CULTO DI FIDES

FIDES PUBLICA

Catullo:
Alfeno, il traditore della fides
"O Alfeno, immemore e falso nei confronti di amici che erano con te un'anima sola, ormai non ti suscita alcuna pietà, crudele, il tuo piccolo dolce amico? Ormai, sleale, non esiti ad ingannarmi, tradirmi? Ed agli dei del cielo non piacciono le cattive azioni degli uomini che ingannano. Ma tu non te ne dai pensiero e mi abbandoni, me sventurato, nei mali. Ohimè, cosa dovrebbero fare - dimmi - gli uomini, o di chi dovrebbero fidarsi? Eppure proprio tu mi invitavi ad affidarti la mia anima, ingiusto, attirandomi nell'amicizia, come se per me fosse tutto sicuro. Tu stesso ora indietreggi e permetti che tutto quanto hai detto ed hai fatto se lo portino via, vano, i venti e le nuvole del cielo. Se tu ti sei dimenticato, tuttavia gli dei ricordano, si ricorda la Fides, che un giorno farà in modo che tu ti penta della tua azione."

Conosciuta come Fides Publica e Fides Publica Populi Romani è la più antica virtù in veste di Dea onorata a Roma. Fides era la Dea romana della lealtà e della fedeltà, soprattutto del cittadino, civile o militare, verso Roma come suolo patrio e al suo ordinamento, sia gerarchico che legislativo. I giuramenti presi nel nome di questa Dea erano considerati i più inviolabili tra tutti.

Tra gli antichi la fedeltà veniva di solito rappresentata da due mani congiunte o da due figure umane che si tenevano l’un l’altra per la mano destra. Orazio dice che la Fedeltà incorruttibile è sorella di Giustizia, mentre per Cicerone i due concetti sono identici. Egli afferma che quei principi di giustizia esercitati verso gli Dei  e verso i genitori (la Pietà), si dicono Fedeltà nel campo della fiducia (Justitia erga Deos religio, erga parentes pietas, - creditis in rebus fides nominatur. - Orat. 78).

Spesso veniva rappresentata coperta da un velo bianco, con le mani congiunte, accompagnata da un cane, oppure raffigurata con due donne che si tengono per mano. 

I Cristiani la rappresentavano seduta sopra un liocorno, condotto da un angelo e una vergine; perchè la castità, raffigurata nel liocorno, è sorretta dalla fede. 

I romani portavano spesso un anello come segno di fede dell'uomo libero, e non per ornamento, e in origine era lecito averne più di uno.

Della Dea si hanno le prime notizie nel III secolo a.c. quando le viene dedicato un tempio sul Campidoglio dal console Aulo Atilio Calatino, un politico e generale romano che combatté durante la Prima guerra punica. 

Eletto console nel 254 a.c., insieme a Gneo Cornelio Scipione Asina, espugnò Palermo insieme al collega, ma solo Asina ottenne il trionfo per cui è improbabile abbia dedicato il tempio in ringraziamento in questa occasione.

Invece dopo il disastro della battaglia di Trapani Aulo Atilio fu eletto dittatore e guidò un esercito in Sicilia. Forse in questa occasione votò, e fece erigere un tempio alla Speranza nel Foro Olitorio e uno alla Fede sul Campidoglio. Si suppone però che il tempio fosse ricostruito su un più antico santuario dedicato alla Dea medesima, e il fatto che fronteggiasse il tempio di Giove fa ritenere che il suo culto fosse più arcaico oltre che importantissimo.

L'antica Dea era stata naturalmente sottoposta a Giove, considerata come un aspetto del Dio che operava appunto nell'ambito di Giove Fidio garante dei patti fra popoli (foedera), e di Termine (garante dei confini).
Infatti secondo la tradizione il suo culto fu stabilito dal re Numa Pompilio, il secondo re di Roma. Il commentarius Numae (commentario di Numa) o liber Numae (libro di Numa) o Liber commentarii regii (Libro commentari regio) è un'opera non si sa se vera o inventata in cui dovevano essere raccolte le leges regiae, compresa la venerazione agli Dei, attribuite al re Numa Pompilio e di Romolo raccolte dallo stesso Numa. Quest'opera non ci è pervenuta.

Nel suo tempio sul Campidoglio venivano custoditi i trattati stipulati dal Senato romano con i regni stranieri in modo che la Dea potesse proteggerli, ma soprattutto dava un senso di sacralità ai contratti stipulati da Roma, sia nel rispettarli che nel farli rispettare.



L'IMMAGINE

GALERIUS FIDELIS AQUILEA
Fides era raffigurata come una vecchia dai capelli bianchi, più vecchia dello stesso Giove, probabilmente in quanto antica Dea nell'aspetto di vegliarda, cioè di colei che guidava il popolo, che faceva rispettare le leggi e che puniva gli infedeli e gli spergiuri. Altre volte invece, come in una moneta di Licinius Nerva, governatore della Macedonia, appariva una giovane donna col capo coronato d'alloro.

Altre volte invece aveva il capo coronato di spighe o di papaveri, con accanto una patera, o un cestino o una cornucopia. altre volte ancora è in piedi che brandisce le insegne romane. Da alcuni è descritta come Vergine casta, forse a emblema della sua incorruttibilità.



I SACRIFICI

Alla Dea venivano offerti sacrifici con la mano destra avvolta in un panno bianco e nel suo tempio si sacrificava solennemente il primo d'ottobre. Il sacrificio veniva compiuto dai Flamini, forse dai tre Flamini maggiori: i sacerdoti di Giove, Marte e Quirino che si recavano al tempio su una biga coperta. La mano destra era coperta perchè considerata consacrata alla Fides, ovvero alla fedeltà, una specie di guanto bianco a garanzia di purezza e lealtà..

Mucius Scaevola, che perse la sua mano destra per una promessa non mantenuta, quella di istigare i romani a non recedere dalla battaglia, sia pure per spirito patriottico, è l'illustrazione di questa mitica fede. Il rito con la mano coperta è attestato anche in Umbria connesso al Dio Fisu Sakio, che era la copia del Dius Fidius. A Roma invece fidius era un aspetto di Jupiter che veniva onorato in realtà per onorare la Fides. Il giuramento era sostenuto come oggi dalla mano destra alzata, e come la mano sinistra cara ad Iside era la mano del cuore e dei sentimenti, quella destra è la mano della razionalità che assume e mantiene impegni nel sociale, è la mano della legge.

Il suo culto venne abbandonato per buona parte del I sec. a.c. ma venne probabilmente restaurato da Augusto, così attaccato agli antichi culti, e c'è da aspettarsi che da qualche parte venga fuori la Fides Augusta, come si sono trovate l'Equitas Augusta, la Felicitas Augusta, la Concordia Augusta, la Salus Augusta, la Fortuna Augusta, la Spes Augusta e la Pax Augusta. Divenne una divinità importante soprattutto per gli imperatori che volevano assicurarsi, celebrandola, la fides militum, la lealtà dei soldati.



IL TEMPIO

GALERIUS FIDELIS TICINUM
Il tempio di Fides, ricostruito dal console nel 115 a.c. Marco Emilio Scauro, venne dedicato nel 109 a.c.. Con la sua misura ipotizzata di 20 x 30-35 m ca., esso si poneva tra gli edifici sacri più importanti di Roma tardo-repubblicana. Era un tempio forse prostilo esastilo, con cella assai più sviluppata rispetto al pronao, decorata con colonne a risalto e nicchie. 
Al suo interno era la statua di culto della Dea, anch’essa stante, forse con una cornucopia in mano. Dai frammenti superstiti si può ricostruire un colosso di sei metri circa di altezza, quindi pari a tre volte e mezzo il vero: una misura imponente, ma non audace rispetto ad un tempio che, con le colonne alte tra i 10 e i 13 m circa, doveva avere una cella di pari altezza.

Il tempio, eretto in area Capitolina, sulla sommità del colle, probabilmente sul bordo meridionale di questa, era posto molto vicino al tempio di Opi, Dea della fertilità e della abbondanza. Come a creare un connubio tra Fides e prosperità. La sua importanza era incalcolabile, poichè, come Iside egizia era la Dea della mano sinistra e di tutto ciò che era connesso alla gestualità e le azioni di questa mano, Fides era la Dea della mano destra, e di tutto ciò che era connesso alla gestualità e le azioni di questa mano.
Per la Dea non venivano compiuti sacrifici di animali, e nessun sangue era versato. I sacerdoti celebranti erano vestiti in bianco, e venivano condotti in pompa magna, su carri, al luogo del sacrificio, con l’intero corpo e le mani avvolte negli ampi mantelli. 

Il suo tempio, visibile da molte parti di Roma, garantiva la fedeltà ai contratti, alle transazioni e alle promesse dei cittadini romani tra loro e tra i cittadini romani e i popoli stranieri. Trattati e documenti militari venivano scolpiti su tavole affisse sulle pareti del tempio fino alla fine del I sec. d.c. Le molte rappresentazioni di Fides sulle monete dimostrano che il suo culto si protrasse anche oltre il I sec. d.c

La Bona Fides era il presupposto per ogni contratto ma pure per una promessa, che riguardasse un'amicizia o una promessa di matrimonio. Non a caso la legge attuale tiene ancora conto della salvaguardia, nei contratti, dei terzi "in buona fede".



PREGHIERA A FIDES IOVIA (dalle tavole iguvine)

Dai alla rocca Fida e alla città di Gubbio, 
ai bipedi e ai quadrupedi della rocca Fida 
e della città di Gubbio un presagio e un fatto, davanti e dietro, sepsesarsite nel voto 
nell’augurio e nel sacrificio. 
Sii propizia, sii favorevole (futu fons) con la tua pace alla rocca Fida e alla città di Gubbio, 
al nome di questa e al nome di quella. 
Fides Giovia Che Sancisci, conserva salvo 
il nome della rocca Fida e della città di Gubbio, conserva salvi i veterani e il clero, gli uomini e le bestie, i poderi e le messi; sii propizia, sii favorevole (futu fons), con la tua pace, alla rocca Fida e alla città di Gubbio, al nome di questa e al nome di quella….” (VIb 10-14).

Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE


BIBLIO

- Jean Bayet - La religione romana - Paris - 1971 -
- Quinto Fabio Pittore - Annales -
- Carlo Prandi - Mito in Dizionario delle religioni - a cura di Giovanni Filoramo - Torino - Einaudi - 1993 -
- Santiago Montero - Sabino Perea (a cura di) - Romana religio = Religio romanorum: diccionario bibliográfico de Religión Romana - Madrid - Servicio de publicaciones - Universidad Complutense - 1999 -
- R. Bloch - La religione romana - Le religioni del mondo classico - Laterza - Bari - 1993 -

1 commento:

  1. la chiesa ha le virtù teologali: fede speranza carità.
    Roma aveva fede speranza onore, preferisco questa, visto che oggi manca totalmente l'onore.

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