Le tavole eugubine, uno dei più grandi testi dell’antichità classica, raccontano come gli Umbri fossero organizzati in città stato federate tra loro con un forte senso delle cerimonie rituali che perpetuarono nella tradizione etrusca e latina.
Dopo la guerra di Perugia, nel 41 a.c., Ottaviano si impadronì, devastandola, della città rimasta fedele a Marco Antonio. Divenuta a più miti consigli venne riedificata per volere dei romani e alla foggia romana, divenendo uncentro importante, anche per la sua ubicazione, cosicchè in età imperiale Augusto le concesse i bagni del Clitunno (nei pressi di Spoleto) e Civitella d'Arno (presso Perugia); quindi la fece fortificare e cingere di mura.
Agli inizi del sec. IV d.c. Costantino I, ovvero Flavio Valerio Aurelio Costantino, le cambiò il nome in Flavia Costans, cioè le dette il suo nome concedendole vari privilegi.
Tra questi, l‘imperatore le conferì il privilegio di organizzare i giochi e le manifestazioni religiose e pagane fino ad allora tenutisi a Fanum Voltumnae, il luogo sacro della Dodecapoli etrusca.
Nell'anno 330 d.c. infatti un Rescritto di Costantino I, oggi conservato in una sala comunale, concesse agli umbri della zona di costruire uno speciale tempio dedicato alla Gens Flavia , quindi a divinizzare la sua gens, a cui tra l'altro l'imperatore aveva fatto erigere diversi templi, di cui uno a Roma e uno a Leptis Magna.
Gli Umbri e gli Etruschi, ormai confederati nelle associazioni sacrali, celebravano a Flavia Costans le feste annuali.
La donazione del Clitunno è testimoniata in una lettera di Plinio il Giovane all'amico Romano che, dopo aver decantato le bellezze della Fontana Clitumnia, riferisce che il luogo era stato donato agli Ispellati dallo stesso Augusto e che vi erano ubicate diverse ville e numerose iscrizioni in onore della "fontana" e della "deità ".
Hispellum infatti faceva parte, insieme a Spoletium, Asisium, Mevania, Ameria ecc.- della VI Regio Umbria che includendo anche l'"ager gallicus " arrivava all'Adriatico mentre l'antica Perusia era invece nella VII Regio Etruria insieme a tutti i centri di origine etrusca.
I RESTI ROMANI
Spello, oltre all' impianto urbano romano, conserva diversi interessanti reperti: la porta consolare, l'arco di Augusto in via Giulia, il bel complesso di porta Venere con due torri (dette di Properzio), le porte "urbica" ed "arce", resti dell'anfiteatro romano ma anche del Foro, delle antiche mura, di varie evidenze negli spazi di Villa Fidelia e di molto di più se si desse più importanza agli scavi.
E' poi del 2005 la scoperta dei resti di una villa con splendidi mosaici in località Sant'Anna, a poca distanza dalla porta consolare.
Nello specifico sono stati individuati diversi ambienti di un edificio di epoca tardo imperiale che probabilmente aveva anche destinazione rurale. I mosaici hanno un'estensione di circa 360 mq ed in genere vi sono rappresentati animali della vicina zona del Subasio, disegni geometrici, uccelli, fiori ecc.
RESTI DELLA PORTA CONSOLARE |
La villa fu probabilmente costruita fra la fine del III e l'inizio del IV secolo ed è facile che vi abbiano lavorato anche maestranze esperte provenienti da Roma.
L'arrivo del Cristianesimo, nonchè le invasioni barbariche già intorno al 450 d.c. determinarono la decadenza di Spello che venne distrutta dei suoi templi e dei suoi edifici per cambiarne l'aspetto da pagano a cristiano.
Fra gli edifici di culto i più visitati sono: la chiesa di Santa Maria Maggiore, costruita fra i secoli XII-XIII, saccheggiando come era l'uso i vari resti romani. Anche la chiesa San Claudio, in stile romanico, venne costruita su resti romani (forse su un cimitero paleocristiano).
LE MURA
La visita di Spello inizia dalla sua parte più bassa, meridionale, ancora cinta dalle Mura Romane ben conservate, Sono realizzate in epoca augustea, con tecnica in opera “vittata” con piccoli blocchi di calcare locale nelle quali si aprono, 5 porte e alcune Posterule. Sulla Via Roma si apre la Porta Urbica, ribattezzata di S.Ventura, sostenuta da pilastri e coronata da un timpano.
Sulla Piazza del Mercato si apre invece la grandiosa Porta Consolare, del I sec. a.c., con un arco centrale e due più piccoli laterali. che costituiva il principale accesso alla città antica, costruita con grandi blocchi di calcare del Subasio connessi a secco.
Sul fronte esterno rialzato vennero sistemate in epoca rinascimentale tre statue funerarie provenienti dai dintorni.Il livello rialzato della strada ne ne copre purtroppo una considerevole parte. Le tre statue sulla facciata furono aggiunte nel XVI secolo; si tratta di ritrovamenti dell‘area dell‘anfiteatro.
La Porta Venere (in via Torri di Properzio) è un arco a tre fornici, difesa lateralmente da due torri dodecagone, restaurata nei primi decenni del XX secolo. Era collegata alla Porta Urbica tramite un criptoportico che seguiva il tracciato interno delle mura.
L’arco di Augusto (in via Giulia) conserva solo il piedritto sinistro e i pilastri laterali con l‘attaccatura dell‘arco, con resti di iscrizione.
L'ARCO
La Porta dei Cappuccini (sulla via omonima), anticamente, metteva in comunicazione la parte alta della città con il monte Subasio.
Posta nel punto più alto della cittadina, veniva chiusa a saracinesca, nota anche come Porta dell’Arce e Porta dei Cappuccini, per la vicinanza con la rocca di Federico Barbarossa e con il convento dei Cappuccini di S. Severino.
Probabilmente risale al periodo preaugusteo, ad un solo fornice e con fenditura mediana per la cateratta è giunta fino a noi parzialmente interrata, la soglia infatti si trova circa 1m sotto il livello stradale. Conserva solo l’estradosso dell’arco e i piedritti.
IL FORO
Tra Piazza S.Andrea e Piazza della Repubblica è conservato per tutto il tratto il muro di terrazzamento in opera quadrata, di calcare locale, che delimita e sostiene il lato orientale del foro della città romana.
RESTI DEL FORO |
Continuando per Via Giulia, che segue il limite della cerchia di mura romane, si passa accanto all‘Arco di Augusto.
Dal Belvedere si scende verso la seconda porta monumentale romana, la Porta Venere, che prende il suo nome dalla sua ubicazione in direzione di un tempio di Venere, che si pensa si sia trovato nell‘area della Villa Fidelia.
L'ANFITEATRO
Uscendo da Porta Venere, si può raggiungere l‘Anfiteatro, del quale non rimangono che parti del podio e del corridoio. Costruito nel I sec. d.c., in opera “vittata” con blocchetti di calcare e nucleo interno in opera cementizia.
La sua datazione si è desunta da una iscrizione di marmo bianco ritrovata nel corso di alcuni sondaggi, dove sembrerebbe essere indicato il probabile committente dell’opera, su un’area interessata in antico da numerosi edifici sacri, posti lungo la strada che collegava la vicina Flaminia con i centri interni di Asisium, Arna e Perusia, e che ancora fino al secolo XVIII ospitava pellegrinaggi ed importanti raduni fieristici. Poco lontano si trova la Chiesa di S. Claudio, una chiesa romanica del XII sec., sorta sopra alle strutture romane, con l'altare costituito da un sarcofago romano.
Tra la fine del sec. XVIII e l’inizio del XIX, iniziarono dei lavori di sterro dell’anfiteatro, sia per scoprire l’antica struttura che (sig) per recuperare materiale da destinare a massicciate stradali.
L’anfiteatro è tornato ad essere oggetto di scavo archeologico negli anni 1957-1958 e, fino a qualche anno fa, ha occasionalmente ospitato manifestazioni e festeggiamenti.
Ora la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria ne ha vietato la visita e vincolato qualsiasi utilizzo, ma senza procedere ad alcun lavoro.
L'anfiteatro è uno dei capolavori di Spello, testimone del periodo glorioso della Colonia Julia, ma in stato di abbandono. Conserva ancora intatto il suo aspetto nella sola e visibile forma ellittica e sulla destra, rispetto all’accesso da via Centrale Umbra, sono riemersi grossi blocchi di bugnato che sostenevano parte del podium, resti del corridoio che portava alla cavea, ed ambienti di servizio dell’arena, tra cui l’ambulacro.
All'esterno l’anfiteatro era ornato da pilastri con colonne semicircolari a righe bianche e rosa, i cui resti sono stati portati alla luce nel lato occidentale. Ancora visibili sono gli accenni di gradinate e tratti dell’originale pavimentazione, oltre ai resti di mura in opus vittatum (ricorsi di blocchetti quadrangolari sulla facciavista con nucleo interno in malta a calcestruzzo).
L’intera struttura in origine era di notevoli dimensioni: l’altezza era di 16 m circa con due ordini di gradinate, l’asse maggiore dell’ellisse era di 59.20 m, e quello minore di 35.52 m. Numerose le epigrafi rinvenute in loco.
VILLA FIDELIA
Proseguendo oltre, si giunge alla Villa Fidelia (o Costanzi), costruita nel XVI sec. purtroppo in un‘area dedicata a templi e terme, delle quali rimangono solo le sostruzioni per i terazzamenti.
Vi furono trovati una statua di Venere e l‘epigrafe dei privilegi conferiti da Costantino alla città.
VILLA FIDELIA
Proseguendo oltre, si giunge alla Villa Fidelia (o Costanzi), costruita nel XVI sec. purtroppo in un‘area dedicata a templi e terme, delle quali rimangono solo le sostruzioni per i terazzamenti.
Vi furono trovati una statua di Venere e l‘epigrafe dei privilegi conferiti da Costantino alla città.
La villa, circondata da un giardino all'italiana, fu ristrutturata nel XVIII sec. e ancora all‘inizio del secolo.
L’area dell’attuale Villa Fidelia fu utilizzata in epoca augustea per l’edificazione di un grandioso santuario.
L’area dell’attuale Villa Fidelia fu utilizzata in epoca augustea per l’edificazione di un grandioso santuario.
Del complesso sono attualmente visibili due lunghi terrazzamenti: il muro inferiore conserva buona parte del paramento.
Del muro superiore rimane solo la parte interna in opera cementizia e i residui della scala, attualmente chiusa, che portava alla terrazza superiore. Nella parte originaria della villa era il tempio di cui rimangono solo pochi resti.
La Casa romana, risalente al I secolo d. c.: già restaurata nel II secolo, fu riportata alla luce nel 1885 grazie agli scavi eseguiti sotto il Municipio.
L’iscrizione presente sulle mura dell’edificio fa ritenere che lo stesso fosse di proprietà di Vespasia Polla (madre di Vespasiano).
Del muro superiore rimane solo la parte interna in opera cementizia e i residui della scala, attualmente chiusa, che portava alla terrazza superiore. Nella parte originaria della villa era il tempio di cui rimangono solo pochi resti.
La Casa romana, risalente al I secolo d. c.: già restaurata nel II secolo, fu riportata alla luce nel 1885 grazie agli scavi eseguiti sotto il Municipio.
L’iscrizione presente sulle mura dell’edificio fa ritenere che lo stesso fosse di proprietà di Vespasia Polla (madre di Vespasiano).
Sono ancora ben visibili l'atrio con la pavimentazione originaria a mosaico a tessere bianche e nere, l’impluvium, decorato con un mosaico ad onda, le quattro stanze laterali all'atrio e il grande ambiente in cui si svolgevano le riunioni familiari, con il triclinio sul lato destro e il peristilio a sinistra.
Percorrendo la strada di Porta Venere verso Assisi, superata la chiesa di S.Claudio, si giunge ad una area pubblica, a carattere sacro, con anfiteatro, teatro e tempio.
Del teatro, andato distrutto all’inizio del XX secolo, è visibile attualmente solo il nucleo interno di un pilastro.
Da qui proviene il rescritto costantiniano (attualmente presso il Palazzo Comunale), un’iscrizione latina del IV sec.d.c. che documenta la costruzione di un nuovo tempio in onore di Costantino sull’area dell’antico complesso sacro, che venne riorganizzato in questo periodo.
L’area dell’attuale Villa Fidelia fu utilizzata in epoca augustea per l’edificazione di un grandioso santuario. Del complesso sono attualmente visibili due lunghi terrazzamenti: il muro inferiore conserva buona parte del paramento. Del muro superiore rimane solo la parte interna in opera cementizia e i residui della scala, attualmente chiusa, che portava alla terrazza superiore. Nella parte originaria della villa era il tempio di cui rimangono solo pochi resti.
VILLA ROMANA
Nel luglio del 2005, appena fuori dalle mura, sono venuti alla luce resti di un grande complesso monumentale comprendente sette ambienti, probabilmente relativi al corpo centrale di una villa o di un edificio pubblico di età tardo imperiale.
Un primo ambiente conserva quasi integralmente la pavimentazione a mosaico in tre colori (bianco, rosa e nero), a raffigurazioni geometriche.
In un secondo ambiente sono conservati la pavimentazione, anch'essa in mosaico policromo, e resti delle pareti affrescate policrome.
La pavimentazione per circa 140 mq presenta una decorazione a scansione modulare correntemente denominata "a cuscini" con rappresentazioni a carattere zoomorfo ed antropomorfo.
All'interno dei cuscini ovali sono rappresentate figure di animali selvatici (pantera, cervo, cinghiale, anatra etc.) e fantastici.
Al centro dell'ambiente emerge una scena di mescita con due figure maschili, nude, di profilo.
Il personaggio a sinistra sorregge sulle spalle un’anfora dalla quale versa il vino in una coppa sorretta dal personaggio di destra; il vino ricadente dal bicchiere è raccolto in un cratere poggiato a terra.
Altri personaggi, realizzati sempre con tessere nere, sono disposti simmetricamente con in mano elementi vegetali o attributi legati all'agricoltura, sembra raffiguranti le quattro stagioni.
Un terzo ambiente presenta una pavimentazione geometrica con tessere più grandi. Si tratta con molta probabilità del peristilio di cui si conosce l'intera lunghezza di m 24,50x5.
La fluidità del disegno e la resa cromatica, soprattutto dell'ambiente più grande, testimoniano l'alta qualità tecnica della bottega, le cui maestranze potrebbero venire da Roma per rispondere all'esigenza di un committente particolarmente facoltoso se non di una specifica collocazione sociale.
La villa può essere datata agli inizi del IV sec. d.c., verso cui sembrerebbero indirizzare anche i materiali restituiti dallo scavo.
Il quarto ambiente (ad est della grande sala) ha una decorazione geometrica ad ottagoni al centro dei quali sono posti vari volatili, molto raffinati nell'esecuzione, con frammenti di stucchi ad ovuli ed intonaco rosso e azzurro.
Il quinto ambiente presenta solo una piccola parte di decorazione musiva costituita da una cornice.
Un sesto ambiente, ad ovest della grande sala, ha per decorazione una serie di fasce sinusoidi bianche con rombi ossidi.
L'ultimo ambiente reca infine un tappeto musivo con la raffigurazione del sole al centro, circondato da un ottagono con trecce e fiori; nel bordo ad est un intreccio di nastri. La superficie musiva finora scoperta si estende per 360 mq circa.
BIBLIO
- Simonetta Stopponi - La media valle del Tevere fra Etruschi ed Umbri - in Filippo Coarelli - Helen Patterson (a cura di) - Mercator placidissimus - The Tiber valley in antiquity, New research in the upper and middle river valley - Roma - Ed. Quasar - 2009 -
Percorrendo la strada di Porta Venere verso Assisi, superata la chiesa di S.Claudio, si giunge ad una area pubblica, a carattere sacro, con anfiteatro, teatro e tempio.
Del teatro, andato distrutto all’inizio del XX secolo, è visibile attualmente solo il nucleo interno di un pilastro.
Da qui proviene il rescritto costantiniano (attualmente presso il Palazzo Comunale), un’iscrizione latina del IV sec.d.c. che documenta la costruzione di un nuovo tempio in onore di Costantino sull’area dell’antico complesso sacro, che venne riorganizzato in questo periodo.
L’area dell’attuale Villa Fidelia fu utilizzata in epoca augustea per l’edificazione di un grandioso santuario. Del complesso sono attualmente visibili due lunghi terrazzamenti: il muro inferiore conserva buona parte del paramento. Del muro superiore rimane solo la parte interna in opera cementizia e i residui della scala, attualmente chiusa, che portava alla terrazza superiore. Nella parte originaria della villa era il tempio di cui rimangono solo pochi resti.
VILLA ROMANA
Nel luglio del 2005, appena fuori dalle mura, sono venuti alla luce resti di un grande complesso monumentale comprendente sette ambienti, probabilmente relativi al corpo centrale di una villa o di un edificio pubblico di età tardo imperiale.
Un primo ambiente conserva quasi integralmente la pavimentazione a mosaico in tre colori (bianco, rosa e nero), a raffigurazioni geometriche.
In un secondo ambiente sono conservati la pavimentazione, anch'essa in mosaico policromo, e resti delle pareti affrescate policrome.
La pavimentazione per circa 140 mq presenta una decorazione a scansione modulare correntemente denominata "a cuscini" con rappresentazioni a carattere zoomorfo ed antropomorfo.
All'interno dei cuscini ovali sono rappresentate figure di animali selvatici (pantera, cervo, cinghiale, anatra etc.) e fantastici.
Al centro dell'ambiente emerge una scena di mescita con due figure maschili, nude, di profilo.
Il personaggio a sinistra sorregge sulle spalle un’anfora dalla quale versa il vino in una coppa sorretta dal personaggio di destra; il vino ricadente dal bicchiere è raccolto in un cratere poggiato a terra.
Altri personaggi, realizzati sempre con tessere nere, sono disposti simmetricamente con in mano elementi vegetali o attributi legati all'agricoltura, sembra raffiguranti le quattro stagioni.
Un terzo ambiente presenta una pavimentazione geometrica con tessere più grandi. Si tratta con molta probabilità del peristilio di cui si conosce l'intera lunghezza di m 24,50x5.
La fluidità del disegno e la resa cromatica, soprattutto dell'ambiente più grande, testimoniano l'alta qualità tecnica della bottega, le cui maestranze potrebbero venire da Roma per rispondere all'esigenza di un committente particolarmente facoltoso se non di una specifica collocazione sociale.
La villa può essere datata agli inizi del IV sec. d.c., verso cui sembrerebbero indirizzare anche i materiali restituiti dallo scavo.
Il quarto ambiente (ad est della grande sala) ha una decorazione geometrica ad ottagoni al centro dei quali sono posti vari volatili, molto raffinati nell'esecuzione, con frammenti di stucchi ad ovuli ed intonaco rosso e azzurro.
Il quinto ambiente presenta solo una piccola parte di decorazione musiva costituita da una cornice.
Un sesto ambiente, ad ovest della grande sala, ha per decorazione una serie di fasce sinusoidi bianche con rombi ossidi.
L'ultimo ambiente reca infine un tappeto musivo con la raffigurazione del sole al centro, circondato da un ottagono con trecce e fiori; nel bordo ad est un intreccio di nastri. La superficie musiva finora scoperta si estende per 360 mq circa.
BIBLIO
- Simonetta Stopponi - La media valle del Tevere fra Etruschi ed Umbri - in Filippo Coarelli - Helen Patterson (a cura di) - Mercator placidissimus - The Tiber valley in antiquity, New research in the upper and middle river valley - Roma - Ed. Quasar - 2009 -
- Lorenzo Braccesi - Hellenikòs Kolpos: supplemento a Grecità adriatica - L'Erma di Bretschneider - 2001 -
- Delia G. Lollini - La civiltà picena in Popoli e civiltà dell'Italia antica - Roma - Biblioteca di Storia Patria - 1976 -
- Augusto Ancillotti, Romolo Cerri - La civiltà degli Umbri - Edizioni Jama - Perugia - 1996 -
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