Nascita: Cingoli, 100 a.c. circa
Morte: Munda, 17 marzo 45 a.c.
Figlio: Quinto Labieno
Professione: Generale di Giulio Cesare
LE ORIGINI
Tito Labieno, ovvero Titus Labienus, da non confondersi con lo storico di età augustea Tito Labieno, fu militare della Repubblica romana, tribuno della plebe, comandante di cavalleria e luogotenente di Gaio Giulio Cesare in Gallia. Nacque a Cingoli nel 99-100 a.c. circa, da una famiglia di origine picena e di rango equestre, come testimonia l’orazione di Cicerone del 63 a.c a favore di Caio Rabirio, accusato da Labieno di avere ucciso Lucio Saturnino e suo zio Quinto Labieno.
Che Labieno sia nato a Cingoli lo testimonia invece Giulio Cesare, nel De bello civile: Etiam Cingulo, quod oppidum Labienus constituerat suaque pecunia exaedificaverat. (anche se Labieno non costruì Cingoli, ma la organizzò e la abbellì come un'urbe, spendendo e investendo molti soldi in essa, affinchè diventasse Minicipium, e di certo non l'avrebbe fatto se non fosse stato il suo paese natale).
CINGOLI - IL BALCONE DELLE MARCHE
"Persino da Cingoli città fortificata da Labieno e con suo denaro ricostruita muovono ambasciatori a Cesare promettendo che avrebbero fatto volentieri quanto egli avesse loro comandato soldati comanda Cesare e soldati gli mandano. (Caio Giulio Cesare, De Bello civili, Lib. I. Cap. XV. 2.)
A Cingoli, in via Balcone delle Marche, poco dopo il luogo dove era situata porta Roma, due cippi di calcare uno con la trascrizione e l’altro con la traduzione del brano del De Bello Civili in cui si parla di Cingoli:
Tito Labieno nacque a Cingoli intorno al 100 a.c. e morì a Munda (Spagna) nel 45 a.c. Egli appare sulla scena politica di Roma nel 63 a.c. come tribuno della plebe e nel Piceno amplia il territorio di Cingulum, città nella quale era nato.
Viene poi nominato da Cesare suo primo luogotenente nelle campagne di Gallia e qui dà prova di rara abilità militare. Contribuisce validamente alla vittoria nella battaglia della Sabis; vince poi i Treviri, sottomette i Morinie nella campagna contro i Parisii sconfigge e uccide Camulogeno.
Nel 50 a.c. Cesare gli affida il governo della Gallia cisalpina, ma un anno dopo (49 a.c.) al momento in cui si apre il conflitto tra Cesare e Pompeo, Tito Labieno abbandona Cesare passando dalla parte del Senato. Nella guerra civile ha, come legato di Pompeo, un importante comando militare e si mostra uno dei più agguerriti avversari di Cesare.
Nel 48 a.c., dopo la battaglia di Farsalo, fugge in Africa per organizzare la resistenza dell’esercito repubblicano e nel 46 a.c. riporta un importante successo contro Cesare presso Ruspina. Dopo la sconfitta di Tapso, Labieno passa insieme ai figli di Pompeo in Spagna.
Durante la battaglia di Munda, avendo visto che Bogud si preparava ad aggirare le posizioni del suo esercito, distacca cinque coorti per tagliargli la strada. Questa manovra dà l’impressione di essere una fuga e sparge il panico tra l’esercito, il quale finisce per sbandarsi. Labieno viene ucciso e la sua testa viene portata a Cesare. Questi, in memoria del suo antico legato, fa onoratamente seppellire il cadavere.
(Passo tratto da Cingoli. Il Balcone delle marche di Pier Giuseppe Alfei)
L'ASCESA MILITARE
- Cicerone testimonia che Labieno combatté insieme a Cesare, nel 78 a.c., nella campagna navale di Publio Servilio Vatia Isaurico (proconsole in Cilicia dal 78 al 75 a.c.) contro i pirati cilici, ma forse non era la prima battaglia in cui combattevano insieme.
- Dopo aver rivestito la carica di tribuno della plebe nel 63 a.c., quindi dalla parte dei Populares, come Cesare, con la pretesa di vendicare la morte dello zio, Labieno accusò Gaio Rabirio di perduellio (delitto contro lo Stato). La ragione vera di questa presa di posizione era quella di favorire Gaio Giulio Cesare. Fu molto probabilmente su suggerimento di Cesare, ansioso di dimostrare la propria riconoscenza verso Pompeo, che Labieno e il suo collega Tito Ampio Balbo proposero di riservare tali onori a Pompeo.
Professione: Generale di Giulio Cesare
LE ORIGINI
Tito Labieno, ovvero Titus Labienus, da non confondersi con lo storico di età augustea Tito Labieno, fu militare della Repubblica romana, tribuno della plebe, comandante di cavalleria e luogotenente di Gaio Giulio Cesare in Gallia. Nacque a Cingoli nel 99-100 a.c. circa, da una famiglia di origine picena e di rango equestre, come testimonia l’orazione di Cicerone del 63 a.c a favore di Caio Rabirio, accusato da Labieno di avere ucciso Lucio Saturnino e suo zio Quinto Labieno.
Che Labieno sia nato a Cingoli lo testimonia invece Giulio Cesare, nel De bello civile: Etiam Cingulo, quod oppidum Labienus constituerat suaque pecunia exaedificaverat. (anche se Labieno non costruì Cingoli, ma la organizzò e la abbellì come un'urbe, spendendo e investendo molti soldi in essa, affinchè diventasse Minicipium, e di certo non l'avrebbe fatto se non fosse stato il suo paese natale).
CINGOLI - IL BALCONE DELLE MARCHE
"Persino da Cingoli città fortificata da Labieno e con suo denaro ricostruita muovono ambasciatori a Cesare promettendo che avrebbero fatto volentieri quanto egli avesse loro comandato soldati comanda Cesare e soldati gli mandano. (Caio Giulio Cesare, De Bello civili, Lib. I. Cap. XV. 2.)
STATUA DI TITO LABIENO A CINGOLI |
CINGVLVM ETIAMO CINGVLO QVOD OPPIDVM LABIENVS CONSTITVERAT SVAQVE PECVNIA EXAEDIFICAVERAT AD EVM LEGATI VENIVNT QVAEQVE IMPERAVERIT SE CVPIDISSIME FACTVUROS POLLICENTVR MILITES IMPERAT MITTVUNT (Caes. De Bello Civili L.I. Cap. XV.2)
Tito Labieno nacque a Cingoli intorno al 100 a.c. e morì a Munda (Spagna) nel 45 a.c. Egli appare sulla scena politica di Roma nel 63 a.c. come tribuno della plebe e nel Piceno amplia il territorio di Cingulum, città nella quale era nato.
Viene poi nominato da Cesare suo primo luogotenente nelle campagne di Gallia e qui dà prova di rara abilità militare. Contribuisce validamente alla vittoria nella battaglia della Sabis; vince poi i Treviri, sottomette i Morinie nella campagna contro i Parisii sconfigge e uccide Camulogeno.
Nel 50 a.c. Cesare gli affida il governo della Gallia cisalpina, ma un anno dopo (49 a.c.) al momento in cui si apre il conflitto tra Cesare e Pompeo, Tito Labieno abbandona Cesare passando dalla parte del Senato. Nella guerra civile ha, come legato di Pompeo, un importante comando militare e si mostra uno dei più agguerriti avversari di Cesare.
Nel 48 a.c., dopo la battaglia di Farsalo, fugge in Africa per organizzare la resistenza dell’esercito repubblicano e nel 46 a.c. riporta un importante successo contro Cesare presso Ruspina. Dopo la sconfitta di Tapso, Labieno passa insieme ai figli di Pompeo in Spagna.
Durante la battaglia di Munda, avendo visto che Bogud si preparava ad aggirare le posizioni del suo esercito, distacca cinque coorti per tagliargli la strada. Questa manovra dà l’impressione di essere una fuga e sparge il panico tra l’esercito, il quale finisce per sbandarsi. Labieno viene ucciso e la sua testa viene portata a Cesare. Questi, in memoria del suo antico legato, fa onoratamente seppellire il cadavere.
(Passo tratto da Cingoli. Il Balcone delle marche di Pier Giuseppe Alfei)
LA GENS DI LABIENO
Lo studioso veneziano Paolo Manuzio (1512 – 1574) nel suo "Antiquitatum Romanarum Liber de Legibus" si fece sostenitore di una tesi per cui Labieno, non essendo mai citato con un gentilizio, sarebbe appartenuto alla Gens Atia; in conseguenza di ciò, nel corso del Rinascimento venne fatto sempre più spesso riferimento a Labieno col nome completo di Tito Azio Labieno, in latino Titus Atius Labienus. Non essendo però mai stato attestato il cognomen Labienus negli esponenti della gens Atia, si è pensato che si trattasse di un'altra famiglia.
Lo studioso veneziano Paolo Manuzio (1512 – 1574) nel suo "Antiquitatum Romanarum Liber de Legibus" si fece sostenitore di una tesi per cui Labieno, non essendo mai citato con un gentilizio, sarebbe appartenuto alla Gens Atia; in conseguenza di ciò, nel corso del Rinascimento venne fatto sempre più spesso riferimento a Labieno col nome completo di Tito Azio Labieno, in latino Titus Atius Labienus. Non essendo però mai stato attestato il cognomen Labienus negli esponenti della gens Atia, si è pensato che si trattasse di un'altra famiglia.
L'ASCESA MILITARE
- Cicerone testimonia che Labieno combatté insieme a Cesare, nel 78 a.c., nella campagna navale di Publio Servilio Vatia Isaurico (proconsole in Cilicia dal 78 al 75 a.c.) contro i pirati cilici, ma forse non era la prima battaglia in cui combattevano insieme.
- Dopo aver rivestito la carica di tribuno della plebe nel 63 a.c., quindi dalla parte dei Populares, come Cesare, con la pretesa di vendicare la morte dello zio, Labieno accusò Gaio Rabirio di perduellio (delitto contro lo Stato). La ragione vera di questa presa di posizione era quella di favorire Gaio Giulio Cesare. Fu molto probabilmente su suggerimento di Cesare, ansioso di dimostrare la propria riconoscenza verso Pompeo, che Labieno e il suo collega Tito Ampio Balbo proposero di riservare tali onori a Pompeo.
- In base a questa nuova legge per Cesare fu facile farsi eleggere ed ottenere la dignità di pontefice massimo quello stesso anno. Labieno nel 59 a.c. fu pretore, durante il consolato di Cesare.
- Labieno divenne legato di Giulio Cesare in Gallia che riponeva in lui grande fiducia e regolarmente gli lasciava il comando ogni qualvolta doveva assentarsi dalla Gallia, dove Labieno seppe mostrare le sue doti di abile comandante riportando importanti vittorie:
- contro le popolazioni dei Tigurini nel 58 a.c.,
- contro gli Atrebati, i Morini, e i Treveri nel 54 a.c.,
- contro i Belgi nel 53 a.c.,
- nella rivolta scoppiata nella Lutezia nel 52 a.c.
- Cesare dovette avere molta stima di lui perchè nel 51 a.c. gli affidò il governo della Gallia Cisalpina.
A FAVORE DI CESARE
Labieno, per favorire Cesare, riuscì a far abrogare la lex Cornelia de sacerdotiis, una legge voluta da Silla che prevedeva l'elezione del pontifex maximus da parte dei pontefici, per tornare alla precedente lex Domitia secondo la quale l'elezione era affidata al popolo.
Cesare che ambiva a questa carica ed era fiducioso nel favore del popolo si servì del tribuno T. Labieno, che gli doveva il favore prestatogli nella causa contro Rabirio.
Per gli onori decretati a Pompeo per le sue azioni belliche in Asia Minore e il suo ritorno a Roma, i tribuni Ampio e Labieno proposero, su suggerimento di Cesare, la "lex Ampia Labiena de triumphalibus ornamentis Gnaei Pompei", che consentiva a Pompeo di portare nei ludi circensi una corona d'oro e ogni genere di abbigliamento trionfale e durante le rappresentazioni teatrali la toga pretesta e la corona d'oro.
Cesare, da uomo intelligente qual'era, non amava fare la ruota come un pavone, e come lo si poteva accusare di ambizioni, quando Pompeo girava bardato in una perenne scena trionfale?
DE BELLO GALLICO
Grazie al I triunvirato con Pompeo e Crasso del 60 a.c. Cesare ottenne il consolato nel 59 a.c. e nel 59 il proconsolato per cinque anni della Gallia Cisalpina e dell'Illiria con il mandato di difendere i confini di Roma.
Nel 58 a.c. Cesare seppe degli spostamenti degli Elvezi, lasciò Roma ed in otto giorni arrivò a Genava (Ginevra) dove fece costruire una linea di difesa, con fossati, steccati e fortini. Cesare lasciò quindi il comando delle fortificazioni al luogotenente Tito Labieno per recarsi in Italia a reclutare altre truppe. E' in questa occasione che Labieno viene citato per la prima volta nel Bellum Gallicum: "Ob eas causas ei munitioni quam fecerat T. Labienum legatum praeficit".
L'incarico affidatogli dimostra la grande fiducia che Cesare riponeva in lui e, come ricorda Cassio Dione, la consuetudine di lasciare il comando a Tito Labieno divenne quasi una regola quando Cesare si assentava dalla Gallia.
Secondo Plutarco e Appiano non fu Cesare, ma Labieno ad ottenere la vittoria sugli Elvezi, cui seguirono le battaglie contro celti e germani (57-55 a.c.) a cuii Labieno collaborò vivamente; combatté poi vittoriosamente al comando di tre legioni contro i Belgi nella battaglia presso il fiume Axona, contro gli Atrebati presso il fiume Sabis e al comando di due legioni contro i Morini, come è narrato dallo stesso Cesare.
Durante la seconda spedizione in Britannia, nel 54 a.c., Cesare affidò a Labieno, a capo di tre legioni e duemila cavalieri, il compito di controllare i porti, provvedere agli approvvigionamenti verso l’isola e garantire la tranquillità delle genti galliche.
Sbarcato in Britannia, Cesare lasciò a guardia della flotta dieci coorti e trecento cavalieri sotto il comando di Quinto Atrio e si diresse verso l’interno. Una violenta tempesta danneggiò però numerose navi e Cesare, chiesto l'aiuto di Labieno, ottenne l'invio di 60 navi. Il tutto narrato ancora da Cesare.
Dopo la vittoria sui Britanni le legioni romane tornarono in Gallia e si disposero negli accampamenti invernali; a Tito Labieno fu assegnato il comando della legione destinata ai territori dei Remi, al confine con i Treveri, un territorio molto importante ma molto pericoloso. Labieno dovette più volte combattere contro i Treveri, riportandone vittoria.
Per l'ennesima rivolta di popolazioni della Gallia Belgica e delle regioni orientali della Gallia Celtica, Cesare decise quindi di aumentare il numero delle legioni stanziate in Gallia da sette a dieci e ne inviò due di rinforzo a Labieno, ancora accampato in prossimità del territorio dei Treveri dove combatté vittoriosamente l’ennesima battaglia. Nell'autunno dello stesso anno, mentre Cesare combatteva contro gli Eburoni, Labieno, al comando di tre legioni fu inviato nel territorio dei Menapi.
Nel 52 a.c. dopo aver conquistato i principali centri dei Senoni, dei Carnuti e dei Biturgi, Cesare divise l'esercito in due parti; egli, a capo di sei legioni, puntò verso il centro di Gergovia, mentre Labieno, con quattro legioni e parte della cavalleria, fu inviato presso i territori dei Senoni e dei Parisii.
Dopo alcuni scontri presso Gergovia, Cesare decise di togliere l'assedio alla città e di dirigersi verso il territorio dei Senoni per ricongiungersi con Labieno che, sconfitti i nemici a Lutetia, decise di non proseguire l'offensiva e di ritornare ad Agedincum per riunirsi a Cesare.
L’ultima grande rivolta scoppiata in Gallia fu quella guidata da Vercingetorige, re degli Arverni, che riuscì a coalizzare numerosi popoli (Senoni, Parisi, Pictoni, Cadurci, Turoni, Aulerci, Lemovici, Andi) e tutte le tribù che abitavano la costa atlantica.
Vercingetorige si mosse con il suo esercito da Bibracte verso il territorio dei Mandubi. Qui però subì una sconfitta che lo vide costretto a rifugiarsi nella città di Alesia. L'esercito romano cinse d'assedio la città con due anelli di fortificazioni, fossati d'acqua, palizzate, torri di guardia e fortini. Dopo circa un mese di assedio, giunse in aiuto dei Galli un grande esercito al comando dell'atrebate Commio, degli edui Viridomaro e Eporedorige e dell'arverno Vercassivellauno.
Quest’ultimo prese posizione su un colle posto a nord-ovest di Alesia e sferrò il suo attacco insieme a Vercingetorige che guidava il suo esercito nella pianura sottostante. Mentre le truppe di Cesare, insieme alle coorti di Bruto e Fabio, erano impegnate contro l'esercito di Vercingetorige, Labieno con sei coorti fu inviato in aiuto dei romani che combattevano nei pressi del colle.
Dopo aver respinto l'attacco di Vercingetorige, Cesare, con la cavalleria e quattro coorti, si spostò sul secondo fronte della battaglia con l'intenzione di prendere il nemico su più lati e sferrare l’attacco decisivo al quale partecipò lo stesso Labieno al comando di quaranta coorti. Sconfitto l'esercito gallico, Vercingetorige si arrese ai Romani.
Al termine di questa battaglia, Cesare dispose, per l'inverno del 52-51 a.c., le undici legioni nei vari territori della Gallia. Tito Labieno ed il suo luogotenente Marco Sempronio Rutilo, a capo delle legioni VII, XV e della cavalleria, fu inviato nelle terre dei Sequani.
Nel 51, mentre Cesare combatteva una delle ultime battaglie, contro i Pictoni e i Cadurci, Labieno per la terza volta fu inviato, al comando di due legioni, presso il territorio dei Treveri.
Cesare: "Labieno sostenne con successo nel territorio dei Treveri un combattimento di cavalleria e dopo aver ucciso molti Treveri e Germani, che non negavano mai a nessuno aiuti contro i Romani, riuscì ad aver vivi in suo potere parecchi dei loro capi e tra questi l'Eduo Suro, il quale era di grande nobiltà e aveva fama di valore e solo degli Edui era rimasto in armi sino a quel momento".
Nell'inverno del 51-50 a.c., l'intera Gallia era conquistata. Cesare rientrò nella Gallia Narbonense e affidò a Labieno il comando della Gallia Cisalpina:
"Ivi pur sentendo spesso dire che Labieno era sobillato dai suoi avversari e avvertito che ciò avveniva per volere di pochi, affinché se vi fosse stato un intervento del Senato contro Cesare egli fosse privato di qualche parte dell'esercito, tuttavia non prestò fede a ciò che si diceva di Labieno e non si lasciò indurre a fare alcunché contro l'autorità del Senato, poiché egli riteneva che le sue ragioni potessero facilmente trionfare, se i senatori avessero votato liberamente" .
E' questa l'ultima citazione di Tito Labieno nel Bellum Gallicum, una citazione che preannuncia la defezione di Labieno ed il suo passaggio tra le fila di Pompeo durante la guerra civile.
CESARE NON HA SCELTA
Mentre Cesare combatte le ultime battaglie in Gallia, nel 532 a.c., scade il suo primo triunvirato e a Roma Pompeo ottiene il consolato senza collega. I poteri proconsolari accordati a Cesare sarebbero dovuti scadere il 31 dicembre 50 a.c., dopo la proroga di cinque anni concessa al convegno di Lucca. Ma nel marzo del 51 a.c. Cesare richiese al Senato un ulteriore prolungamento del suo Imperium. In questo modo questo sarebbe scaduto nel 49 a.c., senza che vi fosse alcune interruzione tra la fine del proconsolato e l'inizio del suo secondo consolato (il 1 gennaio 48 a.c.).
Finito il I triumvirato, il senato sostenne Pompeo, che nel 52 a.c. divenne unico console. Nel frattempo, Cesare era diventato un eroe militare e godeva di un amplissimo sostegno sia presso l'esercito che presso il popolo.
Era proprio questa popolarità che impensieriva il Senato, consapevole delle aspirazioni al consolato di Cesare. Suo zio Gaio Mario era stato 7 volte dittatore ma non aveva mai approfittato del suo potere, e forse fu un male, perchè ne approfittò Silla, uomo dispotico e crudele che fece vivere nel terrore mezza Roma.
Invece il senato si fidava di Pompeo che a sua volta era un eroe ma non approfittò del suo potere.
Perchè allora il Senato non si fidò di Cesare, perchè conosceva le sue ambizioni? Ma Cesare voleva fare carriera, l'idea del potere unico ancora non lo sfiorava, anche perchè ancora una volta doveva temere per la sua vita, nonostante avesse sbaragliato una volta per tutte, con otto anni di guerre ininterrotte, il pericolo, anzi "il metus gallico", il terrore gallico.
Una volta concluso il suo mandato in Gallia il Senato chiese a Cesare di sciogliere il suo esercito. Siamo nel dicembre del 50 a.c., Cesare scrisse al Senato che accettava di sciogliere l'esercito se anche Pompeo avesse fatto altrettanto. Una richiesta logica e legale, eppure gli optimates protestarono a gran voce. Il Senato allora fece di peggio, intimando ancora una volta a Cesare di congedare il suo esercito se non voleva essere dichiarato nemico del popolo.
Due tribuni fedeli a Cesare, Marco Antonio e Gaio Cassio Longino posero il proprio veto alla proposta di dichiarare Cesare nemico del popolo ma, rapidamente espulsi dal Senato e temendo per la loro vita, andarono a Ravenna ad unirsi a Cesare che, a questo punto, radunò l'esercito chiedendo alle legioni l'appoggio per combattere contro quel senato che insensatamente l'aveva costretto a ribellarsi, per aver salva la vita.
A far fuori un Cesare senza esercito opponendo un Pompeo con l'esercito ci voleva poco. A far fuori un Cesare senza esercito con un Pompeo senza esercito ci voleva molto, perchè Roma lo adorava. Insomma il Senato non lasciò scelta a Cesare, o si ribellava o moriva.
Nel 50 a.c. il Senato, forte delle legioni di Pompeo e dando a queste legittimità politica, ordinò a Cesare di rientrare a Roma e congedare il proprio esercito perché il suo mandato come Proconsole era terminato. Inoltre il Senato gli negò un secondo mandato come Console in absentia (fuori da Roma).
Cesare sapeva che, se fosse rientrato a Roma senza godere dell'immunità come Console e senza essere spalleggiato dal suo esercito, sarebbe finito male. Pompeo accusò Cesare di tradimento e il senato, su proposta di Pompeo, che si era ormai schierato contro il suo vecchio alleato, dichiarò che lo stato era in pericolo e affidò la Repubblica ai consoli e ai proconsoli, mettendola in pratica nelle mani di Pompeo.
IL RUBICONE
10 gennaio 49 Cesare passa il Rubicone, ma già prima di questa azione Labieno, pur essendo stato precedentemente il favorito del futuro dittatore (al punto da essere citato in continuazione nel libro di Cesare, il de bello gallico), lasciò il suo esercito mentre era ancora in Gallia e si unì a Pompeo portando con sé circa 3.700 cavalieri gallici e germanici.
Pompeo lo nominò comandante della cavalleria. Dietro le figure dominanti dei due grandi personaggi, un'intera civiltà si divise in due schieramenti, quello popolare di Giulio Cesare e quello aristocratico di Pompeo Magno: un conflitto tra due uomini destinato a diventare una guerra civile.
Secondo alcuni autori "La defezione di Labiënus può essere attribuita in parte alla sua dura personalità, ma soprattutto alla ingratitudine e alla mancanza di opportunità di avanzamento che caratterizzarono il trattamento di Cesare di questi agenti negli anni '50 a.c."
IL RUBICONE
Il 10 Gennaio del 49 a.c., presso la futura cittadina di Savignano sul Rubicone, Cesare dopo avere parlato alla sua unica legione Legione ed avutane l’approvazione esclama: “Alea jacta est” , “Il dado è tratto” e varca il Rubicone dando inizio alla guerra civile contro Pompeo. Appiano, storico greco del I-II d.c., scrive che Cesare esclamasse: “E’ venuto il momento di rimanere per mia disgrazia al di qua del Rubicone o di passarlo per la disgrazia del mondo” ; Tito Livio invece commenta: “Alla testa di cinquemila uomini e trecento cavalli, Cesare mosse contro l’ Universo”.
Il Rubicone segnava il confine tra lo Stato romano e la provincia della Gallia Cisalpina, era quindi vietato ai comandanti di Legioni, di attraversarlo in armi; Tito Labieno a seguito di questo atto rivoluzionario o meglio poco prima, diserta il suo comandante compagno di tante battaglie, convinto dalla situazione anticostituzionale o da alcune affermazioni di Cesare e corre a difendere la Repubblica, passando a Pompeo.
CONTRO CESARE
- Cesare dovette avere molta stima di lui perchè nel 51 a.c. gli affidò il governo della Gallia Cisalpina.
Labieno, per favorire Cesare, riuscì a far abrogare la lex Cornelia de sacerdotiis, una legge voluta da Silla che prevedeva l'elezione del pontifex maximus da parte dei pontefici, per tornare alla precedente lex Domitia secondo la quale l'elezione era affidata al popolo.
Cesare che ambiva a questa carica ed era fiducioso nel favore del popolo si servì del tribuno T. Labieno, che gli doveva il favore prestatogli nella causa contro Rabirio.
Per gli onori decretati a Pompeo per le sue azioni belliche in Asia Minore e il suo ritorno a Roma, i tribuni Ampio e Labieno proposero, su suggerimento di Cesare, la "lex Ampia Labiena de triumphalibus ornamentis Gnaei Pompei", che consentiva a Pompeo di portare nei ludi circensi una corona d'oro e ogni genere di abbigliamento trionfale e durante le rappresentazioni teatrali la toga pretesta e la corona d'oro.
Cesare, da uomo intelligente qual'era, non amava fare la ruota come un pavone, e come lo si poteva accusare di ambizioni, quando Pompeo girava bardato in una perenne scena trionfale?
DE BELLO GALLICO
Grazie al I triunvirato con Pompeo e Crasso del 60 a.c. Cesare ottenne il consolato nel 59 a.c. e nel 59 il proconsolato per cinque anni della Gallia Cisalpina e dell'Illiria con il mandato di difendere i confini di Roma.
Nel 58 a.c. Cesare seppe degli spostamenti degli Elvezi, lasciò Roma ed in otto giorni arrivò a Genava (Ginevra) dove fece costruire una linea di difesa, con fossati, steccati e fortini. Cesare lasciò quindi il comando delle fortificazioni al luogotenente Tito Labieno per recarsi in Italia a reclutare altre truppe. E' in questa occasione che Labieno viene citato per la prima volta nel Bellum Gallicum: "Ob eas causas ei munitioni quam fecerat T. Labienum legatum praeficit".
L'incarico affidatogli dimostra la grande fiducia che Cesare riponeva in lui e, come ricorda Cassio Dione, la consuetudine di lasciare il comando a Tito Labieno divenne quasi una regola quando Cesare si assentava dalla Gallia.
Secondo Plutarco e Appiano non fu Cesare, ma Labieno ad ottenere la vittoria sugli Elvezi, cui seguirono le battaglie contro celti e germani (57-55 a.c.) a cuii Labieno collaborò vivamente; combatté poi vittoriosamente al comando di tre legioni contro i Belgi nella battaglia presso il fiume Axona, contro gli Atrebati presso il fiume Sabis e al comando di due legioni contro i Morini, come è narrato dallo stesso Cesare.
GIULIO CESARE |
Sbarcato in Britannia, Cesare lasciò a guardia della flotta dieci coorti e trecento cavalieri sotto il comando di Quinto Atrio e si diresse verso l’interno. Una violenta tempesta danneggiò però numerose navi e Cesare, chiesto l'aiuto di Labieno, ottenne l'invio di 60 navi. Il tutto narrato ancora da Cesare.
Dopo la vittoria sui Britanni le legioni romane tornarono in Gallia e si disposero negli accampamenti invernali; a Tito Labieno fu assegnato il comando della legione destinata ai territori dei Remi, al confine con i Treveri, un territorio molto importante ma molto pericoloso. Labieno dovette più volte combattere contro i Treveri, riportandone vittoria.
Per l'ennesima rivolta di popolazioni della Gallia Belgica e delle regioni orientali della Gallia Celtica, Cesare decise quindi di aumentare il numero delle legioni stanziate in Gallia da sette a dieci e ne inviò due di rinforzo a Labieno, ancora accampato in prossimità del territorio dei Treveri dove combatté vittoriosamente l’ennesima battaglia. Nell'autunno dello stesso anno, mentre Cesare combatteva contro gli Eburoni, Labieno, al comando di tre legioni fu inviato nel territorio dei Menapi.
Nel 52 a.c. dopo aver conquistato i principali centri dei Senoni, dei Carnuti e dei Biturgi, Cesare divise l'esercito in due parti; egli, a capo di sei legioni, puntò verso il centro di Gergovia, mentre Labieno, con quattro legioni e parte della cavalleria, fu inviato presso i territori dei Senoni e dei Parisii.
Dopo alcuni scontri presso Gergovia, Cesare decise di togliere l'assedio alla città e di dirigersi verso il territorio dei Senoni per ricongiungersi con Labieno che, sconfitti i nemici a Lutetia, decise di non proseguire l'offensiva e di ritornare ad Agedincum per riunirsi a Cesare.
L’ultima grande rivolta scoppiata in Gallia fu quella guidata da Vercingetorige, re degli Arverni, che riuscì a coalizzare numerosi popoli (Senoni, Parisi, Pictoni, Cadurci, Turoni, Aulerci, Lemovici, Andi) e tutte le tribù che abitavano la costa atlantica.
Vercingetorige si mosse con il suo esercito da Bibracte verso il territorio dei Mandubi. Qui però subì una sconfitta che lo vide costretto a rifugiarsi nella città di Alesia. L'esercito romano cinse d'assedio la città con due anelli di fortificazioni, fossati d'acqua, palizzate, torri di guardia e fortini. Dopo circa un mese di assedio, giunse in aiuto dei Galli un grande esercito al comando dell'atrebate Commio, degli edui Viridomaro e Eporedorige e dell'arverno Vercassivellauno.
Quest’ultimo prese posizione su un colle posto a nord-ovest di Alesia e sferrò il suo attacco insieme a Vercingetorige che guidava il suo esercito nella pianura sottostante. Mentre le truppe di Cesare, insieme alle coorti di Bruto e Fabio, erano impegnate contro l'esercito di Vercingetorige, Labieno con sei coorti fu inviato in aiuto dei romani che combattevano nei pressi del colle.
Dopo aver respinto l'attacco di Vercingetorige, Cesare, con la cavalleria e quattro coorti, si spostò sul secondo fronte della battaglia con l'intenzione di prendere il nemico su più lati e sferrare l’attacco decisivo al quale partecipò lo stesso Labieno al comando di quaranta coorti. Sconfitto l'esercito gallico, Vercingetorige si arrese ai Romani.
Al termine di questa battaglia, Cesare dispose, per l'inverno del 52-51 a.c., le undici legioni nei vari territori della Gallia. Tito Labieno ed il suo luogotenente Marco Sempronio Rutilo, a capo delle legioni VII, XV e della cavalleria, fu inviato nelle terre dei Sequani.
Nel 51, mentre Cesare combatteva una delle ultime battaglie, contro i Pictoni e i Cadurci, Labieno per la terza volta fu inviato, al comando di due legioni, presso il territorio dei Treveri.
Cesare: "Labieno sostenne con successo nel territorio dei Treveri un combattimento di cavalleria e dopo aver ucciso molti Treveri e Germani, che non negavano mai a nessuno aiuti contro i Romani, riuscì ad aver vivi in suo potere parecchi dei loro capi e tra questi l'Eduo Suro, il quale era di grande nobiltà e aveva fama di valore e solo degli Edui era rimasto in armi sino a quel momento".
Nell'inverno del 51-50 a.c., l'intera Gallia era conquistata. Cesare rientrò nella Gallia Narbonense e affidò a Labieno il comando della Gallia Cisalpina:
"Ivi pur sentendo spesso dire che Labieno era sobillato dai suoi avversari e avvertito che ciò avveniva per volere di pochi, affinché se vi fosse stato un intervento del Senato contro Cesare egli fosse privato di qualche parte dell'esercito, tuttavia non prestò fede a ciò che si diceva di Labieno e non si lasciò indurre a fare alcunché contro l'autorità del Senato, poiché egli riteneva che le sue ragioni potessero facilmente trionfare, se i senatori avessero votato liberamente" .
E' questa l'ultima citazione di Tito Labieno nel Bellum Gallicum, una citazione che preannuncia la defezione di Labieno ed il suo passaggio tra le fila di Pompeo durante la guerra civile.
CESARE NON HA SCELTA
Mentre Cesare combatte le ultime battaglie in Gallia, nel 532 a.c., scade il suo primo triunvirato e a Roma Pompeo ottiene il consolato senza collega. I poteri proconsolari accordati a Cesare sarebbero dovuti scadere il 31 dicembre 50 a.c., dopo la proroga di cinque anni concessa al convegno di Lucca. Ma nel marzo del 51 a.c. Cesare richiese al Senato un ulteriore prolungamento del suo Imperium. In questo modo questo sarebbe scaduto nel 49 a.c., senza che vi fosse alcune interruzione tra la fine del proconsolato e l'inizio del suo secondo consolato (il 1 gennaio 48 a.c.).
CESARE |
Era proprio questa popolarità che impensieriva il Senato, consapevole delle aspirazioni al consolato di Cesare. Suo zio Gaio Mario era stato 7 volte dittatore ma non aveva mai approfittato del suo potere, e forse fu un male, perchè ne approfittò Silla, uomo dispotico e crudele che fece vivere nel terrore mezza Roma.
Invece il senato si fidava di Pompeo che a sua volta era un eroe ma non approfittò del suo potere.
Perchè allora il Senato non si fidò di Cesare, perchè conosceva le sue ambizioni? Ma Cesare voleva fare carriera, l'idea del potere unico ancora non lo sfiorava, anche perchè ancora una volta doveva temere per la sua vita, nonostante avesse sbaragliato una volta per tutte, con otto anni di guerre ininterrotte, il pericolo, anzi "il metus gallico", il terrore gallico.
Una volta concluso il suo mandato in Gallia il Senato chiese a Cesare di sciogliere il suo esercito. Siamo nel dicembre del 50 a.c., Cesare scrisse al Senato che accettava di sciogliere l'esercito se anche Pompeo avesse fatto altrettanto. Una richiesta logica e legale, eppure gli optimates protestarono a gran voce. Il Senato allora fece di peggio, intimando ancora una volta a Cesare di congedare il suo esercito se non voleva essere dichiarato nemico del popolo.
Due tribuni fedeli a Cesare, Marco Antonio e Gaio Cassio Longino posero il proprio veto alla proposta di dichiarare Cesare nemico del popolo ma, rapidamente espulsi dal Senato e temendo per la loro vita, andarono a Ravenna ad unirsi a Cesare che, a questo punto, radunò l'esercito chiedendo alle legioni l'appoggio per combattere contro quel senato che insensatamente l'aveva costretto a ribellarsi, per aver salva la vita.
A far fuori un Cesare senza esercito opponendo un Pompeo con l'esercito ci voleva poco. A far fuori un Cesare senza esercito con un Pompeo senza esercito ci voleva molto, perchè Roma lo adorava. Insomma il Senato non lasciò scelta a Cesare, o si ribellava o moriva.
Nel 50 a.c. il Senato, forte delle legioni di Pompeo e dando a queste legittimità politica, ordinò a Cesare di rientrare a Roma e congedare il proprio esercito perché il suo mandato come Proconsole era terminato. Inoltre il Senato gli negò un secondo mandato come Console in absentia (fuori da Roma).
Cesare sapeva che, se fosse rientrato a Roma senza godere dell'immunità come Console e senza essere spalleggiato dal suo esercito, sarebbe finito male. Pompeo accusò Cesare di tradimento e il senato, su proposta di Pompeo, che si era ormai schierato contro il suo vecchio alleato, dichiarò che lo stato era in pericolo e affidò la Repubblica ai consoli e ai proconsoli, mettendola in pratica nelle mani di Pompeo.
IL RUBICONE
10 gennaio 49 Cesare passa il Rubicone, ma già prima di questa azione Labieno, pur essendo stato precedentemente il favorito del futuro dittatore (al punto da essere citato in continuazione nel libro di Cesare, il de bello gallico), lasciò il suo esercito mentre era ancora in Gallia e si unì a Pompeo portando con sé circa 3.700 cavalieri gallici e germanici.
CESARE ATTRAVERSA IL RUBICONE |
Secondo alcuni autori "La defezione di Labiënus può essere attribuita in parte alla sua dura personalità, ma soprattutto alla ingratitudine e alla mancanza di opportunità di avanzamento che caratterizzarono il trattamento di Cesare di questi agenti negli anni '50 a.c."
Ma sappiamo invece che Cesare faceva fare carriera anche all'ultimo arrivato, nobile o plebeo, purchè avesse mostrato delle doti. il cursum honorum lo istituì Cesare.
Cosa aveva dunque convinto il tribuno della plebe Labieno a tradire il popularis Cesare coll'aristocratico Pompeo?
Odiava Cesare perchè eccessivamente autoritario? No, perchè Cesare gli aveva affidato spesso il suo esercito quando doveva allontanarsi.
Perchè Cesare aveva un brutto carattere e non sapeva riconoscere i meriti? Al contrario li incoraggiava, li premiava e incitava, infischiandosene del ceto a cui appartenevano, e fu il primo a gratificare secondo i meriti e non il censo.
L'unica buona ragione che può aver spinto Labieno a tradire fu la sua fedeltà alla repubblica, un forte ideale per i soldati romani. Infatti lo abbandonò giusto prima del varco del Rubicone. Ma è vero?
Cosa aveva dunque convinto il tribuno della plebe Labieno a tradire il popularis Cesare coll'aristocratico Pompeo?
Odiava Cesare perchè eccessivamente autoritario? No, perchè Cesare gli aveva affidato spesso il suo esercito quando doveva allontanarsi.
Perchè Cesare aveva un brutto carattere e non sapeva riconoscere i meriti? Al contrario li incoraggiava, li premiava e incitava, infischiandosene del ceto a cui appartenevano, e fu il primo a gratificare secondo i meriti e non il censo.
L'unica buona ragione che può aver spinto Labieno a tradire fu la sua fedeltà alla repubblica, un forte ideale per i soldati romani. Infatti lo abbandonò giusto prima del varco del Rubicone. Ma è vero?
IL RUBICONE
Ma i torti Cesare li aveva subiti davvero, la sua vita era davvero in pericolo.
CONTRO CESARE
In realtà Labieno era carico di odio verso Cesare, si non trattava di un ideale ma di rancore personale. Libro III , 19 , 6 : "Cesare giunge a Durazzo e pone il campo vicino a quello di Pompeo, divisi solo dal fiume Apso e manda Publio Vatinio verso il campo di Pompeo per trattare la pace e la concordia tra i due contrapposti eserciti romani; dalla parte di Pompeo parlò Aulo Varrone promettendo il giorno dopo un colloquio per studiare la situazione. Passato il giorno si giunse alla riunione dei rappresentanti dei due eserciti entrambi speranzosi di pace, ma dalla parte di Pompeo ad un certo punto dei colloqui esce fuori Labieno, tronca ogni proposta di pace e inveisce contro Vatinio, gli animi si scaldano e cominciano a piovere proiettili colpendo molti della parte di Cesare; Labieno aizza ancora i suoi contro Cesare dicendo che ci sarà pace solo quando vedrà cadere la testa di Cesare".
Libro III , 71 , 4 : Battaglia di Durazzo. "Nella seconda battaglia combattuta nello stesso giorno Cesare è sconfitto e Pompeo ebbe il titolo di Imperator, Labieno si fece condurre avanti a se i prigionieri cesariani, dopo averli insultati volgarmente, pur essendo molti di loro suoi ex compagni d’armi della campagna gallica, li fece tutti ammazzare."
Dopo la sconfitta di Pompeo a Farsalo fuggì a Corcira e poi in Africa dove, costituito un nuovo esercito, riorganizzò la resistenza repubblicana. Con esso riportò una vittoria contro lo stesso Cesare presso Ruspina nel 46 a.c., ma dopo tre mesi Labieno fu sconfitto nella battaglia di Tapso e nuovamente costretto a fuggire, rifugiandosi presso Sesto Pompeo in Spagna.
Durante la battaglia di Munda, il 17 marzo del 45 a.c., Bogud, re di Mauretania alleato di Cesare, attaccò alle spalle i pompeiani. Tito Labieno, comandante della cavalleria pompeiana, si preparò allora a fronteggiarlo facendo dietro-front. Ma i legionari interpretarono male questa manovra: vedendosi attaccati sull'ala sinistra e su quella destra, credettero che Labieno stesse fuggendo e fuggirono anch'essi.
Molti soldati pompeiani caddero mentre cercavano di fuggire dalle truppe di Cesare. Altri trovarono la morte nella difesa della città di Munda, tra questi Tito Labieno, il 17 marzo 45 a.c. nelle pianure di Munda, nel sud della Spagna.
Fu l'ultima battaglia della guerra civile tra Giulio Cesare ed i repubblicani conservatori. Dopo questa vittoria, e la morte di Tito Labieno e di Gneo Pompeo (il figlio maggiore di Pompeo), Cesare fu libero di tornarsene a Roma ed assumere il titolo di dittatore. Cesare non dimenticò il suo luogotenente che l'aveva fedelmente servito in Gallia, e fece eseguire esequie molto fastose al suo ex generale che aveva comunque, nonostante il tradimento, continuato ad apprezzare. Ma Cesare era un uomo superiore ai personalismi.
BIBLIO
- Wm. Blake Tyrrel- "Biography of Titus Labienus, Caesar's Lieutenant in Gaul" - Michigan State University -
- A. Goldsworthy - Caesar: Life of a Colossus - New Haven, Connecticut: Yale University Press - 2006 -
Dopo la sconfitta di Pompeo a Farsalo fuggì a Corcira e poi in Africa dove, costituito un nuovo esercito, riorganizzò la resistenza repubblicana. Con esso riportò una vittoria contro lo stesso Cesare presso Ruspina nel 46 a.c., ma dopo tre mesi Labieno fu sconfitto nella battaglia di Tapso e nuovamente costretto a fuggire, rifugiandosi presso Sesto Pompeo in Spagna.
Durante la battaglia di Munda, il 17 marzo del 45 a.c., Bogud, re di Mauretania alleato di Cesare, attaccò alle spalle i pompeiani. Tito Labieno, comandante della cavalleria pompeiana, si preparò allora a fronteggiarlo facendo dietro-front. Ma i legionari interpretarono male questa manovra: vedendosi attaccati sull'ala sinistra e su quella destra, credettero che Labieno stesse fuggendo e fuggirono anch'essi.
Molti soldati pompeiani caddero mentre cercavano di fuggire dalle truppe di Cesare. Altri trovarono la morte nella difesa della città di Munda, tra questi Tito Labieno, il 17 marzo 45 a.c. nelle pianure di Munda, nel sud della Spagna.
Fu l'ultima battaglia della guerra civile tra Giulio Cesare ed i repubblicani conservatori. Dopo questa vittoria, e la morte di Tito Labieno e di Gneo Pompeo (il figlio maggiore di Pompeo), Cesare fu libero di tornarsene a Roma ed assumere il titolo di dittatore. Cesare non dimenticò il suo luogotenente che l'aveva fedelmente servito in Gallia, e fece eseguire esequie molto fastose al suo ex generale che aveva comunque, nonostante il tradimento, continuato ad apprezzare. Ma Cesare era un uomo superiore ai personalismi.
BIBLIO
- Wm. Blake Tyrrel- "Biography of Titus Labienus, Caesar's Lieutenant in Gaul" - Michigan State University -
- Wylie Graham published - "Why did Labienus defect from Caesar in 49 B.C. ?" - 1989 -
- Giulio Cesare - Le guerre in Gallia, a cura di Carlo Carena - Mondadori Editore - 1991 -
- Giulio Cesare - Le guerre in Gallia, a cura di Carlo Carena - Mondadori Editore - 1991 -
- Antonio La Penna - Gaio Giulio Cesare, La guerra civile - Marsilio - Venezia - 1999 -
- Cesare - Commentarii de bello Gallico - libri VII-VIII -
- Cesare - Commentarii de bello civili - libri I-III -
- Cesare - Commentarii de bello civili - libri I-III -
Penso che Tito Labieno fosse un grande militare, superiore a Marco Antonio perchè piu' morigerato e disciplinato.Merita pienamente l'ammirazione dei posteri
RispondiEliminaBuongiorno, innanzitutto complimenti per il sito, ricco di notizie e spunti interessanti. Vorrei però segnalare che nell'articolo dedicato a Tito Labieno dovrebbe, forse, essere indicata anche l'altra fonte da dove sono state tratte le notizie (e l'immagine ideale di Labieno. Il libro di Alfei non riporta tali informazioni)... antiqui.it/doc/personaggi/titolabieno.htm Cordiali saluti
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