TITO TAZIO - TITUS TATIUS

MONETA RITRAENTE TITO TAZIO

Nome: Tito Tazio, latino: Titus Tatius
Nascita: ?
Morte: 745 a.c.
Regno: 750-745 a.c.
Figli:
- Titia che sposò Numa Pompilio
- Tius che divenne antenato della nobile famiglia dei Tatii 


DOMANDE

- Quando morì Tito Tazio?
Tito Tazio morì il 745 a.c.
- Chi era Tito Tazio prima di diventare re di Roma?
Tito Tazio prima di diventare re di Roma era re di Cures, città sabina.
- Come fece Tito Tazio a diventare re di Roma?
Dopo aver combattuto tra loro Romolo e Tito Tazio si accordarono per governare congiunti.
- Dove si stabilirono Tito Tazio e i Sabini a Roma?
Tito Tazio e i Sabini a Roma si stabilirono sul colle Quirinale.
- Quali regole imposero le sabine ai romani per accettare il matrimonio con loro?
Le sabine per accettare di sposare i romani imposero loro le seguenti regole:
1) non dovranno mai lavorare per i loro mariti, salvo filare la lana;
2) per la strada gli uomini dovranno cedere loro il passo;
3) nulla di sconveniente sarà detto a loro o in loro presenza;
4) nessun uomo potrà mostrarsi nudo davanti a loro;
5) i loro figli avranno una veste speciale, la praetexta che li rendeva intoccabili pena la morte)-
- Come morì Tito Tazio?
Tito Tazio morì ucciso dagli abitanti di Laurento ai cui ambasciatori alcuni parenti di Tazio avrebbero mancato di rispetto.
- Tito Tazio fu divinizzato?
Tito Tazio fu divinizzato venendo assimilato al Dio Quirino a cui fu poi assimilato anche Romolo.



TITO TAZIO
Secondo le antiche tradizioni romane Titus Tatius (748 a.c.) fu il re sabino di Cures, una delle città stato in cui vennero rapite le donne dai romani, i quali avevano popolato l'urbe dando asilo ai ricercati e ai reietti, di certo non i migliori come cives, ma forse ottimi per combattere. La mancanza di donne aveva fatto loro rapire le donne dei popoli vicini attirandoli con una festa e i derubati di figlie e mogli come prima reazione si rivolsero a Tazio, che pertanto era già un tipo di riguardo:
« ...e da ogni parte si radunavano attorno a Tito Tazio, re dei sabini. E a lui facevano capo anche ambascerie perché grandissima era la sua fama in quelle regioni »
Il re di Cures vendicò infine il rapimento delle donne sabine attaccando Roma e catturando il Campidoglio con l'aiuto del tradimento di Tarpeia. 
« Un'ultima guerra venne dai sabini e fu di gran lunga la più difficile. I sabini, infatti, non erano mossi da ira o da ingordigia di bottino; soprattutto non fecero trapelare nulla della loro volontà di guerra prima di essere pronti in armi. »
Però le donne sabine convinsero tanto Tatius quanto Romulus a riconciliarsi, a riunirsi in un unico popolo e a governare unitamente su di esso. Roma conservò il suo nome e il suo popolo si chiamò Romano, ma come comunità si definirono Quiriti; i Sabini poi vennero incorporati nelle tribù e nelle curie, dando origine al "populus Romanus quirites"
Tazio si stabilì con il popolo sabino sul Quirinale mentre i romani rimasero sul Campidoglio.
Tutto filò liscio per 5 anni finchè re Tazio venne ucciso per vendetta dagli abitanti di Lavinio, così Romolo regnò da solo, e Tazio, essendo contemporaneo a Romolo non rientrò nel fatidico numero dei "Sette re di Roma".
Ebbe una figlia di nome Tatia, che sposò Numa Pompilio (il successore di Romolo), ed un figlio, che fu l'antenato della nobile famiglia dei Tatii.
Varrone narra di Tazio come un re di Roma che ampliò la città e stabilì alcuni culti, ovviamente sabini. Fu infatti Tito a dedicare un piccolo tempio al Dio Semo Sancus sul Quirinale, un Dio sabino ovviamente.
NUMA POMPILIO CON EGERIA

CURES

Cures era una città sabina posta tra la riva sinistra del Tevere e la Via Salaria, a circa 26 miglia da Roma, là dove oggi sorge Fara Sabina. la più importante città della Sabina citata da Cicerone, Virgilio, Stazio, Strabone e Plutarco.

Secondo Livio il re successore a Romolo, Numa Pompilio, era proprio un cittadino di Cures, nato a Cures e lì residente quando venne acclamato re di Roma.


LE OPINIONI

Secondo Mommsen,

la storia della sua morte sarebbe la versione storica della soppressione della vendetta di sangue. Tazio, che per certi versi assomiglia a Remus, non sarebbe un personaggio storico, ma l'eroe eponimo del collegio religioso dei Sodales Titii, sui quali Tacito esprime due opinioni diverse, che rappresentano due diverse tradizioni: che è stato introdotto sia da Tazio stesso per conservare il culto Sabino a Roma, o da Romolo in onore di Tazio, alla cui tomba i suoi membri erano tenuti ad offrire un sacrificio annuo. 
I sodales cessarono alla fine della repubblica, ma vennero ricollocati da Augusto e durarono fino alla fine del II sec. d.c. Sia Augusto che l'imperatore Claudio appartenevano al collegio, i cui membri erano tutti di rango senatorio.  Altri pensano che Tazio possa essere l'eponimo della tribù dei Titii, o anche una invenzione per costituire un precedente per la magistratura collegiale.


TITO TAZIO - RATTO DELLE SABINE

Secondo Antonio Nibby 

Tazio non potendo avvicinarsi a Roma per le colline, che erano, come si è detto, occupate da Romulo e dagli Etrusci, sboccò colle sue genti nella pianura in seguito chiamata Campo Marzio e pose i suoi alloggiamenti sotto il monte Saturnio. Questo colle, che era più dappresso a Roma, e perciò era stato meglio degli altri fortificato, veniva guardato da una mano dì gente capitanata da Tarpejo.

Contro questo monte si rivolse Tazio, considerandolo come il punto più importante per poter battere Roma, e pervenne ad impadronirsene, sia per tradimento, come l'opinione generale pretende, sia per sorpresa: e siccome in questa fatto ebbe gran parte Tarpeja, figlia dì colui che vi comandava, perciò da quella epoca il monte ottenne il nome di Tarpejo, nome che rimase sempre ad una parte di esso (quantunque il resto dopo prendesse altra denominazione dì Capitolium) e fu quella, che riserbata al supplizio de' rei continuò ad appellarsi la rupe, o il sasso Tarpejo, siccome si appella tutt' ora.

All' avviso della espugnazione di un posto così importante Romulo co' suoi alleati venne in soccorso di Roma e cercò di riprendere il colle perduto ma fu indarno, che rimasto egli stesso ferito nella pugna, e morto Lucumone, capo degli Etrusci, i Sabini attaccarono la città stessa.

Questa però veniva custodita dal fiore della gioventù, i quali si lanciarono contro i nemici cercando di respingerli: nello stesso tempo Romulo riavutosi dal colpo ricevuto in battaglia, corse a rianimare i suoi, e per meglio riuscire fece voto a Giove di edificargli un tempio sotto la denominazione di Statore nel sito stesso, nel quale avea gittato le fondamenta della sua città.

Sono varie le opinioni degli antichi sopra Tarpeja, e sopra la presa del Campidoglio fatta dai Sabini, le quali possono leggersi in Dionisio in Livio in Plutarco nella vita di Romulo e. XIII. etc. Che poi il monte venisse denominato Tarpejo e continuasse cosi a chiamarsi fino alla fondazione del Tempio di Giove Capitolino da Tarquinio, nella quale occasione il monte dissesi Capitolium, e la rupe dalla quale si gittavano i rei conservò sola il nome di Tarpeja, lo mostra Plutarco in questi termini nella vita di Romulo.

La pugna ricominciò più furiosa nella valle fra i due colli Palatino, e Capitolino; ivi Mezio Curzio, che comandava la cavalleria Sabina, inesperto de' luoghi, trovossi intrigato in una palude che esisteva fra i due colli e che dopo tale avvenimento fu detta il Lago Curzio: la battaglia insensibilmente erasi portata verso la estremità del monte, che poi prese il nome di via Sacra, e continuava incerta, ed accanita, quando un nuovo stratagemma fu posto in opera da Romulo, di far uscire le donne perchè fossero mediatrici fra i loro padri, e i mariti: il ritrovato di Romulo andò a seconda de' suoi desiderj, la pacificazione fra i due popoli fu istantanea e completa, e da un tale avvenimento il sito dal quale fu conchiuso il trattato, venne chiamato Via Sacra.


Secondo Dioniso

nel luogo citato, Livio Uh. I. e. V. pone queste parole del voto di Romulo :
"Jupìter tuis, inquit, jussus avibus hìc in Palatìo prima urbis fundamenta fecì,  hic ego tibi templum Statori Jovi,quod monumentum sit posteris; tua praesenti ope servata ìn iirbem, esse voveo."
Questo passo determina la posizione del tempio di Giove Statore nelle vicinanze del sito dove Romulo avea cominciato il solco, cioè verso il Foro Boario, come si vide di sopra, e sul Palatino.



COME ANDO' VERAMENTE

Sicuramente vi fu scontro tra i Sabini e i Romani, come sempre avveniva nel circondario delle città laziali e oltre. Evidentemente non vi fu questa vittoria schiacciante dei romani ma le battaglie dovettero durare a lungo finchè prevalse il buon senso femminile. Non dimentichiamo che all'epoca c'era ancora in diversi popoli, come dimostrò parecchi secoli dopo Bachofen, un retaggio matriarcale, dove i re comandavano le città e gli eserciti, ma la religione e l'interpretazione della volontà divina era affidata alle donne. Evidentemente le sacerdotesse sabine si accordarono con le sacerdotesse romane per una pace congiunta. 
Guarda caso Tarpeia era un'antica divinità preromana e colei che aprì le porte di Roma era una vestale, cioè una sacerdotessa. Nell'inquinamento storico Tarpeia diventò addirittura la figlia del portinaio che aprì le porte ai sabini in cambio di un bracciale d'oro. Occorre precisare che la rupe Tarpea era dedicata anticamente alla Signora delle selve, da Tharphos, nome greco che significa appunto selva, boscaglia. Tanto più che il vezzo di buttare la gente dalla rocca è prettamente greco e sicuramente già vigeva.

Non a caso poi vi si rinvenne la testa di una Dea che rivestì il ruolo di Roma caput mundi. E la testa fu rinvenuta proprio sulla rupe Tarpea, e in questo mito l'augure raccomanda di non rivelare il luogo della scoperta. Come mai? Forse per non rivelare che gli antenati di Roma furono matriarcali e con una Dea Madre, cosa che riscoprirà ben nel XIX secolo Bachofen col suo contestatissimo ma veritiero "Il Matriarcato".

Tanto è vero che di diversi Re di Roma si ignora la paternità, solo perchè all'epoca si diventava re in quanto figli o mariti di una regina. Per Romolo il padre diventa Marte, ma in realtà è figlio di una sacerdotessa vestale, che sicuramente in epoca antichissima erano tutt'altro che caste. D'altronde Romolo ratificò l'alleanza sposando una sabina, una certa Ersilia, da cui ebbe una figlia e pure un figlio che però non ereditò il trono. Forse non è vero che si eleggessero re per acclamazione, almeno all'inizio, ma occorreva sposare una sacerdotessa per diventarlo.
Da notare poi che furono le donne a decidere la sospensione della guerra, il che dimostra il potere che avevano, potere che persero in pieno patriarcato dove Lucrezia viene uccisa dal fratello solo per aver pianto per la morte del fidanzato seppur nemico. 
E poi Plutarco in Vita di Romolo, racconta che:
"Là mentre stavano per tornare a combattere nuovamente, furono fermati da uno spettacolo incredibile e difficile da raccontare a parole. Videro infatti le figlie dei Sabini, quelle rapite, gettarsi alcune da una parte, ed altre dall'altra, in mezzo alle armi ed ai morti, urlando e minacciando con richiami di guerra i mariti ed i padri, quasi fossero possedute da un Dio."

IL TRADIMENTO DI  TARPEIA
Le future romane non avrebbero osato tanto, ma soprattutto urlarono e minacciarono con richiami di guerra, evidentemente erano anche guerriere altrimenti non avrebbero usato di quei richiami che certamente dovevano essere terribili per intimidire il nemico, un po' come si fa nelle squadre di rugby e anche peggio.

Ma c'è di più, il successore di Tazio fu Numa Pompilio che aveva sposato la figlia Tazia o Tatia che dir si voglia. All'epoca i re erano maschi ma prendevano il potere dalle donne. Così andò in Egitto, dove i faraoni si sposavano sorelle e figlie per poter ereditare il comando, così fu in Grecia, dove Egisto ad esempio divenne re sposando la regina Clitennestra, e così più anticamente uno dei Proci sarebbe diventato re di Itaca sposando la regina Penelope.

Ma ancora una cosa ci convince ancor più che le sabine fossero matriarcali e avessero un potere, perchè le fonti narrano che fecero coi romani un patto di comportamento in caso di matrimonio, ed ecco le regole:
1) non dovranno mai lavorare per i loro mariti, salvo filare la lana;
2) per la strada gli uomini dovranno cedere loro il passo;
3) nulla di sconveniente sarà detto a loro o in loro presenza;
4) nessun uomo potrà mostrarsi nudo davanti a loro;
5) i loro figli avranno una veste speciale (praetexta che li rendeva intoccabili pena la morte) e un ciondolo d'oro (bulla aurea, con lo stesso significato).

Non è da escludere che fosse all'epoca preponderante il potere sabino a Roma, come lo divenne poi quello etrusco. Ma basta leggere le leggi che le sabine imposero ai romani per ratificare la pace per
capire che la decisione spettava a loro."

ASSASSINIO DI TITO TAZIO

L'UNIONE DEI REGNI (Antonio Nibby)

Dionisio, che di questa concordia parla più a lungo, racconta, che secondo il trattato, Romulo co' suoi Romani rimase padrone della Roma primitiva: Tazio co' Sabini si stabili sul colle Tarpejo e per addizione, siccome i due popoli non aveano spazio sufficiente, una parte del Quirinale e del Celio fu loro assegnata dove questi due colli più vicini si trovano al Tarpejo  ed al Palatino.

Ma dobbiamo qui prevenire il lettore, che con ciò non vuol credersi da noi, che il Quirinale, ed il Celio fossero chiusi nelle mura imperciocché gli antichi vanno d' accordo nell' assicurarci che dopo la riunione de' Romani a' Sabini il solo monte Capitolino o Tarpejo fu colla valle intermedia riunito al Palatino con mura.

Questa valle era allora ingombrala da boschi e dalla palude accennata di sopra, la quale venne riempiuta, ed i boschi furono tagliati i e trovandosi posta tra i due colli, fu deciso, che servirebbe loro di mercato, o Foro in comune.

Secondo questo racconto è ragionevole supporre che dal Palatino al Tarpejo fossero dirette due cortine di mura, le quali continuando sul ciglio delle rupi verso il Campo Marzio, vennero a chiudere dentro tutto intiero il Tarpejo: nello stesso tempo questo accrescimento rese inutile quella parte del muro primitivo di Roma, che dominava il Foro ma forse questa non venne tosto abbattuta.



LA MORTE

I due Re governarono pacificamente parecchi anni i loro popoli riuniti, e pare che la concordia non fosse in guisa alcuna alterata ma è facile giudicare che l'ambizione di Romulo non vedesse di buon occhio la sua autorità divisa, e per conseguenza è da credersi che se non fu 1' autore, almeno fomentò le differenze che insorsero fra Tazi e i Laurenti, le quali finirono coll'assassinio del Re Sabino: che se di ciò non abbiamo una prova diretta, l'indifferenza, che mostrò Romulo nella morte del suo collega, fa molto sospettare della sua fede.

Infatti, qualche anno dopo la riunificazione dei regni, il romano e il sabino, alcuni parenti di Tazio maltrattarono gli ambasciatori dei Laurenti che fecero appello al diritto delle genti. Tazio non se ne curò e, pur essendo, in qualità di re, il garante della giustizia, appoggiò i suoi parenti. Mentre era a Lavinio però, intento a un solenne sacrificio, fu sorpreso dagli avversari e ucciso. Livio commenta:

« Si dice che Romolo abbia accettato quell'evento con minor dolore di quanto fosse giusto attendersi, forse a causa di quella divisione del potere che lo lasciava poco tranquillo, forse perché riteneva che Tazio fosse stato ucciso, tutto sommato, giustamente. »

Dionisio narra l'avvenimento della morte del re con lunghi particolari, e chiama Laviniati quelli che Livio appella Laurenti, ed aggiunge che la morte di Tazio avvenne 1'anno VI del suo regno con Romulo. Plutarco va d'accordo con Dionisio e con Livio, e fa dei Laurenti gli offesi dai seguaci di Tazio, e Lavinio il luogo della uccisione e, aggiungendo i sospetti che corsero in questo affare circa Romulo, soggiunge che ciò non alterò la buona armonia dei Sabini dimoranti in Roma, i quali, alcuni per amore, altri per timore, restarono tranquilli.

Ciò deve credersi per la gelosia, che fra i due Re dovea regnare, e soprattutto per i passi di Livio, e di Ovidio, che nominano la porta del Palatino, che più sotto vedremo essere la Mugonia, esistente ancora ai tempi loro; ed è appunto questa la porta, che stava nel lato del colle, che sovrastava al Foro, che veniva designata col nome di Porta vetus Palatii: il primo nel capo V. del I libro afferma:
"Ut Hostius cecidlt confestim Romana inclinatur acies ; fusique est ad veterem portain Palatii"

Ovidio poi nella I. Elegia del III. libro Tristium cantò:
"Inde petens dextram, porta est ait ista Palatii Hic Statar hoc primiun condita Roma loco est".
Dionisio nel libro II narra lo stesso avvenimento con più lunghi particolari, ma con poca varietà, e solo chiama Laviniati quelli che Livio appella Laurenti, ed aggiunge che la morte di Tazio avvenne 1'anno sesto del suo regno con Romulo.
Questa morte però non produsse alcun cangiamento nel recinto, che rimase lo stesso fino alla morte di Romulo avvenuta 716 anni avanti l'era volgare, alla quale epoca Roma non chiudeva dentro le mura che il Palatino, ed il Tarpejo, e la valle che separa i due colli.
Plutarco va di accordo con Dionisio e con Livio, e fa Laurenti gli offesi dai seguaci di Tazio, e Lavinio il luogo della uccisione sua siccome Livio: quindi aggiungendo i sospetti che corsero in questo affare circa Romulo, soggiunge che ciò non alterò punto la buona armonia de' Sabini  dimoranti in Roma, i quali altri per amore, altri per timore restarono quieti.


LA SEPOLTURA

Dopo la morte, il corpo di Tazio fu riportato a Roma e sepolto sul colle Aventino. La sua tomba si trovava all'interno di un bosco sacro di allori (Loretum), situato nell'area dell'attuale piazza Giunone Regina.

Il Lucus Laurus nobilis - selva di allori - riferito da Dionigi e Varrone, avrebbe accolto la sepoltura del re Tito Tazio. Poichè Plutarco riferisce che Tazio fu sepolto nell'Armilustrium, e siccome presso la chiesa di Sant'Alessio fu trovata un'epigrafe che menziona l'Armilustrium, si suppone il lucus in quella zona.

Su quella tomba i romani sacrificarono ogni anno e sul Quirinale onorarono il Dio Quirino a cui probabilmente era stato assimilato Tito Tazio, e a cui poi venne poi assimilato Romolo.


BIBLIO

- Plutarco - Vita di Romolo - XXIII -
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - I - Storia di Roma dalla fondazione - Newton & Compton - Roma - 1997 -
- Andrea Carandini - La leggenda di Roma, volume II. Dal ratto delle donne al regno di Romolo e Tito Tazio, Mondadori - Fondazione Valla - Milano - 2010 -
- Raymond Bloch - Les Origines de Rome - 1946 -
- G. De Sanctis - Storia dei Romani - I - Torino - 1907 -

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