« A primavera, quando
l'acqua dei fiumi deriva nelle gore
e lungo l'orto sacro delle vergini
ai meli cidoni apre il fiore,
e altro fiore assale i tralci della vite
nel buio delle foglie;
in me Eros,
che mai alcuna età mi rasserena,
come il vento del nord rosso di fulmini,
rapido muove: così, torbido
spietato arso di demenza,
custodisce tenace nella mente
tutte le voglie che avevo da ragazzo. »
(Ibico - poeta del VI sec. ac.)
EROS
Figlio della Terra e del Tartaro
Nelle più vecchie teogonie, Eros è considerato come un Dio nato, contemporaneamente alla Terra, dal Caos originario che tiene unito l’universo, o almeno così si crede, perchè il primo che ne scrisse, e che abbiamo trovato è Esiodo che la racconta diversamente.
Siamo in Grecia all'incirca nel 700 a.c. ed Esiodo espone la religione corrente secondo cui dal Caos si originarono la Terra (Gea) e il Tartaro e insieme partorirono Eros.
Nella Teogonia di Esiodo, Eros è un Dio creatore, il primo Dio, nato dal Caos primordiale contemporaneamente a Gea; senza lui nessuno degli altri Dei sarebbe sorto.
Figlio di Urano e Afrodite
Ma nel VI sec. a.c. per Saffo il Dio era figlio di Urano (Cielo) e Afrodite (Venere).
Figlio di Ares e Afrodite
Viceversa nel V sec a.c. il poeta Simonide sostiene che Eros era figlio di Ares (Marte) e Afrodite (Venere).
Figlio di Penia e Poros
Arriviamo a Platone e siamo nel IV sec. a.c., e nel Simposio è descritto, per bocca di Socrate come il primo nato tra gli Dei è figlio di Penia (Mancanza) e Poros (Espediente). Socrate e gli invitati al convitto ricercano l'essenza dell'amore. Tutti attribuiscono all'amore uno stato di bellezza e positività, estetica e benessere uniti. Socrate invece narra il mito insegnatogli da Diotima, una colta etera, in cui parla di una mancanza dell'amore. L'amore è penia, cioè il senso della mancanza di amore.
Eros rappresenterebbe così la ricerca di completezza che causa l'amore e gli espedienti a cui sono pronti gli amanti, ma per altri il discorso è più profondo perchè prevede una ricerca interiore dell'anima.
Arriviamo a Platone e siamo nel IV sec. a.c., e nel Simposio è descritto, per bocca di Socrate come il primo nato tra gli Dei è figlio di Penia (Mancanza) e Poros (Espediente). Socrate e gli invitati al convitto ricercano l'essenza dell'amore. Tutti attribuiscono all'amore uno stato di bellezza e positività, estetica e benessere uniti. Socrate invece narra il mito insegnatogli da Diotima, una colta etera, in cui parla di una mancanza dell'amore. L'amore è penia, cioè il senso della mancanza di amore.
Eros rappresenterebbe così la ricerca di completezza che causa l'amore e gli espedienti a cui sono pronti gli amanti, ma per altri il discorso è più profondo perchè prevede una ricerca interiore dell'anima.
L' Eros, sempre nel Simposio, esprimeva la consuetudine educativa della buona società dell’epoca, la relazione amorosa tra due uomini, dei quali uno aveva il nome di erómenos (amato), un giovinetto timido e sottomesso tra i 12 e i 20 anni, mentre l’altro, di nome erastés (amante), era di solito un uomo maturo con buona cultura e soprattutto con buona posizione economica o almeno di prestigio.
Questo rapporto, definito uranico, cioè sublime e celeste nel Convivio si oppone a quello tra due sessi che sarebbe decisamente di ordine inferiore, il primo della Venere Uranica e il secondo della Venere pandemica, cioè sessuale, cioè tra uomo e donna..
L'amore tra l'uomo maturo e il giovinetto sarebbe oltre la semplice relazione sessuale, perchè riguarderebbe l’educazione del giovinetto alla futura vita pubblica. Per un fanciullo di buona nascita era infatti un privilegio avere le attenzioni di un uomo nobile e affermato.
L'adulto non doveva però cedere all'innamoramento ma doveva essere contenuto nei sentimenti, chi doveva abbandonarsi all'adorazione era invece il giovinetto che con i piaceri del suo corpo doveva compensare le fatiche e le amarezze dell'altro senza troppo pretendere. Insomma l'adulto si comportava come un padre alquanto pedofilo.
Questo rapporto, definito uranico, cioè sublime e celeste nel Convivio si oppone a quello tra due sessi che sarebbe decisamente di ordine inferiore, il primo della Venere Uranica e il secondo della Venere pandemica, cioè sessuale, cioè tra uomo e donna..
L'amore tra l'uomo maturo e il giovinetto sarebbe oltre la semplice relazione sessuale, perchè riguarderebbe l’educazione del giovinetto alla futura vita pubblica. Per un fanciullo di buona nascita era infatti un privilegio avere le attenzioni di un uomo nobile e affermato.
L'adulto non doveva però cedere all'innamoramento ma doveva essere contenuto nei sentimenti, chi doveva abbandonarsi all'adorazione era invece il giovinetto che con i piaceri del suo corpo doveva compensare le fatiche e le amarezze dell'altro senza troppo pretendere. Insomma l'adulto si comportava come un padre alquanto pedofilo.
Non scambiamo questo tipo di relazione con l'omosessualità che è tutt'altra cosa, così come un rapporto etero può essere sano o corrotto a seconda di chi lo pratica. Questo costume erotico passò anche a Roma, anche se in chiave minore, si che, mentre era sano e giusto che un uomo libero maturo avesse per amante un adolescente, era invece molto sconveniente che lo stesso uomo andasse con un altro maschio maturo, perchè trattavasi allora di perversione.
Il problema stava nella passività o attività del soggetto. Era normale essere passivi per i giovinetti, gli schiavi e le donne; era anormale per gli uomini fatti greci o romani. Non a caso Catullo si scagliò contro Cesare e Mumurra, ambedue generali adulti che amoreggiavano tra loro, definendoli invertiti e abominevoli, mentre Catullo correva dietro, oltre che alla bella Lesbia, anche agli adolescenti.
Il problema stava nella passività o attività del soggetto. Era normale essere passivi per i giovinetti, gli schiavi e le donne; era anormale per gli uomini fatti greci o romani. Non a caso Catullo si scagliò contro Cesare e Mumurra, ambedue generali adulti che amoreggiavano tra loro, definendoli invertiti e abominevoli, mentre Catullo correva dietro, oltre che alla bella Lesbia, anche agli adolescenti.
In Grecia l’amore tra uomini era preferito a quello tra persone di diverso sesso, e per questo veniva ricercato nella pratica dei simposi, ritrovi per soli uomini. Le donne erano generalmente ritenute inferiori non solo fisicamente ma anche intellettualmente, e ciò faceva sì che un uomo fosse più propenso a cercare diletto (sessuale e spirituale) nella compagnia di un suo pari. Per evitare però che le donne contraddicessero questo principio, si impediva loro di studiare e perfino di uscire, tenendole in uno stato di infanzia perpetua.
Figlio di Iride e Zefiro
Secondo fonti più tarde Eros sarebbe i figlio di Iride e Zefiro.
Secondo fonti più tarde Eros sarebbe i figlio di Iride e Zefiro.
Nell'aspetto era un efebo molto bello e indipendente da chiunque, anche da Zeus e dalla stessa madre, anzi poco rispettoso visto che aveva osato colpire entrambi con le frecce d'amore. Era così egoista e indisciplinato che Zeus consigliò ad Afrodite di ucciderlo (ma non era immortale?). Ma Afrodite non ne ebbe il coraggio e lo nascose nel bosco dove venne allevato dagli animali selvatici rendendolo ancora più capriccioso e malvagio verso uomini e Dei.
Eros era oggetto di un culto particolare a Tespie in Beozia, dove si celebravano, ogni quattro anni in suo onore, delle feste dette Erotidie.
(Platone, Simposio, 203c-d-e)
A Roma Eros cambia nome diventa Cupido, molto simile al Dio greco, ma alcuni lo chiamano Amore e altri non distinguono tra Amore e Cupido. Cicerone ipotizzò che Amore fosse figlio di Giove e Venere, e Cupido fosse figlio della Notte e dell'Erebo; Seneca invece non faceva distinzioni e scrisse che era figlio di Venere e Vulcano.
Sulle pareti di Pompei il graffito di un ignoto::
“Amore mi detta ora che scrivo e Cupido mi guida la mano: possa io morire se scelgo di essere un dio, ma senza te”
Figlio della Notte e del Vento
Gli Orfici, siamo nel VI sec. a.c. elaborarono invece un altro mito per cui la Notte dalle ali nere fu amata dal Vento e depose un uovo d’argento nel grembo dell’Erebo; da quell'uovo nacque Eros che mise in moto l’Universo. Eros fu dunque un ermafrodito dalle ali d’oro, con quattro teste, con cui ruggiva come un leone, muggiva come un toro, sibilava come un serpente e belava come un ariete.
La Notte, che chiamò Eros con il nome di Ericepeo e di Fetonte Protogeno, visse con lui in una grotta e assunse il triplice aspetto di Notte, Ordine e Giustizia. Dinanzi a quella grotta sedeva l’inesorabile madre Rea che battendo le mani su un bronzeo tamburo costringeva gli uomini a prestare attenzione agli oracoli della Dea. Eros creò la terra, il cielo, il sole e la luna; mentre la triplice Dea governò sull’Universo, finché il suo potere passò nelle mani di Urano.
« Uomini nati nel buio della vostra vita, simili alla stirpe caduca delle foglie, essere fragili, impasto di fango, vane figure d’ombra, senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno, infelici mortali, uomini della razza dei sogni, date ascolto a noi: immortali e sempre viventi, creature del cielo, ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri.
Ascoltate da noi tutta la verità sulle cose del cielo e la natura degli uccelli, sull'origine degli dèi e dei fiumi, e dell'Erebo e del Caos. Conoscerete il vero, e da parte mia direte a Prodico di andare alla malora, per l'avvenire. In principio c'erano il Caos e la Notte e il buio Erebo e il Tartaro immenso; non esisteva la terra, né l'aria né il cielo. Nel seno sconfinato di Erebo, la Notte dalle ali di tenebra generò dapprima un uovo pieno di vento.
Col trascorrere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio: sul dorso gli splendevano ali d'oro ed era simile al rapido turbine dei venti. Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro, egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce. Neppure la razza degli immortali esisteva avanti che Eros congiungesse gli elementi dell'universo. Quando avvennero gli altri accoppiamenti, nacquero il cielo e l'oceano e la terra, e la razza immortale degli dèi beati »
(Aristofane. Gli uccelli 685-702)
Figlio di Ilizia
Per altri Eros è considerato il figlio dell’Ilizia, la Dea della nascita, “colei che aiuta le donne in travaglio”, perchè l'amore più grande è quello materno.
Per altri Eros è considerato il figlio dell’Ilizia, la Dea della nascita, “colei che aiuta le donne in travaglio”, perchè l'amore più grande è quello materno.
Infatti Cupido, fornito di ali nere, secondo alcuni d'oro, e di frecce arco e faretra, aveva il potere di far innamorare tutti quelli che colpiva coi dardi fatali.
Cupido corrisponderebbe al Dio Imeros della mitologia greca mentre Amore si considera corrispondente ad Eros.
Cupido corrisponderebbe al Dio Imeros della mitologia greca mentre Amore si considera corrispondente ad Eros.
Il filosofo Hilmann attribuisce ad:
- Himeros il desiderio fisico e l'eccitazione cioè l'amore pandemio;
- Anteros sarebbe invece l'amore corrisposto e la complicità,
- Pothos, o Poros, fratello di Eros e figlio di Afrodite e Crono, simboleggerebbe il desiderio, personificato su una rupe davanti al mare in attesa dell'amore che non arriverà mai e riguarda tutte le infinite peregrinazioni della mente dietro all'impossibile, che ci spinge sempre a cercare qualcosa che non troveremo mai.
« Uomini nati nel buio della vostra vita, simili alla stirpe caduca delle foglie, essere fragili, impasto di fango, vane figure d’ombra, senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno, infelici mortali, uomini della razza dei sogni, date ascolto a noi: immortali e sempre viventi, creature del cielo, ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri. Ascoltate da noi tutta la verità sulle cose del cielo e la natura degli uccelli, sull'origine degli dèi e dei fiumi, e dell'Erebo e del Caos. Conoscerete il vero, e da parte mia direte a Prodico di andare alla malora, per l'avvenire. In principio c'erano il Caos e la Notte e il buio Erebo e il Tartaro immenso; non esisteva la terra, né l'aria né il cielo.
Nel seno sconfinato di Erebo, la Notte dalle ali di tenebra generò dapprima un uovo pieno di vento. Col trascorrere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio: sul dorso gli splendevano ali d'oro ed era simile al rapido turbine dei venti. Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro, egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce. Neppure la razza degli immortali esisteva avanti che Eros congiungesse gli elementi dell'universo. Quando avvennero gli altri accoppiamenti, nacquero il cielo e l'oceano e la terra, e la razza immortale degli dèi beati »
(Aristofane. Gli uccelli 685-702)
- Himeros il desiderio fisico e l'eccitazione cioè l'amore pandemio;
- Anteros sarebbe invece l'amore corrisposto e la complicità,
- Pothos, o Poros, fratello di Eros e figlio di Afrodite e Crono, simboleggerebbe il desiderio, personificato su una rupe davanti al mare in attesa dell'amore che non arriverà mai e riguarda tutte le infinite peregrinazioni della mente dietro all'impossibile, che ci spinge sempre a cercare qualcosa che non troveremo mai.
« Uomini nati nel buio della vostra vita, simili alla stirpe caduca delle foglie, essere fragili, impasto di fango, vane figure d’ombra, senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno, infelici mortali, uomini della razza dei sogni, date ascolto a noi: immortali e sempre viventi, creature del cielo, ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri. Ascoltate da noi tutta la verità sulle cose del cielo e la natura degli uccelli, sull'origine degli dèi e dei fiumi, e dell'Erebo e del Caos. Conoscerete il vero, e da parte mia direte a Prodico di andare alla malora, per l'avvenire. In principio c'erano il Caos e la Notte e il buio Erebo e il Tartaro immenso; non esisteva la terra, né l'aria né il cielo.
Nel seno sconfinato di Erebo, la Notte dalle ali di tenebra generò dapprima un uovo pieno di vento. Col trascorrere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio: sul dorso gli splendevano ali d'oro ed era simile al rapido turbine dei venti. Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro, egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce. Neppure la razza degli immortali esisteva avanti che Eros congiungesse gli elementi dell'universo. Quando avvennero gli altri accoppiamenti, nacquero il cielo e l'oceano e la terra, e la razza immortale degli dèi beati »
(Aristofane. Gli uccelli 685-702)
LE RAPPRESENTAZIONI DI AMORE
In una pietra incisa si vede Amore infelice, gemente alla porta della sua bella, mentre l'Amore felice fa sopra di lui una beata libagione. I poeti circondano Amore di tanti altri amorini, divinità subalterne, che si possono confondere coi risi, coi giuochi, coi piaceri, piccole divinità allegoriche, che sono rappresentate anch'esse sotto forma di fanciulletti alati, ma senza frecce e senza faretra.
Conosciutissima è la bella composizione della venditrice d'Amori nelle pitture di Ercolano. Non sono da confondersi cogli Amori tutti i fanciulli alati che si vedono sui monumenti antichi. Dai loro diversi attributi si devono riconoscere i vari Geni, seguaci delle divinità, e spesso loro rappresentanti. Gli artisti moderni hanno egualmente fatto uso di figure alate di adolescenti e di fanciulli, che non sono Amori.
L'AMORE DEGLI UOMINI
Amore, "Il sol che non conosce leggi", disse un gran poeta. Platone ha preteso, che al principio del mondo gli uomini erano maschio e femmina a un tempo: che avevano due visi, quattro braccia, quattro piedi, ma che essendosi inorgogliti, gli Dei per punirli, li avevano divisi.
Ne accade che quando le diverse parti separate vennero a incontrarsi, si abbracciavano e si serravano così strettamente che preferivano morire di fame e di sete piuttosto di lasciarsi. Gli Dei, mossi a pietà, cambiarono questi abbracciamenti mortali in carezze passeggere; quindi l'origine e il fondamento dell'amore.
Ma se ne parla anche nel mito greco, perchè Afrodite, dopo esser diventata moglie di Vulcano, poi diventa l'amante di Marte con cui genera Anteros (l'ante Eros, colui che precede l'Eros, come dire il precursore) e successivamente Afrodite diventò l'amante di Mercurio e da lui ebbe un figlio che fu Eros.
« Ma per me Eros non dorme
in nessuna stagione:
come il vento di Tracia infiammato di lampi
infuria accanto a Cipride
e mi riarde di folli passioni,
cupo, invincibile,
con forza custodisce l'anima mia. »
(Ibico, fr. 286)
Cicerone invece ipotizzò che Amore fosse figlio di Giove e Venere e Cupido fosse figlio della Notte e dell'Erebo; Seneca non fa distinzioni e scrisse che era figlio di Venere e Vulcano.
In un mito il suo amore per Psiche fu osteggiato da Afrodite, costringendo Psiche, colpevole di aver scorto le sembianze del Dio, a scendere nell'Ade uscendone vittoriosa.
Un po' decaduto in età classica, il culto di Eros tornò in primo piano nella religiosità dionisiaca e misterica, recuperando un lato notturno e infero che regola la vita e la morte. Compaiono qui le numerose figurazioni ellenistiche e romane di eroti o amorini connessi all'iniziazione del neofiata o dell’anima nell'aldilà, vicenda cui si collega la favola di Amore e Psiche, narrata da Apuleio nelle Metamorfosi.
Il pensiero di Platone ha lasciato una traccia profonda nel medioevo e del rinascimento, intrecciandosi con l'esegesi dell'amore cristiano, non eros ma agape, come amore di Dio per gli uomini e degli uomini per Dio. Così in ambito teologico, l'eros di Platone tende alla dottrina di Agostino in cui il fine ultimo del comportamento perfetto in terra porta in cielo alla contemplazione della divinità.
AMORE E PSICHE
Nella storia di Apuleio, Psiche, bellissima mortale, sposa Amore-Cupido senza conoscerlo, perchè lui le si presenta solo durante la notte. Spinta dalle sorelle invidiose a scoprire la sua identità, commette una grave colpa nei confronti del Dio rischiando la separazione perpetua da lui.
Psiche, una principessa fanciulla è talmente bella che gli uomini le offrono sacrifici e la chiamano Venere. Così la divinità gelosa invia suo figlio Eros perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto e avaro della terra e sia coperta dalla vergogna di questa relazione. E qui Venere ci fa una figura da schifo. I genitori di Psiche, nel frattempo, consultano un oracolo che risponde:
« Come a nozze di morte vesti la tua fanciulla ed esponila, o re, su un'alta cima brulla. Non aspettarti un genero da umana stirpe nato, ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l'aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme, treman gli dei di lui, orrore ne hanno i fiumi d'Averno e i regni bui."(IV, 33) »
Psiche viene allora portata su una rupe e abbandonata. E qui i genitori ci fanno una figura doppiamente da schifo. Cupido però la scorge e se ne innamora, così la fa trasportare da Zefiro nel suo palazzo dove si incontreranno sempre al buio perchè Venere non se ne accorga.
La passione notturna è forte ma una notte Psiche, istigata dalle sorelle, che Eros invece le aveva detto di evitare, con un pugnale ed una lampada ad olio decide di vedere il volto del suo amante, per paura sia un essere orrido e bestiale.
Estasiata dalla bellezza del Dio non si accorge che una goccia d'olio cade dalla lampada e brucia la pelle di Eros che sentendosi tradito l'abbandona per sempre. Viene da chiedere: ma tastando un 'idea dei lineamenti del maschietto Psiche non se l'era fatta? E poi perchè al buio, avevano Venere nella porta accanto? Ma non sottilizziamo, sono le esigenze che giustificano il mito, che in realtà avrebbe un sottinteso più profondo.
Psiche disperata tenta più volte il suicidio, ma gli Dei glielo vietano, così vaga per le città alla ricerca del suo sposo, si vendica delle sorelle e prega gli Dei, finché giunta al tempio di Venere si consegna a lei. Questa storia ha ispirato diverse favole tra cui La bella e la Bestia
Venere, che non è generosa, sottopone Psiche a diverse prove:
- doveva suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali; ma le formiche l'aiutarono,
- poi doveva raccogliere la lana d'oro di un gruppo di pecore molto aggressive, per cui al tramonto coglie solo la lama rimasta sui cespugli.
- Poi doveva raccogliere l'acqua da una sorgente su una cima tutta liscia e a strapiombo, però venne aiutata dall'aquila di Giove.
- Per ultimo deve discendere negli Inferi e chiedere a Proserpina un po' della sua bellezza. Psiche disperata vuole gettarsi giù dalla torre che però si anima le spiega come fare. Durante il ritorno, però per curiosità apre l'ampolla col dono di Proserpina, che in realtà è un sonno profondo. Eros però la risveglia e chiede aiuto a suo padre (che è diventato Giove).
Così, per volontà di Giove, Psiche diventa Dea e sposa Eros. Gli Dei festeggiano con un grande banchetto dove Bacco fa da coppiere, le tre Grazie suonano e il Vulcano cucina il pranzo. Più tardi nasce la figlia, concepita da Psiche durante una notte di passione e viene chiamata Voluttà.
Fine del mito, e inizio dei commentatori, dagli antropologi agli psicologi, a trovare significati reconditi. Eros non potrebbe essere guardato con occhi profani e Psiche, che è l'anima deve purificarsi per poter guardare il Dio nel suo splendore.
IL MITO PATRIARCALE
Distorsioni patriarcali, il maschile non è l'Eros, che è sempre femminile. C'è poco da mescolare le carte, noi abbiamo una mente che si riferisce, nel presente, nel passato e nel futuro, all'esterno ed è il nostro maschile. E abbiamo un dentro che comprende istinti, sentimenti ed emozioni che è il nostro femminile. La mente, che percepiamo ad altezza fronte è il maschile, ed è la parte che decodifica il mondo, che organizza e che si rapporta con l'esterno, ed è :Maschile. Questa parte però risente di tutto ciò che gli è stato trasmesso o che gli è stato fatto, nel bene e nel male.
La parte femminile la percepiamo all'altezza del cuore, in parte anche nello stomaco e nella pancia, ed è il Femminile, che avverte tutto ma è continuamente bloccata dal maschile mentale che tenta di proteggerla e di adeguarla, ma in realtà l'imprigiona e la snatura.
Ora è la Dea nuda che non può essere impunemente svelata, non è la mente. "Io sono Colei che è, che è sempre stata e sempre sarà, e nessun uomo ha mai osato alzare il mio velo"
Questo lo dicevano le Grandi Madri sumere e ittite, un detto poi copiato dal Dio ebraico Javhè, però solo parzaialmente perchè il velo da sollevare sul Dio era imbarazzante.
Non a caso Eros viene dichiarato maschio nell'era del patriarcato e della pedofilia, cioè il tentativo di fare a meno della donna sostituendola con efebi, quindi femminei. La sessualità in qualunque forma è rispettabile se riguarda soli adulti, se non c'è coercizione nè fisica nè morale e se non comporta mali fisici. La ricerca di efebi non era omosessualità, di tutto rispetto, ma pedofilia.
Afrodite comunque fu sempre l'Eros per eccellenza in ogni parte del mondo, era la Dea lussuriosa che era vergine, cioè senza marito, ma che si accoppiava spesso e volentieri, come le sue sacerdotesse. La mente osserva e deduce, ma chi ama è l'anima. Per questo l'Eros è definito Penia nel Simposio, perchè la mente sente e soffre la mancanza dell'Eros, perchè l'Eros è solo anima.
Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE
BIBLIO
- Cicerone - De natura deorum - III - 18 - Traduzione di Cesare Marco Calcante -
- Ovidio - Metamorphoseon -
- Aristofane, Gli uccelli
Ibico VI. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007
(Saffo 61. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007
Teogonia 120-122. Traduzione di Cesare Cassanmagnago, in Esiodo.
- Ivan Gobry. Eros in Le vocabulaire grec de la Philosophie 2002 trad. it. Vocabolario greco di filosofia. Milano, Bruno Mondadori, 2004, pag. 80
ANTEROS
In realtà di Anteros si parla nel mito di Iside ed Osiride, dove la Dea alla ricerca del corpo di Osiride fatto a pezzi, naviga lungo le coste del Nilo e piange disperatamente il compagno morto. Anteros che l'accompagna a un certo punto non ce la fa più a sopportare la disperazione della Dea si che si getta in mare e affoga.
EROS GRECO |
Ora Eros cresceva solo se stava con Antero, ma come Antero s'allontanava Eros tornava bambino. Anteros è un amore immaturo, l'amore per un partner da cui ci si aspetta l'amore totale, la soddisfazione di tutti i desideri.
Così in questa aspettativa ci sono conferme e delusioni continue, il classico: "Mi ami? Ma quanto mi ami?", un saliscendi di emozioni contrastanti, di gioie e dolori. Ma senza aver mai amato in questo modo non si è sperimentato l'amore tormentoso non si può sperimentare l'altro, quella della comprensione profonda di sè e dell'altro.
L'Antero di Iside non sopporta il dolore, cerca solo la gioia e non condivide le sofferenze, non regge alle forti emozioni. E senza questa capacità non c'è vero amore.
« Ma per me Eros non dorme
in nessuna stagione:
come il vento di Tracia infiammato di lampi
infuria accanto a Cipride
e mi riarde di folli passioni,
cupo, invincibile,
con forza custodisce l'anima mia. »
(Ibico, fr. 286)
Ma per alcuni autori Antero era un Dio che puniva chi non amava essendo amato. Credesi figlio di Venere e di Marte. Venere, vedendo che Amore non cresceva, ne domandò la causa a Temi, la quale le rispose che ciò dipendeva dal non aver egli un compagno. Allora Venere gli diede Antero. La loro rappresentazione allegorica consiste- va in due fanciulli alati, in atto di contendersi un ramo di palma, quale simbolo dell'amicizia reciproca; come indica appunto l'etimologia del nome Antero. I Greci mettevano nelle scuole questo simbolo. per ricordare ai giovani di non essere ingrati verso chi li amava, ma ne ricambiassero l'affetto.
Cicerone invece ipotizzò che Amore fosse figlio di Giove e Venere e Cupido fosse figlio della Notte e dell'Erebo; Seneca non fa distinzioni e scrisse che era figlio di Venere e Vulcano.
In un mito il suo amore per Psiche fu osteggiato da Afrodite, costringendo Psiche, colpevole di aver scorto le sembianze del Dio, a scendere nell'Ade uscendone vittoriosa.
Un po' decaduto in età classica, il culto di Eros tornò in primo piano nella religiosità dionisiaca e misterica, recuperando un lato notturno e infero che regola la vita e la morte. Compaiono qui le numerose figurazioni ellenistiche e romane di eroti o amorini connessi all'iniziazione del neofiata o dell’anima nell'aldilà, vicenda cui si collega la favola di Amore e Psiche, narrata da Apuleio nelle Metamorfosi.
Il pensiero di Platone ha lasciato una traccia profonda nel medioevo e del rinascimento, intrecciandosi con l'esegesi dell'amore cristiano, non eros ma agape, come amore di Dio per gli uomini e degli uomini per Dio. Così in ambito teologico, l'eros di Platone tende alla dottrina di Agostino in cui il fine ultimo del comportamento perfetto in terra porta in cielo alla contemplazione della divinità.
E così l'amore platonico per gli efebi si è santificato nell'amore puro tra Dio e gli uomini. L'amore tra i sessi sarebbe invece cosa peccaminosa e brutale. Non c'è che dire, un bel progresso.
AMORE E PSICHE
Nella storia di Apuleio, Psiche, bellissima mortale, sposa Amore-Cupido senza conoscerlo, perchè lui le si presenta solo durante la notte. Spinta dalle sorelle invidiose a scoprire la sua identità, commette una grave colpa nei confronti del Dio rischiando la separazione perpetua da lui.
AMORE E PSYCHE |
« Come a nozze di morte vesti la tua fanciulla ed esponila, o re, su un'alta cima brulla. Non aspettarti un genero da umana stirpe nato, ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l'aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme, treman gli dei di lui, orrore ne hanno i fiumi d'Averno e i regni bui."(IV, 33) »
Psiche viene allora portata su una rupe e abbandonata. E qui i genitori ci fanno una figura doppiamente da schifo. Cupido però la scorge e se ne innamora, così la fa trasportare da Zefiro nel suo palazzo dove si incontreranno sempre al buio perchè Venere non se ne accorga.
La passione notturna è forte ma una notte Psiche, istigata dalle sorelle, che Eros invece le aveva detto di evitare, con un pugnale ed una lampada ad olio decide di vedere il volto del suo amante, per paura sia un essere orrido e bestiale.
Estasiata dalla bellezza del Dio non si accorge che una goccia d'olio cade dalla lampada e brucia la pelle di Eros che sentendosi tradito l'abbandona per sempre. Viene da chiedere: ma tastando un 'idea dei lineamenti del maschietto Psiche non se l'era fatta? E poi perchè al buio, avevano Venere nella porta accanto? Ma non sottilizziamo, sono le esigenze che giustificano il mito, che in realtà avrebbe un sottinteso più profondo.
Psiche disperata tenta più volte il suicidio, ma gli Dei glielo vietano, così vaga per le città alla ricerca del suo sposo, si vendica delle sorelle e prega gli Dei, finché giunta al tempio di Venere si consegna a lei. Questa storia ha ispirato diverse favole tra cui La bella e la Bestia
Venere, che non è generosa, sottopone Psiche a diverse prove:
- doveva suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali; ma le formiche l'aiutarono,
- poi doveva raccogliere la lana d'oro di un gruppo di pecore molto aggressive, per cui al tramonto coglie solo la lama rimasta sui cespugli.
- Poi doveva raccogliere l'acqua da una sorgente su una cima tutta liscia e a strapiombo, però venne aiutata dall'aquila di Giove.
- Per ultimo deve discendere negli Inferi e chiedere a Proserpina un po' della sua bellezza. Psiche disperata vuole gettarsi giù dalla torre che però si anima le spiega come fare. Durante il ritorno, però per curiosità apre l'ampolla col dono di Proserpina, che in realtà è un sonno profondo. Eros però la risveglia e chiede aiuto a suo padre (che è diventato Giove).
Così, per volontà di Giove, Psiche diventa Dea e sposa Eros. Gli Dei festeggiano con un grande banchetto dove Bacco fa da coppiere, le tre Grazie suonano e il Vulcano cucina il pranzo. Più tardi nasce la figlia, concepita da Psiche durante una notte di passione e viene chiamata Voluttà.
Fine del mito, e inizio dei commentatori, dagli antropologi agli psicologi, a trovare significati reconditi. Eros non potrebbe essere guardato con occhi profani e Psiche, che è l'anima deve purificarsi per poter guardare il Dio nel suo splendore.
IL MITO PATRIARCALE
Distorsioni patriarcali, il maschile non è l'Eros, che è sempre femminile. C'è poco da mescolare le carte, noi abbiamo una mente che si riferisce, nel presente, nel passato e nel futuro, all'esterno ed è il nostro maschile. E abbiamo un dentro che comprende istinti, sentimenti ed emozioni che è il nostro femminile. La mente, che percepiamo ad altezza fronte è il maschile, ed è la parte che decodifica il mondo, che organizza e che si rapporta con l'esterno, ed è :Maschile. Questa parte però risente di tutto ciò che gli è stato trasmesso o che gli è stato fatto, nel bene e nel male.
La parte femminile la percepiamo all'altezza del cuore, in parte anche nello stomaco e nella pancia, ed è il Femminile, che avverte tutto ma è continuamente bloccata dal maschile mentale che tenta di proteggerla e di adeguarla, ma in realtà l'imprigiona e la snatura.
Ora è la Dea nuda che non può essere impunemente svelata, non è la mente. "Io sono Colei che è, che è sempre stata e sempre sarà, e nessun uomo ha mai osato alzare il mio velo"
Questo lo dicevano le Grandi Madri sumere e ittite, un detto poi copiato dal Dio ebraico Javhè, però solo parzaialmente perchè il velo da sollevare sul Dio era imbarazzante.
Non a caso Eros viene dichiarato maschio nell'era del patriarcato e della pedofilia, cioè il tentativo di fare a meno della donna sostituendola con efebi, quindi femminei. La sessualità in qualunque forma è rispettabile se riguarda soli adulti, se non c'è coercizione nè fisica nè morale e se non comporta mali fisici. La ricerca di efebi non era omosessualità, di tutto rispetto, ma pedofilia.
Afrodite comunque fu sempre l'Eros per eccellenza in ogni parte del mondo, era la Dea lussuriosa che era vergine, cioè senza marito, ma che si accoppiava spesso e volentieri, come le sue sacerdotesse. La mente osserva e deduce, ma chi ama è l'anima. Per questo l'Eros è definito Penia nel Simposio, perchè la mente sente e soffre la mancanza dell'Eros, perchè l'Eros è solo anima.
Vedi anche: LISTA DELLE DIVINITA' ROMANE
BIBLIO
- Ovidio - Metamorphoseon -
- Aristofane, Gli uccelli
Ibico VI. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007
(Saffo 61. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007
Teogonia 120-122. Traduzione di Cesare Cassanmagnago, in Esiodo.
- Ivan Gobry. Eros in Le vocabulaire grec de la Philosophie 2002 trad. it. Vocabolario greco di filosofia. Milano, Bruno Mondadori, 2004, pag. 80
Grazie dell'articolo, molto bello. Riguardo la conclusione, non penso che Eros e Venere siano la stessa divinità. Venere è poi molto più di una dea lussuriosa, se ne fraintende il ruolo così. Eros è in realtà propriamente maschio (ma non uomo, se comprendete la differenza) e la ragione non è affatto il patriarcato, quanto lo si può già dedurre dallo stesso mito che lo vuole sorgere per primo da Gea.
RispondiEliminaGrazia ancora