NORA ( Sardegna)


Nora è una sito archeologico nel sud della Sardegna a pochi chilometri da Pula e 30 kmi da Cagliari, sorto su un promontorio, Capo di Pula, separato dalla terraferma da un istmo che si estende in due punte: a Ovest la Punta del serpente, e ad Est la Punta del Coltellazzo.

L'area è dominata dalla torre spagnola del Coltellazzo, in una posizione da paesaggio mozzafiato. Si tratta di uno dei siti più noti della Sardegna che ospita le rovine di un’antica città, il primo centro abitato fenicio in Sardegna (VIII secolo a.c.), poi fiorente centro punico e infine venne conquistato dai romani, divenendo municipium nel I d.c.

Nei due secoli successivi Pula fu al top del suo splendore, come caput viae di tutte le strade sarde. Ospitò un tophet fenicio-punico, resti di templi punici e romani, del foro, di dimore signorili, oltre a terme con mosaici e anfiteatro, che in età imperiale aveva mille posti a sedere. Il museo Giovanni Patroni di Pula e il museo archeologico di Cagliari conservano i reperti rinvenuti negli scavi.

« Gli Iberi, dopo Aristeo, si trasferirono in Sardegna sotto la guida di Norace e da essi fu fondata la città di Nora, e tramandano che questa fosse la prima città dell'isola. Si dice che Norace fosse figlio di Hermes e di Eritheia figlia di Gerione. »

(Pausania - Periegesi della Grecia)


DEA TANIT

NORA FENICIA

Pausania attribuisce la sua fondazione all'eroe eponimo Norace, alla guida degli Iberi. Il più tardo Solino attribuisce a Norace una provenienza dalla mitica città di Tartesso. Il nome deriva da Norace, come confermato anche dallo stesso Solino: "a Norace Norae oppido nomen datum" (da Norace fu dato alla città il nome di Nora).

Sono state ritrovate tracce della presenza nuragica, attestanti una frequentazione del sito nell'età del bronzo (in particolare un pozzo nuragico presso le "Terme a Mare" e dei manufatti d'importazione del miceneo III b databili alla piena età nuragica).

Nel territorio circostante sono attestati alcuni nuraghi (nuraghe "Sa Guardia mongiasa" sull'unico modesto rilievo nell'immediato entroterra; nuraghe Antigori di Sarroch, più distante, nel quale sono state rinvenute ceramiche micenee).

Tracce della ripopolazione nuragica-fenicia si riferiscono all'VIII sec. a.c. (stele di Nora, con iscrizione in un alfabeto simile al fenicio, con la più antica attestazione del nome della Sardegna), mentre i resti più antichi rinvenuti si riferiscono ad una necropoli con tombe databili tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.c.

Rimangono pochi resti della città originaria (tophet, fondazioni di una struttura sacra dedicata alla Dea Tanit, resti di fortificazioni, impianti artigianali nella zona più prossima al mare). I materiali rinvenuti nelle tombe attestano tuttavia il fiorire della città nel V e soprattutto nel IV sec. a.c. e i precoci contatti con Roma antica.

Le testimonianze della città più arcaica sono state in parte coperte o cancellate dalla sistemazione della città avvenuta in età romana, mentre altri danni sono stati causati dal bradisismo positivo che interessa tutta la costa circostante.

I quartieri abitativi dell'insediamento fenicio si articolano in due gruppi principali: il primo adiacente alla spiaggia S/E, la cui antichità è testimoniata da frammenti di ceramica di produzione rodia, protocorinzia e nuragica riutilizzati nei riempimenti di età successiva.

Il secondo gruppo è quello dell'altura di Tanit, denominato impropriamente "kasbah" per il suo impianto caotico, eretto in età romana, che si estende a d. della strada alle spalle del teatro, e che sembrerebbe rappresentare la massima irradiazione verso N del centro fenicio-punico originario. 

I moduli costruttivi, come i muri cosiddetti "a telaio", le cisterne "a bagnarola" e l'impianto a porticato delle abitazioni, mostrano la sopravvivenza in età romana di tecniche costruttive di tradizione fenicia e punica.

VIALE PUNICO

I Tempio Punico


Tra il teatro e l'altura di Tanit sorge un tempio anonimo le cui strutture a primo impatto sembrerebbero di età romana, ma che ad un'attenta analisi mostrano caratteristiche, relative all'orientamento e alla pianta, che riconducono all'età punica. 


II Tempio Punico

Un altro edificio religioso riferibile alla fase arcaica della città è localizzato sull'altura di Tanit, ed ebbe varie fasi di utilizzo impostate su alcuni resti murari di età nuragica, anche se le testimonianze legate all'uso cultuale risalgono all'età punica. Del santuario è rimasto un basamento con pietrame legato con malta di fango e alcuni grandiosi blocchi angolari che riportano alla tradizione templare fenicia.


III Tempio Punico 

Un altro luogo di culto punico è situato nell'estremità S/O della penisola (Sa Punta 'e Su Coloru). È costituito da una roccia con delle piccole cavità probabilmente destinate a contenere le offerte alla divinità. Un architrave in arenaria rinvenuto nell'area, decorato da un fregio di serpenti urei sormontante un disco solare alato, apparteneva a una edicola del tempio.


IV Tempio Punico

Ad E di questo complesso sorgeva il "tempio di Eshmun", il cui culto in età romana è ricalcato da quello di Esculapio.


XXI. PULA. 
Avanzi di età romana scoperti a « Caia d'Ostia ». 

"Trovandomi in Nora per ragione di ufficio, stimai bene recarmi sino a Cala d'Ostia nel comune di Pula circondario di Cagliari col proposito di esaminare la scoperta avvenuta in contrada Foxi de' Sali, in una proprietà del comm. Gavino Nieddu, da cui ero stato informato. Ecco quanto potei constatare. 

L'apertura del suolo, fatta a scopo di piantagione, ha posto in luce un cunicolo largo in media m. 0,40, formato di pilastrini di mattoni aventi la maggior parte m. 0,22 di lato. Tale cunicolo per quanto ora si vede, avrebbe una lunghezza di m. 1,50, ed era coperto da un doppio corso di embrici formanti una volta piatta dello spessore di m. 0,10, sulla quale era disteso uno strato di m. 0,12 di calcestruzzo, come nei pavimenti. 

La ristrettezza dello scavo non permette di determinare, in modo certo, se tale smaltitoio scorrente al disotto dell'edifìcio fosse stato per uso di bagno od altro. Stante l'accennata costruzione, ed essendosi raccolti sul luogo diversi pezzi di marmo, rimane comprovata in quel punto la presenza di un edifizio romano, probabilmente villa, poco discosto dalla strada che da Nora conduceva a Bizia. "

(F. Vivanet - Accademia dei lincei - Roma - 1890)

IL TEATRO

 LA STORIA

Secondo la tradizione, Nora è la città più antica della Sardegna, fondata dai Fenici tra il IX e l’VIII sec.a.c., e da subito importante scalo commerciale delle rotte tra i porti del Mediterraneo. La località fu però già abitata dai tempi dei nuragici, come testimonia un pozzo risalente a quel periodo.

Venne dunque colonizzata prima dai Fenici intorno all'VIII sec. a.c., quindi dai Punici nel V sec. a.c., e infine dai Romani dal 238 a.c.che vi restarono fino alla caduta dell'impero.

La città prosperò per circa 1500 anni, diventando una delle più importanti città della costa meridionale sarda, tanto che venne scelta come capitale della provincia romana sarda.



LA FONDAZIONE ROMANA

L'antichità della fondazione di Nora è sostenuta dalla nota omonima stele, datata al IX-VIII sec. a.c., dov'è menzionato per la prima volta il nome della Sardegna: "Shrdn".

Tuttavia, la fase abitativa più antica finora attestata risale all' VII sec. a.c. ed è documentata da alcuni livelli messi in luce negli scavi tuttora in corso, al di sotto del foro romano di età cesariana.

Con la conquista romana della Sardegna, avvenuta nel 238 a.c., si innescò il processo di romanizzazione dell'isola.

Il periodo romano naturalmente fu il più fiorente perchè fece della città un importante centro mercantile di tutto il mediterraneo dalla Spagna alla Grecia, dall'Italia alla Gallia, ma soprattutto tra l'Africa e l'Europa.

I Romani portavano civiltà, abbellendo le città conquistate e organizzandole affinchè fossero produttive, per se stesse e per Roma.

Nora aveva raggiunto il rango di "municipium" nella prima metà del I sec. d.c. per cui il sito venne frequentato da ogni parte, e parecchi romani vi si stabilirono per scalare la carriera politica, o per fondare imprese mercantili, soprattutto in età imperiale, modificando l'assetto della città.

A testimonianza dello statuto acquisito dalla città di Nora è l'iscrizione di una base di statua dedicata a Quintus Minucius Pius, che attribuisce a questo personaggio il titolo di "quattorvir iure dicundo": ciò dimostra che Nora aveva raggiunto il rango di "municipium" certamente nella prima metà del I sec. d.c. (è questa la datazione della base), ma probabilmente già in età augustea. La base fu rinvenuta nell'area del foro, dove era stata riutilizzata come elemento del lastricato stradale.

Le strutture oggi visibili si riferiscono infatti a questa fase, quando, a partire cioè dal I sec. d.c., Nora conobbe un notevole sviluppo urbanistico ed un aumento di popolazione che fecero fiorire ville, necropoli e villaggi.

Fra il II ed il III sec. d.c. la città raggiunse un notevole grado di sviluppo urbano e di traffici commerciali, mentre iniziò il suo declino nella seconda metà del V sec. d.c., come documentano gli edifici di questo periodo dove si riscontra il reimpiego di materiale da costruzione ricavato da strutture in disuso.

Sulla base delle evidenze archeologiche, l'ubicazione più plausibile del porto sembra essere quella del golfo naturale trasformato in peschiera nel 1957.

Con la caduta dell'impero Romano Nora venne gradualmente abbandonata, gli ultimi abitanti furono probabilmente costretti ad abbandonare Nora intorno al VII sec. d.c. per le continue incursioni dei pirati provenienti dal Nord Africa

Durante il medioevo Nora era ormai abbandonata e nei pressi rimase solo la devozione dei pochi cristiani nella chiesa costruita con i ruderi della vecchia città, per cancellare le tracce degli antichi culti e relativi templi, dai frati Vittorini di Marsiglia nel 1089 dedicata al centurione romano Efisio.

Secondo la leggenda, durante una notte al santo sarebbe apparsa una croce che splendeva fra le nuvole mentre una voce misteriosa dal cielo gli rimproverò di essere persecutore dei cristiani e, per questo avrebbe scontato la sua colpa col martirio.



DESCRIZIONE

Del periodo punico rimangono quartieri, abitazioni e santuari, come il tempio dedicato alla Dea cartaginese Tanit, e una necropoli parzialmente conservata.

Della città romana restano:

- il foro,
- le terme,
- le strade lastricate,
- un piccolo teatro ben conservato del II secolo d.c.,
- le abitazioni,
- i sistemi di approvvigionamento idrico e di scarico delle acque, con grandiosi condotti sotterranei.
- il mare di Nora custodisce una parte della città, moli ed altri edifici, sprofondati nelle acque.
- sul poggio della torre è stata individuata l'acropoli, di cui restano avanzi di fortificazioni puniche e romane.



LE TERME

Lungo la strada che taglia in due il promontorio si conserva il condotto fognario con copertura a schiena d'asino in laterizi con. i resti delle "terme centrali" del II-III sec. d.c., purtroppo in cattivo stato di conservazione per l'incuria, le spoliazioni e le ripetute ristrutturazioni. Si individuano a malapena un apodyterium (spogliatoio); il frigidarium (sala per il bagno freddo); il calidarium (sala riscaldata), il tepidarium (sala per acqua tiepida); i praefurnia (vani e forni per il riscaldamento).

Il primo edificio detto "Terme di levante", poiché situato sull’insenatura più orientale, risale al IV sec. d.c., ed è quasi del tutto distrutto, con la muratura rasa al suolo, mentre restano fondazioni e pavimenti.

Presenta un atrium, stanza di ingresso alle terme, e un apodyterium, lo spogliatoio.

Dall’atrium si accedeva all’apodyterium, dove si lasciavano i vestiti, poi si tornava nell’atrium, dal quale si accedeva ai bagni: il frigidarium e il calidarium, mentre unna fornace riscaldava l’acqua immessa nell’intercapedine tra i due pavimenti del calidarium.

Il secondo pavimento si reggeva sopra il primo su pilastrini, le suspensurae. Il calidarium era munito di piccole vasche d’acqua fredda situate in nicchie sulle pareti e destinate a rinfrescare le persone dopo il bagno di vapori caldi. Spesso c'era anche un tepidarium, a temperatura intermedia.

Inoltre l’edificio era circondato da un peristilium, un porticato a colonne con un ninfeo, un giardino dedicato alle ninfe. Del peristilium rimangono i basamenti delle colonne e la pavimentazione a mosaico del ninfeo.

A fianco alle terme è situato un pozzo nuragico, la principale testimonianza delle presenza di popolazioni nuragiche sul sito di Nora prima della colonizzazione fenicia. A destra delle "terme centrali" sorge un quartiere di abitazioni puniche riutilizzate in epoca romana.



IL MACELLUM

Più avanti, superata una piazzetta con il serbatoio idrico che alimentava una fonte pubblica, è visibile ancora il "macellum", della prima metà del III sec. d.c., con una serie di ambienti che occupavano un intero isolato affacciato su due strade a sud e a ovest, con ingresso sulla strada.

Al centro dell'edificio c'era un grande cortile rettangolare, un lungo corridoio a nord-est su cui si affacciano otto vani. All'interno del corridoio si trovano un pozzo e una cisterna. Il complesso viene interpretato come "hospitium" o come "macellum-horreum".



LE PICCOLE TERME

A nord del "macellum", proseguendo sulla strada, si trovano sulla destra le "piccole terme", del IV sec. d.c., accessibili attraverso una piccola gradinata. Subito dopo si snoda un lungo corridoio con pavimento mosaicato a motivi geometrici, dove si aprono diversi pozzi. Lungo la parete c'è un bancone decorato a mosaico che prosegue nel vano successivo, con funzione di "apodyterium", dopodichè seguono il "frigidarium", il "calidarium", il "praefurnium", e i "tepidaria".

Procedendo lungo la strada adiacente alle piccole terme si raggiunge la spiaggia occidentale, occupata dalle imponenti rovine delle terme a mare. Due lati di questo grande complesso di edifici sono circondati da un porticato, mentre il lato ovest è eroso dal mare.



LA BASILICA

Di fronte al "macellum", sul lato opposto della strada, è situata la basilica, della seconda metà del III sec. d.c. L'edificio è suddiviso in tre navate, la centrale delle quali absidata.

È preceduto ad est da un nartece, cioè da un atrio chiudo, o vestibolo. Il tetto era a capriate, con doppio spiovente.



LE TERME A MARE

A sud del "macellum", sul lato opposto della strada, è situato l'imponente complesso delle "terme a mare", del II secolo d.c. Ha lati porticati, ambienti caldi e un grande "frigidarium" con due vasche. Una gradinata conduceva ai vasconi per la raccolta dell’acqua sistemati sul tetto. L’ultimo vano appartenente a queste terme è una latrina con soglia rialzata, collegata al sistema fognario.

Si accedeva all’edificio tramite una scalinata che conduce all’atrium, la cui volta è crollata; dall’atrium si raggiunge l’apodyterium, che ha un pavimento decorato a mosaico.

Di lì, passando di nuovo attraverso l’atrium, si raggiungeva il frigidarium con due vasche d’acqua fredda.

L’acqua giungeva alle vasche da depositi sopraelevati collegati ad esse tramite canali ricavati nell'intercapedine tra i doppi muri.

Sul lato occidentale si trovavano gli ambienti riscaldati, che si servivano di forni situati nel corridoio. Si tratta di tre vani piuttosto ben conservati: il primo è un tepidarium, infatti comunica con il frigidarium, segue un calidarium con due forni adiacenti, dei quali soltanto uno è ben conservato. Oltre agli ambienti termali veri e propri vi sono altre stanze, usate probabilmente come luoghi dove incontrarsi o biblioteche.



CASA DELL'ATRIO TETRASTILO

Procedendo verso la Punta del Serpente si incontrano due grandi edifici, due domus signorili, leggermente staccate dal resto dell’abitato.

Sulla strada verso sud, il "cardo maximus", è visibile sulla destra la "casa dell'atrio tetrastilo", degli inzi del III sec. d.c., chiamata così perché l’atrio, ben conservato, presenta i basamenti di quattro colonne.

Le colonne furono riedificate durante gli scavi, ma non furono innalzate nello stesso luogo in cui sorgevano originariamente.

La domus ha un lungo porticato e una piccola corte con vasca centrale e pozzetto. Era accessibile dall'esterno tramite un corridoio percorso da una canaletta. Una serie di vani pavimentati a mosaico circondano la corte: a sinistra dell'ingresso c'è un "cubiculum", cioè la camera da letto, che è divisa in due parti, la più piccola delle quali è l’alcova, dove si poneva il letto.

Nella parte restante si ponevano i bauli per i vestiti e la biancheria, nonchè tavolinetti e suppelletili.

La parete della stanza presenta un "emblema", figura piccola e centrale a mosaico policromo, con figura femminile e animale marino, forse Teti la Dea del mare, della prima metà del III sec. d.c.

Il corridoio su cui si affacciano le stanze termina con una piccola gradinata che portava al piano superiore. Di fronte all’ingresso un secondo corridoio consente l'accesso ad altre stanze con pavimenti a mosaico. Il tipo di mosaici consentono di datare la casa tra la fine del II e la prima metà del III sec. d.c.

A nord della casa dell’atrio tetrastilo si trovano i resti di un’altra abitazione signorile in cattivo stato di conservazione. Da questi edifici si prosegue lungo la via Sacra, che conduce alla zona dei templi, situati sul promontorio.



IL FORO

Proseguendo lungo la stessa strada, si arriva al foro romano, la piazza principale della città, dove avvenivano le transazioni e gli scambi commerciali, luogo di incontri e scambio di notizie.

Alcuni studiosi ritengono che il foro romano sia stato costruito sopra la piazza del mercato cartaginese. Occorrerebbero ulteriori scavi per accertarlo.

Le fondazioni della torre del Coltellazzo poggiano sui resti di antiche strutture dell'acropoli di Nora, perciò dette "Castellas". La denominazione "Coltellas" risale al Medioevo, poiché "Cortelazo" è presente nella carta del Vesconte (1318).

Al foro romano si accedeva tramite un porticato, formato da colonne con relativi basamenti e capitelli. Alcune arcate maggiori costituivano gli ingressi al foro. Di quest'ultimo restano solo la pavimentazione lastricata e qualche frammento di mosaico del II-III secolo d. c. Del porticato rimangono alcuni blocchi di pietra, forse appartenenti ad abitazioni situate sulla piazza oppure agli ingressi. Uno soltanto degli ingressi al foro è parzialmente conservato.


IL TEMPIO

Ad ovest del foro romano sorge una collinetta su cui venne eretto un tempio, con un atrio formato da sei colonne.

Qui e ai piedi del tempio si riunivano i fedeli, mentre nella parte interna c'era la cella, dove potevano entrare solo i sacerdoti e dove in genere si conservavano la statua di culto e gli oggetti sacri.

Questo tempio risale ad un periodo tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.c. e ne restano solo una colonna, non di epoca romana, ma ricostruita in epoca successiva, la pavimentazione, la base della muratura ed il fondo della cella, tutti romani.



IL TEATRO ROMANO

Come tutti teatri era composto da tre parti: la cavea, cioè la zona delle gradinate, l’orchestra, cioè l’area centrale ai piedi delle gradinate, la scena, cioè il palco su cui si svolgeva la rappresentazione.

Si entrava nel teatro attraverso due ingressi laterali, ma si poteva arrivare alle gradinate anche mediante scale esterne.

Il teatro usufruiva di:
- tre "vomitoria"; "porticus post scaenam" sul lato orientale; 
- la "cavea", composta da dieci file di gradini per il pubblico; 
- due piccole tribune, accessibili dalla "porticus post scaenam" mediante due scalette in pietra; 
- il "frons scenae". 
- Due grandi orci, rinvenuti nell'iposcenio, furono interpretati come risuonatori per l'amplificazione della voce degli attori, ma recentemente è stata avanzata una nuova ipotesi: in fase tarda l'edificio avrebbe mutato funzione e gli orci sarebbero divenuti contenitori di derrate alimentari.

Due reperti hanno determinato inconfutabilmente la data di costruzione del teatro, una moneta con l'effigie dell’imperatore Adriano, coniata nel II sec. d.c.e rinvenuta nella muratura dell’edificio, e una giara, accanto ad altre tre, posta sotto la scena, su cui si legge il marchio del fabbricante, un liberto dell’imperatore Diocleziano, che visse appunto nel II sec. d.c.

Le quattro giare situate sotto la scena secondo alcuni archeologi un po' fantasiosi servivano ad amplificare la voce degli attori, ma secondo studi più recenti sarebbero state poste in epoca tarda, durante la decadenza della città, quando ormai il teatro veniva usato come magazzino di viveri.

Infatti all’interno di una delle giare era contenuto del grano.

Il teatro poteva ospitare 1100/1200 spettatori e presentava: tre "vomitoria"; "porticus post scaenam" sul lato orientale; "cavea", composta da dieci file di gradini per il pubblico; due piccole tribune, accessibili dalla "porticus post scaenam" mediante due scalette in pietra; "frons scenae".

Sul retro del teatro si trova un’officina fusoria, cioè una fornace utilizzata per fondere il vetro o i metalli. I ricercatori hanno ipotizzato che fosse stata costruita dai Cartaginesi, ma studi più recenti hanno rivelato che la fonderia risale all'epoca romana.



IL TEMPIO DI TANIT

Su una piccola altura che sovrasta la città, fuori dall’abitato, è situato il tempio di Tanit, costruito in pietra e poggiato ad una parete rocciosa e i blocchi con cui è edificato sono probabilmente sottratti ad un nuragheadiacente. La Dea punica, compagna del Dio Baal, veniva rappresentata con un triangolo col vertice in alto, con un cerchio sopra e una linea orizzontale fra il triangolo e il cerchio.

E' lo stesso disegno che fanno i bambini, dove il cerchio è la testa della mamma, il triangolo la gonna e la riga le due braccia spalancate.

Ancora oggi a Cartagine, sull'androne delle antiche case è rappresentata negli ingressi delle case, sul pavimento a mosaico, come si può porre oggi l'immagine della Madonna in una casa moderna a protezione della casa e dei suoi abitanti.

Poiché presso il tempio è stata ritrovata una piccola piramide in pietra, si pensa facesse parte dell’effigie della Dea e che pertanto il tempio fosse dedicato a lei. Sicuramente il tempio fu operativo anche in epoca romana, avendo questo popolo grande rispetto per ogni religione ed ogni divinità, il che è testimonianza di una grande civiltà.

Ritornando sulla strada principale e poi girando a destra si raggiunge una strada fornita di chiusini e di sistema fognario, di cui restano ancora i lucernari che forniscono sbocchi aerei alla cloaca.



LA KASBAH

La strada con la cloaca conduce ad un quartiere popolare, detta Kasbah perchè ricorda un villaggio arabo, formato da piccole abitazioni fornite di cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Oggi gli studiosi ritengono che le abitazioni siano romane ma costruite utilizzando i materiali dei precedenti edifici punici.

Vicino alla Kasbah si trova un edificio di grandi dimensioni, ma di uso incerto. Alcuni studiosi ritengono che si tratti di un hospitium, cioè di un albergo, ma è più probabile che fosse un mercato coperto adibito anche a macello. E’ circondato da un porticato a colonne e presenta tre ambienti ben conservati, tra cui un lungo corridoio da cui si accedeva a tutte le stanze e che percorre l’intero edificio.

CAPO DI PULA COL TEMPIO

TEMPIO DI ESCULAPIO

II Santuario di Esculapio, portato in luce da Gennaro Pesce negli anni Cinquanta del secolo scorso, situato all'estremità meridionale della penisola di Nora, sul promontorio noto con il nome locale di Sa Punta 'e su Coloru ("la punta del serpente") o con la denominazione geografica di Capo di Pula. 

Il capo di Pula è una roccia conica collegata alla terraferma da una lingua di sabbia dove si trovano alcune case e una chiesa. E' l'ingresso ovest nel Golfo di Cagliari e ad occidente del capo si vedono alcuni importanti rovine sulla riva del porto di Pula.

II complesso edilizio attualmente visibile risale all'età romana, ma impiantato in un'area sacra di lontana origine punica, che si affaccia a picco sul mare, raggiungibile percorrendo una lunga strada lastricata, ora interrotta nel suo tratto finale.

Alla fase punica del santuario appartengono varie strutture ancora in parte riconoscibili nonostante gli interventi di età romana. Lo testimoniano il muro in blocchi di arenite visibile lungo il perimetrale orientale del tempio e, sul lato opposto, il basamento di un'edicola sacra alla quale apparteneva l'architrave decorato con serpenti urei e disco solare alato che si conserva nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e che risale al V sec. a.c.. 

Il SIC ("Sa Tanca e Sa Mura-Foxi Durci") Capo di Pula, ora Zona Speciale di Conservazione (ZSC), è costituito dall'area del SIC preesistente e una nuova area che estende il sito fino al tratto di mare vicino. L’area include una piccola area di foce fluviale pianeggiante e più o meno costante.

IL TEMPIO

All'epoca l'accesso all'area sacra avveniva dalla parte del mare, in seguito anche dalla terraferma. Successivamente vi fu una frequentazione in età romana repubblicana, datata al II secolo a.c. come dimostrato da un ricco deposito votivo da cui sono state riportate alla luce da sei statue in terracotta esposte nello stesso Museo di Cagliari. 

Le quattro statue più piccole raffigurano degli offerenti, le altre ritraggono dei dormienti nudi, uno dei quali avvolto tra le spire di un serpente, l'animale sacro al Dio della medicina Asclepio/Esculapio (il punico Eshmun). 

I dormienti sono stati interpretati come devoti intenti nel rituale terapeutico dell'incubazione che veniva praticato nei luoghi di culto della divinità guaritrice, che si credeva provvedesse a curare i malati nel sonno un po' come avveniva nel tempio di Esculapio posto a Roma sull'isola Tiberina.. Però non giustifica la figura avvolta nelle spire del serpente.

Tra il Ill e il IV sec. d.c., in età romana, il santuario fu monumentalizzato mantenendo però la disposizione su più livelli. II primo livello, raggiungibile da nord attraverso una gradinata oggi perduta, era costituito da una corte mosaicata con un riquadro centrale (émblema).

RICOSTRUZIONE VIRTUALE DEL TEMPIO

Ad ovest si trovavano una serie di stanzette allineate, i cui muri sono realizzati con materiali di recupero provenienti da edifici più antichi. Una breve gradinata in asse con la precedente conduce al pronao del tempio vero e proprio; da cui si accede alla cella mediante una grande soglia. 

Di questo ambiente, che costituisce lo spazio principale dell'edificio sacro, si conservano parte dei muri in blocchetti arenitici e parte del pavimento in marmo (opus sectile). Due aperture sulla parete di fondo permettono di raggiungere il vano più interno, l'interno absidato, suddiviso in due parti da una struttura intermedia.

Nora fu la prima città fenicia in Sardegna (VIII secolo a.c.), poi fiorente centro punico che poi venne conquistato dai romani, divenendo municipium nel I d.c. Nei due secoli successivi, la città visse il massimo splendore: caput viae di tutte le strade sarde. 

Vi si conservano un tophet fenicio-punico, resti di templi punici e romani, del foro, di case signorili, terme con mosaici e un grande anfiteatro, che in età imperiale aveva mille posti a sedere, mentre oggi è scenario del festival La Notte dei Poeti.



I RESTAURI

I primi interventi, nel 1889, riguardarono il tofet, cioè il tempio della Dea Tanit, mentre negli anni successivi furono scavate le necropoli puniche e romane e piccole parti dell'abitato.

I pretesi sacrifici umani in nome degli Dei Moloch e Tanit sono pure invenzioni, derivate dal fatto che i bambini piccoli non venissero sepolti accanto alle tombe degli adulti. Ma anche gli Etruschi lo facevano e pure molti altri popoli.

Dopo altri modesti interventi, tra il 1952 e il 1960, Gennaro Pesce mise in luce buona parte dell'abitato romano. Dal 1990 il sito è interessato da scavi sistematici continuativi da parte di un gruppo di Università.


BIBLIO

- Carlo Tronchetti - Nora (Sardegna archeologica. Guide e itinerari, 1) - Carlo Delfino editore - Sassari - 1986 -
- M. Botto - Urbanistica e topografia delle città fenicie di Sardegna. Il caso di Nora - a cura di J. L. López Castro - Almería - Las ciudades fenicio-punicas en el Mediterráneo Occidental - 2007 -
- M.G. Amadasi - Le iscrizioni fenicie e puniche in Italia - Roma - 1990 -
- M.S. Balmuth - Archaeology in Sardinia - American Journal of Archaeology - n. 96 - 1992 -
- James Germain Février - L'inscription archaique de Nora - in Revue d'Assyriologie et d'archéologie orientale - vol. 44 - n. 3 - 1950 -



3 commenti:

  1. "I pretesi sacrifici umani sono pure invenzioni"? I sacrifici umani in area cananea e fenicia sono testimoniati anche dalla Bibbia. Perché non potrebbero avere condizionato le zone colonizzate dai mercanti fenici?
    Finiamola con queste filastrocche "politicamente corrette".

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  2. A beh se lo dice la bibbia che ha odiato e cancellato dalla faccia della terra i culti pagani, c'è da credergli.. XD

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  3. grazie per tutte queste informazioni, sono fatte molto bene. <3 :D

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