CULTO DI VENERE ERICINA



TESTA DI VENERE ERICINA

ETTORE DI RUGGIERO

Aedes Veneris Erycinae. — Fuori l'area Capitolina, all'incirca nel clivo. Fu votata nel 537 u. e. da Q. Fabius Maximus, dopo la battaglia al lago Trasimeno, due anni dopo che T. Otacilius avea votato, allo stesso scopo, l'altro santuario della dea Mens ivi presso (Liv. 22, 10; 23, 31 cf. Ovid. fasti 6, 241. Richter p. 96. Gilbert 3 fp. 101. 399). 

(Ettore di Ruggiero)


LA FONDAZIONE

Venere Erycina era uno dei culti della Dea romana Venere, come protettrice della fertilità, ovvero come Dea Natura, già conosciuta in Grecia come Afrodite Ericina. Secondo Tucidide, Erice fu fondata dagli esuli troiani, che fuggendo nel Mar Mediterraneo avrebbero trovato la terra dove stabilirsi, unirsi alla popolazione autoctona e dar vita al popolo degli Elimi.

Virgilio aggiunge che Enea, figlio di Venere, fondò sul monte, per la divina madre, "una sede vicina alle stelle" e narra della morte del vecchio padre dell’eroe, Anchise, che venne sepolto proprio sul monte Erice, dove si svolsero cerimonie grandiose in suo onore.

Diodoro Siculo invece scrisse che "Erice", figlio di Bute, uno degli Argonauti, e di Afrodite, aveva eretto il tempio dedicato alla divina madre e fondato la città. Poi narra dell'arrivo di Liparo, figlio di Ausonio, alle Isole Eolie (V, 6,7), aggiungendo che già i Sicani "abitavano le alte vette dei monti e adoravano Venere Ericina".



SANTUARIO DI ERIX

Il culto iniziò nell'antica città siciliana di Eryx, dove venne eretto il santuario in onore della Dea, dove si professavano i Sacri Misteri risevati solo agli iniziati, e trasformati oggi nella processione dei Sacri Misteri della passione di Gesù Cristo.



GLI ELIMI

VENERE ERICINA - ACROLITO LUDOVISI - IV SEC. A. C.
Gli Elimi erano un antico popolo della Sicilia occidentale di origine anatolica che successivamente si fusero con i popoli italici. I reperti archeologici più antichi, in particolare le ceramiche, mostrano indubbia provenienza dalla regione della Troade (S.Tusa), e la loro lingua ha caratteristiche anatoliche-hittite. 

Ad Erice stava infatti il popolo degli Elimi, che nell'VIII sec. a.c. eressero il tempio alla divinità femminile della fecondità che assunse, col passare dei secoli, nomi diversi, ma che già dal dal V sec. a.c. divenne famosa si che la città di Erice fu contesa dai Siracusani e Cartaginesi sino alla conquista da parte dei Romani nel 244 a.c..

La Dea venne adorata dagli Elimi col nome di Astarte, dai Cartaginesi come Tanit, e dai Pelasgi come Afrodite, i Romani infine riedificarono il Tempio chiamando la Dea Venere Erycina. Nel tempio si allevavano le colombe che erano il simbolo della Dea e si effettuava la prostituzione sacra, all’interno del tempio. Il culto di Venere Erycina fu così poi anche a Roma portando la statua della Dea, che gli studiosi ritengono sia l'Acrolito Ludovisi, dal tempio di Erice nel 211 a.c..

A Roma furono dedicati due templi a Venere Erycina:

- il Tempio di Venere Erycina (Campidoglio), votato nel 217 a.c. dal dittatore Quinto Fabio Massimo Verrucoso e dedicato nel 215 a.c.,
- il Tempio di Venere Erycina a Porta Collina, votato nel 184 a.c. e dedicato il 23 aprile del 181 a.c. dal console Lucio Porcio Licino.

L'importanza del culto romano di Venere Erycina è testimoniata dal ritrovamento di monete repubblicane datate 57 a.C. dove è raffigurato il tempio di Erice.

TEMPIO DI VENERE


IL SANTUARIO

Il famoso tempio di Venere Ericina sorse sulla rupe scoscesa occupata oggi dal castello normanno, dove i Sicani per primi edificarono una piccola ara protetta da un recinto sacro, il “thémenos”, venerato poi
oltre che dagli Elimi, anche dai Fenici-Cartaginesi diventando famoso in tutto il Mediterraneo.

Così il monte divenne la meta del marinaio fenicio e cartaginese prima, greco e romano poi. Il santuario di Afrodite Euploia, alla cui protezione fu affidato il Canale di Sicilia, fu arricchito di doni provenienti da tutto il bacino mediterraneo. Nel 415 a.c. gli abitanti di Segesta, che si erano rivolti ad Atene per chiedere alleanza contro Selinunte, mostrarono agli ambasciatori ateniesi il santuario ed il suo ricco e inespugnabile tesoro. 

Ma l'importanza militare oltre che religiosa del santuario divenne evidente quando Elimi e Fenicio-Cartaginesi dovettero opporsi all’espansione dei Greci. Ciò fece aumentare il numero dei fedeli e i loro doni. Le feste in onore della Dea assunsero un carattere sempre più importante. Verso la metà del mese di Agosto venivano liberate le colombe della Dea che si allontanavano verso la Colombaia di Trapani dando inizio alle feste Anagogie, che segnavano la fine dell’anno rituale. Al loro ritorno, a nove giorni dalla partenza, cominciavano invece i riti delle feste Katagogie. 

Dopo che Roma ebbe sottomesso Cartagine, il tempio della Dea fu venerato dai Romani che rispettarono anche Erice come teatro della mitica epopea delle peregrinazioni dei Troiani. Nei Veneralia, secondo il poeta Ovidio, madri e nuore, adorne di corone di mirto, invocavano la divinità lavandone il simulacro e libando con una miscela di fiori di papavero, latte e miele.

Le prostitute celebravano la loro "festa" (dies meretricum), il 23 aprile, giorno anniversario della dedica, nel 181 a.c., del tempio votato nel 184 a.c. dal console Lucio Porcio Licinio, in guerra contro i Liguri, a Venere Ericina. 



LA IERODULIA

La Venere onorata nel santuario di Erice, prevedeva, tra l'altro, l'antichissima pratica della prostituzione sacra. Poiché il tempio costruito a Roma era dedicato ad una divinità straniera, venne costruito fuori del pomerio e delle mura urbane, all'estremità del Quirinale, oltre la Porta Collina, in un luogo che alcuni studiosi pensano di riconoscere tra le vie Sicilia e Lucania o tra le vie Gaeta e Curtatone (dove nel 1873 furono trovati i resti di un edificio sacro). Il tempio venne inglobato, successivamente, negli Horti Sallustiani.

Al tempio di Venere Ericina, ogni 23 aprile, convergevano le prostitute in processione, recando corone di rose e di mirto, piante sacre alla Dea, per onorare Venere. 

Le donne chiedevano alla Dea di vegliare su di loro nella salute e nella bellezza. Ovviamente questo pellegrinaggio attirava una folta schiera maschile con incontri e contrattazioni sessuali.

ERICE

LA FINE DEL TEMPIO

Il tempio, ancora fiorente nel 75 a.c., decadde subito dopo a causa della diminuzione del traffico marinaro e per l’involuzione economica dell’Isola. Non più centro militare, l’acropoli ericina, sede di una religione bandita dal Cristianesimo, decadde del tutto.

Gli scavi del 1932 hanno dimostrato che esso era di modeste proporzioni e che era ubicato da oriente ad occidente. Durante gli stessi scavi, venne scoperto un tratto di pavimento in mosaico, oggi scomparso. Stando ai cronisti del 1600, i resti del tempio dovevano essere ancor visibili in tale epoca.



BIBLIO

- Ambrogio Balbi - Dissertazioni riguardanti il culto di Venere Ericina - Torino - 1824 -
- Agostino Pepoli - Antichi bolli figulini e graffiti delle sacerdotesse di Venere ericina rinvenuti in Monte - San Giuliano - Tipografia Galletti e Cocci - Firenze - 1885 -
- Enrico Acquaro, Antonino Filippi, Stefano Medas - La devozione dei naviganti: il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo - Lumières Internationales - Lugano - 2010 -
- Beatrice Lietz - La dea di Erice e la sua diffusione nel Mediteraneo - Edizioni della Normale - Pisa - 2012 -


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