ATRIUM VESTAE - CASA DELLE VESTALI

RICOSTRUZIONE GRAFICA (By Gilbert Gorski)

IL TEMPIO

Così ne scrive il Vasi nell'800:
"Il Tempio di Vesta fu edificato da Numa Pompilio alla spiaggia del Tevere, e che poi avendo sofferto nell'incendio Neroniano fu rifatto da Vespasiano, o da Domiziano suo Figlio. Le 20 colonne scanalate Corintie di marmo pario, che veggonsi all'esterno, formavano un portico circolare, mancante ora dell'architrave, e di tutti gli ornamenti, che lo rendevano compito. 

 Gl'intercolunni furono poi chiusi con muro nel ridurlo ad uso Sacro. Subito che questo antico Tempio fu convertito in Chiesa, fu dedicata a s. Stefano. Di poi cambiò il suo nome in quello di s. Maria del Sole, per un'Immagine, che quivi fu collocata, e che si venera sotto questo titolo. 

Da questa parte erano gli antichissimi Navali, cioè lo sbarco di quanto per fiume veniva in Roma, prima che dal ponte Sublicio fosse impedito alle navi di giungere tanto avanti. Tutta questa riva, ristretta dall'argine fattovi da Tarquinio Prisco era sì bene decorata di fabbriche, che veniva detta pulcrum littus."

Ma si tratta del più famoso tempio di Vesta del Foro Boario, oggi ritenuto tempio di Ercole Vincitore. Il tempio del cosiddetto Atrium Vestae è invece piuttosto diroccato e giace nel Foro Romano.

AEDES VESTAE. Scoperta del vero tempio di Vesta « ubi nunc est ecclesia sanctae Mariae libera nos a poenis inferni ", f. 46.  (Rodolfo Lanciani)


Il Tempio di Vesta, del IV sec. a.c. è uno dei luoghi di culto più antichi di Roma, per la presenza, nella sua area sacra, del “fuoco sacro” protettore dello Stato romano e dell'Urbe. Il Tempio era collegato alla Casa delle Vestali, le sacerdotesse custodi del fuoco sacro, e i due edifici finirono per rappresentare un’unica costruzione denominata Atrium Vestae.

BASSORILIEVO ORIGINALE DEL TEMPIO
Il Tempio di Vesta aveva un’ampia pedana circolare in cemento rivestita di marmo, del diametro di 15 m, che sorreggeva le basi di 20 colonne corinzie scanalate disposte ad anello.

La cella era anch'essa circolare e ospitava il fuoco sacro perennemente acceso per cui il tetto conico aveva un foro centrale per il fumo.

Non conteneva alcuna statua o rappresentazione della Dea Vesta ma si può ipotizzare che la statua della Dea fosse conservata all’interno dell’edicola posta in prossimità dell’entrata della Casa delle Vestali.

All’interno della pedana si apriva un vano a forma trapezoidale che ipoteticamente rappresentava il penus Vestae. Ad esso era possibile accedere soltanto attraversando la nicchia e le sacerdotesse Vestali erano le uniche dotate del permesso di raggiungerlo.

Il penus Vestae aveva la funzione di conservare i pignora civitatis, alcuni oggetti sacri legati a Roma e “pegno” delle fortune della città che, secondo quanto narrato da un’antica leggenda, Enea avrebbe condotto a Roma dalla città di Troia. Tra gli oggetti più importanti contenuti all’interno del penus Vestae vi era sicuramente il Palladio, un’antica statua lignea della Dea Minerva.

I RESTI DEL TEMPIO AL FORO ROMANO

Il Tempio di Vesta e la Casa delle Vestali furono distrutte dall'incendio del 64 d.c. provocato forse da Nerone e per questo motivo i due edifici originali vennero rimpiazzati, ad un livello maggiore rispetto quello precedente, dalle strutture visibili ancora oggi.

Nonostante le numerose variazioni subite dal Tempio nel corso degli anni, esso conserva ancora oggi le dimensioni e la forma originarie; il suo nuovo orientamento, invece, fu realizzato tenendo in considerazione quello dominante all'interno del Foro Romano.

Il Tempio fu sottoposto poi ad un totale risanamento durante l’epoca di Traiano e, successivamente, fu rinnovato anche ad opera di Giulia Domna, la moglie dell’imperatore Settimio Severo e particolarmente devota alla Dea, in occasione dell’incendio avvenuto nel corso del 191 d.c., ed anche questo risanamento rispettò la forma originale del Tempio mantenuta anche dal precedente rifacimento del 64 d.c.

L'aspetto attuale del Tempio di Vesta è legato ad un risanamento avvenuto successivamente nel corso del 1930 che utilizzò gran parte del materiale originale del Tempio, rifinendo il resto con aggiunte in travertino.

LE VESTALI

LE VESTALI

Secondo Tito Livio, Rea Silvia, sorella di Numitore, fu consacrata alla Dea Vesta, la Dea del fuoco, perché il re Amulio ne temeva la fecondità.

Le Vestali erano le custodi del fuoco sacro, acceso con rami d'arbor felix, al di fuori dell' aedes vestis (tempio delle vestali), i tizzoni, poi, venivano portati all'interno del tempio e posti sul focolare. Il fuoco non doveva mai spegnersi. Nel tal caso, la pena prevista era terribile: fustigazione della Vestale responsabile, in un luogo oscuro, e coperta soltanto di veli.

VESTALE
Inizialmente, la custodia del fuoco sacro, era nel tempio di Caco sul Palatino (uno dei sette colli di Roma); successivamente ebbe sede nella Casa di Vesta, nel Foro.
Quando Roma era sotto il potere del Re Sacro, le Vestali dipendevano dal re. Dopo l'introduzione delle XII Tavole, in epoca monarchica, le Vestali passarono sotto l'autorità del Pontefice Massimo che le sottraeva alla patria potestà.

Inizialmente, le Vestali erano quattro, passarono poi a sei e venivano prescelte dal Pontefice Massimo, tra venti bambine, tra i sei ed i dieci anni, appartenenti a famiglie patrizie, con entrambi i genitori in vita e fisicamente impeccabili. Prescelte con sorteggio, all'atto della consacrazione, facevano dono della loro chioma alla Dea. Vestite in modo austero, esse facevano voto di castità.

Se venivano sorprese a commettere atti di libidine venivano sepolte vive nel campus sceleratus, nei pressi di Porta Collina, in una fossa con poca luce e poco cibo.
Questa era, poi, ricoperta, per cancellare ogni ricordo della Vestale. Il seduttore veniva fustigato a morte. Dopo trent'anni potevano abbandonare il sacerdozio e sposarsi.

Le Vestali conducevano una vita agiata, grazie alle elargizioni private ed ai lasciti testamentari. Anche molti imperatori lasciarono consistenti ricchezze all'ordine delle Vestali. Esse provvedevano inoltre ad aiutare i poveri ed i bisognosi, e potevano concedere la grazia ai condannati. Non a caso Silla risparmiò o finse di risparmiare la vita del giovanissimo Cesare perchè richiesto dalle vestali.


Avevano posti privilegiati al teatro ed al circo, e partecipavano attivamente alla vita della città. In particolare, la Vestale Massima era esentata dall'autorità dei funzionari pubblici, i censori. Alla loro morte, avevano il privilegio di essere sepolte all'interno delle mura della città.

PLANIMETRIA DELLA CASA DELLE VESTALI (INGRANDIBILE)
L'avvento del cristianesimo non causò la fine dell'ordine. Al contrario, le Vestali continuarono ad essere amate ed onorate dal popolo romano.

Nonostante l'opposizione degli imperatori, il culto delle Vestali sopravvisse fino al IV° sec. d.c. . In seguito agli editti di Graziano, 382 d.c., furono tagliate le rendite annue delle Vestali.

Valentiniano e Teodosio, nel 391 e 392 d.c., proibirono alla popolazione di entrare nei templi pagani ed infine, Teodosio, nel 394 d.c., proibì il mantenimento di qualunque culto pagano, decretando, con poco rispetto degli altrui sentimenti e diritti, la fine dell'ordine delle Vestali.

Il fuoco che aveva arso per mille anni fu spento per sempre e l'impero romano crollò con esso. Ormai i Romani invece di combattere pregavano e facevano penitenza.



NOMI DELLE SACERDOTESSE VESTALI

770 a.c. - REA SILVIA - madre di Romolo e Remo
750 a.c. - TARPEIA - Vestale figlia del comandante della cittadella romana, Spurio Tarpeio, che ai tempi di Romolo fu corrotta con dell'oro dal re sabino, Tito Tazio e permise che armati nemici entrassero nella cittadella fortificata con l'inganno. La ragazza per il desiderio di possedere le armille d'oro che portavano i sabini al braccio sinistro, avrebbe così aperto, la notte seguente, la porta della città ai nemici comandati da Tito Tazio, che le gettarono, oltre alle armille i loro scudi, uccidendola. Lo stesso Tarpeo, il padre di Tarpeia, fu accusato di tradimento e condannato.
754 - 673 a.c. - GEGAMIA (o Gegania)
754 - 673 a.c. - VERANIA (o Berenia o Venenia)
754 - 673 a.c. - CANULEIA (o Ceruleia o Camilla)
715 - 673 a.c. - AMATA
600 a.c. - PINARIA
483 a.c. - OPIMIA  (o Oppia o Popilia o Pompilia o Opilia)
472 a.c. - ORBINIA (o Urbinia)
420 a.c. - POSTUMIA
337 a.c. - MINUCIA (Munitia)
274 a.c. - SEXTILIA
266 a.c. - CAPARRONIA
236 a.c. - Non nota 1
230 a.c. - TUCCIA  (o Tuzia) è stata una vestale romana protagonista di una vicenda narrata da Livio, Valerio Massimo e Dionigi di Alicarnasso. Essendo stata ingiustamente accusata di aver violato il voto di castità (incestum), colpa punita con la morte, la vestale chiese di poter provare la sua innocenza sottoponendosi a una ordalia (giudizio divino mediante una durissima prova) consistente nel tentare di raccogliere l'acqua del Tevere con un setaccio. Tuccia chiese l'aiuto della Dea Vesta e la prova riuscì dimostrando la sua innocenza.
216 a.c. - OPIMIA - FLORONIA
204 a.c. - CLAUDIA QUINTA
178 a.c. - AEMILIA
143 a.c. - CLAUDIA
140 -113 a.c. - LICINIA
114 a.c. - AEMILIA -
113 a.c. - MARCIA
79 a.c. - LICINIA - FABIA
73 a.c. - 58 a.c. - FABIA
69 a.c. - ARRUNZIA - LICINIA - PERPENNIA - POPILIA
69 a.c. - FONTEIA
40 a.c. - 23 d.c. - SCANTIA
40 a.c. - 19 d.c. - OCCIA
10 d.c. - 19 d.c. - DOMITIA POLLIONIS
10 d.c. - 83 d.c. - VARRONILLA sorelle OCULATA
23 d.c. - CORNELIA
25 d.c. - LEPIDA
30 d.c. - AURELIA Q. AURELII FILIA
19 d.c. - 48 d.c. - IUNIA TORQUATA
48 d.c. - VIBIDIA
54 d.c. - RUBRIA
62 d.c. - LAELIA
83 d.c. - AELIA OCULATA
50 d.c. - 91 d.c. - CORNELIA LENTULA
fine I sec. d.c. - LICINIA PRAETEXTATA
fine I sec. d.c. - CALPURNIA PRAETEXTATA
107 d.c. - IULIA CAECILIA
158 d.c. - MANLIA SEVERINA
190 d.c. - TUCCIA CAELIA TORQUATA
200 d.c. - VETTENIA SABINILLA
201 d.c. - 204 d.c. - NUMISIA MAXIMILLA
201 d.c. - AURELIA SUFENIA TORQUATA
213 d.c. - 247 d.c. - FLAVIA PUBLICIA
213 d.c. - CLODIA LAETA
213 d.c. - POMPONIA RUFINA
213 d.c. - AURELIA SEVERA
213 d.c. - CANNUTIA CRESCENTINA
215 d.c. - TERENTIA FLAVOLA
218 d.c. - IULIA AQUILIA SEVERA Eliogabalo, il quale si identificava con il Dio sole, sposò in seconde nozze Aquilia, gran sacerdotessa di Vesta, nel 220, dopo aver divorziato da Giulia Cornelia Paula, in un matrimonio che rappresentava quello delle due divinità. Tale matrimonio non fu ben accettato dalla popolazione romana, in quanto il voto di castità delle vestali era sacro, e la vestale che l'avesse rotto veniva seppellita viva, mentre il suo amante veniva ucciso. Non ebbero eredi e l'imperatore divorziò da Aquilia nel 221 per sposare Annia Faustina, con cui però divorziò, ed Eliogabalo riprese con sé Aquilia, affermando che il loro divorzio non era valido. Non si conosce il destino di Aquilia dopo la morte di Eliogabalo nel 222.
240 d.c. - CAMPIA SEVERINA
240 d.c. - 242 d.c. - FLAVIA MAMILIA
286 d.c. - COELIA CLAUDIANA
250 d.c. - 301 d.c. - TERENTIA RUFILLA
III sec. d.c. - BELLICIA MODESTA
III sec. d.c. - TEIA EUFROSINE RUFFINA
III sec. d.c. - CLOELIA TORQUATA
III sec. d.c. - HOCTAVIA ONORATA
III sec. d.c. - SAUFEIA ALESSANDRA
III sec. d.c. - SOSSIA
III sec. d.c. - AURELIA
III sec. d.c. - CALPURNIA
364 d.c. - CLAUDIA (damnatio memoriae)
380 d.c. - 385 d.c. - COELIA CONCORDIA
386 d.c. - PRIMIGENIA

RICOSTRUZIONE DELLA CASA DELLE VESTALI

CASA DELLE VESTALI

Sorgeva tra la Regia e il Tempio di Vesta, e la sua attuale forma è dovuta alla ricostruzione compiuta dopo l'incendio neroniano del 64 d.c., in cui venne costruita a un livello più alto e con orientamento differente; in seguito fu restaurata sotti Adriano e ancora sotto Settimio Severo.

Nel 382 l’Imperatore Graziano confiscò i beni delle Vestali e la casa servì in seguito da alloggio agli ufficiali della corte imperiale, e poi a quelli della corte pontificia. Dopo l'XI sec. venne abbandonata e cadde in rovina.

L'edificio è costruito intorno a un cortile porticato sui quattro lati con al centro delle fontane, una delle quali successivamente trasformata in una aiuola ottagonale. A sud accoglie delle stanze tra cui un forno, una cucina e un mulino.

Al piano superiore, accessibile tramite una rampa di scale situata al centro del portico, vi erano le stanze delle Vestali con numerosi bagni riscaldati da bocche di stufe ricavate nelle intercapedini dei muri. A est del portico una grande stanza con tre ambienti per lato; questo tablino era certamente il luogo più importante di tutto l'edificio.

Tutto il lato settentrionale del portico è quasi completamente occupato da basi in marmo su cui sono state collocate alcune delle statue femminili rinvenute durante gli scavi.

Tutte le donne raffigurate sono avvolte in ampi mantelli e rappresentano le Vestali Massime (queste solamente avevano il diritto di avere statue onorarie), le sacerdotesse poste a capo dell'ordine religioso alle quali erano riferite le iscrizioni poste sulle basi celebrative.

Dalle statue si può desumere l’abbigliamento delle sacerdotesse: esso si componeva di una tunica, una sopravveste (stola) e un mantello (pallium o palla), di lana bianca.

Un velo (suffibulum) tenuto da una spilla (fibula) ricopriva loro il capo quasi interamente, lasciando scoperta soltanto la fronte e l'attaccatura dei capelli. Di sotto all'orlo anteriore del suffibulum, appariva la capigliatura, divisa, secondo la rituale prescrizione, in sei trecce (crines), non di capelli propri, ma di posticci, cui si attorcigliavano nastri di lana rossa.

Le Vestali portavano questa acconciatura durante tutta la vita; mentre le donne romane la adottavano solo nel giorno delle nozze.

La statua meglio conservata dell'atrio mostra sul petto il resto di un monile in bronzo (catenella e medaglione), il quale non sembra facesse parte dell'abbigliamento ufficiale. Le altre statue vennero trasferite al Museo delle Terme Diocleziane.

I nomi ricordati nelle iscrizioni sono: Numisia Maximilla, Terentia Flavola, Campia Severina, Flavia Mamilia, Flavia Publicia, Coelia Claudiana, Terentia Rufilla, Coelia Concordia.

Il gruppo di stanze situate sul lato occidentale non si è ben conservato, tuttavia si possono vedere i resti della Casa delle Vestali da ricollegare all'epoca repubblicana; sono state recuperate sei stanze affacciate su un cortile che in alcuni casi mantengono ancora la pavimentazione originaria: tessellato con inserti di pietre colorate databili tra la seconda metà del II e gli inizi del I secolo a.c.

La casa venne quasi per intero scoperta nel 1883 - 1884, mentre l'ala occidentale tornò alla luce nel 1901, dopo la demolizione della chiesa di S. Maria Liberatrice. Accanto alla casa delle Vestali, sotto la pendice del Palatino, si trovava un bosco sacro (Lucus Vestae), il quale poi sparì per i vari ingrandimenti fatti alla casa. 



ANDREA CARANDINI
MA DOVE DORMIVANO LE VESTALI?


Intorno alla metà dell’viii secolo a.c., sul versante opposto del Palatino rivolto al monte Velia, ai limiti di un bosco inviolabile che si trovava tra il murus e le pietre del promoerium, ­­­­­è stata ricavata una radura, o lucus, che è stata consacrata a Vesta, la Dea del fuoco pubblico di Roma. Dell’aedes più antica di Vesta, presumibilmente una capanna circolare, nulla resta, essendo stata distrutta, insieme alle sue fasi successive, dall'opera cementizia di quel luogo di culto databile agli inizi del I secolo a.c.

Ma davanti a dove era sorta la capanna sacra alla Dea è stata rinvenuta la prima casa o capanna delle vestali, databile intorno al 750 a.c. È dunque nell'epoca di Romolo che il culto del fuoco pubblico è stato istituito ed è stato affidato a nuove sacerdotesse chiamate vestales, completando così, in modo greco, la fondazione latino-etrusca della città-stato.

Infatti le città greche nascevano quando il primo fuoco veniva acceso nel focolare di Hestia, Dea equivalente a Vesta, di cui i Romani potrebbero aver appreso l’esistenza tramite la più occidentale e più antica delle colonie greche di Occidente: Cuma, che in linea d’aria distava da Roma solo 175 Km. I culti legati al fuoco di Vesta e di Volcanus hanno segnato fin dall'origine i limiti del Foro Romano. Come ai rioni federati dei Quirites Romolo ha aggiunto il Palatino inaugurato, così al Palatino inaugurato Romolo e il sabino Tito Tazio, regnanti insieme, hanno aggiunto il centro sacrale e politico della città-stato accolto nel Foro, sull'Arce e sul Campidoglio.

Si trattava di un distretto neutrale, esterno tanto ai rioni dei Quirites che all’Urbs Roma, adatto a essere considerato come un luogo comune a tutti. È in esso che è stato istituito il culto di Vesta, entro un lembo sottratto al Palatino, esterno al murus e al promoerium dell’Urbs. La capanna delle vestali era rettangolare, con estensione della falda del tetto a meridione, in corrispondenza della porta, retto da stipiti e fiancheggiato da pali. Dentro la capanna erano altri due pali per sostenere la copertura fatta di strame di paglia.

Al centro della capanna era una fossa scavata in terra, di forma ovale, coperta probabilmente da tavole: era la dispensa o penus delle vestali. Verso il fondo della capanna era il focolare, il cui fumo fuoriusciva da due aperture poste alle sue estremità della copertura straminea. Dietro il focus e ai lati del penus vi era posto per i sei giacigli riservati alle sei sacerdotesse. Anche la capanna circolare dell’aedes Vestae doveva avere, dietro al focus, un penus, dove erano conservati, non già le cibarie, ma i talismani della città-stato, come il divino fallo o fascinus, probabilmente sacro a Mars, il Dio della fecondazione e della primavera che a martius (marzo) entrava in azione.

Conosciamo questo penus solo in una versione tarda, che si data tra il 60 a.c. e il 64 d.c. È un pertugio stretto (m 2,30 x 2,50) e profondo (m 2,25-2,94, a seconda dei periodi), nel quale si penetrava probabilmente tramite una scaletta di legno. Vicino al lucus, oltre il vicus Vestae, in un terreno appartenente probabilmente anch'esso alle vestali, era in questo tempo una dozzina di capannette per attrezzi, cibarie e animali domestici. Tra queste capannette e il Foro, allora in allestimento, poteva trovarsi la casa del flamen Quirinalis, il sommo sacerdote di Quirinus, il Dio locale dei rioni o curiae e dei Quirites, venerato sul collis Quirinalis.

Nel VII secolo a.c. le vestali abitavano probabilmente già in una prima domus, di cui conosciamo l’ingombro ma non i dettagli, assai mal conservati. Dal 530 a.c. circa le sacerdotesse disponevano di una domus più ampia e meglio costruita, disposta su tre lati della corte dell’aedes Vestae. È probabile che lungo il lato meridionale della domus si trovassero, fin ­­­­­da ora, i sei cubicula delle vestali, aperti probabilmente su una corte piccola e interna (come avverrà più tardi).

Questo impianto in seguito sarà variato ma non alterato, fino alla domus a “L” che delimitava su due lati la corte dell'aedes attestata dalla metà del II secolo a.c. Nella parte orientale di questa casa erano stanzette che fanno pensare a magazzini e ad ambienti di servizio, mentre nella parte meridionale erano i sei cubicula delle sacerdotesse, aperti su un cortiletto a loro riservato. Per la fase giulio-claudia conosciamo anche i mosaici di queste camerelle.

Dopo l’incendio del 64 d.c. la domus viene trasformata in un nuovo atrium Vestae, riorientato, ristrutturato e ampliato, gravitante intorno a un grande giardino porticato o peristylium. Nella fase tra il 64 e il 96 d.c., lungo il lato meridionale della dimora, era un sontuoso insieme di tre sale, che ricorda quello della casa privata già di Ortensio e poi di Ottaviano. Lungo il lato nord della casa erano probabilmente le stanze di servizio, mentre lungo quello est, ai lati di una sala centrale o oecus, erano sei coppie di stanzette composte da una anticamera e da un cubicum. Erano le camere delle vestali.

Dietro i cubicula e separato dalla casa era un magazzino o horreum, che per la posizione sembra rientrare nella proprietà delle vestali. Con Traiano la dimora viene estesa ulteriormente a est, obliterando l’horreum e spostando, per l’ultima volta, ciò che restava del clivo Palatino A, che era stato fino a Nerone la strada più importante che portava al Cermalus. Il lato est del complesso viene ora occupato da un grandioso oecus, splendidamente pavimentato con tarsie marmoree (opus sectile) e circondato su due lati da sei nuovi cubicula delle sacerdotesse.

Al primo piano un misterioso ambiente di servizio, lungo e stretto e aperto sul clivo Palatino A, aveva una finestra che ­­­­­dava sul grande oedus. Veniva forse usato per calare materiali necessari alla vita e ai riti delle vestali, senza dover entrare nell’atrium. Nel IV secolo d.c., al centro del peristylium, viene edificato un elegante padiglione ottagonale. L’ingresso aveva di fronte una nicchia - per un nymphaeum? - mentre sui lati erano, ancora una volta, sei cubicula, disposti questa volta intorno a una sala rotonda, probabilmente una cenatio o sala da pranzo.

Si trattava probabilmente di un complesso per banchettare e riposare al fresco d’estate. Abbiamo seguito, seppure in breve, il diverso modo di vivere delle sacerdotesse nel corso di 1150 anni, durante i quali il fuoco di Roma è stato costantemente spento e riacceso il I marzo e alimentato nel corso dell’anno. L’aedes Vestae aveva davanti un altare ed è da esso che padri di famiglia e sacerdoti traevano il fuoco per i riti sacrificali domestici e per quelli rionali e pubblici.

Nel 394 d.c. il fuoco di Vesta è stato spento per disposizione imperiale e così il politeismo romano ha avuto in Roma la sua fine. Dal pluralismo pagano si è passati al monismo cristiano, da una religione comunitaria a una religione che credeva nell'uguaglianza morale di tutti gli uomini e nella salvezza individuale. Un funzionario dei palazzi imperiali, addetto probabilmente alla vicina domus Tiberiana, era stato allora accolto nell’atrium Vestae, destinato oramai a un uso profano.


BIBLIO

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- Aulo Gellio - Noctes Atticae - I -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - I -
- Plutarco - Vita di Romolo -
- D. Filippi - La Casa delle Vestali - Roma - Dall’antichità al Medioevo - Archeologia e Storia nel Museo Nazionale Romano Crypta Balbi - Roma - 2001 -
- D. Filippi - L’Atrium Vestae in età tardoantica - Roma - Dall’antichità al Medioevo - Archeologia e Storia nel Museo Nazionale Romano Crypta Balbi - Roma - 2001 -
- Carandini - La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all'alba di una civiltà - Einaudi - Torino - 1997 - (Carandini, Die Geburt Roms. Aus dem Italienischen vom K. Pichler - Artemis&Winler Verlag - Düsseldorf - Zürich - 2002) -
- Carandini - Il fuoco sacro di Roma. Vesta, Romolo, Enea, Roma-Bari, Laterza, 2015 -
- Giacomo Boni - Le recenti esplorazioni nel sacrario di Vesta - Roma - Accademia dei lincei - 1900 -
- Giacomo Boni - Nuova Antologia - Aedes vestae - 1900 -


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