Si calcola che oltre l’80% della produzione letteraria della classicità greca e romana, incluse opere di enorme valore scientifico, geografico, umanistico e religioso, sia andato irrimediabilmente perduto, a causa delle spietate persecuzioni, da parte degli Imperatori cristiani succedutisi da Costantino in poi, di tutto ciò che era riconducibile alla cultura “pagana”, distruzione e abbattimento dei Templi, roghi di biblioteche, incendi, saccheggi, devastazioni e invasioni barbariche che distrussero un immenso patrimonio culturale dell’antichità.
Ciò che si è salvato, è quello che la Chiesa tentò a più riprese di fare “proprie”, incardinando su di esse i fondamenti di alcuni suoi dogmi o della sua dottrina. Ciò che si salvò da questa Chiesa intollerante, sempre più impegnata a combattere le proprie eresie interne, fu dovuto principalmente all’azione e all’operato di alcuni ordini monastici dove sorsero molti circoli e cenacoli intellettuali che ritennero più sicuro sopravvivere all’interno della Chiesa che al di fuori di essa.
Circoli e cenacoli intellettuali pre-cristiane, nella quiete dei monasteri, riuscirono a sopravvivere e prosperare, rendendosi artefici del salvataggio e della meticolosa ricopiatura di un vastissimo numero di testi classici che altrimenti sarebbero andati perduti per sempre.
Così, luoghi come Hersfeld, Fulda, Cluny, Saint Dié des Vosges, Montecassino, Camaldoli e molti altri, divennero dei luminosi fari di cultura e di conoscenza nel contesto della Chiesa, ma anche nonostante la Chiesa. Le gerarchie vaticane medioevali, tranne rarissime eccezioni, vedevano questi resti pagani come una minaccia al loro potere, sia politico che “spirituale”.
" Risulta evidente come il mondo classico fosse molto più tollerante di quanto comunemente si pensi e come i primi cristiani, o almeno molti fra loro, fossero molto più intolleranti e - più spesso di quanto ci si aspetterebbe - violenti. L'autrice ci guida nel corso dei secoli cruciali della tarda Antichità, portandoci ad Alessandria, Roma, Costantinopoli e Atene, mostrandoci torme minacciose di fanatici incitati da personaggi che non di rado in seguito saranno chiamati santi.
La distruzione di Palmira, il linciaggio della filosofa neoplatonica Ipazia, la chiusura definitiva della millenaria Accademia ateniese e una quantità di altri episodi mostrano un volto nuovo e inaspettato di quei tempi difficili. Quando infine il cristianesimo divenne religione di Stato nell'impero, le leggi finirono l'opera di rimozione della cultura classica, imponendo a tutti la conversione al nuovo credo e condannando all'oblio gran parte della raffinata e antichissima cultura greco-romana.
Si aprirono così, di fatto, le porte al millennio oscuro del Medioevo. Sono innumerevoli le opere che abbiamo perduto per sempre a causa del fanatismo profondo che animò quel periodo: magnifiche statue fatte a pezzi, roghi pubblici di libri, templi devastati, bassorilievi divelti, palazzi rasi al suolo.
Dal punto di vista cristiano fu il periodo del «trionfo», ma per chi desiderava restare fedele agli antichi culti pagani e allo stile di vita tradizionale fu invece una sconfitta definitiva, al punto che lo scontro frontale tra la cristianità e il mondo classico che risuona in queste pagine non può non richiamare, fatalmente, le cronache dell'odierno Medio Oriente. La storica e giornalista Catherine Nixey ci regala un libro che scuote le coscienze e rovescia le prospettive mentre racconta un trionfo di crudeltà, violenze, dogmatismo e fanatismo là dove non pensavamo esistesse. "
L'unica trascrizione riguardava testi sacri, martirologia, agiografia e tutto ciò che si riferiva alla Chiesa, e questo lavoro fu affidato soprattutto ai monaci, che non chiedevano compenso, facendo il loro lavoro parte dell'obbedienza.
Il monaco copista trascriveva i testi in silenzio, interrompendo il suo lavoro solo per le preghiere; a volte era aiutato da un altro confratello che, mentre dettava, controllava eventuali errori del testo.
La quasi totalità dei libri salvati erano pertanto quelli conservati per scrivervi sui bordi gli studi sui metalli, una primitiva chimica detta alchimia, o delle preghiere o delle ricette da cucina, Poi i frati si accorsero che pubblicare i libri introvabili poteva essere molto redditizio, per esempio un nobile alla metà del 1300 pagò per un antico libro 200 pecore, più una gran quantità di grano e segale.
Inoltre presso le università, gli allievi copiavano, traducevano e miniavano molti codici, veri e propri libri di testo, per potersi mantenere nei propri studi. Purtroppo molti testi vennero modificati per farli aderire al credo cristiano e molti vennero tagliati e censurati.
Inoltre l'arte romana, abbattuta dal cristianesimo in una furia talebanica per tutto l'impero, cominciava ad essere valutata dai più istruiti, così dall'estero vennero a cercare tesori a Roma, dove la chiesa li usò talvolta come merce di scambio. Così i palazzi degli ecclesiasti e dei nobili iniziarono l'incetta di opere d'arte dando luogo a vere e proprie collezioni, che spesso cambiava di mano col volgere delle fortune. A Roma c'era una vera reggia con un re e i suoi cortigiani, il re era il papa e i cortigiani i cardinali. Poichè la corsa al papato era sfrenata, le famiglie nobili avevano tutte i loro bravi cardinali che si schieravano con un casata o l'altra, comprando e vendendo voti. In questa situazione sorsero a Roma i Musei capitolini.
Per taluni altri marmi, descritti dal Giocondo sulla fine del '400, manca ogni testimonianza cronologica. Il museo comprendeva i bronzi già lateranensi, la mano col globo detta « palla Sansonis », la Zingara o Camillo, il fanciullo che si cava la spina, la « lupa mater Romanorum », la testa colossale di Domiziano, e l'Ercole Vittore del foro boario.
"Sono hoggi in piedi delle imagini antiche in Campidoglio, dinanzi alla casa de' Conservadorj
- una lupa di rame con Romolo e Remo, edificatori di Roma ....
- È ancora in piedi sotto al portico una grande Testa di rame che, secondo ch'é dicono, è quella di Commodo con una mano et con un piede, et simigliantemente due grandissime statue di marmo, che, secondo si può per coniettura comprendere, l' uno rappresenta il Nilo, et 1' altro il Tigre . .
- Veggonvisi ancora alcun quadro di figurette di marmo, murate in una di quelle facciate, che sono di L. Vero Antonino quando egli trionfò de' Parti . . . levate poco fa del tempio di santa Martina, che è a canto à Marforio.
- Nella sala di sopra subito si rappresenta à gli occhi la statua di Leone X di marmo ...
- et più addentro, ove i Conservatori danno udienza, vi sono due statue di bronzo, che rappresentano dui giovani (la Zingara e il Fanciullo dalla spina) . . .
- Vedonsi ancora alcune statue di marmo non molto grandi ma guaste e rotte, poste dentro à luoghi loro.
- È ancora dipinto nuovamente nel muro i gesti et i trionfi de' sette re di Roma,
- et nell' altra parte del Campidoglio inverso occidente non si vede altro se non rovine et rotture de monti ..."
LETTERA DI RAFFAELLO
LE COSE ANDARONO COSI'
La più antica memoria di trasporti di marmi da Roma a terre lontane è del tempo di Teodorico, e concerne le colonne della Domus Pinciana spedite a Ravenna. Con l'avvento del criistianesimo cade infatti l'amore per l'arte romana e per Roma.
Il Branca narra questo fatto per incitare il Consiglio alla difesa delle patrie antichità "que Urbe et decorant, et ab externis ad ea venientibus veneratione summa inspiciuntur ". Da ogni parte d'Europa giungono stranieri per mirare i resti della grande romanità, di essi si scrivono libri definendoli "LE MIRACHOLE DE ROMA" e i romani le distruggono ogni giorno di più.
LICENZA DI SCAVARE
1525, 12 gennaro. Il camerlengo Francesco Armellini Medici concede « dilecto in Xpo Jacobo Roman fossori teuertinor. aliorumq. lapidum marmoreor. » licenza di scavare per un anno dovunque meglio gli piaccia, purché non leda gli interessi de' privati - nec aliqua Ruina presertim circa loca anticaglie nuncupata causet » e... somministri il terzo alla Camera, cioè alla Chiesa, (A. S. V. Divers. tomo LXXIV, e. 165'). E' come la licenza di uccidere, purchè non dia grane ai principi romani, ma può demolire qualsiasi monumento.
IN TELLURE PORTOGALLO - 1550, 6 gennaio. R. IV. Tommaso Cosciari loca a Lucrezio Corvini parte delle rovine della Domus aurea, nel sito dell'Orto delle Mendicanti. Così ciò che resta della Domus Aurea può essere con calma scavato e spogliato.
« Idest quoddam discopertum sive hortiim semidevastatum cum putheo sive conserba aquarum in eo existente. ac cimi griptis sive voltis antiquis intrantibus subtiis vineam R. p. d. 1 andini.. Vrbe in regione montium in loco vulgariter dicto Portogallo Cui discoperto sive hoito ab uno latore versus colleseum et supra
est vinca...».
1563 - La vigna o villa Mattei occupava l'altipiano del Cespio, tra s. Pietro in Vincoli la via della Polveriera e la via del Colosseo, altipiano oggi tagliato dalla nuova via de' Serpenti, e coperto in gran parte dalla scuola municipale Vittorino da Feltro. Di questa scoperta parla il Florent « La spira di sotto e delle colonne dell'ordine composito del portico del tempio di Tellure tolta et guasta dalle reliquie che a questi di sono
cavate di sotto terra havante alla piazza di Torre de' Conti... le colonne erano di marmo bianco pentellico ». Questo ricordo del Ligorio si riferisce probabilmente agli scavi eseguiti in Tellure al tempio di Pio IV per la ricerca di materiali destinati alla costruzione della porta Pia.
1514, settembre. Una lettera di Filippo Strozzi a Giovanni di Poppi, scritta da Roma, dà notizia del ritrovamento di certe statue, che il Brunn ha riconosciuto essere copie, minori del vero, di quelle donate da Attalo I agli Ateniesi. Filippo prega il suo corrispondente di dire al cognato Lorenzo de Medici "che sua madre è la più fortunata donna mai fusse, che li danari che da per dio li fruttono più perchè se li prestassi a usura: et questo perchè murando a certe monache una cantina vi hanno trovate sino a questo di circa a 5 figure sì belle quante ne sien altre in Roma. Sono di marmo, di statura manco che naturale, e sono tutti chi morti et chi feriti, pure separati. Evi chi tiene che sian la historia delli Horatii et Curiatii". Vedi Gaj'e, Carteggio, li, 139, n. 84.
- Si conosce 1' esistenza di un vasto e nobile edilìzio nel sito cui accenna il predetto documento. L'anno 1706 nel mese di settembre, scavandosi per rifondare la vecchia chiesa e trasformarla in quella di s. Maria ad Nives, fu trovata oltre ai marmi la bella iscrizione CIL. VI, 913, dedicata ex s. e. a Nerone cesare, figliuolo di Germanico.
AD LACUM SERVILIUM
- 1492. I documenti relativi alla fabbrica di s. Maria delle Grazie si trovano, e nel prot. 1671 A. S. del notaio Giampaolo Setonici, e presso il Pericoli "Ospedale della Consolazione" cap. III. p. 49 sg. La fabbrica si estese sull'orto grande comperato sino dal 1483 dalla moglie di Valeriano dei Frangipani. Su questo terreno e sugli altri adiacenti alle Grazie e alla Consolazione fu data licenza di scavare il 14 aprile 1496, il 30 luglio 1500, il 17 febbraio 1511 e il 9 ottobre 1512. Vedi Bull. Com. 1891, p. 229, e 1899, p. 170, ove sono riferiti i documenti originali di concessione.
AD PORTAM VIMINALEM
- 1509. « (Turrim Mecennatis laetus ac Poggius) di cunt fuisse ultra thermas Dioclitianas versus orientem non longe ab eo loco: qui Butte di Thermi dicitur, in quo loco hoc anno multa marmerà cum Tyburtinis lapidibus effossa fuere in parte eminentiori, ut inde facile totam urbem quisq. videre pót. « Albertini ed. 1515, e. 53. Si tratta manifestamente dell' « altissimus Romae locus » del Bufalini, ossia del monte Superagio, poi chiamato « della Giustizia ". 1510, 15 maggio.
AEDES PENATIUM IN VELIA
- 1530. Gli scavi fatti dal cardinale Alessandro Farnese nella discesa del Palatino verso il Foro. Vi fu trovato il piedistallo « Laribus publicis sacrum » dedicato da Augusto il 1 gennaio dell' anno 750. Quivi pure deve essere stata cavata fuori la "basis magna marmorea litteris pessimis" dedicata a Massimiano da Settimio Valenzione.
AEDES QUIRINI IN COLLE
- «Il principale (tempio del Quirinale) fu quello di Quirino i fondamenti del quale, pochi anni indietro io vidi cavare nella vigna del cardinale Genutio auditore della Camera, ove sono molte tavolette di marmo et pezzetti di marmo del pavimento » p. 63'.
AEDES ROMAE ET VENERIS
- Ricordo importantissimo di scavi fatti « Romae in s. Maria Nova, apud templum Pacis, intra monasterium » ove fu trovato un marmo (epistilio? base?) sul quale erano incise le lettere VRBIS AETERNAE. (e. 59). Non riferendosi allora gli avanzi di s. M. Nova al dinao di Adriano, il nome della città Eterna non può essere stato falsato. Sarebbe stata eterna se non fosse stata cristianamente distrutta.
- 1450, 4 aprile. Prima menzione di "opere a cavare marmi e travertino a santa Maria Nona » presso il Muntz voi. I, p. 107. Gli scavi durano sino al 1454, quattro anni di distruzioni..
AEDES SATURNI
- Pirro Ligorio ricorda la seguente scoperta: "Causandosi nel V anno del ponteficato di papa Clemente VII sotto la rupe Tarpeia in capo del vico lugario furono trovate alcune colonne di Tivertino striate et stuccate dell'ordine corinthio non tagliate come sogliono essere le frondi dell'acanto, ma capitelli sodi et garbatamente fatti et con esse furono trovate due tauole di bronzo scritte (de Thermessibus CIL. I de xx Quaestoribus) donate dal cardinale Hippolito de Medici al cardinal della Valle, e finalmente sono venute per Hereditain casa de Crapanchi gentilhuomini romani, ma havemo le poche parole che sono scritte nella XVIII tauola, perchè dice esser fissa nella aede di saturno nel muro in luogo contrasignato nella pianta "ad aedem Saturni". Così questa tauola era nella aede di Saturno et questa parte che in quell'hora si causò è nella parte di dietronella chiesa di san Saluatore in Astatera sotto la Rupe capitolina. Questa fu la prima cognitione di esso tempio."
AEDES VENERIS ERYCINAE
-« Poco fa fu dissotterrato un marmo che ora è in casa di messer Agnolo Colotio, ove è scritto ...» (CIL. VI, 122 ; Bull. com. tomo XVI, a. 1888, p. 11) p. 64'.
AEDES VESTAE
- Scoperta del vero tempio di Vesta di marmi e statue sotterrate dalla nuova chiesa: di Maria liberaci dalle pene dell'inferno, perchè anche Vesta era un demone, come tutti gli Dei pagani "ubi nunc est ecclesia s Mariae libera nos a poenis inferni ", f. 46.
Il prezzo assolutamente enorme di 200 ducati d'oro dimostra trattarsi di una massa egualmente enorme di piombo. E siccome non c'è memoria di una condottura di gran modulo in questa contrada, paragonabile a quella della villa di L. Vero a Acqua Traversa, descritta dal Bartoli (mem. 141), o alla « immanis fistula » di via del Seminario descritta dal Donato (Roma Vet. p. 403), cosi io stimo trattarsi piuttosto di un castellum, simile a quello di vigna Lais (Lanciani, Sylloge, nn. 254-283) di villa de' Quintilii, che il comm. De Rossi usava paragonare pel numero e grossezza delle fistole all'organo d'una cattedrale. La vigna della Valle occupava parte del sito della villa Giustiniani-Lancellotti al Laterano.
- «Nell'arco vicino (a s. Tommaso in Formis) molto frescamente sono state scoperte l'infrascritte lettere (CIL. VI, 1384) ». Le lettere erano state nascoste sino allora da una fodera di muro del tempo di Settimio Severo.
- Lorenzo di Matteolo de Novelli dona all'ospedale del ss. Salvatore « casarena et domos dirutas et contiguas muris antiquis formarum urbis, in oppositum ecclesie s. Angeli .. Inter que casarena est cemeterum .... quibus ab uno latere est ortus et vinca diete societatis ante est via publica per quam itur ad ecclesiam s. Joannis in Laterano (la via de' ss. Quattro, la sola allora esistente) ab alio est via qua itur ad ecclesiam s. Petri et Marcellini (il caput vie Merulanee, soppresso da Gregorio XIII nel 1575 : vedi Forma Urbis, tav. XXXVII).
ARCVS GRATIANI VALENTINIANI ET THEDOSII
- 1451-1454. Nicolao V distrugge gli avanzi dell'arco per dirizzare la via di s. Celso (de Banchi) : s' intende quelli che emergevano da terra. La parte nascosta dall'accrescimento del suolo fu scavata nel primo quarto del secolo seguente, Cf Fulvio-Ferrucci, p. 115 "Gli archi di Teodosio etc non lontani dal ponte del Castello, i fragmenti de' quali, poco fa, furono disotterrati vicino alla chiesa di Santo Celso".
ARCUS NOVUS
- 1523 L'arco « vicino a santa Maria in via Lata, rovinato da Innoceutio VIII per rifare la detta chiesa à quello vicina: del quale poco fa noi habbiamo veduto disotterrare alcuni marmi con trofei barbari » p. 115.
- Come non bastasse Domenico Vecchi e Ippolita de Carrariis fanno distruggere gli ultimi avanzi dell'Arcua Novus dei Cataloghi regionari.
"Et omnes lapides grossi tam tiburtinj quam marmorej quam etiam cuiuscunque alterius generis qui reperientur extrahantur sumptibus dicti magistri Andree... Et dieta cava fiat et lapides extrahi debeant a latere domus ipsius Dominici quia sic actum.... Et si in effodiendo reperientur alique figure seu statue marmoree aut alii lapides cumfiguris fogliaminibus et alijs similibus quod sint ipsorum heredum et Dominicj et eorum expensis extrahantur... Item quod omnia fragmenta apta ad conficiendum calcem que in dieta cava reperientur sint et extrahantur expensis ipsius magri Andree Item quod si reperientur plumbum aut alterius generis metalla quod sint et extrahantur expensis eorumdem Dominicj et heredum Et dictam cavam et extractionem dictus magister Andreas Incipere debeat prout promisit hinc et per totam futurara hebdomadam prò continuo dictam cavam et extractionem lapidum prosequi usque quo perdurabunt lapides extrahendi etiam qui in profundum fuerint." (Not. Ponziano Ponziani, prot. 1329, e. 710 A. S.).
ARCUS SEVERI
ARCUS TRAIANI SPOLIA CHRISTI
- 1526, 3 marzo, Avendo i maestri delle strade danneggiato l'arco di Traiano, nella r. dei Monti, la questione è portata davanti al Consiglio del pò. ro. Dopo riconosciuto ancora una volta che l' arco era stato « in parte per magistros stratarii diruti! » si decreta, accademicamente purtroppo, « ne alii audeat antiqtates urbis devastare». (Archiv. stor. Capit. credenz. I, tomo I, e. 149-150). Giova però ricordare, a onore di questi instancabili difensori delle nostre antichità contro gli arbitrii, i capricci, e le ingordigie dello Stato che, fino dalla sede vacante di Giulio II, i magistrati avevano presentato ai cardinali raccolti in conclave alcuni capitoli, tra i quali « quod magistri stratarum urbis nullo unquam tempore possint prò ampliandis seu noviter construendis stratis in urbe aliquod gettitum imponere sine consensu et interventu Capitis regionis
illius in qua gettitum imponeretur ». (Ivi, tomo VI, e. 6). Sotto il geniale governo di Leone X le controversie di questa natura si componevano amichevolmente da un arbitro o commissario. Nel prot. 299 del not. Casolani in A. S. C. a e. 139 si ricorda questo caso: « die XXX septembris 1514. R. d. d. iulianus cardinalis de Medicis commissarius a s. d. n. Papa specialiter deputatus in quadam causa Romana strato capitoline inter nobiles viros Johannem et Marcellum de Fregapanibus et nonnullos alios cives interesse habentes, ei una, et magnificos d. Conservatores Camere urbis, partibus ex altera » pronuncia sentenza di rinvio « in palatio apostolico in sala magna que vocatur sala pontificum ».
Dell'Arco di Traiano a Spoglia Cristi si hanno parecchi documenti del cinquecento. Nel cod. vat. al f. 84 è riprodotto uno dei rilievi delle spalle interne dell'arco, con una delle candeliere angolari. Rappresenta Decebalo fatto prigione, e sopra e sotto ha due fascie di rappresentanze secondarie, come razzie d' armenti etc. Il rilievo del cod. Berlin, ricorda una scaramuccia di cavalieri. Flaminio Vacca dice : "intorno la colonna Traiana dalla banda dove si dice spoglia Cristi (furono) cavate le vestigie di un Arco trionfale con molti pezzi d'istorie, quali sono in casa del sig. Prospero Boccapaduli, a quel tempo maestro di strade. Vi erano ancora Traiano a cavallo, che passava un fiume, e si trovarono alcuni prigioni simili a quelli che sono sopra 1' arco di Costantino, della medesima maniera".
L' arco non fu demolito e spogliato per intero dal Boccapaduli e quando l'avvocato Bonelli pose mano a scavarne nuovamente il sito nell' ottobre del 1862, nell'area della chiesetta di s. Maria in Campo Carleo (Spoglia Cristi), trovò 33 massi architettonici e figurati dell' arco stesso, che gli scultori Benzeni e Palombini stimarono essere del valore di scudi 770. Il Governo pontificio ne acquistò la parte migliore (Vedi Pellegrini in Bull. Inst. 1863, p. 78, e C. L. Visconti nell'Archivio del Min. Belle Arti). Nelle relazioni i brani seguenti:
« 11 novembre 1862 sono stati scoperti tre grandi massi di peperino; 16 novembre, la parte superiore di una statua colossale acefala, rappresentante un barbaro prigioniero. È d'ottima scultura, ed ha l'abito e 1'atteggiamento consueto di tali figure destinate a decorare gli archi di trionfo ».
ATRIUM VESTAE
- (1497-99). Gli scavi fra la Sacra e la Nova via, incontro ai ss. Cosma e Damiano sono ricordati più volte: a e. 69 due basi di Fabio Tiziano CIL. 1653: a e. 117 monumento dedicato a Antonino Pio. Nel cod. è scritto: L, Numitius Felix, nell'anno 400 dagli abitanti di Mopsuestia, Kaibel n. 1051. Il codice Chatsworth lo dice «repertum apud sanctos Cosmam et Damianum anno MCCCCXCIX ». Gli scavi erano incominciati sin dall'anno 1497. Vedi a e. 133 « Haec octo subiecta epigrammata (di Vestali massime CIL. VI, p. 594, n. 2131 sg.) reperta sunt in ruinis templi Vestae quod erat ante templù sanctor. Cosmae et Damiani in quodà arundineto... anno sai. MCCCCXCVII»
- 1522, 17 marzo. R. XIII AVENTINVS. Società per iscavi tra Girolamo De Rossi e Adriana Sinibaldi.
« D. Hieronimus de Rubeis ciuis romanus regionis Campitelli et d. Hadriana de Sinibaldis de regione Arenule societatem inter se contraxerunt de et super lapidicina seu petraria fienda in et sub uinea eiusdem d. Adriane posita in loco dicto Monte Aventino cui ab uno latere est vinea dominorura de Santacruce ab alio vero ipsius d. Hieronimi ab alio vie publice » (Not. Alfonso Castellano, prot. 901 A. S. C).
- Ara Maxima - 1485-1486 Ritrovamento sull'Aventino. "Non longe ab hoc tempio versus Aventinum montem fuit alterum templum appellatum ara maxima".
- « Leggevasi poco tempo fa nella ripa del Tevere sotto il monte Aventino una breve scrittura intagliata in un marmo, cioè - quicquid usuarium invehitur ansariuni non debet " . Furono ancora a pie' dell'Aventino tra la riva del Tevere et il monte Testaceo CXL granari del popolo Romano molto larghi et lunghi, come mostrano hoggi le loro rovine nella vigna dello illmo Signore Giovan Giorgio Cesarino, et negli altri luoghi propinqui, ove in questo anno (1526) nella vigna di Marcello de' Capozucchi patritio Romano fu cavato un marmo con questa scrittura " CIL. VI, 236
- scheda fra Giocondo n. 1543, anno 1514. Trabeazione « a Marforio dorico », n. 1632: simile « in borgo apresso al palazzo di Adriano (Castelli da Corneto)», n. 1538: « pistilio di forum boari in burgo inel palacio di Adriano ».
BASILICA EUDOXIANA
1467 Francesco della Rovere, promosso alla porpora « Romani veniens et quorundam cardinalium benevolentia adjutus (pauper enim erat) aedes s. Petri ad vincula rimosas et ruinae proximas restituit ». Compensi a manuali impiegati « ad fodiendas teuertinas in divertis locis ad fodiendos marmoreos lapides, et eos in diversis locis urbis discopriendos et leuandos ». e. 29. A Bartolomeo di Albino da Varese « ad frangendum et fodiendum lapides aput montem Aventinum (cave di s. Saba?) prò dieta fabrica ». e. 20. 1468, 25 giugno.
- Un secondo documento dello stesso anno 1473, riferibile allo stesso sito, nomina tra i luoghi di confine «ortum ecclesie s. Marie in petroccia ».
- 1500, 30 luglio. Il guardiano dell' ospedale delle Grazie Prospero di Santacroce concede a Gregorio da Bologna e Domenico da Castelfranco « plenam potestatem fodendi eitrahendi et removendi lapides marraoreas et tiburtinas, statuas et alias res reperiendas in ortis dicti hospitalis sitis retro dictum hospitale et ecclesiam s. Marie de Gratiis cum pactis .... »
- 1511, 11 febbraio. I guardiani dell'ospedale delle Grazie concedono stavolta a Giovannangelo Pierleoni la licenza di scavare "in horto sive discoperto vel casaleno Hospitalis sito retro domum antiquam dicti hospitalis et existentem versus ecclesiam Sancti Iladriani infra hos fìnes cui ab uno latere tenet dieta domus antiqua, a duobus lateribus sunt vie publice". Gli scavi durarono sin oltre la fine dell'anno seguente.
CAMPOMARZIO
- 1522, 17 settembre. In un rogito del not. Stefano de Amannis (prot. 66, e. 138') per vendita di suolo fabbricabile in Campomarzio, si pattuisce la riserva per gli oggetti di scavo.
CAMPVS LATERANENSIS
- Collezione dei bronzi: « giù sul suolo un grandissimo cavallo di bronzo montato da un villano — una gran testa di bronzo d' un idolo — la mano dello stesso idolo tenente un globo imperiale », p. 257, Michaelis.
- 1513, 18 settembre Celebrandosi in Campidoglio la cooptazione di Lorenzo e Giuliano de' Medici nel patriziato romano, Giulio Alberini « proposto alla fabrica del Teatro ... ha prima destrutto certe muraglie et edifizii et adequati alcuni cumuli di terra per radrizzare la più celebre via per la quale si ascende al Campidoglio » . Il teatro posticcio fu decorato coi famosi bronzi, già lateranensi.m« Dentro la porta del teatro da man dritta è drizzato uno pilastro sopra il quale sta una lupa di naturale grandezza con gli due infantuli alle ubere opera antiquissima: el tutto è di metallo. Similmente a man sinistra in un altro pilastro è collocata una ponderosa mano di colosso tanto grande che l' uno de suoi diti eguaglia la cossa de unohuomo, la quale mano sostene una gran palla etc. ". Cod. Barb. LUI, 31 in Buonarroti, Serie III, tomo IV, fase. IV, 1891.
- 1520, 22 settembre. Il senatore Pietro Squarcialupi compie la loggia del palazzo capitolino con travertini di scavo. - "Cum d. Petrus de Squarcialupis senator Almae Vrbis desideret inceptura opus idest Lovium tiburtino lapide per se inceptum perftcere, Intendatque illos fodere prope Arcum Lncij Septimij ad perfectionem huiusce modi operis" . (Decret. pò. ro. A. S. C. Credenz. I, tomo XXXVI, e. 84).
- 1513-1515 R. VI. « Erat et capitolium vetus in monte Quirinali . . . vestigia non nulla fundamentorum adhuc visuntur, in quo loco effossum fuit marraor cum his litteris fractis ».
- 1520, 20 gennaio. La società tra il Senatore di Roma e la banda di devastatori, capitanata da Franceschino da Monferrato, fa i conti circa il dare e l'avere della cava di Campidoglio. Vedi 1520, 19 settembre.
"In presentia mei notarij etc... Cum hoc quod certi lapides habiti per fratres Saucte marie de araceli ex dictis cavis extracti quos dictus dominus Senator eisdem gratis dedit dicti Simon petrus et francischinus non possint aliquid potere, sed in compensum illorum dictus dominus senator teneatur eius sumptibus dictas foveas sive cavas replere et repleri facere et de omnibus aliis fecerunt ad invicem generalem quietationem".
- (17 maggio) « a m° pietre goputo et m" cencio co manuali li quali ano lavorato ala petrara de capitolio». Non si tratta delle cave di tufa del monte, ancora in parte accessibili, ma di demolizioni di antichi edifizii. Troviamo infatti questa seconda partita sotto la data del 30 maggio: « a m" petro marmoraro con suo garzone sono per opere XX lauorare a cauar travertini a capitolio ....
- (24 giugno) a ambrosio da milano a cavar petre a capitolio , . .
- (26 luglio) a maganello et suoi compagni a cavar petre a capitolio (dicembre) Silvestro per carecte XXXVI de petre tirata co suoi bufali ... da capitolio».
- 1520. « Ad radices Capitolini apud xenodochium dive Marie porticus ... ad aediculam s. Salvatoris in Staterà, prius s. Saturnini ... e regione rupis Tarpeiae » si scopre il cippo CIL. VI, 1265 relativo ad un'area «redempiam a privatis pecunia publica ex s. e. » dai praetores aerarli L. Calpurnio e M. Salluvio.
- (dicembre) Silvestro per carecte XXXVI de petre tirata co suoi bufali ... da capitolio » .
CASTRUM ALBANI
- Gli scavi e le distruzioni nella « centrata castri Albani » durarono almeno 36 giorni, tale essendo il conto delle mercedi pagate ai marmorari. Pier Terracane, e Nicolao da Fiorenza.
- Maestro Jacomo di Luca marmorario di Roma andette per il distretto romano e maestro Stazio, altro marmorario della stessa città, si fermarono ad Albano facendosi raccomandare per lettere dal notaro dei Senatori, e togliendo da questi carta di licenza. Gli accolse umanamente il sig. Giovanni de' Savelli. Ad Albano erano a lavorare varii artisti. Di là spedirono il 6 novembre 1321 quarantotto pezzi al porto di Grapigliano in otto carrate, e da Castel Gandolfo in tre carrate al detto porto per il Tevere. Per questi marmi maestro Marino di Federico pagò maestro Jacomo marmorario di Roma suddetto, per due giorni che fu coi nostri a condurli, e per regali in pepe in cera e zatferano presentati ai nobili uomini Pandolfo e Giovanni de' Savelli, i quali donarono i marmi stessi. Maestro Marino di Federico stette in Albano quarantacinque giorni, ed egli stesso lavorò i marmi.
CATACOMBE DI LUCINA
- Rinvenuta iscrizione relativa all' " adiectio locorum " nel circo Massimo fatta da Traiano, CIL. 955, scoperta « apud circù » (1450 circa), p. 9'.
- 1492 Scoperta dell'iscrizione di Severo Alessandro CIL. 1083. Da questi stessi scavi proviene forse il termine di Crispino Valeriano e colleghi, CIL. 1266, trovato « in monte Aventino versus circi maiimi medium »
- 1513-1515 "Cloacae amplissimae a Tarquinio factae ... ut adhuc in uelabro et iudeorum platea ac etiam in uinea Bartholomei de doxiis apud colosseum ", f. 23. La cloaca del Velabro è la Massima: la seconda di piazza Giudea è quella del circo Flaminio scoperta dall' ing. Narducci nel 1880. Ma quale sarà la terza scoperta sul prinicipio del 500 nella vigna di Bartolomeo de Dossi apud collosseum ? I documenti del tempo, mentre abbondano di notizie su Mariano de Dossi alias della Palma, tacciono di Bartolomeo de Dossi, che doveva essergli congiunto di parentela. Si sa soltanto che il Bartolomeo era avvocato concistoriale, e mercante di campagna, possessore di un proccio di vacche rosse, e che la sua casa « perpulchra cum Viridario et fonte marmoribus exornato " stava al Trivio presso l'acquedotto (f. 96). È possibile che la "cloaca apud collosseum" sia quella scoperta nuovamente l'anno 1878 sotto il viale di s. Gregorio. Molti travertini vennero trafugati dalle cloache.
- CVRIA Forum Iulium. "a trare marmi ala zecca vecchia ... a cavar teuertini ala zecca vecchia". - I predetti scavano o tolgon via pietre e travertino dalla Zecca Vecchia, cioè dal muraglione divisorio tra la Curia e il foro Giulio.
DOMUS AUREA
(7 novembre). Il predetto Ambrogio da Milano e compagni cavano pietre e pozzolana nel « monte de Nerone ». Questo monte cambiò nome in quello di s. Spirito, come apparì da altre partite del 6 dicembre. Anche nella nota iscrizione carolingica di s. Michele in Borgo, la chiesa si dice fabbricata "supra cripta(m) iuxta Neronis palatium", nel sotterraneo del palazzo di Nerone, nsomma dalla Domus Aurea. Demolite le architetture furono demoliti anche i nomi, possibilmente sostituiti con nomi religiosi
DOMUS STEPHANI FERRERI pedemontani car. Bononien.
- 1509, 8 gennaro. « In una vigna appresso alle Capocce, in thermis Titianis, apud atrium Vespasiani vulgo septem solia » si scopre l'ara dedicata a Giove da Vespasiano, CIL. VI, 369. Janni Capoccia, detto Mezzopane, nobile montigiano, possedeva una vigna tra il Cimbruni Marii e le Sette Sale sin dal 1263, della quale fece dono, vivente, alla basilica Liberiana. - rinvenuta Ara, CIL. 369, presso le Sette Sale ed altro marmo scolpito, f. 22.
- Pagamento a M°. Salvato per opere « in fodieudo et excavando conductum aque Trivii » Mand. e. 43'. Se la notizia si riferisce al condotto maestrale, e non a qualche ramo secondario, è probabile che i lavori abbiano avuto luogo presso o sotto il monte delle Gioie in via Salaria, nella roccia del quale sono anche scavate le catacombe di Priscilla, e l' ipogeo dei Glabrioni.
ECATOSTYLON
Circa questi tempi il card. Francesca Piccolomini fabbrica il suo splendido palazzo in piazza di s. Siena (s, Andrea della Valle). Ne era principale ornamento il gruppo, oggi senese, delle Grazie. Deve notarsi che quando fu fatto il trasporto del gruppo dal palazzo Colonna a quello del Piccolomini, il piedistallo restò abbandonato nel primo. Fra Giocondo dice che i versi « sunt nudae Charites etc. " erano bensì moderni, ma che la base sulla quale erano incisi sembrava a lui vetustissima."
- 1523, 10 dicembre. Scavo di una cantina in piazza Montanara con patto di riserva per le antichità.
« Cum pactis infrascriptis videlicet quod si in dieta cantina reperiretur aurum argentum figure eneo et marmoree sint et esse debeant predicti magistri giletti et extrahi debeant predicti maggiletti sumptibus et expensis; marmora autem, tiburtini lapides, peperigni, scaglia et aliis lapides prò murando sint et esse debeant communes inter dictas partes, extrahi tamen debeant sumptibus ipsius magistri petri. Muri autem necessarii prò refundatione diete domus ac incollatura diete cantine extimari debeant iudicio peritorum communiter eligendorum « (Not. de Pacificis, prot. 1189, e. 136 A. S.).
FORUM IULIUM
- 1431. 10 ottobre. CURIA Licenza a Filippo di Giovanni di Pisa, marmorario, di scavare, far scavare, e condurre al palazzo apostolico « quaecumque marmerà de muris antiquis existentibus in loco ubi fuit Zecca antiqua»
- 1451, 3 ottobre. Secondo ricordo delle devastazioni a santa Triana dove si sono chavati i peperigni, i marmi, i trauertiui. Ibid. Durarono, almeno, sino al marzo del 1453.
FORUM ROMANUM
- 1467, 27 aprile Il fascicolo Mandati 1467-1471, rivela che le terre scavate « de voltis giardini » ovvero « de palatio apud s. Marci » si mandavanoa scaricare nel bel mezzo della conca del foro «ad quemdam locum tre colonne nuncupatum». Gli scarichi continuarono fino al novembre del 1468.
- 1472. Giovanni Alessio ortolano di s. Angelo loca ad Antonio di Giuliano, cavatore di professione, un'area contigua al suo orto, posta sulla "strata publica qua itur ad ecclesiam sancte marie de Consolatione". Gli accorda tre anni di tempo per compiere lo scavo, verso l'annua corrisposta di tre ducati.
- 1522, 21 novembre. Scavi per la fondazione della « tribuna ecclesie s. Marie de loreto in r. Montium ».
- Scavo e scoperta dell'aquila di altorilievo ora nel portico dei ss. Apostoli, f. 84'.
- « ove era un portico., maraviglioso... i fragmenti del quale poco fa da noi sono stati veduti dissotterrati sotto il Campidoglio di pietra bianchissima, di maravigliosa grandezza » p. 108.
- Scavi sotto il muro di confine tra l'orto Petrucci e l'orto Palmieri, a s. M. in Macello. I precedenti relativi a questo scavo, sul confine tra la proprietà Petrucci e la chiesa di s. M. in Macello, sono stati divulgati sotto la data del 1522. 1527, febbraio.
GAIANUM
- 1467, 16 febbraio. « Maestri manuali che ano lavorato a cavare tevertini in le vigne dreto a castello sto angelo da dì 16 febraro a dì 14 di marzo».
autem locationem, fecit etc. prò annua responsione XX ducatorum de carlenis".(Not. Gualderoni, prot. 900. e. 3' A. S.).
- « Leggevasi poco tempo fa nella ripa del Tevere sotto il monte Aventino una breve scrittura intagliata in un marmo, cioè - quicquid usuarium invehitur ansariuni non debet " . Furono ancora a pie' dell'Aventino tra la riva del Tevere et il monte Testacelo CXL granari del popolo Romano molto larghi et lunghi, come mostrano hoggi le loro rovine nella vigna dello illiiìo Signore Giovan Giorgio Cesarino, et negli altri luoghi propinqui, ove in questo anno (1526) nella vigna di Marcello de' Capozucchi patritio Romano fu cavato un marmo con questa scrittura " CIL. VI, 236 (ove la testimonianza del Fulvio è ignorata), p. 159'.
HORTI MAECENATIS
- « Nel detto luogo poco fa si cavò un marmo nel quale erano le infrascritte lettere CVRTIA D . L . PRAPIS.... (CIL. VP. 16663.
HORTI PINCIORUM
- Si intraprendono lavori di scavo e di muratura nella chiesa della Trinità sul Pincio, sita sugli avanzi della villa degli Acilii-Petronii-Pincii. Mario Millini e Raffaele Casali maestri di strade «prò dirigenda quadam via sita in R."arenule Inter ven. Ecclesiara sti Andrea in Lazaria et domum dui bernardi mocari per directum usque ad flumen tiberis, dirui et demoliri . . . mandaverunt quamdam domum existentem in capite diete vie versus flumen sub proprietate monialum ste aure». Patenti, prot, II, e. 478. In altro atto del 6 luglio 1530 (ibid. prot. Ili, e. 123 v.) atto del 5 fel)braio 1521 donna Girolama Caprioli, vedova di Paolo Pini e tutrice dei figliuoli minorenni, concede il terreno e i ruderi dt-lhi Meta a Bernardino d'Arezzo, con riserva per il rinvenimento di oggetti di scavo.
HORTI SALLUSTANI
- 1526, 4 gennaro. I fratelli Bini, banchieri, danno in affitto a Alamanno Alamanni una loro vigna in Sallustianis, con le anticaglie in essa esistenti.
"Et voluerunt quod quicquid in effodiendo seu scassando dictam vineam, Ipse dìius Alamannus reperiret sub terras videlicet lapides statuas thesauros, più m bum et alia quecunque sit omnino liberum dicti d. Alamanni et de illis ad orane eius beneplacitura libere disponere valeat etc." (Net. Mancini, prot. 1012 A. S.).
1368. ISEVM ET SERAPEVM. Le spogliazioni durarono parecchi anni ancora. Nell'estate 1368 un maestro Paolo di Matteo comprò marmo « da Paulo di Converrone da Roma, il quale avita in Cammigliano » per fiorini 4 d'oro: da Paulo Salvatelli il quale avita in Treio per 3 fiorini. Non so se costoro si debbano considerare proprietarii di rovine-petraie del Camilliano e del campo d'Agrippa, ovvero semplici marmorarii.
ISIS ATHENODORIA
- « (Il tempio) d'Iside Antenodorica era nella regione della Piscina Publica in testa della via nuova . . . ove, pochi anni sono, furono dissotterrati alcuni marmi spezzati, ove era scritto, cioè intagliato, l'infrascritte parole:« seculo felici Isias sacerdos, Isidi Salutaris consecratio ». Nell'altro pezzo era scritto in questo modo : « pontiflcis votis annuant dii romanae reipu. arcanaque morbis presidia annuant quorum nutu. rom. imp. regna cessere ». E si comprende che il CIL. abbia rilegato tra le false l'iscrizione data da costoro così: « seculo felici phisias sacerdos fidi salutaris consecralis » . Ma se si prenda in esame il testo completo del Fulvio si riconoscerà che la dedicazione ad Iside, benché negligentemente copiata, appartiene alla classe numerosa di quelle che furono dedicate a divinità peregrine durante le estreme lotte tra i pagani e i cristiani che si svolsero circa e dopo la metà del secolo IV. Il Cod. di Padova conferma il sito del trovamento « Inter aedem s. Xisti et thermas antoniniauas versus Circum maximum et palacium maius, ubi olim templum Isidis in via nova ... in quadro marmoreo serpentino ». Il Feliciano, che si vorrebbe credere l'autore dell'impostura (CIL. VI', p. XLII, col. 11) tace del sito del rinvenimento, ma dice che la lapide era stata affissa « Rome inter Campum Flore et ludeorum plateam via triumphali ad angulum eminentem domus Andree gentis Cruce » .
LA CASA TONDA
- R. V. ESQVILIAE. Pietro di Antonio Regis da Alba vende per 75 ducati « provido viro petro pippi civi romano regionis montium presenti videlicet quandam dicti domini petri vineam trium petiarum plus vel minus quanta sit cum vasca vascali tino et statio ac certo edificio rotundo in dieta vinca esistente positam infra menia Urbis in loco vocato Cimbrj prope arcum Sancti Viti Infra hos fines videlicet Cui ab uno latere est vinca dicti petri ab alio est viculus vicinalis ab alio et ante sunt vie publice vel si qui; positam sub proprietate ecclesie sancte marie maioris et sancte potentiane ad respondendum anno quolibet vendemiarum tempore carlenos 22 antiquos et uiiam quartam uvarum liberam. Not. Gualderoni prot. 900 e. 34', A. S. 1517, 13 luglio.
MACELLUM MAGNUM |
Il priore di s. Stefano Rotondo fa scavare e distruggere parte di antico edificio vicino al Macellum. "El venerabile priore di s. Stefano ritondo in celio monte da ad maestro berardino de boschino da binaco ad fare seu fabricare un certo corritore over deambulatorio verso l'orto grande. Con quisti patti, che dicto maestro bernardino se obliga di fare tanto muro de fondumeuto. quanto altro muro et volte de dicto corritore, per carlini 14 canna, mettendoce ogni cosa necessaria ad far dicto muro ad loro spese come calce, pozolana acqua et degni sorte de legnami tanto necessarie. Excepto che dicto patre priore li dano le prete in certe muraglie verso la strada maestra et dicti maestri li hando ad fare capare et cavare et portare in dieta opera ad loro spesa.
Et dicti sopradicti maestri se obligano como di sopra che tutta terra che cavarando ad fare dicto fondamento l'abbiano ad fare buttare ad loro spese per lo inchiostro grande, con altri calcinacci che uscissino ad fare porte finestre et archi che se haverrano ad fare in dicta opera. ". Net. de Coronis, prot. 643, e. 150 in A. S.
MAUSOLEUM AD APOSTOLUM PETRUM
"Paolino da Binasco e socii fanno scavi nelle due rotonde di s. M. della Febbre, ovvero di s. Andrea, per il seppellimento di Callisto III e di s. Petronilla per il seppellimento di un penitentiero. Il primo scavo, descritto dal Grimaldi, non fruttò scoperte. Nel secondo «si trovò un avello di marmo bellissimo e dentro una cassa grande et una piccola di cipresso coperta d'argento fino d'undici leghe che fu di peso libbre 831. Li corpi ch'erano dentro erano coperti di drappo d'oro fino tanto, che pesò l'oro colato 16 libbre. Tutte queste cose belle il papa mandolle alla sua zecca ».
1460 - Cronica di Niccolò della Tuccia, 14 agòosto. « Magistro Petro marmorario fl. 30 prò certis marmoribus et expensis factis in portando ipsos marmores». Mand., 1457-1458, f. 119.
- 1494, 15 giugno. Alessandro VI concede all'ospedale di s. Girolamo della nazione illirica la facoltà di dare in enfiteusi la loro vigna « in loco qui dicitur Austa " per promuovere la fabbricazione del malsano quartiere dell' Ortaccio. « Da Alessandro VI fu fabbricata da fondamenta la chiesa cioè parte di essa sopra una rata d' un pezzo di terra del monte Augusto detto il mausoleo, acquistato dalli figli et heredi del signor Gio. Battista Galliberti cittadino romano. L'altra parte che è tribuna fu fabbricata sopra un sito acquistato dallo hospidale di s. Gerolamo degli Illirici » . Lo scavo delle fondamenta condusse a scoperte di qualche importanza che furono messe in pianta e descritte da Baldassarre Peruzzi, sch. fior. 393, 394. La scoperta dell' iscrizione CIL. VI, 895, della base del mausoleo, e delle fondamenta di uno degli obelischi deve essere del luglio 1519. Le altre che contengono la triangolazione del sito di s. Rocco e la pianta dei muri antichi scoperti « socto ali pilastri disco rocho verso schiavonia » appartengono al 1500.
- 1519, 14 luglio. Continuando alacremente i lavori per la via Leonina, i frati del convento di s. Agostino «locant d. Angelo Colotio presenti 520 cannas soli seu terreni ipsius conventus vd. in faciem versus viam anteriorera qua itur ad ecclesiam s marie de populo 14 cannarum et per longum 30 similium cannarum situm in in campimartis in loco ubi alias erat vinea prefatorum frum et conventus cui ab uno latore versus menia urbis sunt res prefati dfii Angeli Colotii ab alio est via Colotia nuncupata retro est via transversalis que si lieri contigerit nuncupabitur E g i d i a etc. ante est via magistralis leonina nuncupata» col patto della divisione degli oggetti di scavo. (Not. de Amannis, prot. 62, e. 407 A. S.).
- La frequenza con la quale simili patti ricorrono in tutti i rogiti per l'apertura e costruzione della via di Ripetta dal 1510 al 1522, prova che molte cose si ritrovavano, come le memorabili scoperte fatte nel luglio di questo anno attorno e dentro il mausoleo di Augusto. Vedi le « fragmenta offessa pridie Idus Jul. 1519 ex tegumento exteriori Augustorum Mausolei" , relative alle onoranze decretate per Gaio e Lucio figliuoli di Augusto. Dei due obelischi che fiancheggiavano la porta del mausoleo, delineati da Pirro Ligorio in un disegno autografo della mia collezione, dal Lafreri nella tavola incisa da Stefano Duperac l'anno 1575, da P. S. Bartoli nella tavola 72 dei « Sepolcri », descritti da Ammuiano Marcellino 17, 4 uno solo fu totalmente scavato nel 1519, ed è quello oggi in piazza dell' Esquilino, delineato l'anno 1589 da Nicholas van Aelst nella grande tavola dedicata a Sisto V. Era rotto in tre pezzi: i due più alti, lunghi assieme piedi 52, giacevano rovesciati a
terra. Rimaneva in piedi il solo terzo inferiore col suo piedistallo o basamento, delineato da B. Peruzzi.
- « È il detto edificio di forma sferica murato à mattonciui quadrati, in guisa di una rete intorno intorno, onde veggianio ogni giorno disotterrare di molti marni i, tra i quali un breve epittaffio (CIL. VI, 8483). Questa regione che si ristrigne nel cantone del campo Martio, essendo come una colonia di nuovi Habitatori. la maggior parte Lombardi et Schiavoni. è chiamata quando Lombardia et quando Schiavonia. Hassi cominciato à frequentare il detto luogo più del solito, per l' imagine di N. Donna quando ha partorito, la quale nelle mura Yicine al Tevere è stata trovata in un luogo fumoso et oscuro nell'anno del Giubileo 1525 à di venti di Giugno », p. 171.
- concessione fatta da Martino V ai fratelli Gallo e Pasquino Gallo di Castel del Monte il giorno 30 gennaio 1427, ai quali « conceditur ad xx annos Mons Auste vulgariter nuncupatiis situs in urbe prope flumen Tyberis ac viam publicam qua transitur ad ecclesiam beate Marie de populo, cum eius pratis ac plateis ab utraque parte usque ad ecclesiam s. Jacobi, de eo prò libitu sua rum voluntatum disponendi durante tempore predicto » (A. S. V. Investiture, tomo VII, p. 141).
- Il secondo contiene una simile concessione fatta da Nicolao V a favore di quel Giuliano Ser Eoberti che fu appaltatore di cave e di trasporti sotto il suo pontificato. "Dilecto filio luliano Serroberti civi Eomano Salutem Cum sicut accepimus tu prope Montem Augustorum alias de Lauste de urbe quasdam fornaces prò calcina decoquenda ac illis contiquas domos ad usum hospitii sive taberne a solo erexeris, Nos .... nostra mera liberalitate, solum predictum in quo fornaces et domus sive hospitium sita sunt, et que ad Cameram urbis pieno iure pertinere dicuntur, cum omnibus et singulis per te inibi constructis et edificatis sibi tuisque heredibus conce- dimus et donamus. Itaque de illis disponere et ordinare libere et licite valeas non obstantibus legibus Imperialibus nec non statutis et consuetudinibus diete urbis. Datum Rome apud Sanctum Petrum a mcccclii, ili nov. Februarij cet « (A. S. V. Regesto 424, e. 124).
- Il terzo documento del mercoledì 15 ottobre 1488 contiene ima concessione fatta dal cardinale Raffaele Riario in nome di Innocenzo XIII « dilectis nobis in Christo Aurelio lohannis petri et lohannibaptiste de Spiritibus civibus Romanis .... certi hortalitii inculti et putredine repleti, prope Tyberim apud haustam via media qua itur ad Ecclesiam Beate Marie de populo » per 1' annuo censo di un fiorino d' oro da pagarsi all'ospedale di s. Giacomo (A. S. V. Divers., tomo XLIX, e. 173).
MAUSOLEUM HADRIANI
- Bartolomeo da Como, e compagni ricevono il saldo « ratione fabricae factae in castro sancto angelo de Urbe ». Bertolotti, 1. e, tomo I, p. 20. 1458.
- Horti Domitiae "appresso a castello sancto Agnolo uno vaso d' uno pezo di granito lungo il vano braccia et largo il vano circa braccia 3" p. 572. sempre parte del Mausoleo di Adriano.
- « delle quali statue (del mausoleo) noi ne habbiamo veduti alcuni fragmenti et capi essere stati cavati di sotterra, quando Alessandro sesto gli fece i fossi intorno molto profondi » p. 75'.
- 1321, luglio. R. IX. Gli scavi nel distretto del campo Marzio fruttarono 10 blocchi di circa 12 migliaia. Nello stesso mese maestro Ciolo acquista da privati 7 pezzi di marmo e li fa carreggiare « ad portum Castri sancti Angeli de Urbe ». Frattanto altri artefici « ibant ad inveniendunm marmerà per districtum urbis ». La formula « prope Castrum sancti Angeli » che ricorre in altri documenti, indica non la provenienza dei massi ma il luogo di imbarco, ossia il molo di Torre di Nona.
- Nel 1337, dal guado di Antignauo per Castel Vecchio si traevano some di marmo romano, e da Sipicciano e da Orte e da s. Valentino.
- Alessandro VI affida al card. Raffaele Riario la direzione dei lavori di apertura della via Alessandrina, per congiungere il Vaticano col ponte s. Angelo, in vista dell' imminente giubileo. 1 lavori di demolizione furono compiuti in soli nove mesi, cosicché il Burchardt potè registrare nel suo diario, la vigilia stessa del natale "completa est ruptura vie nove recto a parte castri s. Angeli ad portam palatii apostolici" .
- Con una bolla dell' anno seguente furono accordati certi privilegi a chi fabbricasse sui lati della nuova strada. Della piramide conosciuta sotto il nome di méta di Borgo fu troncata la sola parte che sporgeva sul filo della strada stessa: il resto durò in piedi per qualche anno ancora. Vedi 1513. La strada rimase sterrata sino all'autunno del 1505. Vedi Torrigio, Sacre Grotte, p. 346.
- Altri lavori di demolizione e ampliamento di strade furono eseguiti nel rione di s. Eustachio, alla Dogana, a s. Pantaleo ecc. Vedi registro Edifizi publici 1499 in A. S. Per ciò che riguarda le mura e le porte della città vedi Forcella, tomo XIII, p. 30, e. 143, e Fulvio, Antiquar. ce. 16, 16'. 1499, 16 gennaio. "A certi fachini che portoro certi preti de porfido ad palazo (pontificio?) come apare per mandato delli conservatori ". Registro Cam. Governatore, 1497/1502, e. 90'. 1499, 29 marzo.
- Avendo Leone X donato a Belisario Pini, minore di età, 1'area della Méta, confiscata al card. Adriano di Corneto, è nominato suo procuratore Teodoro Gualderoni, il quale prende possesso del sito con l'atto che segue: « ..dixit ad eius aures pervenisse S. in Christo patrem et dominum Leonem papam X gratiose donasse bellissario filio quondam bo: me: d. p[auli] de pinis romani civis omnia et singula Jura olim spectantia et pertinentia quovis titulo et occasione ad tunc Rmum in Christo patrem Dnum adrianum olim tituli S. Grisogoni Cardinalem de nunc ad camera m apostolicam confiscata occasione privationis et processus contra eundem adrianum facti et formati super meta et area illius prò ut vigore motus proprij eiusdem S. bellisario emanati et in manibus ipsius bellisarij ibidem presentis existentis, et in dicto motu proprio detur potestas dicto bellissario propria auctoritate illius possessionem capiendi et propter eius minorem etatem non habeat legitimam personam praedicta faciendi...».
- Con un quarto atto del 5 fel)braio 1521 donna Girolama Caprioli, vedova di Paolo Pini e tutrice dei figliuoli minorenni, concede il terreno e i ruderi di ditta Meta a Bernardino d'Arezzo, con riserva per il rinvenimento di oggetti di scavo. "..vulgariter nuncupata la meta existente in burgo prefato... quouis modo reperiretur aurum argentum statue nec non lapides marmorei, et piperinei facientibus vnam carrettatam lapidum et ab inde supra, medietas sit ipsorum heredum, et alia conductoris."
Sembra che le scale e la platea del S. Pietro vecchio siano state costruite con i marmi della Meta Romuli, poi totalmente distrutta. La Meta Romuli era una piramide sepolcrale simile alla Piramide di Caio Cestio.
META SUDANS
Resti della meta sudante vennero dirupti e involati (fragmentum lateritiae turris rotundae iam incrustatae marmoribus non longe ab amphitheatro), f. 25'.
- Dopo aver scavati gli horti e ridottili a calcara nessuno più li coltivò.
MONASTERO S GREGORIO
Locazione al fine di scavi: 1523, 7 febbraio. R. II? « Cum sit quod frates monasterii sancti Gregorij locaverint domino Franciso Thomasii civi senensi nonnulla vineas et loca ad fodendum puteolanam et lapides ad certum tune expressum et nondum finitum tempus ... et non possit nec velit idem Franciscus locationem predictam ulterius continuare, hinc est quod dictus Franciscus refutavit locationem et ius fodiendi » (Not. Ludov. Damboys, Script, archiv., tom. 276 in A. S. C).
MONTIBUS
1520, 12 febbraio. Il card. Francesco Armellini Medici dà licenza ad una società di ricercatori « auri argenti margaritar. gemmar, lapillor. metallorura omniunque Thesaurum. generis » di scavare « in urbe Montibus speluncis cavernis ac omnibus terris et locis S. R. E. subiectis » (A. S. V. Divers. tomo LXXIV, e. 74).
MURUS SERVII
- 1452. 1 registri di Camera portano grosse partite, in opere e carra, per lo scavo, spezzatura e trasporto di tufi dall'Aventino. Si tratta probabilmente della disfattura delle muraglie di Servio nei pressi di s. Saba, intorno alla quale saranno prodotti altri documenti nel corso di questo lavoro.
OBELISCHI
- "uno ne fu posto nel cerchio Massimo di piedi centoventi doi et hoggi si vede nel mezzo del detto cerchio à giacere et ricoperto di terra et occupa una gran parte di esso spacio (l'obelisco solare) si vede hoggi spezzato in molte parti et ricoperto di terra à pie del monte Accettorio che da noi poco fa è stato veduto scoperto con la sua base, ove sono intagliate le infrascritte lettere" (CIL. VI, n. 702).
- Vedesi anchora un'altro obelisco spezzato sul colle de gli hortuli negli horti Sallustianì, il
qual luogo è chiamato Giralo.
- Veggonsene duoi piccoli, i quali mi penso essere la sommità de' grandi che sono stati rotti, l' uno è in Campidoglio nell' orto d'Araceli, l'altro è su la piazza di Santo Macuto
- un'altro ne è fuori delle mura tra '1 tempio di Santa Croce in Gerusalé et le vigne.
- Un altro ne è grande et bellissimo vicino alla Via Appia nello Hippodromo tra Santo Bastiano et capo di bove spezzato in molte parti, ove ancora sono i segnali delle Mete in mezzo al cerchio, poste per lo lungo, ordinatamente » p. 138, 138'.
OSTIA
- Vi si accenna al trasporto di marmi dal X miglio sotto s. Paolo per mezzo di bufali. È evidente essere stato messo a contribuzione il territorio ostiense: poiché non occorre computare quelle X miglia sino a Roma, ma solo « ad portum Grapigliani prope sanctum Paulum de Urbe.» Il porto scalo di Grapigliano pare che corrisponda a quello ora detto « della pozzolana » sotto la collina di Ponte Fratto, l'antico vicus Alexandri. Esso servì ancora all'imbarco dei marmi provenienti dalla villa albana di Domiziano a Castel Gandolfo. Vi era un traghetto (passatura ultra flumen Tiberis erga dictum portum Grapigliani).
- Alfano e Leone d'Ostia parlano delle « columnae, bases, ac lilla et diversorum colorum marmora » trasportate col mezzo di barche da Roma alla bocca del Garigliano, e col mezzo di bufali dalla bocca del Garigliano a Montecassino. Le colonne ed i marmi del duomo di Salerno formarono parte del bottino di guerra di Roberto Guiscardo.
- 1514, 3 aprile. R. X. Jacopo e Enrico scavatori di antichità deferiscono a Paolo Pini una loro vertenza, circa alcuni avanzi delle fabbriche palatine "In presentia mej notarij etc. Jacobus de cascia effossor lapidum ex una et Enricus similiter effossor lapidum compromiserunt in nobilem virum d. paulum de pinis romanum civem videlicet de omni differentia etc. quam habeot in et supra quadam societate pilastrj existentis prope sanctum gregorium in vinca pauli de pinis et effbssione illius. Actum rome in domo dni pauli de pinis". Not. Gualderoni, prot. 899, e. 81', in A. S.
- Antonio del q. Stefano de Mantaco acquirente della vigna palatina tolse in moglie la nobile Camilla Alberini la quale, rimasta vedova circa il tempo del Sacco, si mise a scavare antichità con l'opera di un maestro Giuliano scalpellino. Costui avendo trovato un filone di travertini, si avvicinò tanto a « lo palazzo de' Prigiapani» presso s. Teodoro, che fini coll'esser chiamato in causa per rifacimento di danni.
- R. X « Vedevansi poco fa (presso a s. Andrea in Pallara, cioè per la presente salita di s. Bonaventura) due porte di marmo fatte all'antica, molto belle à vedere, che senza dubbio superano per materia et per artifìcio tutte l'altre porte di Roma » p. 109'.
PALATIUM — AEDES SEVERIANAE
- 1521, 8 aprile. I monaci di s. Gregorio concedono a Girolamo Maflfei la vigna del Settizonio, già locata a Ceccha Conti.
«Que vinea et gripta (vigna e cripta) per novam locationem concesse... Et quia iuxta dictam griptam ab uno et alio latere sunt duo aliae gripte deserte, quibus ab uno latere est gripta dicti monasterij quam in locatione retinet baptista de mediolano et alias retinebat franciscus de septe retro est palatium maius, ab alio est via per quam ascenditur dictarum griptarum existentium in dicto palatio malori (?) Et dicte due gripte existentes iuxta predictam griptam in dicta locatione facile comprehense fuerint et per eumdem d. hieronymum possesse, licet per dictum notarium in dicto instrumento locationis minime expresse fuerint prout exprimi debuerunt.
Actum rome in dictis griptis supra locatis " (Not. Pacifici, prot. 1189, parte IT, e. 46 A. S.).
Questo documento giova a collocare a posto la vigna subpalatina dei Maffei, della quale si parla nelle relazioni del trionfo di Carlo V, specie in quella di Marcello Alberini, del « Sacco di Roma »
«... volendo che Sua Maestate vedesse la meraviglia della antiquitate . . . parve meglio che tagliando rincontro al lavatore (alla Moietta) la vigna de Hieronimo Maffeo, rivolgendo a s. Gregorio, si vedesse per quella strada dall'una mano il Settisolio, con le antiquitati de palazzo maggiore, e dall'altra li acquedutti et altre antique ruine del Monte Celio »
- 1514, 3 aprile. R. X. PALATIVM. Jacopo e Enrico scavatori di antichità deferiscono a Paolo Pini una loro vertenza, circa alcuni avanzi delle fabbriche palatine" In presentia mej notarij etc. Jacobus de cascia effossor lapidum ex una et Enricus similiter effossor lapidum compromiserunt in nobilem virum d. paulum de pinis romanum civem videlicet de omni differentia etc. quam habeot in et supra quadam societate pilastrj existentis prope sanctum gregorium in vinca pauli de pinis et effbssione illius. Actum rome in domo dni pauli de pinis». Not. Gualderoni, prot. 899, e. 81', in A. S.
- R. X. PALATIVM n. 1535. « Questa cimasa stava in palacjo maiore et trovossi In quella cava della pozolana ». La scheda 1542 contiene altri particolari di basi e di fregi.
- "tanto erano i gradi per gli quali si saliva al Panteo quanti sono quelli per gli quali hoggi si discende, del che vedemmo à questi anni la sperienza, essendo stato tratto di sotterra dinanzi à l'andito del tempio un'arca di pietra quadrata tiburtina (probabilmente usata come avello nel cimiterio locale di s. Maria ad Martyres). . .Sono dinanzi à 1' andito doi Lioni di pari grandezza collocati ciascuno sopra la sua basa tra doi vasi di porfido" p. 177.
- « della qual cosa fa testimonianza una pietra di Teuerino poco fa (1509) canata vicino alla chiavica di santa Lucia » (Cippo di Claudio CIL. 1231)
PONS AEMILIUS
- 1520, 15 aprile. Sorores (del monastero di Torre de Specchi) locaverunt ad tempus vite sue fratri Stephano quondam Pauli castellarli de Zumauat Zagabrieosis dioecesis domum cum quadam capella posita in Ponte Saucte diarie que uuljjariter dicitur sancta Maria del Ponte de santa Maria. Acta fueruut hoc in monasterio qui dicitur la tore de li spechi » (Not. Ludov. Damboys, prot. 276 in A. C).
Nella storia di questo ponte, durante i secoli XVI-XVIII, conviene distinguere quando rimaneva transitabile, ovvero interrotto (disastri del 1230, del 27 settembre 1557, del 24 decembre 1598). Quando le piene del Tevere ne abbattevano periodicamente la metà verso la sponda sinistra, e il passaggio restava interrotto, la metà superstite verso il Transtevere era trasformata in giardino pensile, che i Conservatori del pò. ro. davano in affitto di triennio in triennio. Carta dell'S marzo 1723 (nel tomo XII dei rogiti dei Notari di Camera A. S. C. e. 166)
« Accessi ego notarius (Andrea Tanzi) ad pontem sanctae Mariae vulgo Ponte Rotto in regione Transtiberim e conspectu ecclesiae ss. Salvatoris in pede pontis prout descripsi modo sequenti, videlicet : Aperta la porta del sudetto ponte, et iui entrati, si è trovato due terrapieni dalle parti laterali dell'altezza à circa il parapetto con erbe sementate, e nella mano dritta si è osseruato che per tutta la lunghezza di detto ponte ui manca lo schalino grande di pietra o sia muricciolo con esserui trovati diuersi pezzi di trauertino quali dinotano essere state le sponde del detto muricciolo mancante. Su la mano manca poi qui è tutto il suo muricciolo, ma è tutto coperto di terra, con erba sementata e dall'una et dall' altra parte dei laterali ui sono colonne di legno in piedi piantate quali seruono per gli castelli per stendere li panni con le sue trauerse di legno da capo e da piedi ».
Nello stesso volume si trovano un' apoca d' affitto a favore di Jacopo Ancellini in data 20 marzo 1723, altra a favore di Fabio Mattarelli in data 28 gennaro 1729, e una concessione in enfiteusi perpetua a favore di Angelo Giannini fatta con il visto di Clemente XII il 9 dicembre 1738. Le monache di Torre di Specchi non hanno mai avuto ingerenza sul ponte.
PONS NERONIANUS
- 3 aprile. « opere per le scale di san Pietro a 10 manuali a cavar treuertinj al ponte di santo Spirito » . È probabile si tratti dei muri di sponda della parte di s. Giovanni de' Fiorentini. Altri operai erano occupati contemporaneamente « in cavar fosso per le scale et capare petre ».
PORTA DEL POPOLO
- Immediatamente fuori la porta, fino al sec. XV, era in piedi il monumento dell’auriga Elio Gutta Calpurniano, che guadagnò correndo parecchi milioni di sesterzi; venne in parte adoperato da Sisto IV come materiale per la costruzione di un bastione a protezione della porta, restando così nascosto per secoli; demolito il torrione i blocchi del monumento furono portati all’Antiquarium, e nel 1925 venne ricostruito nel giardino Caffarelli al Campidoglio.
PORTA PORTESE
- costruito sulla foce destra del Tevere, e quindi all’antica città di Porto. Fuori la porta, lungo la Via, eravi pure il cimitero di Ponziano. La Via Portuense aveva origine da una porta del recinto Serviano, della quale non è ben definita l’ubicazione; Qui presso, nell’antichità, era il tempio della Fors Fortuna, ed il 24 giugno vi si celebrava gazzarra identica a quella della notte di S. Giovanni.
- 1464 - fiume dove ai carica co li burchi .... per tiratura di più marmi condocti co lo burchio de nardo ferazolo de la porta de porto (portese) a la piazza de s. pietro ».
- (27 luglio) « nardo ferazolo per nolo de due barche de marmi tirati da porto ». La malaria e il sollione cacciarono i devastatori da quelle plaghe desolate in principio dell'estate: ed è perciò che sino dal 17 luglio ritroviamo il Manganello intento a cavare in piazza di s. Pietro. Apparisce dai registri che l'azione antimalarica dell'acido citrico era conosciuta sin d'allora, trovandosi, sotto la data del
- 14 ottobre, un pagamento « per agrumi comperati per li scarpelini a porto et manuali che cavano marmi » .
- (3 dicembre) id. per 29 barili di vino, e per vino e pane somministrato da acrone da Siena castellano d'Ostia.
«- (13 gennaro 1464) a petro margano due. 3 p conto de due vitelli bufalini dacti a scarpellini a porto,
- (maggio) a Menico baroncello due. 172 per viaggi 21 fatti con la sua piacta a condurre marmi da porto a la ripa per lo pulpito ».
PORTA DI SAN SEBASTIANO
- La porta fu costruita con i marmi tolti dal tempio di Marte.
PORTICUS MAXIMAE
- 1514, 31 gennaio.Incomincia la costruzione della cloaca di Ponte. Gli atti relativi a questo lavoro si trovano nel prot. 61, a e. 13. A. S. « nel luogo dove già furono le Therme di Alessandro, come vi si veggono i vestigi « . Vedi quanto ho detto poc'anzi a proposito di questo palazzo e delle collezioni in esso
formate. Vedi anche Michaelis (Jahrbuch d. Instituts, tomo Vili, a. 1893, p. 119 sg.), e Muntz (les Collections d'antiques formées par les Médicis au XVP siècle, Paris, 895, p. 9 sg.). Non sono riuscito a ritrovare tracce del sito di questa importante scoperta.
- 1511, 22 settembre Il nobile Paolo Pini concede a Cipriano da Genova licenza di scavare e distruggere parte della portious Minucia in piazza Montanara.
PORTICUS OCTAVIAE
- Fino dal 21 giugno 1461 si ricorda un pagamento fatto « a frate antonio da gaeta per spese di certe corde et tragle per lo desegno de lo edifitio per tirar colonne » ed un secondo in data 10 luglio al medesimo « frate antonio. da gaeta per cóperare legname per decto edifitio ». Ecco dunque scoperto il nome dell'ingegnere, dell'emulo di Aristotile di Fiora vante da Bologna, cui era stato affidato l'incarico di calare a basso mercè 1'aiuto di incastellature (edifitio di legname per tirare colonne grosse) le colonne che fiancheggiavano i propilei sulla fronte dei portici d'Ottavia. Pare che le colonne fossero VII.
- 1354, 10 settembre. Opera Octaviae. Il documento relativo a scavo e trasporto di marmi da un tempio di Giove « usque ad portum Tiberis » reca il n. CLXXIX. Quale era il tempio di Giove? Evidentemente il pertico d'Ottavia vicino alla sponda del fiume, cui le Mirabilia, ossia le Guide di quei tempi attribuiscono appunto quel nome. Si noti che il marmo colossale, del valore di 35 fiorini d'oro, era di proprietà privata, di un certo Alessio Matrice. Forse dalla stessa cava vengono i 64 pezzi di marmo imbarcati al porto di Ripetta nell' estate del 1356 (doc. CLXXXIII).
- Ne provengono certamente i 45 traini condotti dall' istesso sito di Alessio Matrice all'istesso porto, nel gennaio del 1362. I marmi erano stati spezzati e lavorati sul posto. I senatori rilasciarono la apodixa di uscita (CCXl). Nel febbraio del 1360 si parla di altre 12 migliaia di marmo, per le quali era stata chiesta « in capitoleo « ed ottenuta « licentia deferendi extra urbem ».
- 1520. Restauro e ingrandimento del monastero di s. Ambrogioalla Massima. Autonio Nibby cosi scriveva di questo edificio nel 1838. "Del portico di Filippo avanzi sopra terra non rimangono. Ma io che sono nato sulle sue rovine, e che vi ho abitato per ben quattro lustri, posso accertare che dentro le cantine di tutte le case comprese fra la piazza delle Tartarughe, il monastero di s. Ambrogio, etc. e qua e la dentro i muri delle case appariscono tali indizi, che se un giorno si sgombrasse il suolo e si demolissero i fabbricati, come si fece al Foro Traiano, si avrebbero risultati importanti per la topografia e per le arti " (R. A. tomo II, p. 609).
- Il piedistallo di una delle muse di Ambraeia, portate in Roma da M. Fulvio Nobiliore in occasione del trionfo etolico dell'anno 565 (CIL. VI, 1307) fu scoperto l'anno 1868, quasi di fronte al portone maggiore del monistero di s. Ambrogio. 9.
PORTUS AUGUSTI
Il porto di Ripetta, chiamato porto dell' Agosta, da portus Aguste Urbis, aveva uno spazio per lo sbarco ed imbarco delle mercanzie, ed un officio gabellarlo, dove il comune e la sua camera rilasciavano le polizze d'esportazione ai marmorari esteri, i quali venivano a Roma a « spiare » la loro preda, prima di intavolare le pratiche coi committenti e coi proprietari Cf. il doc. CLXXIV del 13 febbraio 1350 « Castrutio quando ivit Romam ad spiorandum prò marmo ».
- 1321, 25 maggio. Portus Augusti (Fiumicino) Si paga una fune «prò trahendis marmoribus de quodam fossato prope Castrum Ghalere districtus (urbis) ". I marmi si andavano cercando per la campagna e si lavoravano sul posto a fine di diminuirne il peso. Taluni pezzi dovevano essere stragrandi: i « 7 lapides mangni » tolti via il 27 giugno pesavano, ridotti, sei migliaia ed un terzo.
- Cippo della terminazione del Tevere, CIL. 1238 « iuxta ripam (di s. Biagio) nuper (1509) effossus », p.11.
- Cippo CIL. VI, 1240, « trovato à ponte Sisto (Vaticano), che ora è davanti alla casa di messer Vincenzo Rustici patritio romano » p. 93'.
- 1513-1515 Scavi nella vigna di Lorenzo Palucelli "non longe a ponte Aurelio (Sisto)", altro cippo del Tevere, CIL. 1239, f. 23'. La vigna Paluccelli per eccellenza era quella del Celio, acquistata più tardi da Ciriaco Mattei, e nella quale si praticarono scavi notevolissimi al tempo di Paolo III.
- Scoperta del cippo CIL. VI, 1238 « vicino al ponte vaticano » e del n. 1239 e. « drizzato avanti à Santa Maria Traspontina " p. 72'.
SACRA VIA — BASILICA NOVA
« Forum , p. 4. fissa a quest'anno il grande scavo dinnanzi l' ingresso laterale della basilica di Costantino, il quale condusse alla scoperta dei frammenti del colosso di Domiziano, e delle colonne di porfido che fiancheggiavano l' ingresso predetto, I marmi furono trasportati nel cortile de' Conservatori. Vedi Gregorovius, Storia, tomo VII, p. 665 e Michaelis, Storia Coli. Capitol. Roma, 1891, « extat in ipso atrio (palatii conservatorum) caput et pedes marmorei colossi et queda alia fragméta que erat antea iuxta teplù pacis i via sacra » e Albertini, « Opusc. », f. 86.
« atrium et porticum et capellas et aulara pulcherrimara depictam. Omitto viridaria in quibus sunt vasa marmorea sculpta cum sacrificiis et raptu sabinarum (Leucippidi). Omitto aquarum conservationem subterraneam (cisterna sotto i voltoni antichi) et cameras variis picturis et statuis exoruatas".
- "Templi Isydis . . . uestigia miranda apparent in aedibus ornatissimis car. s. Sabinae », f. 48. Egli accenna probabilmente alle rovine delle Septa Julia, sulle quali era piantata la « domus s. Mariae in via lata a rev. Patio de Sanctoriis viterbiensi card. tit. s. Sabinae sumptuosissirais aedificiis ampliata, cum atrio et porticu et capellis et aula pulcherrima depicta. Omitto viridaria, in quibus sunt vasa marmorea sculpta, cum sacrificiis et raptu Sabinarum. Omitto aquarum conservationem subterianeam et cameras variis picturis et statuis exornata" .
Il Bartoli, mem. 44, parla di un tempio ignoto "di non molta grandezza ma di muri grossissimi di travertino, qual si conosceva essere stato molto ricco di ornamenti, ma tutti di stucco " . L'aveva scoperto Gio. Maria Baratta, un po' scarpellino, un po' architetto, e soprastante alle fabbriclie di Innocenzo X. Fra Griocondo, alcuni scavi da lui visti eseguire all' estremità delle Septa, nel sito della presente piazza di Venezia, e dei quali ha lasciato memoria nelle schede fiorentine 1882 e 2050.
"Cum certo Tempio antiquo ac omnibus in eis existentibus sine tamen consensu prefati domini abatis et monachorum, etc. " così i monaci fanno il contratto col detto Lorenzo Bernardini " regionis Ripe tunc presenti certam partem dictarum terrarum positar : inValle marmoree cui parti ab uno latere sunt bona heredum de antonutiis ab alio sunt alie terre restantes dicto domino Joanni baptiste, retro est Cursus riuli vocati l'acqua della marmorea, ante sunt terre diete abatie vel si qui etc. Cum certo Tempio antiquo ac omnibus in eis existentibus sine tamen consensu prefati domini abatis et monachorum, etc. "
(Not. Gualderoni, prot. 900, e. 9 ter. in A. S.).
SEPULCRUM C • CESTII
- « sono alcune altre lettere verso Testacelo, che non si possono leggere per la roccia et per gli sterpi che vi sono intorno .... Veggonsi ancora hoggi molte altre Piramidi, overo Mete, molto minori, mezze rovinate, fuori della città et massime lungo la strada Flaminia, la Salaria, et l'Appia » p. 143'.
SEPULCRUM METELLAE
- Juxta viam Appiam. La base quadrata del mausoleo appare già spogliata dei suoi travertini nella tavola Lafreri del 1549.
- Vi scoprirono il cippo di C. Annius Fundanus ci. puer rilegato dal CIL. 11724, tra i sepolcrali di bassa lega, il quale prova la esistenza di parentela fra gli Annii ed i Minicii. Nella casa dei Millini in Agone era pure conservata un'altra stela o lapide di Annii CIL. 11755, ed in quella alla Croce di Monte Mario simile di un Minicius Felix.
SETTIZONIO
- 4 febbraio 1536 "Girolamo Maffei vende per scudi 500 a Latino Giovenale de Manettis una vigna di tre pezze, per mezzo della quale fu fatta una nuova strada nella venuta dell'imperatore in Roma, qual strada è dentro Roma e va all'arco di Costantino in loco detto Settizonio vicino la chiesa di s. Gregorio ". Rimane ancora un frammento della vigna nell'area triangolare alla Moietta, circoscritta dal viale e dal vicolo di s. Gregorio, e dalla via de Cerchi.
- Scavi nel sito dell' Horologium di Augusto a s. Lorenzo in Lucina: " in loco ubi mine est domus nona capellae apostolof. Philippi et Jacobi in ecclesia s. Laur. in lucina fuit Basis nominatissiraa Vrbis: non longe a qua est obeliscus semisepultus: ubi effossura fuit Horologium cum lineis et gradibus deauratis: in angulis nero. IV fig. uenti ex opere musivo » f. 29', 30.
Il cardinale Raffaele deve avere scoperto ne' suoi scavi antiche fabbriche, di maniera reticolata, delle quali anche oggi si veggono i vestìgi nei sotterranei del palazzo, riprodotti nelle tav. XX-XXI della Forma Urbis. Egli fece uso quasi esclusivo di materiali archeologici, tolti dall'arco di Gordiano al Castro Pretorio,
« cuius quidem marmora e profunda tellure eruta converti vidimus in ornamenta templi ac palatii s. Laurentii in Damaso »: da un ignoto monumento che sorgeva poco lungi dalla chiesa di s. Eusebio, « inter aedem s. Eusebii et proximam aedera s. Viti in Macello quaedam apparent ruinae »,
dal tempio del Sole Quirinale, « tutti li marmi che sono nel palazo di s. giorgio sono cavati da questo edificio »Sali. Peruzzi, Uffizi n. 664, e forse anche dal Colosseo. Le colonne del cortile furono tolte dal vecchio Archivio-biblioteca di papa Damaso, che stava dall'opposta parte di via del Pellegrino, dentro uno dei grandi peristilii delle " Stabula factionum IIII". La costruzione del palazzo nuovo die' luogo a contestazioni tra il Riario ed il capitolo di s. Lorenzo, terminate con lodo di Leon X del 21 agosto 1520. Vi si narra come
« alias Raphael episc. ostiens. tunc sancti Georgi ad Velum aiireum diaconus cardinalis . . . cupiens palatium antiquum penes ecclesiam (s. Laurenti in Damaso) quod ipse tunc habitabat, demoliri et aliud palatium novum insigne et somptuosum inibi construi facere »
aveva demolito case e botteghe di proprietà del Capitolo. Leone X assegna a questo un'annua rendita di 240 ducati d'oro, da detrarsi dalle pigioni del nuovo palazzo.
- 1520. Il card. Alessandro Farnese incomincia la fabbrica del suo palazzo. Leonardo Furtembach, mercante teutonico in corte di Roma, promette fornirgli calce e travertini
« Intesi dire, che quando maestro Antonio di s. Gallo al tempo che Paolo III era cardinale ebbe fondato il palazzo Farnese e tirato buona parte del cantone verso s. Girolamo, detto cantone fece un gran pelo . . . Restato stupito d'onde procedesse tal disordine si risolse fare una grotta, ed entrò sotto detto cantone . . . Finalmente trovò una cloaca antica fatta nella creta, di gran larghezza, che si partiva da Campo di Fiore, e andava a comunicar col Tevere »
(Vacca, mem. 33)
Questa cantonata del palazzo sorge sugli avanzi, assai ben conservati, di una delle quattro scuderie circensi, descritti dal De Blant nel tomo VI, a. 1886 delle Mélanges.
« Sabbato passato un certo romano facendo cavare un suo revolto in campo de fiore trovò un Hercule con la pelle del Leone in su la spalla stancha. Da la man dextera tiene la clava, sul brazo mancho ha un putino de età forse de quatro anni. Fedra dice che non è Hercule ma Comodo .... Un giorno fu trovata, el nostro Signor se la fece portar a palazo, e dicese che sua Sanctità ha dato al trovatore di quella un beneffìcio de cento e trenta ducati l'anno »
STATIO ANNONAE — ECCL • S • M • DE SCHOLA GRAECA
Il Capitolo di s. Maria in Cosmedin concede a una società di scarpellini e di « effossores lapidum » di scavare dentro e sotto la chiesa stessa, per reperire marmi, metalli, oro, argento, statue o colonne.
« Et prò alia parte Magister Juljanus quondam bartholomej de roscijs fesulane Civjtatis, et Magister Julianus quondam Jeronimj Cecchinj Castri Corbinianj sculptores seu scalpellinj et magister antonius quondam magistri Johannis de riccbis comensis lapidum effossor, omnes in solidum Sponte devenerunt ad huiusmodi pacta et conventiones.. ecclesie S.marie de scola greca, videlicet in loco eiusdem ecclesie versus stratam publicam in conspectu mole eiusdem ecclesie idest prope portam raagnam Cortilis eiusdem ecclesie subtus scalam magnam, a sinistra, Et omnia marmora, Tiburtina, statuas, metalla aurum argentum Et cuiuscuraque alterius generis ibidem invenienda et reperienda Teneantiir et debeant piefati magistri supra extrahere et eitrahi Facere siimptibiis et erpeasis ipsorum magistrorum.... videlicet effossione lapidum et illorum extractione, ac factis, refundatjs et stabilitatis fundamentis modo predicto, omnes illj lapides ad usura murandj tantum et ilij alij tantum vocati la scaglia, qui supererunt"
(Xot. Ponziani. prot. 1828, e. 242 in A. S.).
TEMPLUM DIVI AUGUSTI
TEMPLUM DIVI AUGUSTI |
(f. 48. Vedi Bull. com. tomo XXVIII, a. 1900, p. 309)
TEMPLUM IOVIS
- Nel 1354, mentre reggeva la loggia il capo maestro Andrea di Ugolino, si pose mano ad eseguire la bella finestra tonda rota di facciata. Per essa acquistò a Roma, per trentacinque fiorini d'oro, un marmo grande che dal tempio di Giove doveva essere condotto a Tevere, spezzato, ma ridotto alla forma più grande che fosse possibile: e conduttori ortani, e attiglianesi nel 1356, e nel 58 e 59, ebbero per quel trasporto da Roma al porto di Attigliano varie somme. Dal quale ultimo luogo arrivarono dodici centinaia estratte dal Tevere.
TEMPLUM SACRAE URBIS
I predetti Pietro marmorario e compagni incominciano a cavar travertini a santi Cosme et Damiano » non saprei dire se dal templum Sacrae Urbis o dal vicino foro della Pace. A loro succedono un Giovanni e un Filippo « per lavorare e cavare et fendere travertini a sancto Cosmo » Servivano dunque per la calcara.
TEMPLUM SOLIS AURELIANI
- La collezione statuaria del Monte Cavallo comprendeva, secondo il Poggio, quattro pezzi soltanto « duas (statuas) stantes pone equos, Phidiae et Praxitelis opus, duas recubantes». Poggio Bracciolini in altre lettere ricordate dal Muntz, tomo II, p. 167, n. 3, egli accenna a
«statuae noviter repertae» ad un «caput marmoreum muliebre cum pectore incorruptum " scoperto, fondandosi una casa nella campagna di Cassino etc.
- "A Monte Cavallo stanno due belli grandi cavalli di pietra, e sopra di essi due giovani giganti: e tutto intorno vi stanno quattro colonne di marmo scolpite a guisa di uomini. Item accanto giacciono due giganti antichi scolpiti di pietra (il Nilo ed il Tevere capitolini)"
(Serlio, libro III d'arch., Venezia 1584 e. 69)
- 1462, "a cavar tevertini ad antignano (cioè ad Antoniniano, le terme antoniniane) per cavar treuertini et pozzolana et marmi ad antignano, et petra a la piazza (di s. Pietro)". L'anno seguente il posto fu preso da mastro Pagno: 27 febbraro 1463 "Mastro pagno scarpéllino a cavar et spezzar marmi per le base ad antignano". Nel 1464 successero loro Antonino da Cremona, Augustin da Roma, ed Antonio Rocco da Settignano. Tutti "per romper marmi ad antignano".
- « Al di sotto di santa Sabina (Balbina?) è stato un magnifico pallacium Antonini (nome allora caratteristico e speciale delle terme) ove adesso si scavano marmi preziosi» p. 260.
- 1463, 10 novembre. « Fu di giovedì, morse Pietro Paolo Cortese, famosissimo nel mestiere de marmi, e morì che li cascò sopra una ruina da terra, quando stava nella sua vigna de fronte a Terme, che faceva cavare sotto terra travertini, e esso era andato a vederci Diario »
- « tituli victoriarum Maximiani Herculei in fractis marmoribus in therrais Diocletianis effossis » CIL. VI, 1124. 1484, 17 novembre.
- Licenza a Bartolomeo alias Matto « effodendi et in apertum extrahendi lapides cuiuscumque generis subterraneos dummodo super eos publica aedificia non existant ». A. S. Vat. Divers. 1484/96.
- « I principi che di poi seguitarono (Diocleziano) deposero le statue de' vecchi et de' nuovi imperatori, i capi de quali et alcuni fragmenti de' loro corpi, dissotterrati d'una muraglia, che era sotterra in volta, conservatasi in quel luogo dopo le rovine delle terme, furono parte portati in Campidoglio, et parte mandati à Fiorenza » p. 90.
- «.Adi 20 di Gennaio 1560. Sia noto et manifesto a chi leggerà la presente come questo di et anno detto di sopra io Giouanni Lippi agente della serenissima Madonna d'Austria concedo licenza a mastro Domenico falegname et a mastro Lazzaro muratore fratelli et al presente habitanti in una casa dell'isola della serenissima Madonna di poter tagliare un pezzo d' anticaglia congionta con la casa che habitano sopra il giardino del palazzo et ridurla in buona forma di stanze».1509, 3 gennaio.
- Don Giovanni Lunel abate di s. Sebastiano loca a Ludovica de Senis certi terreni sul vicolo che da Domine quo vadis conduce alla Caffarella, col patto di riserva per gli oggetti di scavo.
TRULLUM AD S STEPHANI
Albertini, ed. 1515, e. 30. Il Trullo, da cui prese nome la chiesa parrocchiale di s. Stefano. Era un edifizio ottagono o decagono, con nicchioni in ciascuna delle facce, divisi da colonne che sostenevano una ricca trabeazione. Prendeva lume da un occhio nella volta, a maniera dei ninfei. Se ne ha una unica rappresentanza nella vignetta n. 7, ed. 1619 di Alò Giovannoli, che lo chiama « tempio di Siepe » e lo dice compreso nel «Pallazzo de SS Capranici in verso Mezzogiorno ».
- 1461 "Alberino carrate xxxj de marmi condusse co suoi bufoli da lo trullo . . . (decembre) Silvestro de auere per tiratura de più marmi dalo trullo a fiume ... per carrate VII de marmi condocti da esso trullo per terra co suoi bufoli . . . per tiratura de più marmi da esso trullo a esso fiume".
Nell'anno seguente si ripetano le stesse partite p. e. « a li xxv de genaro fino a di ixviiij de dicébre carrate xxv de marmj condocti dal trullo ».
Il Trullo stava dunque fuori di Roma, come prova la fornitura di pane e di vino agli operai, speciale a questi casi: in sito accessibille per via di fiume e per via di terra: e probabilmente sulla sponda destra, se di ciò può trarsi indizio dal fatto che il fornitore del pane stava da questa parte; di più era edificio di mole considerevole essendo occorsi non meno di quattro anni per ispogliarlo de' suoi marmi.
- 1464, 18 aprile:
« a m" Petro con VII manuali a cavar marmi alo trullo ». L'ultima partita di questo pontificato è del 24 agosto e dice così: « a romano caradonna ouero a sue erede soprastante alo Trullo a cauar marmi de l'anno 1461 da dj p° aprile per tucto giugno anno decto. A di decto alachian dagustino da roma per nolo de tre lecti dati al trullo quando si cavavan marmi per le scale per uso de li scarpelini . . . a m° ant.° romano falegname per giornate V de lauoro per lo trullo con frate bernardo».
Ora precisamente sulla sponda destra del fiume, a valle della città, nella zona attraversata dalla via Campana si trova ancora il nome del Trullo, sotto la forma scorretta di "piana" e di "Monte del Truglio". La scheda fior. 1999 di L. Donati contiene la pianta di un edifizio tondo, che si chiama el Tuorlo (trullo) ed è fuori di Roma in sul Tevere.
- Gli scavi debbono essersi estesi sino al VII miglio." Romae in via Appia miliario .VII. repertum fuit sepulchrum ubi erant plures tabulae marmoreae in quib. erant sculptae coronae laureae et diversarum frondium infra qui erant scripta ista nòia Tragoedor. Citaredor. et Comicor".
- Scoperta del corpo integro della cosidetta Tulliola sul fianco sinistro dell' Appia nella tenuta di s. Maria Nuova. Gli scavi continuarono almeno sino al 1847, tornandone in luce i sepolcri di Cecilia Verissima, CIL. 1363, quello di Q. Herennius Potens fiancheggiato da due statue, una togata, l'altra coricata, CIL. 1427: ed altri di minor conto. Furono trasportati alle Tre Fontane.
- 1517 circa. Un breve di Leone X in data 30 novembre dà a Iacopo Mazzochi il privilegio di pubblicare entro i sette anni le "Epigrammata antiquae urbis " le quali videro realmente la luce nell'aprile del 1521. Fra gli scavi trovati dal Mazzochi v'è quello di un sepolcro « in Vinea M. Ioannis De Macerata al purtam Appiam » di cui era titolare Sergius Asinins Phaimus.
- 1519, 4 maggio. I monaci di s. Sebastiano locano a Giuliano, Luca e Francesco Nobili alcune terre vicine al monastero col patto di riserva per gli oggetti di scavo.
"In presentia.. procurator venerabilis monasteri s. Sebastiani et fabiani extra et prope muros urbis ad catacumbas locaverint providis viris Juliano luce et francisco germanis fratribus de nobilibus Ro: Civibus Regionis campi martis certas terras positas prope dictum monasterium.m contiguas dicto monasterio,, Et si contingat reperiri in dictis terris lapides cuiuscumque qualitatis ac aurum argeiituin aut quidque pretiosum quod medietas sit dicti monasterij et alia dictorum fratrum". (Net. Gualderoni, prot. 900, e. 54 A. S.).
p. 240. VIA APPIA — SEPVLCRVM METELLAE. Juxta viam Appiam. La base quadrata del mausoleo appare già spogliata dei suoi travertini nella tavola Lafreri del 1549.
VIA DE CERCHI
Il documento si riferisce a quella lunga fila di grottoni tuttora esistenti in via de' Cerchi, e precisamente alla parte compresa tra la vigna di Mario Mellini, e quella di maestro Guidone da Viterbo. Se ne può riconoscere la località per mezzo di quella certa « ecclesia existens subtus dictum terrenum » la quale non può essere s. Lucia del Settizonio, diaconia illustre, che fronteggiava s. Gregorio in Clivoscauri, ma s. Maria de Gradellis, rimodernata dai Cenci nel seicento, sotto il titolo di s. Maria de' Cerchi, e ridotta a mascalcia nel 1886. Si vede rappresentata, coi grottoni vicini (magazzini ouer botteghe di mercanti) nella tav. 9 di Stefano du Perac.
- Paolo IV abbattè la fabbrica "per l'impedimento che apportava al suo disegno di resarcire le mura di Roma."
- "Inter augustam et ecclesiam s. Thomae, in vinea fratum s. mariae de populo positam, el fossa fuere multa marmerà cum statuis et colufiis dirutis cum lapide marmoreo et semidiruta inscriptione." Pietro Sabino Marc. 74 dice che il sito dello scavo trovavasi « via flaminia a dextris exeuntibus ex mbe sub colle Hortulorum ». La chiesuola aveva nome s. Tommaso de Vineis, e « non habebat sacerdotem ».
- « a Galeotto da No varrà per opere 33. date a cavar marmi ala gualcha » cioè nella tenuta che porta ancora tal nome, circa il VI miglio della via Flaminia (Valcha e Valchetta). Negli antichi documenti è chiamata « Castrum Valchae (la gualchiera mossa dal fiume Cremerà) prope primam portam, circa stratam que ab urbe ducit Flaianum (Piano) et in contratam Collini ». Di esso facevano parte «casale vocatum Trullus de Buccamatiis » e « casale tres columne « denominazioni riferibili ai mausolei rotondi e alle ville di quel tratto della via Flaminia.
- 1467, aprile. Grande provvista di travertini per acconciare le pile del ponte Milvio. Devono essere stati cavati da qualche edilìzio vicino alla sponda del fiume, perchè il loro trasporto era fatto per mezzo di una barcaccia da Nuccix) di Tarni. In una nota presentata a Sisto IV nel 1471 dai creditori di Paolo II, si trova la partita seguente « Nucciolo da Narni de hauere per ottanta carreggiature di pretreda buonrecovero al ponte de sancto Agnolo messe in opera etc.» Gli scavi erano, stati fatti dunque, presso al V miglio della via Clodia Veientana, nel tenimento di Buonricovero.
- « Inter augustam et ecclesiam s. Thomae, in vinea fratum s. mariae de populo positam, el fossa fuere multa marmerà cum statuis et colufiis dirutis cum lapide marmoreo et semidiruta inscriptione CIL. tomo I, p. 290, n. XXXII, e VI, n. iai5 ". Pietro Sabino Marc. 74 dice che il sito dello scavo trovavasi « via flaminia a dextris exeuntibus ex mbe sub colle Hortulorum ». La chiesuola aveva nome s. Tommaso de Vineis, e « non habebat sacerdotem ».
- « veggonsi ancora le reliquie e segni su la piazza di Sciarra (fornice di Claudio) onde ella incominciava et dinanzi à santa Maria in via Lata » (Arcus novus) p. 211.
- Il prelato francese Adam fabbrica 1'elegante cappella di s. Giovanni in Oleo presso la porta latina e il colombaio di Pomponio Hylas, servendosi di entrambi. Armellini, p. 521.
« D. Marius de Buccabellis ciuis et clericus romanus locauit in perpetuum d. Lucretie Sparrettone curiali ro. cu. seq. vnum petium terre seu fundi cannarum sexaginta in quo nunc est vinea intra menia Vrbis in Campo martio non longe ab ecclesia beate Marie Virginis de Populo cui ab vno latere coheret aliud petium terre quod ven. uir d. Petrus da Albinis ciuis et clericus romanus conduxit in perpetuum a prefato d. Mario ab aliis lateribus uie pubi ice ad edificandum in eo domum. Cum pacto quod si in eo petio terre aliqui lapides marmorei aut tiburtini apti ad artem scalpellanam siue statue marmoree aut cuiuscumque generis lapidum siue metalli seu aqueductus plumbei aut alterius metalli invenirentur sint communes prò equali portione » .
I principali proprietari di vigne ed orti attraversati dalla via Leonina e dalle trasversali (dell'Avvantaggio, della Scaletta, Schiavonia, l'Ortaccio, Tomascelli etc.) erano: i frati di s. M. del Popolo, in condominio con l'ospedale di s. Giacomo in Augusta (lungo la sponda sinistra del fiume): i frati di s. Agostino e gli eredi d'Agostiuo Chigi, i quali possedevano un giardino in Schiavonia, detto anche il giardino d'Ascanio. Le aree fabbricabili furono vendute quasi tutte a muratori-architetti Comaschi, Varesini e Caravaggesi, che piìi tardi si unirono in congregazione nella loro cappella di s. Gregorio de' Muratori in via Leccosa.
BASILICA NOVA
- 1523, 29 novembre. Licenza di cavare nella propria vigna in via Salaria rilasciata a Caterina albanese, dimorante in Roma, con la riserva del sesto del prodotto alla Camera (Arch. vat. Divers. tomo LXXIV, e. 43).
- 1526, 9 maggio. Notizie sulle cave di travertino in territorio di Piano. "Franciscus de Roman Picconerius Rome commorans promisit magistro Bartholomeo de Agoreo et Fidrico de Bagiis de Merco, ac Baldassarri qd. magistri Marci Viterbiensi scarpellinis, cavare et carrigare super carrozzam unam ex duobus suis predariis sitis prope Castrum Piani in loco dicto el prato de la corte carrectatas quingentas lapidum travertinarum grossarum et parvarum aptarum ad mensuram dictorum scarpellinorum .... prò pretio trium carlenorum monete veteris prò qiialibet carrectata " .
VIA TRIUMPHALIS — VIA CORNELIA
- Nel cod. barber. XLVIII, 112, si parla della villa di Lutio Rustio Sacerdote « con un vago palazzo ove è ora il giardino pontificio, nel quale sono di presente alcuni epitafij e pili de Gentili, "non altronde qua trasportati ma quivi ne tempi di Leon X, Pio IV e d'altri ritrovati". Fra questi sepolti lungo la via Trionfale il cod. nomina
«Aurelio Marcellino, Tito Settimio, Tettieno Felice augustale. Marco Camurio, Ulpio Egnatio, Parilo Cissio, Sempronia Talusia, Flavia Salutare, Aurelia figlia di Lutio, Reginia Tituleta, e moltissimi altri i cui epitafij registrati parte ho appresso di me, parte sono nell'Archivio di s. Pietro... avanzando il centinaio, i quali tutti epitafii in marmo et in pili sono stati trouati in questa parte del Vaticano».
- Il registro dei conti di fabbriche che abbraccia il quinquennio 1460-1464, contiene, in principio, le due seguenti partite: « a cavar marmi et pozolana ouer breccia a la vigna.... a ropare et ruinare case p. la piazza de sampiero «. Si tratta forse della vigna di Belvedere « agli Spinelli » già ricordata sotto Nicolao V.
- Il sepolcro gentilizio dei Minicii sul monte Mario . Parte dell'ipogeo fu certamente esplorata dai Millini nella seconda metà del quattrocento. Vi scoprirono il cippo di C. Annius Fundanus ci. puer rilegato dal CIL. 11724, tra i sepolcrali di bassa lega, il quale prova la esistenza di parentela fra gli Annii ed i Minicii. Nella casa dei Millini in Agone era pure conservata un'altra stela o lapide di Annii CIL. 11755, ed in quella alla Croce di Monte Mario simile di un Minicius Felix (e. 59 e 77').
- 1452. Nell'anno stesso si pagano oltre a dodici ducati « a ronpere trevertino a chapo la vigna di Tomaio Spinelli « banchiere della corte pontificia, insieme ad Ambrogio Spannocchi, Piero e Giovanni de Medici, ed Alessandro Mirabelli. Sembra che si tratti, non di cava naturale del sasso, ma di qualche grande monumento antico, perchè la vigna Spinelli stava a pie' del monte Vaticano sulla via Trionfale, dove non e' è roccia, ma solo creta figulina.
VIE LATINA E TVSCVLANA
Mi porge occasione a trattare di queste vie, sotto il pontificato di Giulio HI. una licenza accordata dalla Camera apostolica il 23 maggio 1553
".. perquirendi thesauros et ellbdiendi iu civitatibu. Anagnine et Tusculane, ac terra Gabiniani provincie Campanie, eoruni tenitnriis et subterraaeis "
a patto che gli oggetti ritrovati in suolo pubblico fossero divisi a metcà tra la Camera e l'inventore, quelli trovati in suolo privato lo fossero in tre parti [A. S. V. Divers. tomo CLXXVII, e. 114]. Conviene ripetere « ab uno disce omnes ». Quello che, mercè delle indagini del Gondi, sappiamo essere avvenuto per Mondragone in fatto di scavi, di scoperte di fabbricati, di sculture marmoree figurate, di iscrizioni isteriche ecc., deve essersi ripetuto per tutte le altre ville erette nel territorio circostante nella II metà del sec., le quali tutte occupano siti antichi, e hanno le fondamenta adagiate sopra pareti antiche.
Il fregio e. 66' è veramente bellissimo. Nella serie di incisioni architettoniche, composta di 46 pezzi, incominciata a publicare nel 1528, serie che sitrova generalmente riunita alle grandi collezioni Lafreriane, il n. 3 rappresenta una « basa in Roma... sotto Capitolio » e il n. 4 un capitello e una base « in Roma in el tempio de Giove sotto Capitolio ». Ambedue sono marmi di scavo.
VIGNA MONTEFIORE
palmi quattro quadrato et dicto m. Nicolo glie dia la pozzolana et calce et se per caso nel cavar detto pozzo si trovasse pietra minuta et pozzolana che sia per murare per dicto Nicolo et se si trova marmi travertini statue colonne et altri metalli cioè oro et piombo et argento sia commune fra l'uno et l'altro et che la spesa per tirar su si faccia commune et convenerunt che detto Nicolo debia pagare in contanti Julij vinticinque et che dicto lavoro se debia comensar martedì proximo da venire. [Not. Giambattista Amadei, prot 38, e. 444'].
- 1519, 22 novembre. Battista e Marcello Frangipani fanno scavi nel loro sito tra s. Teodoro e s. Anastasia, detto più tardi la vigna Nussiner.
"Indictione octava mensis novembris die 22, 1519. In presentia mej Discretus vir andreas de Bevagna habitator urbis in Regione Campitelli sponte etc. promisit" Non si tratta di travertini cavati ex novo dalle cave del Barco o delle Caprine, ma di quelli stessi che reggevano l'argine della strada antica, ceduti dai Tivolesi al papa Leone.... . Actum Rome in Regione Campitelli in domo habitationis prefatorum fratrum » (Not. Pacifici, prot. 1187, parte 4*, e. 152').
VIGNA SCHIFANOIA
- 1493, 24 febbraro. L'egregio dottore in legge Agostino di Martino concede licenza a Lorenzo Berti, chierico fiorentino, di scavare nel canneto della propria vigna detta Schifanoia, a tutte spese dello scavatore. I materiali da costruzione ele pietre e scaglie da far calce saranno del medesimo: un terzo degli oggetti d" arte e di valore sarà del proprietario, Not. Egidio de Fonte, prot. 591 e. 8' in A. S. C.
«Die 27 Aprilis 1578, Mag. D. A g a b i t u s Tagliaferrus filius d. equitis Marci Antoni.) Tagliaferri ex una et D. Geminianus de silvestris quondam Anibalis mutinensis ex altera parte devenerunt inter eos ad invicem et vicissim ad infrascriptapacta videlicet fovendi seu cavandi in vinea ipsius d. equitis sita extra portam
S. Laurentij et in tutti lochi di detta vigna et anco sotto li scassati novi a grotta quale cava si convengano che si abbi da cominciare al principio di ottobre prossimo che verrà et da durare ad arbitrio di esso Geminiano.
VIGNA TOMMASO INGHIRANI
- 1463, Nel marzo gli scavi di Ostia furono attivamente proseguiti dal langanello e i suoi manovali. I pagamenti della Camera "apud portum portuensem" continuano per molti mesi. Il solito Silvestro di Giuliano ser Roberti fu impiegato « ad vehendum marmera ex Hostia per via di terra, mentre quelli di Porto presero la via di fiume sino alla Torre di porta Portese. (30 maggio) « giohani da ferrara e comp. X a cavar marmi a porto et ad hostia, (12 luglio). "Silvestro de giuglano per giornate XIII con X bufali et due schiavi a tirar marmi nell'isola de porto."
- (3 dicembre) id. per 29 barili di vino, e per vino e pane somministrato da acrone da Siena castellano d'Ostia.
- (13 gennaro 1464) a petro margano 3 per conto de due vitelli bufalini dacti a scarpellini a porto,
- (maggio) a Menico baroncello due. 172 per viaggi 21 fatti con la sua piacta a condurre marmi da porto a la ripa per lo pulpito.
- Sisto IV dà principio alla costruzione del castello di Ostia il quale non contiene mattone o pietra o marmo che non sia stato tolto dagli edificii della colonia. È probabile che i monumenti lapidarli CIL. XIV, 99, 246, 47 sieno tornati all' aperto sotto questo pontefice. Il primo era inciso « in quodam marmore delato Roma ex civitate portuensi » : il secondo, ostiense, era finito nel giardino Colonna ai ss. Apostoli : il terzo, pure ostiense, fu trascritto dal Giocondo « in tempio prope . . . viam Ripensem ubi venditur caseus Sardus » Domenico scarpellino e compagni ricevono la cospicua somma di 205 fiorini per fattura di palle e di bombarde con marmi e pietre di scavo.
- 1509. Maestro Battista da Ferrara costruisce per il prezzo di cento ducati la " domus ad usum Salarle in civitate Hostiensi » ossia il "Cason del Sale ". Per procurarsi il materiale occorrente maestro Battista apri uno scavo nel sito dell'antica conserva d' acqua della Colonia descritta in Noi Scavi, 1885, p. 530, distruggendone quella sola parte che era costruita a massi di tufa. Distrusse inoltre le varie nicchie e modanature.
- Commentarii, lib. XI, p. 302 relativo ad Ostia « ubicumque effoderis, marmerà invenias, et statuas, et columnas ingentis magnitudinis ».
MALBORGHETTO - VEIO -
Assai importanti le notizie relative agli scavi di Malborghetto, contenute nei documenti CCXXII etc. Padrone de luogo era il "nobilis vir dominus Latinus de Ursinis", il quale donò all'opera del duomo « lapides marmoreos positos et existentes in districtu et territorio Castri Insule prope Malborghetum ». Raccolti e ridotti alla forma dovuta, erano deposti sulla sponda del fiume alle « Capanne Malborghecti ».
BIBLIO
- Rodolfo Lanciani - Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità - 7 voll. - Quasar Edizioni - Roma - 2002 -
Sito bello e curato per moltissimi aspetti, purtroppo scade un po' quando insiste su una stucchevole polemica anticristiana, che spesso deforma un po' fatti altrimenti veri, appoggiandosi con troppa sicurezza ad argomentazioni e luoghi comuni smontati da secoli di discussioni di altro livello.
ReplyDeleteOttimo per la divulgazione, ma quando si butta su analisi di questo tipo risulta spesso infantile e mal documentato.
Io invece vedo un lavoro molto documentato ed accurato, ed essendo un ateo convinto lo posso leggere chiaramente senza preconcetti di sorta.
ReplyDeleteBravi, continuate così.
Se è per questo,sono ateo anch'io, proprio per questo, quando è il caso, posso permettermi di criticare atteggiamenti antiecclesiastici che mettono in ombra certe fonti a scapito di altre, o le deformano.
ReplyDeleteLo ripeto, nel complesso il sito è fatto molto bene, ma lasciarsi andare ad assunti ideologici forzati e ampiamente opinabili gli toglie quella validità storiografica cui invece ambisce.
Basterebbe citare frasi come "l'alfabetismo allora era come oggi in Italia", asserzione priva di fondamento e comunque non verificabile da fonti certe e condivise, oppure il raffronto fra pittura pompeiana vs quella catacombale (vista come involuzione), quando esse sono per molti versi quasi contemporanee e sopratutto hanno entrambe capolavori enormi (date un'occhiata alle catacombe vaticane e ai dipinti e ai mosaici, prima di concordare con inesattezze simili) e via dicendo con frasi apodittiche come "la scienza era ritenuta opera del diavolo", roba vera ne Il nome della Rosa, non certo nella realtà.
Insomma, per seguire l'avversione anticristiana, si spacciano inesattezze pure e semplici.
Confermo che, senza di esse, sarebbe un'ottimo sito storico. Così com'è si squalifica da solo. La critica religiosa (legittima, ci mancherebbe) non andrebbe mai mescolata con la divulgazione storica: sono ambiti completamente diversi.
Vive Cordialità.
Ti sei dimenticato degli uomini di scienza costretti, quando andava bene, ad abiurare,e quando andava male salivano sul rogo, e senza nemmeno la grazia dello strangolamento. A me dissero che ciò che scrivevo era opera del diavolo.
ReplyDeleteGiordano Bruno
Caro Giordano Bruno,
ReplyDeletehai fatto una finaccia, è vero, ma di certo non eri un "uomo di scienza", visto che ti occupavi sopratutto di ermetismo, magia, misticismo gnostico e via dicendo e che nei tuoi libri parli sì di Copernico, ma in maniera estremamente errata e imprecisa (come dimostra il dibattito che tenesti ad Oxford, in cui fu mostrato che in realtà di astronomia e fisica sapevi poco o nulla).
Probabilmente se in quella e altre occasioni fossi stato meno arrogante, non avessi fatto ricorso ad ingiurie e insulti, forse saresti sfuggito a quella condanna che, per inciso, avresti trovato sicuramente anche in Inghilterra e Svizzera, dove soggiornasti e dove di papisti non ce n'erano....
Puoi consolarti nell'essere diventato, senza merito, un'icona di quella disciplina - la scienza - le cui caratteristiche tanto avversavi (la precisione e la cura, tanto che detestavi la geometria...). R.I.P.
Quindi ha sbagliato giordano bruno a non piegarsi al volere della chiesa, e si è meritato le torture, gli anni di prigione e il rogo perchè non la pensava come loro, capisco.. tu sei ateo quanto lo può essere il papa.
ReplyDeleteE galileo galilei, ipazia e molti altri, sono i soliti sacrileghi che se la sono andata a cercare immagino. Fammi il piacere di non dire assurdità almeno nel rispetto di chi è stato trucidato dalla chiesa.
Sito pieno di contraddizioni. Insiste su una sterile polemica anti-cattolica, pur confermando con i dati forniti che le devastazioni non furono arrecate durante il medioevo (oggi è persino messa in discussione tale definizione, tant'è che l'alto medioevo viene perlopiù ascritto al periodo tardo antico), bensì nel bel mezzo delle tanto esaltate (dagli illuministi e quindi dalla massoneria judaica anti-cattolica-romana) epoche "Rinascimentali", "Illuministiche" e Risorgimentali. Non sono forse quelle epoche neo-paganeggianti e neo-platoniche? Inutile che vi sforziate nel vostro intento di distorcere la storia; l'Impero e la sua civiltà non caddero nel 476 (o 480 che sia), né tanto meno vennero cancellati dal cristianesimo. Roma manifesta una certa continuità culturale, nonché politica ed architettonica, sino ad almeno l'anno mille. Se non si è convinti di ciò, basta dare uno sguardo ad Oriente, in cui Costantinopoli giganteggiava sul Bosforo in tutta la sua imperturbabile e viscerale romanità (nonché cristianità). Giusto, nei libri illumistici ed ebraici del ministero della pubblica istruzione non si parla di Costantinopoli, solo qualche accenno...E' come scrivere la storia del '900 senza menzionare gli Stati Uniti...Ora comprendete lo spirito di questo sito?
ReplyDeleteMa se sono stati sempre i papi e famiglie nobiliari annesse con parentele di papi e vescovi coloro che hanno fatto smantellare opere romane di ogni tipo e non mi risulta che questi non esistessero dopo il medioevo, dato che hanno sempre imperato fino a pochi secoli fa. Va bene essere cristiani, lo sono anch'io, ma non per questo bisogna nascondere la realtà della distruzione perpetrata dal cristianesimo, un minimo di onestà intellettuale.
ReplyDeleteLeggendo le Vostre argomentazioni, viene da dire, molto facilonamente, che avete tutti ragione ; e ,in effetti, è proprio cosi.Penso però che sarebbe ora di smetterla di addossare la colpa di tanta distruzione a chi ci è più antipatico : è vero, Roma è stata uccisa e dopo se ne è smembrato il cadavere.Di certo mai prima e neppure dopo, è stata costruita una Città come quella, Madre di tutte le città europee e simbolo fondante della nostra civiltà stanziale. Invece di sprecare fiato e tempo in polemiche, Vi invito tutti a lavorare per un progetto unico e che,finalmente,darebbe a Roma il meritatissimo posto fra le capitali del mondo : perchè tutti Voi,mi pare di capire,amate la Città e siete tutti dispiaciuti per lo stato in cui si trova.Il progetto è questo :RICOSTRUIAMO TUTTO IL RICOSTRUIBILE DI ROMA, con rispetto per tutti i monumenti che nel tempo si sono addossati agli antichi edifici.Il Tempio di Venere e Roma può risorgere per più di tre quarti,il Colosseo non pone alcun problema e,se non sarà ricostruito,finirà per crollare per via delle acque.Ancor più il Foro deve essere rimesso a nuovo e non stare tanto lì ad impazzire se qualcosa non sarà,sicuramente,com'era il giorno in cui fu inaugurato,o meglio,benedetto.Così dicasi per Villa Adriana e per tutto quello che porta il Sacro Nome di ROMA.Ormai,con l'automazione,non c'è più nulla da sperare in termini di lavoro manuale :lo sapete che gli Imperatori davano lavoro con questa mega costruzioni a migliaia di persone ,no ? Bene,allora fatevi portatori di questa sana idea, perchè,come ho scritto più sopra, si vede lontano un miglio che amate ,che amiamo, tutti ROMA. Non insultiamoci fra credenti e non credenti, cerchiamo piuttosto col nostro sapere di ridare una vita non effimera come ora ad edifici che sarebbero,ricostruiti, l'invidia del mondo intero.Basta con questi rottami in pieno centro, che fanno di ROMA una città perennemente bombardata.Si,è vero, i cristiani avranno sbagliato, ma è stata la contingenza del momento. Non dimentichiamo che a Roma l'assenza di una forma di governo non eletto dal popolo portava continuamente in lotta frange dell'esercito,composto da migliaia di cittadini romani,ad affrontarsi in cruente battaglie per soddisfare la sete,talvolta sanguinaria,di potere di vari generali. E il popolo romano era stanco di questi efferati e stolti massacri, di continue guerre civili ogni volta che moriva,anche in modo violento, un Imperatore.Ormai non si torna indietro, ma cerchiamo di andare avanti e RICOSTRUIAMO LA ROMA DEI CESARI.Solo così renderemo Giustizia alla Cultura di ROMA,solo così finirà quasta diatriba,ormai inutile, su chi è stato il colpevole di tanta rovina:Chi lo sa, forse qualcuno di Noi è discendente di questi efferati calcinari... Statemi bene.
ReplyDeleteAlla persona che ha scritto frasi citando la massoneria giudaica ecc , rammento che se Le fa tanto schifo la Massoneria allora non faccia uso della scienza, visto che è grazie alla Massoneria che si son fatti passi avanti nella libertà del sapere scientifico, prima solo ad appannaggio del Clero. Il discorso su gli Ebrei lo lascerei perdere visto che in Massoneria vi sono anche i Cristiani e non solo; quindi inutili sono frasi a sfondo antisemita, che dovrebbero essere segnalate. Lei è forse un seguace di qualche complottista ed alberga in qualche fora dietrologico? Ha una specializzazione e PhD in storia romana od archeologia classica?
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