Nome originale: Lucius Licinius Lucullus
Nascita: Roma, 117 a.c.
Morte: 56 a.c.
Ruolo: Generale romano
Incarico politico: 74-63 a.c.
Lucio Licinio Lucullo (in latino: Lucius Licinius Lucullus; Roma, 117 – 56 a.c.) è stato un grande generale romano, un uomo ricchissimo, raffinato ed eccentrico.
(Plutarco)
"Lucullo, che dalle sue campagne in Oriente ha importato il ciliegio, amava naturalmente la buona tavola. Certo, tutti gli aristocratici e i ricchi offrivano banchetti sontuosi, e i grandi chef erano molto contesi, mentre la cucina dei romani comuni era piuttosto semplice. Ma è proprio dalla raffinatezza dei suoi banchetti, dalla preziosità delle stoviglie, dalla originalità dei cibi che è nata l'associazione tra il suo nome e la ricercatezza gastronomica."
LUCULLO |
LE ORIGINI
Nacque a Roma, membro dell'influente Gens Licinia, nipote del console Lucio Licinio Lucullo, e figlio di Cecilia Metella Calva, sorella di Quinto Cecilio Metello Numidico e di Lucio Cecilio Metello Dalmatico, il quale fu il padre di Cecilia Metella Dalmatica, la terza moglie di Lucio Cornelio Silla. Suo fratello era Marco Terenzio Varrone Lucullo, console nel 73 a.c.
Per quanto aristocratica, però la sua famiglia non era nè ricca nè di buona fama, forse proprio per i suoi appoggi all'odiato Silla, il dittatorie più crudele e dispotico che mai governò Roma. Nonostante le pessime voci che giravano sui suoi parenti stretti egli non si comportò, almeno in gioventù, in maniera riprovevole. Era colto, intelligente e ambizioso cosa che piacque molto a Silla che ne fece il suo preferito, facendolo avanzare rapidamente di grado.
LUCULLO PORTA IL CILIEGIO A ROMA |
A pace ratificata Lucullo rimase in Asia e raccolse il ricco tributo imposto da Silla alla provincia per la sua rivolta, pur cercando di alleviare l'onere della pesante imposizione. Di questo però non gli fu grata la categoria degli appaltatori di tributi romani, i pubblicani.
Tornò a Roma nell'80 a.c. e fu eletto edile appena l'anno successivo, nel 79 a.c., assieme a suo fratello Marco Terenzio Varrore Lucullo, pagando al popolo romano splendidi ludi per ottenerne il favore e la fama.
Una fonte di acqua minerale sita tra Sabaudia e San Felice Circeo, conosciuta col nome di "Bagnara" e ricca di qualità curative, è anche nota come "Fonte di Lucullo" in quanto egli nel 78 a.c. avrebbe conferito l'incarico a Gneo Domizio Amando di raccogliere le acque di quella zona.
Si racconta che Lucullo, alla partenza per l'Oriente, non sapesse nulla di tattica militare e che imparasse l'arte bellica dai libri che leggeva durante le marce per raggiungere i campi di battaglia. Aiutato da una memoria prodigiosa e da un'acuta intelligenza, si dimostrò un ottimo generale, riuscendo a convertire le proprie conoscenze teoriche, apprese in pochissimi giorni, in numerose vittorie sul campo.
Naturalmente la storia non è credibile perchè i generali romani imparavano a guidare l'esercito avanzando di grado e accollandosi perciò responsabilità sempre maggiori. Indubbiamente però Lucullo aveva la memoria e l'intelligenza notevoli che gli hanno attribuito.
Quando Silla morì, Lucullo si trovò senza protezione ma intrecciò una relazione con una potente donna, Precia, la quale riuscì a farlo nominare proconsole della Cicilia. Silla dedicò le sue Memorie a Lucullo e dopo la morte lo rese tutore di suo figlio Fausto, preferendo lui a Gneo Pompeo Magno. Poco dopo infatti, nel 74 a.c., Lucullo diventò console assieme a Marco Aurelio Cotta, lo zio di Giulio Cesare, difendendo la costituzione di Silla dai tentativi di abrogazione.
Nello stesso anno sposò Claudia Quinta, figlia minore di Appio Claudio Pulcro, console del 79 a.c., e sorella dei più celebri Publio Clodio e Clodia (la Lesbia di Catullo); ma il matrimonio non fu felice. Al suo ritorno a Roma, Lucullo ottenne il divorzio, dopo gli screzi in Asia con Clodio e le voci di infedeltà della moglie.
I BANCHETTI LUCULLIANI |
LE BATTAGLIE
Inizialmente, scelse la Gallia Cisalpina come comando proconsolare, poi, a mandato scaduto, si fece nominare governatore della Cilicia dopo che il governatore di quella provincia morì, così da risultare comandante delle forze romane nella Terza guerra mitridatica.
Ritornando sulla terra ferma, ricacciò Mitridate entro i suoi confini, nonostante la superiorità della cavalleria nemica. Sconfisse poi definitivamente mitridate nella battaglia di Cabira. Non inseguì immediatamente il suo nemico, ma finì di conquistare il regno del Ponto e di riportare l'Asia all'ordine.
Condusse poi un attacco contro Tigrane II d'Armenia, genero di Mitridate e suo alleato, dal quale Mitridate s'era rifugiato dopo la sconfitta di Cabira. Lucullo pose l'assedio alla città di Tigranocerta, provocando l'intervento dell'armata di Tigrane, che Lucullo sconfisse pesantemente, nonostante fosse numericamente superiore.
Vinse ancora ad Artashata nel 68 a.c., ma non entrò in città per gli ammutinamenti tra le sue truppe, troppo affaticate e provate dall'esagerato ritmo di combattimenti che Lucullo gli imponeva.
La sua autorità sulle legioni fu minata dai colpi di suo cognato Publio Clodio. Questo permise a Mitridate e a Tigrane di riprendere la gran parte dei territori perduti durante la guerra.
A causa delle macchinazioni degli equites e dei sostenitori di Pompeo, Lucullo fu rimpiazzato da quest'ultimo al comando della spedizione nel 66 a.c. e ritornò a Roma.
Sempre nel 66 a.c. sposò Servilia Cepione Minore, figlia di Ortensia e di Servilio Cepione, fratello germano di Servilia, la madre di Bruto nonchè amante preferita di Cesare, e fratello uterino di Catone l'uticese. Servilia Minore dunque era nipote di Catone e il matrimonio con lei servì a Lucullo per conquistarsi appoggi politici dopo la sua lunga assenza da Roma. Dal matrimonio con Servilia Minore nacque il figlio Marco, di cui il prozio Catone fu tutore alla morte del padre.
GLI OZI
L'opposizione contro di lui non solo causò il ritardo del suo trionfo fino al 63 a.c., ma provocò il suo allontanamento dalla vita politica, anche se, come amico di Marco Tullio Cicerone, prendesse parte ad alcuni dibattiti politici.
Venne pesantemente attaccato da Cesare che nei comizi lo affrontava con durezza, chiamandolo apertamente ladro e corrotto, accusandolo di concussione e minacciandolo.
Cesare in materia di corruzione non avrebbe dovuto pronunciarsi, ma sembra che fosse ostile a Lucullo perchè sentiva in lui un'assoluta mancanza di ideali, ma soprattutto perchè era stato un grande sostenitore del crudele Silla, il nemico di Cesare.
D'altronde avere di fronte un Cesare adirato non era cosa da poco, visto l'abituale flemma di cui faceva uso abitualmente. Viene da pensare che tanta ira fosse fosse in realtà programmata e Cesare, intuite le paure di Lucullo volle esagerare per togliersi di torno un avversario che aveva pochi scrupoli ma tanti soldi per corrompere chiunque, soldi di cui Cesare difettava.
Si dice che Lucullo fu così terrorizzato da cadere in ginocchio implorando pietà e giurando che si sarebbe ritirato per sempre a vita privata.
Lucullo si ritirò così a una vita privata e piena di piaceri, o, come scrisse Plutarco:
"Abbandonò i pubblici affari, anche perché si accorse che essi erano ormai al di là del proprio controllo e si sentiva a disagio - o forse perché, come alcuni dicono, aveva saziato la sua sete di gloria e aveva avvertito che la sfortunata questione dei suoi molteplici sforzi e delle sue fatiche lo autorizzava a trascorrere una vita di agio e lusso... nella vita di Lucullo, come in una commedia antica, un uomo può leggere nella prima parte di incarichi politici e di comandi militari e, nella seconda, di simposii e banchetti e di tutti i tipi di frivolezze".
(Plutrarco - Vita di Lucullo - XXXIIX)
La grande fortuna che aveva accumulato durante le guerre in Oriente gli permisero di trascorrere una vita nel lusso. Possedeva una serie di ville fuori Roma, una nella zona di Tuscolo, nei Castelli Romani, con terme, biblioteche, collezioni di quadri e di statue, ed enormi uccelliere.
Altre tre ville stavano in Campania, a Baia, Miseno e Napoli, corredate di roboraria, cioè recinti per animali selvatici allevati non solo per divertimento ma anche per guadagno, vivaria o piscine marittime per l'allevamento di pesci rari, anch'essi in parte destinati alla vendita. A Napoli la sua villa aveva laghetti di pesci e moli che si protendevano sul mare.
GLI HORTI LUCULLIANI |
"tranquille dimore degli Dei", un complesso di edifici e di giardini terrazzati sulle pendici del colle per godere interamente e dall'alto della bellezza degli horti e del panorama, su vari piani collegati tra loro da scalinate monumentali con statue, vialetti e fontane.
Pare che l'edificio principale della villa si trovasse nella posizione oggi occupata dalla chiesa di Trinità de' Monti mentre la rinascimentale Villa Medici si è sovrapposta a una parte dell'area. Divenne così celebre per i suoi banchetti, che ancora oggi si definisce "luculliano" un pasto abbondante e gustoso.
Inoltre si diede alla coltivazione di piante fino ad allora sconosciute, come il ciliegio e l'albicocco, importati da terre lontane, che in parte davano frutti per il suo consumo e in parte erano destinati alla vendita, perchè Lucullo aveva un ottimo senso degli affari.
Approfondimenti: HORTI DI LUCULLO
LA BUONA TAVOLA
« Vi erano d'obbligo, come antipasti, frutti di mare, uccellini di nido con asparagi, pasticcio d'ostrica, scampi. Poi veniva il pranzo vero e proprio: petti di porchetta, pesce, anatra, lepre, tacchino, pavoni di Samo, pernici di Frigia, morene di Gabes, storione di Rodi. E formaggi, e dolci, e vini. »
Si narra che Cicerone e Pompeo riuscirono a farsi invitare a cena a casa di Lucullo, ma gli proibirono di farne parola ai cuochi. Erano curiosi di sapere come mangiasse Lucullo quando si trovava da solo.
Lucullo accettò di buon grado e mandò messaggeri ad avvisare i suoi servi di apparecchiare per tutti nella sala di Apollo, che del resto era riservata per i banchetti in onore di ospiti importanti.
I servi afferrarono il messaggio e si organizzarono. Così Cicerone e Pompeo mangiarono in modo ricercato e squisito, con portate che comprendevano aragoste e pavoni.
Perfino se mangiava da solo teneva a una tavola sontuosa e si narra che quando il suo cuoco, una sera, gli preparò una cena poco ricca con la scusa che non c'erano ospiti, Lucullo arrabbiato lo rimproverò ricordandogli che "oggi Lucullo cena da Lucullo"
- Quid? - inquit iratus Lucullus – Non sciebas Lucullum hodie cenaturum esse apud Lucullum? -
LA MORTE
Lucullo visse nel lusso più sfrenato fino alla sua morte, nel 57 a.c., avvenuta secondo alcuni per droghe, pozioni, e filtri d'amore ai quali era assuefatto e che un liberto gli somministrava giornalmente. Ma Lucullo era uomo intelligente e non si lasciava incantare facilmente, però era un goloso e probabilmente, come molti romani, soffriva di gotta e di fegato, del resto morì a 69 anni, una rispettabile età per i suoi tempi.
BIBLIO
- Plutarco - Vita di Lucullo - Milano - Mondadori - 1983 -
- A. Keaveney - Lucullus. A Life - Londra - 1992 -
- J. Van Ooteghem - Lucius Licinius Lucullus - Bruxelles - 1959 -
- M. Villoresi - Lucullo - Firenze - 1939 -
- M. Villoresi - Lucullo - Firenze - 1939 -
- T.R.S Broughton - The Magistrates of Roman Republic - New York-Atlanta - 1951 -
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