L'AGORA' GRECA
Il Mercato alle origini in Grecia nacque con la piazza, e quindi mercato scoperto nel centro del primitivo accampamento di capanne, e poi nell'incrocio principale ove convergevano le poche strade del villaggio arcaico. La pizza principale veniva chiamata agorà, una piazza circondata da edifici vari e variamente disposti senza un'organizzazione urbanistica.
L’Agorà non era mercato e pure fiera dove si vendeva il bestiame, ma con zone riservate al tipo di merce venduta; c’era la zona per i venditori di bestiame, di pentole, di attrezzi agricoli, di pettini, e poi i venditori di derrate alimentari, come cereali, carni, formaggi, vino, olio e così via, ma soprattutto vi è la divisione, come riferisce Aristotele, tra il mercato degli alimenti e quello generico.
Poi c'erano i banchieri, coi banchi carichi di monete, di pegni e di registri. Seguivano i venditori ambulanti su banchetti improvvisati con tele, borse, cinture, sandali e così via. Ma non mancavano nella piazza le botteghe vere e proprie, con gioiellieri, profumieri, barbieri e medici.
L’agorà di Priene ad esempio si sviluppa, appunto come nelle città medievali, in due piazze diversamente calibrate, la maggiore, rettangolare e circondata da portici continui, è destinata al mercato generico che si svolge attorno all’altare centrale, la minore, pure rettangolare ma delimitata da botteghe, è riservata al mercato del pesce e della carne, entrambe le piazze-mercato mancano del lato settentrionale, cosicchè si aprono sulla via che le unisce. Da qui prese spunto il mercato romano.
MERCATO ROMANO
Come nel mondo greco il mercato romano si sviluppa sull’agorà, e cioè con il centro cittadino, che all'inizio non si distingue dal Forum. Il Foro romano infatti, nel periodo repubblicano, appare costituito in gran parte da tabernae, e cioè botteghe per la vendita delle merci.
Quando Roma aveva un solo Forum, questa piazza serviva per le adunanze publiche, per i giudizi e per il mercato. Successivamente vi si aggiunse la Curia cinta di portici e di tabernae, templi e basiliche per i processi.
Varrone, nel suo "De Lingua Latina" lib IV, fa derivare la parola Forum dal verbo ferre (portare), come luogo dove portavano le loro controversie e le merci da vendere. Festo conferma che per Forum si intendesse il luogo dei giudizi, dei pubblici discorsi e dei mercati o fiere posti lungo le vie consolari, come il Forum Flamini ed il Forum Julii.
Isidoro, nel suo lavoro "Origine" lib XVIII c XV deduce la etimologia di Forum dal parlare in quanto luogo dove si agitavano le liti. Vitruvio, vissuto ai tempi di Augusto, nota che i Greci facevano i Fori di forma quadrata cinti da portici amplissimi e doppi con architravi di pietra o di marmo e con passaggi sopra i soffitti.
Nelle città d'Italia invece c'era l'uso di dare combattimenti gladiatorii nel Foro per cui i porticati dovevano consentire la vista sulla piazza mediante intercolumni più larghi, ponendo sotto i portici le taberne argentarie (agenzie di cambio) e nel piano superiore dei palchi che potevano sia come loggioni che per la riscossione delle tasse.
Il Foro Romano in epoca arcaica dunque veniva utilizzato per i giochi atletici o gladiatorii e a fini commerciali. Tuttavia con lo sviluppo della società dell'antica Roma, il foro divenne un centro politico ed economico. La Curia, sede del Senato e il tempio di Saturno, sede dell'Erario pubblico, curavano questi aspetti. Con la crescita di Roma crebbe anche il Foro Romano, come uffici e centro politico prima dell’Urbe e poi dell’Impero, i nuovi edifici monumentali si sostituirono alle tabernae che si dislocarono in vari luoghi della città, sempre chiamati Fori, destinati a mercati specializzati.
In tutte le città antiche ne fu centro il Foro, cioè la piazza "publica" che era il centro di tutti gli affari pubblici e privati. Roma da uno che ne ebbe all'inizio, ai tempi dello storico Sesto Aurelio Vittore, del IV secolo d.c., se ne contavano diciassette. La forma poi, doveva essere, per Vitruvio, rettangolare con proporzione fra lunghezza e larghezza di 3 a 2. Pertanto i Fori di Roma ed italici erano piazze rettangolari cinte di portici con taberne ed edifici publici come la Curia, l'Erario, le basiliche, i templi e il carcere. Ma oltre a ciò contenevano i mercati.
Questi mercati si distinsero a seconda delle merci che vendevano: Forum Vinarium, Forum Piscarium, Forum Olitorium, Forum Cuppedinis, Forum Suarium, Forum Bovarium.
Il Macellum, da cui derivano oggi i termini "macello" (luogo dove si uccidono gli animali) e "macellaio" (venditore di carni), non aveva lo stesso significato presso i romani, che tale termine avevano coniato. Il macellum romano era infatti un mercato dove si vendeva di tutto, comprese le carni. I mercati erano in genere detti Forum.
Varrone (de Lingua Latina lib IV) informa che nel Macellum non si tenevano nè giudizi nè adunanze e in questo differiva dal Forum. La sua etimologia deriverebbe, come narra Festo, da un tal Macello che aveva commesso a Roma diversi latrocini per cui venne condannato nell'anno 573 dai censori Emilio e Fulvio i quali gli requisirono la casa adibendola alla vendita delle vivande. Tale notizia è confermata tradizione da Donato e da Varrone.
Se la piazza del mercato è sia greca che romana, il mercato coperto, cioè l'edificio specifico alla vendita dei prodotti alimentari è solo romano e nasce nel primo quarto del II sec. a.c.. Infatti nel 179 a.c. sorgeva a Roma il primo supermarket, un edificio destinato a concentrare tutti i mercati cittadini sul luogo stesso ove, nel 210 a.c. era stato distrutto dal fuoco il Forum Piscarium.
Il nuovo edificio fu designato con il nome di Macellum, che oggi indica solo il mattatoio. Il primo Macellum, demolito probabilmente dopo un secolo e mezzo di funzionamento, fu sostituito, in epoca augustea, dal Macellum Liviae costruito sull’Esquilino, al quale si aggiunsero, sotto Nerone, il Macellum Magnum edificato sul Celio, e sotto Traiano i Mercati Traianei presso il Foro.
Dall’Urbe i macella si diffusero nelle province, fin nei municipi lontani: dal mercato coperto di Pompei e da quello di Alatri a quelli di Rimini e di Isernia, dal mercato di Eclano a quelli di Corfinio e di Mantinea in Grecia, dal grandioso macellum di Pozzuoli noto come “ Tempio di Serapide” ai mercati africani di Leptis Magna e di Thamugadi.
MERCATI DI TRAIANO |
DESCRIZIONE
MACELLVM R. II. " Sancto Stefano ritondo . . . con una cappella antica dallato con musaico et con tavolette et tondi di porfido et serpentino et con fogliami di nachere et grappoli d'uue et tarsie et altre gentileze "
A questi tipo appartiene il mercato coperto di Pompei del I sec., nell’angolo nord-est del foro, dal quale si apre l’accesso principale, altri due ingressi secondari e non simmetrici si aprono nel muro d’ambito meridionale e in quello settentrionale.
Il recinto rettangolare non è porticato e include un’area scoperta con dodici piedistalli delle colonne che reggevano una copertura, probabilmente displuviata, formando un'edicola sacra.
Due grandi ambienti destinati al culto si aprono sul lato orientale, nel quale è pure ricavata la pescheria denunziata dai banchi inclinati.
Sugli altri tre lati si allineano le botteghe, aperte verso l’interno quelle del lato sud, verso l’esterno quelle dei lati settentrionale e occidentale, per evitare una eccessiva insolazione nociva alla conservazione delle derrate. Le pareti poi erano riccamente decorate da pitture in parte mitiche in parte riproducenti le merci esposte.
Completamente diversi i mercati traianei, costruiti sulle pendici del Quirinale e confinanti con il foro di Traiano.
Dovendo accogliere un gran numero di botteghe, di ambulacri, uffici e perfino una basilica, in uno spazio piuttosto esiguo e scosceso, si rimediò egregiamente con la grande esedra, gli archi laterizi e le volte in conglomerato.
Dagli scavi di Pompei,di Ostia e dei mercati traianei hanno rivelato gli elementi della taberna, termine derivato da tabula (tavolo), cioè il banco di vendita, che consiste in un piccolo locale a piano terreno con grande apertura sulla via e un ammezzato superiore al quale si accede per una scala di legno, dall’ammezzato sporge un balcone o una tettuccio, pergula, a protezione dalle intemperie.
Il banco che era di legno o in muratura, posto ad angolo retto, in modo che un lato fronteggi la via e l’altro fronteggi i compratori, con speciali gradini per l’esposizione delle merci. Questa disposizione resterà per tutto il medioevo e oltre. I banchi delle “cauponae” (osterie) e quelli dei “thermopolii” (odierni bar) dispongono anche di dolia fittili murati o interrati e di fornelli. L’apertura della bottega sulla via è generalmente, almeno a Pompei, scarna nel portale ma spesso adorna di pitture allusive, più raramente di rilievi, detti “insigna”.
Delle suppellettili interne si sa molto grazie alle pitture pompeiane, ora al Museo di Napoli, riproducenti gli interni di una calzoleria e di una farmacia. Oltre a mensole lignee poste su pioli immurati, si usavano armadi anche finemente lavorati e decorati con finiture di bronzo. La chiusura esterna aveva un battente girevole che, non occupando l’intero vano, si saldava ad una serie di assi verticali posti in apposite scanalature praticate nella soglia e nell’architrave e, infine, si agganciavano reciprocamente all’interno. Invece all’esterno erano garantite da sbarre metalliche, si che le fa definire da Giovenale “catenatae tabernae”.
FORO VENALE
Il Foro Venale (in latino: forum (rerum) venalium) era una mercato dedicato ai vari generi alimentari nell'antica Roma durante la Repubblica e l'Impero. Erano Foro Venale il Foro Boario, il Foro Olitorio, il Foro Piscario, il Forum Cuppedinis, il Foro Vinario. Questi fori erano estensioni del Foro Romano, e comprendevano strutture apposite per i commercianti, edificate sia in epoca repubblicana che imperiale. I vari Fori Venali avevano dimensioni ridotte, se paragonati con i più grandi fori civili. Basti pensare agli espropri e acquisti di terreno per il Foro voluto da Giulio Cesare o i poderosi lavori di sbancamento della sella montuosa che collegava il Quirinale con il Campidoglio per la realizzazione del Foro di Traiano.
FORO BOARIO
Il Foro Boario, Forum Boarium o Bovarium, era un'area dell'antica Roma, un tempo zona paludosa lungo la riva sinistra del fiume Tevere, tra Campidoglio e Aventino, poi bonificata dall'azione della Cloaca Massima. Lo stesso nome era attribuito anche ad una piazza in quest'area, in cui si teneva il mercato del bestiame. Nei suoi pressi era pure presente una località dove venivano ammassate grandi quantità di sale (le Salinae), provenienti dalla foce.
Posto alle falde del Palatino presso il Circo Massimo. Esistente fin dal V secolo a.c. I limiti dell'area erano compresi tra il Circo Massimo a sud-est, il Velabro a nord est, con l'arco degli Argentari, porta monumentale di accesso all'area, il vicus Iugarius, alle pendici del Campidoglio a nord, il Tevere a ovest e l'Aventino a sud.
L'area era divisa tra le regioni augustee VIII (Forum Romanum) e XI (Circus Maximus).
Si trattava dell'area di mercato (emporio) della città arcaica, collocata nel punto in cui confluivano i percorsi che percorrevano la valle del Tevere e quelli tra Etruria e Campania, i quali in origine superavano il fiume in corrispondenza del guado dell'Isola Tiberina. Era frequentata da mercanti greci già all'epoca della fondazione della città, metà dell'VIII sec. a.c.
La parte centrale di questa lunga fascia che si affacciava sul Tevere era formata dal Velabro, dove sorgono attualmente l'Arco Quadrifronte e le chiese di S. Giorgio e S. Teodoro. In questo punto il terreno si abbassava notevolmente e, a causa delle acque provenienti dal vicino Foro Romano e delle piene del Tevere, per alcuni mesi dell'anno tutta la zona si trasformava in una palude.
La riva del fiume costituiva il porto fluviale di Roma (portus Tiberinus), che come tutta l'area, aperta agli stranieri, era considerata esterna al perimetro della città e si trovava al di fuori delle mura più antiche. Vi aveva sede un antichissimo santuario, l'Ara massima di Ercole.
Nel 387 a.c., con la costruzione delle mura repubblicane (cosiddette "Serviane") a blocchi di tufo, la zona del Foro Boario viene compresa nella nuova cinta urbana che in questo punto correva parallelamente al fiume.
In età regia il guado venne sostituito dal ponte Sublicio, in legno, ad opera di Anco Marzio. Sotto Servio Tullio, nel Foro Boario venne sistemato un secondo grande santuario, dedicato alla Fortuna e alla Mater Matuta, i cui resti sono stati rinvenuti negli scavi dell'area sacra di Sant'Omobono.
Verso la fine del III secolo a.c., allo scopo di limitare i danni causati dalle piene del fiume, tutta la zona del Velabro venne rialzata con un grande terrapieno. A causa di questi lavori vengono ricostruiti i principali templi della zona (tempio della Fortuna e della Mater Matuta, Ara Massima di Ercole, tempio di Portuno ecc.) che sorgevano nell'area fin dai tempi più antichi.
Nell'area era collocata una statua in bronzo dorato raffigurante un toro, che ne costituiva il simbolo: la scultura proveniva dalla conquista di Egina contro la lega Achea, ad opera del console Publio Sulpicio Galba Massimo nel 210 a.c.
Il Foro Boario era frequentemente preda di incendi, come negli anni 213, 203 e 196 a.c., mentre la vicinanza al Tevere lo esponeva alle alluvioni. Oltre agli antichissimi santuari dell'Ara Massima di Ercole e della Fortuna e della Mater Matuta, vi erano collocati il tempio di Portuno e il tempio di Ercole Vincitore.
A partire dal II secolo a.c. le strutture portuali furono spostate più a valle, sotto l'Aventino (Emporium), mentre l'area viene progressivamente occupata da abitazioni private e insulae. Le attività commerciali, tuttavia proseguivano e nel IV secolo d.c. venne costruito il cosiddetto arco di Giano per ospitarle.
FORO OLITORIO
Il Foro Olitorio (Forum Holitorium) era posizionato alle pendici del Campidoglio, tra il Teatro di Marcello e il Foro Boario, fin dalle origini mercato della verdura e della frutta. Questi prodotti, ancor più della carne, occupavano il primo posto nell’alimentazione dei romani, soprattutto per i cereali.
Prima della completa urbanizzazione della zona, l’area di mercato comprendeva l’ampia pianura situata tra il Campidoglio e il Tevere che si estendeva dal Vico Iugario, presso la cosiddetta area sacra di S. Omobono, al Campo Marzio.
In età repubblicana i vennero edificati tre templi che limitarono l'estensione del mercato, che probabilmente doveva arrivare fino al Tevere. Questi templi fanno oggi parte della struttura della chiesa di San Nicola in Carcere, della cui esistenza si hanno le prime notizie nel XI secolo nel Liber Pontificalis.
All’inizio dell’impero, il mercato degli ortaggi divenne una piazza monumentale, delimitata a sud e a est dagli impianti commerciali situati sotto le pendici del Campidoglio e nel vicino Foro Boario; a nord dai templi di Bellona, di Apollo e dal teatro di Marcello, e a ovest dai tre templi di S. Nicola in Carcere (Giano, Giunone Sospita e Spes) che separavano la piazza dagli impianti portuali situati lungo la sponda del fiume. Il Foro Olitorio era attraversato da varie strade, due delle quali univano la piazza con il Foro Boario e il Campo Marzio, mentre una terza (il Vico Iugario), la collegava col vicino Foro Romano
Tempio di Giano
Il tempio di Giano era quello situato sulla destra e il più vicino al Teatro di Marcello. Costruito durante la prima guerra punica, con colonne su tre lati in tufo rivestite di stucco su basso podio sagomato.
Tempio di Spes
Il tempio della Speranza era invece situato alla sinistra, in opposizione al tempio di Giano. Fu anch'esso costruito ai tempi della prima guerra punica, di ordine dorico con sei colonne sul fronte e undici sul lato lungo. Il tempio era fatto di pietra, e le colonne ricoperte di stucco per simulare l'aspetto del marmo. Ne restano sei colonne con architrave inglobate nel fianco sinistro della chiesa.
Tempio di Giunone Sospita
Il tempio di Giunone Sospita era situato tra il tempio della Speranza e quello di Giano, dove attualmente sorge la chiesa, che si stabilì sulle sue rovine verso la fine del I millennio. Costruito verso il 195 a.c. di ordine ionico con tre file di sei colonne sul lato anteriore, due file di sei colonne sul lato posteriore e undici sul lato lungo. Una gradinata, utilizzata ancora oggi per entrare nella chiesa, conduceva al pronao del tempio. Era il più grande dei tre templi. Ne restano il basamento, visitabile all'interno della chiesa, e tre colonne inglobate dalla facciata di cui una priva di capitello.
Tempio della Pietas
Esisteva un quarto tempio, situato di fianco al tempio di Giano, che venne distrutto durante i lavori di costruzione del teatro di Marcello. Venne costruito da Manio Acilio Glabrione, console nel 191 a.c. Il tempio era anche luogo di culto di Diana.
Anche quando le attività mercantili collegate al commercio degli ortaggi saranno in gran parte cessate, il Foro Olitorio resterà un luogo intensamente frequentato. per le rappresentazioni nei vicini teatri o alla folla che accorreva alle grandi aste pubbliche che si svolgevano nella piazza, o che assisteva alla pompa dei cortei trionfali che attraversavano il Foro Olitorio provenendo dal vicino Portico di Ottavia.
FORUM PISCARIUS
Il Foro Piscario (Forum Piscarium secondo Varrone e Plauto, Forum Piscatorium secondo Livio) era un'area il mercato del pesce. Si trovava a nord del Foro Romano, tra la Via Sacra e l'Argileto. Le lastre marmoree dove il pesce era venduto sono visibili su entrambi i lati della strada.
Livio lo annuncia incendiato nel 542. Ma di nuovo andò distrutto in un incendio nel 210 a.c., venne ricostruito l'anno seguente. Nel 179 a.c. venne incorporato nel Macellum, grande mercato della Subura, costruito da Marco Fulvio Nobiliore nella stessa area, sul lato nord-est della Basilica Emilia.
Nel Medioevo, il mercato del pesce venne spostato vicino al Foro Romano, ormai completamente abbandonato, tra le rovine del Portico d'Ottavia, e vi rimase sino alla fine dell'Ottocento, divenendo uno dei luoghi più pittoreschi di Roma.
FORUM PISTORIUM
Fin dai tempi di Romulo e Tazio nel piazzale alle falde del Palatino presso il Circo Massimo si aprivano i mercati. Il Forum Pistorium, lo riferisce Livio inaugurato nell'anno 573, venne aperto un nuovo mercato destinato alla vendita delle farine, fuori della porta Trigemina.
FORUM CUPEDINIS
"Forum Cupedinis appellatum est, Plauto nell'Adularia Act II Sc VIII v 3" Era il mercato delle delizie, posto, come cita Varrone, tra la via Sacra e l'Argileto. Insieme ad altri mercati di diverso tipo, venne incorporato nel Macellum di Fulvius Nobilior nel 179 a.c.. In Symmachus questo mercato è chiamato Forum Cupedinarium.
Il suo nome secondo alcuni deriva da due celebri ladri, Numerio Equizio Cupedine e Romanio Macello, che abitavano nel sito, che vennero esiliati e spogliati di ogni bene, ma in realtà il nome veniva dal termine Cupedi, cioè bevande scelte, del resto i romani non avrebbero mai intitolato un luogo commerciale a due ladri, perchè disdicevole e di malaugurio.
Per alcuni qui si vendevano gioielli, invece la vendita riguardava prelibatezze, cioè confetterie, pasticcerie, arrosterie, erbe particolari e cibi cotti. Varrone informa che in questo mercato si vendesse anche il propoli, prodotto dalle api.
FORUM SUARIUM
Vasi:
"Si situa comunemente il foro Suario vicino alla Chiesa di S. Croce dei Lucchesi, per essere stata questa denominata anticamente S. Niccolò in Porcis o Porcillibus dall'uso che ivi ancora si conservava di vendere i porci. In tale località questo foro si trovava a sinistra delle suddette grandi scale che mettevano sull'alto del Quirinale."
Il Forum Suarium era un Forum Venalium, il mercato dei maiali, menzionato in due iscrizioni del 200 d.c. e in alcuni documenti più tardi. "I majali vanno a raccogliersi nel Forum suarium".
Ma non si vendevano solo maiali ma anche i loro prodotti, dal lardo ai salumi e alle spazzole e pennelli fatti con le setole del maiale.
Il Forum si trovava nella VII regio, vicino alle baracche delle cohortes urbanae, poste nella parte nord del Campo Marzio, non lontano dai Castra Urbana, probabilmente sotto l'attuale via di Propaganda Fides, vicino piazza SS. Apostoli, amministrato dal prefetto e dai suoi ufficiali.
L'imperatore Aureliano adoperò il Forum Suarium per distribuire al popolo bisognoso, oltre alle solite derrate di grano ed olio, le porzioni di carni di maiale provenienti da Campania, Sannio e Lucania.
Si sa che era posto sulla via Lata, secondo alcuni era lo stesso Forum Suarium ma sembra poco probabile, risulta invece fosse posto non distante da questo. Era questo il Forum dove solevano riunirsi i mercanti greci che vendevano in detto mercato le loro merci, inclusi i manufatti come vasi, statue, specchi, pettini, anfore e anforette e così via. Insomma una specie di souvenir perlopiù greci.
FORUM LANARIUM
Certamente connesso all'inizio solo alla vendita delle pecore, commercio fiorente e prima forma di ricchezza per il pastore delle campagne romane, del resto la parola Pecunia, cioè denaro, viene da pecus, pecora, ma pure della lana e dei prodotti tessili, cioè le stoffe, dapprima solo di lana, poi estesa a lini e cotoni.
FORUM CAPRARIUM
Da qualche anno sono stati aperti al pubblico gli scavi adiacenti alla famosa Fontana di Trevi, un caseggiato romano probabilmente modificato nel IV secolo riutilizzando costruzioni precedenti, che sorgeva nella zona del Vicus Caprarius che in epoca remota era interessato da una piccola palude.
Nelle immediate vicinanze del Vicus probabilmente c'era anche un luogo di culto chiamato "aedicula Capraria". Oltre alla parte muraria dell'insula romana è visitabile anche un e antiquarium con statue, terracotte, frammenti di mosaici e soprattutto una raccolta di monete romane raggruppate per valore ritrovate negli strati più profondi. Questo ultimo ritrovamento, nonchè il sistema divisionario delle monete suggerisce che in prossimità vi fosse il mercato caprario, o Forum Caprarium, il mercato di bestiame romano dove si vendevano le capre e i loro prodotti di latte, formaggio e lana.
FORUM PISTORIUM
I romani avevano molti tipi sia di pizza, realizzata con infarcimenti diversi, che di pani, con cotture e pure con cereali diversi.
MACELLUM LIVIAE
O Macellum Livianum o Liviani. Un grande mercato fatto costruire da Augusto che lo fece intitolare alla moglie Livia, per altri invece dedicato a sua madre da Tiberio nel 7 a.c. è riportato nella mappa severiana, conserva alcune rovine fuori della porta Esquilina, un'area aperta, di m 80 x 25, costruita in mattoni e opus reticulatum, parallela alle mura Serviane, che in parte coincidevano col suo perimetro. La piazza era circondata da un porticato sotto cui si aprivano le botteghe con merci di diversi tipi. Venne in seguito restaurato dagli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano, come indica un'epigrafe. Sembra che la parte sud dell'area sia stata invasa dalle abitazioni private dall'inizio del II sec. d.c. Posta sull'Esquilino nella regione V, fu denominata anche Macellum Magnum, ma per altri, e probabilmente con più esattezza, il Macellum Magnum era quello di Nerone.
"Di grande importanza è lo scavo realizzato in anni recenti sotto la basilica di S. Maria Maggiore (1966-71), in seguito al quale è stato possibile liberare parti di un grande edificio di età augustea, costituito da un grande cortile porticato (m 37,30 × 30) circondato da alcuni ambienti. In una fase tarda (IV secolo) le mura del portico furono decorate con un grande calendario rustico dipinto, simile a quello Filocaliano del 354, decorato con grandi affreschi paesistici, con rappresentazioni dei lavori agricoli relativi ai singoli mesi (conservati solo in minima parte). Si è proposta l'identificazione del monumento con il Macellum Liviae".
MACELLUM MAGNUM
"Il macellum Magnum, costruito nel 64 d.c. da Nerone, ha la fortuna di essere un monumento simmetrico, noto in parte grazie alla Forma Urbis Severiana e che è confrontabile con il macellum di Pozzuoli di età flavia. Per la ricostruzione dei suoi elevati, fondamentale risulta una moneta di Nerone, un dupondio bronzeo del 64-66 d.c. che raffigura il macellum. Il bello della moneta è che non è simmetrica. Infatti sul lato destro e al livello superiore si vede il portico a due ordini, ma a sinistra un ponte arcuato si appoggia alla tholos centrale.
Il ponte serviva, evidentemente, per congiungere il primo piano della porticus al primo piano della tholos, particolare che in pianta non si coglie. Così l’intero monumento viene recuperato alla conoscenza con la porticus esterna, la doppia fila di stanze, la porticus interna, con spazi triangolari agli angoli: probabilmente quattro vasche. Al centro era la tholos di Nettuno, alla quale si accedeva tramite scalette.
L’aula centrale absidata e preceduta da colonne è desunta dal macellum di Pozzuoli. Era fiancheggiata da ambienti che sembrano magazzini con scale, mentre sul retro stanno due edifici a semicerchi, probabilmente due foricae o latrine, simili a quelle del foro Giulio, del teatro di Balbo e delle terme di Diocleziano, da non confondere con le biblioteche."
(Andrea Carandini)
FORUM ESQUILINUM o MACELLUM ESQUILINUM
Il Forum Esquilinum era il più antico e il più importante spazio commerciale dell'Esquilino nell'antichità, citato da Cicerone, ma di cui non è rimasta alcuna traccia. Appiano (bell. civ. 1.58), nel'attacco di Silla alla città di Roma nell'88 a.c.: quando già gli assedianti avevano occupato le mura e la Porta Esquilina, narra che i partigiani del generale Mario, asserragliati all'interno della città, resistettero a lungo trovando rifugio proprio nel Forum.
MACELLUM VIAE SACRAE
"La falda poi dell Esquilino dominante immediatamente la via Sacra originale fu destinata ne tempi più antichi a mercato che Forum Cupedinis e Macellum viae Sacrae si disse come apprendiamo da Varrone De Ling Lat lib IV S 146 152 il quale inoltre mostra che essendo stata in origine vestita di cornioli fu chiamata la contrada ad Corneta anche dopo che gli alberi vennero abbattuti.
VELABRUM
Il Velabro (in latino Velabrum) era un'area pianeggiante dell'antica città di Roma, situata tra il fiume Tevere e il Foro Romano, tra i colli del Campidoglio e del Palatino, contigua al Foro Boario e al vicus Tuscus, la via che partendo dal Foro Romano costeggiava le pendici del Palatino verso il Circo Massimo.
L'etimologia è incerta: Varrone la riferiva a vehere ("trasportare") o a velaturam facere ("traghettare"), mentre Sesto Pompeo Festo alla ventilazione del grano e Plutarco all'uso di coprire con vele il percorso del corteo trionfale, che comprendeva anche il Velabro.
Qui prosperarono le attività commerciali di banchieri e cambiavalute, ma anche legate al settore alimentare, mentre sul vicino vicus Tuscus erano presenti mercanti di stoffe e di abiti.
In epoca tardo antica al limite verso il Foro Boario sorse l'arco di Giano, identificato come l'arcus divi Constantini citato nel Velabro dai Cataloghi Regionari.
La zona mantenne la sua funzione commerciale fino al VI sec., quando una devastante alluvione del Tevere ricordata nel 589 dovette rialzare il livello del terreno seppellendo tutto. In seguito vi si insediarono istituzioni ecclesiastiche, come le chiese di San Teodoro e di San Giorgio in Velabro. Il suo nome venne all'epoca modificato in Velum Aureum e tale rimase per tutto il medioevo.
FORUM SALLUSTI e FORUM ADENOBARBI
Altri mercati simili furono stabiliti sul finire della republica da Sallustio e da Cneo Domizio Aenobarbo dinanzi i loro giardini alle falde del Pincio designati dai Regionari coi nomi di Forum Sallusti e Forum Adenobarbi.
BIBLIO
- A. Cristilli - "Macellum and Imperium. The relationship between the Roman State and the market-building construction" - in Analysis Archaeologica - 1 - 2015 -
- Cl. de Ruyt - "L'importance de Pouzzoles pour l'étude du macellum romain" - Puteoli - Anno I - 1977 - Napoli - 1978 -
- Cl. de Ruyt - Macellum. Marché alimentaire des romains - Louvain-la-Neuve - 1983 -
- Antonella Dosi - François Schnell - A tavola con i Romani antichi - Quasar - Roma - 1984 -
- M. Gaggiotti - "Considerazioni sulla 'punicità' del macellum romano" - L'Africa Romana - Anno VII - Roma - 1989 -
- James C. Anderson - Architettura e società romana - Baltimore - Johns Hopkins Univ. Stampa - a cura di Martin Henig - Oxford - Oxford Univ. - Comitato per l'archeologia - 1997 -
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