Tiberiana, crollando, coprirono gli avanzi della basilica e nel secolo XIII, quasi nel medesimo luogo, ma ad un livello superiore, fu costruita una piccola chiesa detta S. Maria libera nos a poenis inferni, (Santa Maria liberaci dalle pene dell'inferno) o S. Maria Liberatrice.
I SARCOFAGI
Accanto all' ingresso della rampa verso il Palatino è collocato un sarcofago di marmo con rilievi cristiani, rinvenuto sotto il pavimento della chiesa, ma del III-IV secolo, e quindi nella chiesa di S. Maria Antiqua adoperato per la seconda volta. Nell' angolo un secondo sarcofago, ma pagano, con maschere tragiche e comiche in rilievo, rinvenute anch' esso sotto il pavimento del basilica.
Nella navata destra, vicino all'ingresso, un terzo sarcofago dedicato, secondo l' iscrizione, da un centurione della coorte decima urbana, L. Celio Florentino, a sua moglie, Clodia Secunda, morta il 17 giugno 207 d.c., nell' età di 25 anni, 10 mesi e 14 giorni, dopo di aver vissuto in matrimonio per 7 anni, 4 mesi e 18 giorni "senza che mai una contesa fosse sorta fra loro" (sine querella). Anche questo sarcofago adoperato per la seconda volta, deve essere stato originariamente presso una delle grandi vie pubbliche, forse la Via Appia.
Il tempio fu dedicato da Tiberio non si sa se da solo o insieme a Livia Drusilla, la terza moglie di Augusto, l'imperatrice, l'augusta e l'unica donna amata dall'imperatore. Oltre alle statue di Augusto e di Livia, il tempio conteneva anche quelle di altri imperatori divinizzati, come si evidenzia dal fatto che una aedes Caesarum fosse stata colpita da un fulmine nel 69. Del tempio parla anche Tacito nei suoi Annali.
La menziona Gellio: "Cum in domus Tiberianae bibliotheca sederemus" e pure in Volpisco: "Libri ex biblioteca Ulpia ex domo tiberiana"
L' imperatore Caligola, sulle cui monete è effigiato il tempio a sei colonne corinzie sulla fronte e ornato di statue, se ne servì per appoggiarvi uno dei piloni del famoso ponte costruito per congiungere il palazzo imperiale col tempio di Giove Capitolino.
Il tempio di Augusto apparve invece a 8 colonne sul rovescio di un sesterzio di Antonino Pio, che restaurò il tempio di Augusto evidentemente modificandolo; vi si intravedono le statue di Augusto e Livia Drusilla.
Nell'incendio di epoca neroniana il tempio di Augusto fu distrutto, e naturalmente la biblioteca, una grossa perdita della cultura romana e greca; Domiziano lo restaurò costruendovi dietro un santuario in onore di Minerva, Dea cui dedicava un culto speciale.
"Presso Minerva, dietro il tempio del Divo Augusto" ogni anno, come attestano numerose iscrizioni, erano affisse le grandi tavole di bronzo con i nomi di quei soldati che dopo aver terminato gli anni di servizio, ottenevano il congedo ed erano ricompensati col diritto di cittadinanza, pensione o altro.
In quest'ambito le fonti citano anche una biblioteca aperta da Tiberio e rinnovata dopo l' incendio da Domiziano: Templum Divi Aug(usti) rest(itutum).
LA BIBLIOTECA AUGUSTEA
Dietro l' angolo SE del tempio dei Castori si trova l'ingresso di un gran cortile quadrato, con nicchie per statue colossali nelle pareti, che comunica con la cella del tempio di Augusto mediante una porticina, e verso sinistra con la gran rampa che conduce all'altura del Palatino. Nella parte inferiore delle pareti, già rivestite di marmo, erano probabilmente affisse le tavole di bronzo, come già scritto, dei congedati "tabulae honestae missionis".
Nel centro del cortile vi è un gran bacino rettangolare che ha sul lato minore una scaletta per discendervi e si estende fin sotto le fondamenta del quadriportico. Il bacino, che sembrerebbe l' "impluvium" di un'insula, è di m. 9 × 25, così vasta dovrebbe essere un edificio imperiale, infatti un frammento d' iscrizione onoraria di Caligola fu ritrovato nei suoi scavi.
RICOSTRUZIONE DELLA BIBLIOTECA DI AUGUSTO |
Nella navata laterale sinistra si apre una porta che conduce in un gran corridoio a volta, da cui si sale in alto mediante una rampa, interrotta da alcuni gradiniche comunica col primo piano della casa delle Vestali e con la Nova Via. Più in alto, si arriva sul tetto della Biblioteca, e un quarto braccio della rampa conduce al Clivus Victoriae, ove la rampa si incontra con la gradinata che sale dal tempio di Vesta. Altre salite a gradini conducono fino alla Domus Tiberiana.
La pianta dell' edifizio corrisponde ai precetti di Vitruvio, ed è simile ad altre biblioteche. L'edificio è orientato a NE., per avere la piena luce della mattina, preferita dagli antichi studiosi, e verso mezzogiorno e sud-ovest è perfettamente chiuso, come appunto prescrive Vitruvio, affinchè lo scirocco, il sole cocente del pomeriggio, e gl'insetti della stagione calda non vi penetrino.
E' inoltre giustamente posta nel centro della città, a pochi passi dal Foro e dai palazzi imperiali, e nel medesimo tempo isolato dai rumori, assai conveniente ad una biblioteca.
Nel medio evo il Quadriportico venne trasformato nella navata centrale e nelle navi laterali della basilica; mentre delle tre sale si fecero il presbiterio e due cappelle.
Lastroni di granito grigio uniti insieme rozzamente formano il pavimento: nel centro del cortile presso e si vede un avanzo ottagonale di mattoni, forse la base di un ambone.
Nell' età cristiana il "Cortile di Minerva" fu trasformato nel vestibolo della chiesa, e un gran portone centrale e due porte laterali danno accesso all'ambiente principale della Biblioteca, un quadriportico sostenuto da quattro pilastri rettangolari di mattoni e da quattro colonne di granito con capitelli di marmo.
È incerto se la sala centrale fosse da principio scoperta, oppure se sia stata chiusa con un tetto solo in età cristiana.
Nell' età cristiana, forse già prima del VI sec., fu posta nella sala maggiore della Biblioteca una cappella della Madonna, la quale fu ingrandita e decorata parecchie volte, mentre la sala maggiore della biblioteca fu ridotta a presbiterio.
Anche Paolo I (757‑767) e Adriano I (772‑793) decorarono la chiesa e durante la contesa iconoclasta, monaci greci cacciati dall'Impero orientale trovarono rifugio in Roma, nella chiesa e nel monastero.
Nel secolo IX la chiesa fu abbandonata sotto papa Leone IV (845‑856) e ad essa venne sostituita quella di S. Maria Nova, sulle rovine del tempio di Venere e di Roma.
Naturalmente i resti antichi vennero distrutti, e solo in parte riutilizzati. Basti pensare che davanti al tempio di Venere e Roma c'era una fornace in cui si fabbricava la calce, proprio per volontà del papa, calcinando statue, colonne e decori del tempio pagano.
Le mura della Domus Tiberiana, crollando, coprirono gli avanzi della basilica e nel secolo XIII, quasi nel medesimo luogo, ma ad un livello superiore, fu costruita una piccola chiesa detta S. Maria libera nos a poenis inferni, (Santa Maria liberaci dalle pene dell'inferno) o S. Maria Liberatrice.
I SARCOFAGI
Accanto all' ingresso della rampa verso il Palatino è collocato un sarcofago di marmo con rilievi cristiani, rinvenuto sotto il pavimento della chiesa, ma del III-IV secolo, e quindi nella chiesa di S. Maria Antiqua adoperato per la seconda volta. Nell' angolo un secondo sarcofago, ma pagano, con maschere tragiche e comiche in rilievo, rinvenute anch' esso sotto il pavimento del basilica.
Nella navata destra, vicino all'ingresso, un terzo sarcofago dedicato, secondo l' iscrizione, da un centurione della coorte decima urbana, L. Celio Florentino, a sua moglie, Clodia Secunda, morta il 17 giugno 207 d.c., nell' età di 25 anni, 10 mesi e 14 giorni, dopo di aver vissuto in matrimonio per 7 anni, 4 mesi e 18 giorni "senza che mai una contesa fosse sorta fra loro" (sine querella). Anche questo sarcofago adoperato per la seconda volta, deve essere stato originariamente presso una delle grandi vie pubbliche, forse la Via Appia.
ANDREA CARANDINI
DA: DUE TEMPLA DEL DIVO AUGUSTO, A DUE ANGOLI DEL PALATINO
I due templa del divus Augustus si trovavano simmetricamente ai due limiti del lato settentrionale del Palatino, segnati a nord-est dalle Curiae (veteres) e a nord-ovest dal sacellum Larundae (Tacito, Annali, 12.24). Un templum si trovava entro una porzione della casa paterna e natale del princeps, sul Palatino, "ad capita Bubula" (ai crani di bue o bucrani). L’altro templum si trovava subito oltre il monte, nel Velabrum, comunque vicino alla seconda casa palatina di Ottaviano, che si trovava "ad scalas Anularias" o dei Gioiellieri: quelle che salivano alla porta Romanula.
Il templum esastilo del Velabrum è stato chiamato novum probabilmente fin da Claudio, perché non si confondesse con l’altro, che aveva una origine più antica. Infatti era stato edificato da Livia moglie di Augusto e da Tiberio suo successore, che gli aveva aggiunto una biblioteca. Ma era stato Caligola a dedicarlo; lo aveva utilizzato per sostenere il ponte che collegava la sua domus, lì vicino, con quella che si trovava probabilmente di fronte all’aedes di Giove Capitolino.
Il templum novum, distrutto da incendio, è stato poi ricostruito ottastilo da Domiziano e ripristinato infine da Antonino Pio. Assai complessa è la storia della casa natale di Augusto, ai palatini capita Bubula. In essa era un primo luogo di culto voluto dal princeps nel 12 a.c., cui poi Livia ha aggiunto il sacrarium divi Augusti, eretto qualche anno dopo la sua morte e poi distrutto da un incendio. Ricostruito da Claudio come templum divi Augusti e nuovamente distrutto dall’incendio del 64 d.c., il luogo è stato ricostruito da Nerone, in una posizione simmetrica rispetto al lucus/sacellum Streniae, ma il tempio in sé è stato eretto solamente da Vespasiano, per poi durare fino alla tarda antichità.
La casa avita doveva essere composta di due lotti. Il primo culto era stato voluto nel lotto settentrionale, all’angolo nord-est del Palatino, marcato da un rilievo o pittura in cui figuravano teste di bue, probabilmente dei bucrania appesi al muro. Il progetto augusteo è stato completato e coronato da Livia, nei primi anni ’20, quando ha eretto il sacrarium, di cui abbiamo notizie dalle fonti letterarie (Svetonio, Vita di Augusto, 5; Servio, Commentario all’Eneide, 8.361; Plinio il Vecchio, Storia naturale, 12.94) e da alcune terrecotte “Campana” incluse nelle murature del tempio di Claudio. Il tutto si trovava non nei pressi ma entro uno dei lotti della casa nella quale Augusto era nato.
La casa natale di Augusto veniva posta lungo il vicus Curiarum, a ovest delle curiae Veteres, che “dovevano” raggiungere il vicus Fabricius che delimitava quel monte a oriente. Eppure il ritrovamento di una fondazione curva del v secolo a.c. ha imposto una più accurata e dettagliata riflessione sul luogo. Si tratta, probabilmente, di una riproposizione, in tecnica evoluta del v secolo a.c., della capanna originaria delle curiae, probabilmente databile tra la metà dell’VIII e la metà del VI secolo a.c..
L’ampia capanna rinvenuta si trovava all’angolo delle mura palatine, tratti delle quali hanno cominciato a essere demoliti a partire dal 550 a.c. circa, quando Servio Tullio ha rivoluzionato pomerium e murus/agger. È forse al tempo di questo tyrannus che a sud della capanna (dove non si è scavato) è stata edificata una piccola aedes, probabilmente consacrata a Iuno Curitis, la Dea delle curiae, le cui terrecotte sono state rinvenute deposte nell’area della capanna e sono databili soprattutto tra la seconda metà del VI e il V secolo a.c..
La posizione della capanna e dell’ipotizzato tempietto consente di ricostruire l’area sacra delle curiae più a ovest, non all’angolo del Palatino nella versione a noi nota. Eppure per la testimonianza di Tacito le curiae dovevano stare all’angolo del Palatino, ma di un Palatino alto-arcaico e arcaico, più ristretto di quello della seconda metà del VI secolo a.c. e successivo.
Tracce della viabilità successiva consentono di ipotizzare, almeno per le origini, un vicus predecessore del Fabricius, che correva più a occidente, delimitando il monte su questo lato. Non si sa quando il tempietto delle curiae è stato eliminato, così come già la capanna, sostituito da una fila di sale tricliniari, probabilmente sette quante le curiae Veteres. È intorno al 540/530 a.c. che il Palatino si è esteso verso est, cioè verso il Celio, fino a raggiungere una strada ora creata: il vicus Fabricius.
L’estensione palatina era dovuta a una fila di case lungo il vicus Fabricius, la prima in fila delle quali sarà la casa natale di Augusto. Mentre il limite tra le curiae Veteres e la casa dell’ignoto signore posta a ovest non è mai cambiato, per cui quella casa sempre si è trovata fuori da quell’area sacra, il suo limite a est, prima più ampio, è stato poi leggermente arretrato, almeno dal tempo di Silla. La parte persa dalle curiae è andata a vantaggio di due lotti abitativi affacciati sul vicus Fabricius, il cui retro confinava appunto con le curiae stesse.
Questi due lotti formavano dal tempo di Silla un’unica dimora, quella degli Octavii. Il lotto a nord misurava mq 807,8 e quello a sud 676,3, per un totale di mq 1484,1, di cui solo il 21 per cento, disposto sul retro della casa, era appartenuto alle curiae. In particolare, del lotto settentrionale della casa mq 221,8, pari al 27,4 per cento, erano appartenuti alle curiae, ed è proprio in questa parte di questo lotto che Augusto era nato.
La casa di Ottavio padre deve essere passata, alla sua morte nel 59 a.c., al figlio (Ottavio/ Ottaviano/
Augusto), che già nel 58 a.c., a cinque anni, ha lasciato la casa natale, che però ha mantenuto in proprietà, destinando il lotto settentrionale e d’angolo al culto del proprio Genius. Si pensi alle arae del Genius e del Numen Augusti e alla statua del Genius seduto nel vestibulum e davanti a questo della domus Augusti sul Cermalus.
Per una decisione del senato che risaliva al 30 a.c., al Genius di Augusto si libava e attorno si banchettava celebrando il natale, avvenuto il 23 settembre del 63 a.c. Inoltre, dal 13 a.c. il Genius di Augusto era stato aggiunto alle divinità invocate nei giuramenti e dal 12 a.c. sono stati dal princeps riautorizzati i ludi Compitales, ora associati al culto dei Lares e del Genius propri.
Quindi la parte della casa dove Augusto era nato e dove si venerava il suo Genius, meta e compitum Fabricii, epicentri della riforma urbana, formavano una unità topografica e concettuale. Nel 14 d.c. Augusto muore e la casa paterna viene venduta ai patrizi Laetorii, probabilmente con il vincolo di preservare nel lotto d’angolo il culto del divo Augusto, e infatti l’allestimento cultuale del luogo è stato preservato.
Nel lotto subito più a sud della stessa casa abitava allora il giovane C. Letorio. Si considerava il custode o aedituus del primo suolo che Augusto nascendo aveva toccato e lui lo rispettava, come se il divo Augusto fosse stato il suo nume domestico. Intorno al 20, il Senato ha accusato Letorio di adulterio e in cambio di una riduzione della pena inflittagli gli ha espropriato il lotto d’angolo e lo ha fatto consacrare dai pontefici al divo Augusto.
Intorno agli anni 20-22 d.c. Livia, ormai adottata e quindi una Iulia, nonché Augusta, ha eretto in quel lotto consacrato il sacrarium divi Augusti (Svetonio, Vita di Augusto, 5). Sono gli anni in cui Livia dedica un signum del marito nel teatro di Marcello e ottiene l’uso in città del carpentum, un carro a due ruote e coperto, in quanto sacerdos divi Augusti. Il sacrarium viene custodito oramai da un aedituus servus publicus.
Nel sacrarium, controllato da Livia in quanto vedova e sacerdotessa, l’Augusta aveva trasferito la corrispondenza personale del marito morto. In un giorno del 26 d.c. Livia, adirata con Tiberio, aveva consultato e letto nel sacrarium alcune lettere di Augusto, per mettere in difficoltà il nuovo princeps con passi imbarazzanti scritti da Augusto su di lui. Quale perfidia! Un incendio ha distrutto poi il sacrarium.
Nel 42 d.c. Claudio ha divinizzato Livia, ne ha associato il culto a quello di Augusto e ha ricostruito l’edificio di culto nello stesso luogo, ma questa volta su un rettangolo di suolo inaugurato dagli auguri, quindi su di un templum, per cui anche l’edificio sacro costruito sopra è stato definito templum. Gli aeditui sono oramai di un rango superiore, cioè liberti imperiali. Allo stesso tempo viene eretta accanto al tempio una seconda aedicula, nella quale il collegio degli aenatores ha fatto erigere statue dei Cesari.
L’incendio del 64 d.c. ha distrutto anche questo templum e il luogo di culto, spostato e ristrutturato, viene apprestato da Nerone ma edificato da Vespasiano e durerà fino alla tarda antichità.
BIBLIO
- Cassio Dione Cocceiano - Storia romana -
- Plinio il Vecchio - Storia naturale -
- Svetonio - Vite dei Cesari -
DA: DUE TEMPLA DEL DIVO AUGUSTO, A DUE ANGOLI DEL PALATINO
I due templa del divus Augustus si trovavano simmetricamente ai due limiti del lato settentrionale del Palatino, segnati a nord-est dalle Curiae (veteres) e a nord-ovest dal sacellum Larundae (Tacito, Annali, 12.24). Un templum si trovava entro una porzione della casa paterna e natale del princeps, sul Palatino, "ad capita Bubula" (ai crani di bue o bucrani). L’altro templum si trovava subito oltre il monte, nel Velabrum, comunque vicino alla seconda casa palatina di Ottaviano, che si trovava "ad scalas Anularias" o dei Gioiellieri: quelle che salivano alla porta Romanula.
Il templum esastilo del Velabrum è stato chiamato novum probabilmente fin da Claudio, perché non si confondesse con l’altro, che aveva una origine più antica. Infatti era stato edificato da Livia moglie di Augusto e da Tiberio suo successore, che gli aveva aggiunto una biblioteca. Ma era stato Caligola a dedicarlo; lo aveva utilizzato per sostenere il ponte che collegava la sua domus, lì vicino, con quella che si trovava probabilmente di fronte all’aedes di Giove Capitolino.
Il templum novum, distrutto da incendio, è stato poi ricostruito ottastilo da Domiziano e ripristinato infine da Antonino Pio. Assai complessa è la storia della casa natale di Augusto, ai palatini capita Bubula. In essa era un primo luogo di culto voluto dal princeps nel 12 a.c., cui poi Livia ha aggiunto il sacrarium divi Augusti, eretto qualche anno dopo la sua morte e poi distrutto da un incendio. Ricostruito da Claudio come templum divi Augusti e nuovamente distrutto dall’incendio del 64 d.c., il luogo è stato ricostruito da Nerone, in una posizione simmetrica rispetto al lucus/sacellum Streniae, ma il tempio in sé è stato eretto solamente da Vespasiano, per poi durare fino alla tarda antichità.
La casa avita doveva essere composta di due lotti. Il primo culto era stato voluto nel lotto settentrionale, all’angolo nord-est del Palatino, marcato da un rilievo o pittura in cui figuravano teste di bue, probabilmente dei bucrania appesi al muro. Il progetto augusteo è stato completato e coronato da Livia, nei primi anni ’20, quando ha eretto il sacrarium, di cui abbiamo notizie dalle fonti letterarie (Svetonio, Vita di Augusto, 5; Servio, Commentario all’Eneide, 8.361; Plinio il Vecchio, Storia naturale, 12.94) e da alcune terrecotte “Campana” incluse nelle murature del tempio di Claudio. Il tutto si trovava non nei pressi ma entro uno dei lotti della casa nella quale Augusto era nato.
La casa natale di Augusto veniva posta lungo il vicus Curiarum, a ovest delle curiae Veteres, che “dovevano” raggiungere il vicus Fabricius che delimitava quel monte a oriente. Eppure il ritrovamento di una fondazione curva del v secolo a.c. ha imposto una più accurata e dettagliata riflessione sul luogo. Si tratta, probabilmente, di una riproposizione, in tecnica evoluta del v secolo a.c., della capanna originaria delle curiae, probabilmente databile tra la metà dell’VIII e la metà del VI secolo a.c..
L’ampia capanna rinvenuta si trovava all’angolo delle mura palatine, tratti delle quali hanno cominciato a essere demoliti a partire dal 550 a.c. circa, quando Servio Tullio ha rivoluzionato pomerium e murus/agger. È forse al tempo di questo tyrannus che a sud della capanna (dove non si è scavato) è stata edificata una piccola aedes, probabilmente consacrata a Iuno Curitis, la Dea delle curiae, le cui terrecotte sono state rinvenute deposte nell’area della capanna e sono databili soprattutto tra la seconda metà del VI e il V secolo a.c..
La posizione della capanna e dell’ipotizzato tempietto consente di ricostruire l’area sacra delle curiae più a ovest, non all’angolo del Palatino nella versione a noi nota. Eppure per la testimonianza di Tacito le curiae dovevano stare all’angolo del Palatino, ma di un Palatino alto-arcaico e arcaico, più ristretto di quello della seconda metà del VI secolo a.c. e successivo.
Tracce della viabilità successiva consentono di ipotizzare, almeno per le origini, un vicus predecessore del Fabricius, che correva più a occidente, delimitando il monte su questo lato. Non si sa quando il tempietto delle curiae è stato eliminato, così come già la capanna, sostituito da una fila di sale tricliniari, probabilmente sette quante le curiae Veteres. È intorno al 540/530 a.c. che il Palatino si è esteso verso est, cioè verso il Celio, fino a raggiungere una strada ora creata: il vicus Fabricius.
L’estensione palatina era dovuta a una fila di case lungo il vicus Fabricius, la prima in fila delle quali sarà la casa natale di Augusto. Mentre il limite tra le curiae Veteres e la casa dell’ignoto signore posta a ovest non è mai cambiato, per cui quella casa sempre si è trovata fuori da quell’area sacra, il suo limite a est, prima più ampio, è stato poi leggermente arretrato, almeno dal tempo di Silla. La parte persa dalle curiae è andata a vantaggio di due lotti abitativi affacciati sul vicus Fabricius, il cui retro confinava appunto con le curiae stesse.
Questi due lotti formavano dal tempo di Silla un’unica dimora, quella degli Octavii. Il lotto a nord misurava mq 807,8 e quello a sud 676,3, per un totale di mq 1484,1, di cui solo il 21 per cento, disposto sul retro della casa, era appartenuto alle curiae. In particolare, del lotto settentrionale della casa mq 221,8, pari al 27,4 per cento, erano appartenuti alle curiae, ed è proprio in questa parte di questo lotto che Augusto era nato.
La casa di Ottavio padre deve essere passata, alla sua morte nel 59 a.c., al figlio (Ottavio/ Ottaviano/
Augusto), che già nel 58 a.c., a cinque anni, ha lasciato la casa natale, che però ha mantenuto in proprietà, destinando il lotto settentrionale e d’angolo al culto del proprio Genius. Si pensi alle arae del Genius e del Numen Augusti e alla statua del Genius seduto nel vestibulum e davanti a questo della domus Augusti sul Cermalus.
Per una decisione del senato che risaliva al 30 a.c., al Genius di Augusto si libava e attorno si banchettava celebrando il natale, avvenuto il 23 settembre del 63 a.c. Inoltre, dal 13 a.c. il Genius di Augusto era stato aggiunto alle divinità invocate nei giuramenti e dal 12 a.c. sono stati dal princeps riautorizzati i ludi Compitales, ora associati al culto dei Lares e del Genius propri.
Quindi la parte della casa dove Augusto era nato e dove si venerava il suo Genius, meta e compitum Fabricii, epicentri della riforma urbana, formavano una unità topografica e concettuale. Nel 14 d.c. Augusto muore e la casa paterna viene venduta ai patrizi Laetorii, probabilmente con il vincolo di preservare nel lotto d’angolo il culto del divo Augusto, e infatti l’allestimento cultuale del luogo è stato preservato.
Nel lotto subito più a sud della stessa casa abitava allora il giovane C. Letorio. Si considerava il custode o aedituus del primo suolo che Augusto nascendo aveva toccato e lui lo rispettava, come se il divo Augusto fosse stato il suo nume domestico. Intorno al 20, il Senato ha accusato Letorio di adulterio e in cambio di una riduzione della pena inflittagli gli ha espropriato il lotto d’angolo e lo ha fatto consacrare dai pontefici al divo Augusto.
Intorno agli anni 20-22 d.c. Livia, ormai adottata e quindi una Iulia, nonché Augusta, ha eretto in quel lotto consacrato il sacrarium divi Augusti (Svetonio, Vita di Augusto, 5). Sono gli anni in cui Livia dedica un signum del marito nel teatro di Marcello e ottiene l’uso in città del carpentum, un carro a due ruote e coperto, in quanto sacerdos divi Augusti. Il sacrarium viene custodito oramai da un aedituus servus publicus.
Nel sacrarium, controllato da Livia in quanto vedova e sacerdotessa, l’Augusta aveva trasferito la corrispondenza personale del marito morto. In un giorno del 26 d.c. Livia, adirata con Tiberio, aveva consultato e letto nel sacrarium alcune lettere di Augusto, per mettere in difficoltà il nuovo princeps con passi imbarazzanti scritti da Augusto su di lui. Quale perfidia! Un incendio ha distrutto poi il sacrarium.
Nel 42 d.c. Claudio ha divinizzato Livia, ne ha associato il culto a quello di Augusto e ha ricostruito l’edificio di culto nello stesso luogo, ma questa volta su un rettangolo di suolo inaugurato dagli auguri, quindi su di un templum, per cui anche l’edificio sacro costruito sopra è stato definito templum. Gli aeditui sono oramai di un rango superiore, cioè liberti imperiali. Allo stesso tempo viene eretta accanto al tempio una seconda aedicula, nella quale il collegio degli aenatores ha fatto erigere statue dei Cesari.
L’incendio del 64 d.c. ha distrutto anche questo templum e il luogo di culto, spostato e ristrutturato, viene apprestato da Nerone ma edificato da Vespasiano e durerà fino alla tarda antichità.
BIBLIO
- Cassio Dione Cocceiano - Storia romana -
- Plinio il Vecchio - Storia naturale -
- Svetonio - Vite dei Cesari -
- Filippo Coarelli - I templi dell'Italia antica - Milano - 1980 -
- Samuel Ball Platner e Thomas Ashby - "Temple of Augustus" - A Topographical Dictionary of Ancient Rome - Oxford University Press - 1929 -
- Mario Torelli - "Augustus, Divus, templum (novum) aedes - in Eva Margareta Steinby (a cura di) -Lexicon topographicum Urbis Romae - I - Roma - 1993 -
- Samuel Ball Platner e Thomas Ashby - "Temple of Augustus" - A Topographical Dictionary of Ancient Rome - Oxford University Press - 1929 -
- Mario Torelli - "Augustus, Divus, templum (novum) aedes - in Eva Margareta Steinby (a cura di) -Lexicon topographicum Urbis Romae - I - Roma - 1993 -
1 comment:
Il tempio di Livia e Augusto della Pieve di Cavriana Mn è costruito sulla scorta di quello di Roma.Presenta due teste scolpite che rappresentano Livia,Augusto è rappresentato come faraone d'Egitto
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