OLTRAGGIO DI LUCREZIA |
Nome: Valerius Maximus
Nascita: I secolo a.c.
Morte: I secolo d.c.
Professione: Storico
LE ORIGINI
Nel 27 accompagnò il proconsole Sesto Pompeo (console nel 14 d.c. e figlio di Gneo Pompeo Magno) in Asia e questi, per ripagarlo delle sue capacità militari e della sua devozione, lo aiutò poi ad entrare nel circolo letterario del quale faceva parte anche Ovidio.
Al tempo dell'imperatore Tiberio (14-37) raggiunse l'apice della notorietà e fu anche il massimo periodo di produzione letteraria, specie dopo la caduta del prefetto Seiano, esecrato tra gli esempi di ingratitudine.
FACTORUM ET DICTORUM MEMORABILIUM
Detto anche "De factis dictisque memorabilibus o Facta et dicta memorabilia". Dopo aver accompagnato nel suo proconsolato in Asia nel 27 Sesto Pompeo, Valerio Massimo scrisse un manuale di "Factorum et dictorum memorabilium", (anno 30 o 31 dc.) esempi storici e retorico-morali in libri IX, di cui uno mutilo. Gli antichi però ne conobbero anche un’edizione in 10 libri.
EDUCAZIONE SPARTANA |
Secondo quello che l'autore espone qui sopra nella prefazione, si tratta di un manuale diretto a chi vuole citare gesta o sentenze riguardanti un determinato argomento.
Egli volle scrivere un'edificante e piacevole lettura per il lettore occasionale, non necessariamente colto nell'arte della retorica, compilando un manuale di esempi retorico-morali. Pertanto è un manuale ad uso dei retori e degli insegnanti delle scuole, costruito però con uno stile ampolloso e pretenzioso.
L’opera, dedicata a Tiberio, fu certamente pubblicata verso il 31, anno in cui fu condannato a morte Elio Seiano, il potente ministro del principe. A Seiano si allude, infatti, nella parte conclusiva dell’ultimo libro, fra gli esempi di facta scelerata, in un capitolo che sembra essere stato aggiunto a lavoro già finito. Il poema abbonda di passi in cui Tiberio è esaltato come “supremo difensore della nostra incolumità”.
Si trattava di un'opera a carattere divulgativo che raccoglieva fatti e aneddoti ripresi da fonti diverse, suddivisi in 9 libri, ma gli antichi, per es. Aulo Gellio, Notti attiche, XII, 7, 8 ne conobbero anche una edizione in 10 libri, per cui forse il X libro è andato perduto e 95 categorie di vizi e virtù, al loro interno suddivisi in romani ed esterni.
GAIO GRACCO |
Ognuno dei nove libri ha sette capitoli, ogni capitolo ha un tema particolare su cui si articolano le storie, che sono in tutto 91, riguardanti vari risvolti della vita romana, intorno a difetti e virtù, usi morali e immorali, pratiche religiose, superstizioni e antiche tradizioni.
Opera erudita di carattere divulgativo, raccoglieva fatti e aneddoti da fonti diverse, suddivisi in 9 libri con 95 categorie di vizi e virtù, al loro interno suddivisi in esempi sia romani che stranieri. Venne scritta durante il regno di Tiberio (42 ac. – 37 d.c.) La maggior parte delle brevi storie riguardano personaggi romani, solo una piccola parte riguarda personaggi stranieri, e di questi si tratta soprattutto di greci, in particolare filosofi e re.
Opera erudita di carattere divulgativo, raccoglieva fatti e aneddoti da fonti diverse, suddivisi in 9 libri con 95 categorie di vizi e virtù, al loro interno suddivisi in esempi sia romani che stranieri. Venne scritta durante il regno di Tiberio (42 ac. – 37 d.c.) La maggior parte delle brevi storie riguardano personaggi romani, solo una piccola parte riguarda personaggi stranieri, e di questi si tratta soprattutto di greci, in particolare filosofi e re.
GLI EXEMPLA STORICI
L'opera è una raccolta di exempla storici, circa un migliaio, diretta all'insegnamento nelle scuole, divisa per argomenti, in cui gli esempi, soprattutto romani, sono attinti non tanto ai grandi storici greci, quanto a Cicerone, Sallustio e Livio. I temi sono disparati, ma tutti di carattere moraleggiante.
La modesta finalità dell'autore è infatti quella di portare al lettore exempla (esempi) attraverso i comportamenti virtuosi, oppure attraverso quelli più esecrabili, degli uomini famosi del passato, di modo che i retori, a cui questa opera sembra essere indirizzata, possano farne uso nei loro discorsi per ampliare storicamente le loro argomentazioni.
L'opera è una raccolta di exempla storici, circa un migliaio, diretta all'insegnamento nelle scuole, divisa per argomenti, in cui gli esempi, soprattutto romani, sono attinti non tanto ai grandi storici greci, quanto a Cicerone, Sallustio e Livio. I temi sono disparati, ma tutti di carattere moraleggiante.
La modesta finalità dell'autore è infatti quella di portare al lettore exempla (esempi) attraverso i comportamenti virtuosi, oppure attraverso quelli più esecrabili, degli uomini famosi del passato, di modo che i retori, a cui questa opera sembra essere indirizzata, possano farne uso nei loro discorsi per ampliare storicamente le loro argomentazioni.
Tratti per la maggior parte dalla storia romana e, in misura minore, da quella greca, gli aneddoti hanno un carattere educativo, attraverso esempi di comportamenti virtuosi, o al contrario abietti e sleali, dei grandi uomini del passato, affinchè i retori avessero argomenti nelle loro disquisizioni o il popolo esempi fa seguire o da rifuggire. Dunque un'opera disimpegnata, edificante e piacevole e di intenti educativi.
Nella redazione del poema Valerio si rivolse alle precedenti raccolte di argomenti analoghi, come quelle di Pomponio Rufo, Igino, forse Cornelio Nepote, ma ricorse spesso anche a diversi autori latini come Cicerone, Sallustio, Tito Livio, Varrone, Pomponio Rufo, Cornelio Nepote, Erodoto e Senofonte, Pompeo Trogo, e greci come Senofonte, Erodoto, Teopompo e Diodoro Siculo.
L'opera di questo autore si propone anche di essere un'edificante e piacevole lettura per il lettore occasionale, non necessariamente colto nell'arte della retorica (il persuadere tramite i discorsi):
"Pagina hac domestica certior fies, candide lector, de rebus classicis quas in aranea nostra mirabili totum orbem terrarum complectente invenias".
In effetti molti autori latini successivi si rifecero alla sua opera e nel IV secolo dalla sua opera furono tratti due compendi; uno, che ci è giunto integralmente, dello storico Giulio Paride (riduzione a un solo libro, una sorta di manuale di rapida consultazione per accompagnare discorsi con exempla) l'altro, che si arresta al III libro, di Nepoziano, l'usurpatore nipote di Costantino I.
ESALTAZIONE DELLE ISTITUZIONI VIRTUOSE
La prima parte del "Factorum et dictorum memorabilium libri IX" è caratterizzata dall'esaltazione dell'esercito, delle istituzioni, delle virtù politiche e pratiche; nell'ultima parte si parla dei vizi, mentre nella prefazione trova posto l'apologia di Tiberio.
Caratteristica fondamentale è l'elogio della tradizione repubblicana: Valerio Massimo elogia infatti Catone l'Uticense, incarnazione del desiderio e della virtù della libertas, e condanna invece il tribuno della plebe Marco Livio Druso che seminò discordia nella res publica proponendo di estendere la cittadinanza romana a tutti gli Italici, richiesta per cui venne assassinato, e tuttavia fu non lui per le sue richieste ma il suo assassinio a provocare la rivolta del suolo italico.
Anche per Bruto e Cassio vi è una valutazione piuttosto positiva, in quanto incarnano le virtù catoniane, in parte negativa in quanto sono assassini (ma soprattutto assassini di uno dei più grandi uomini della storia). Insomma per i conservatori gli assassini di Cesare sono eroi.
LUPO DI FERRIERES
Una ulteriore silloge fu poi fatta nel sec. X nei dettati del noto abate Lupo di Ferrières, il quale si corresse il testo da lui già conosciuto nel Codice Bernese. Lupo conosceva inoltre l'epitome di Giulio Paride. Il trattato De praenominibus che segue alla epitome di Paride non ha nulla da fare né con Valerio Massimo né con Giulio Paride, perché deriva da un epitome di Caio Tizio Probo intitolata Epitoma historiarum diversarum exemplorumque Romanorum; ma nel Medioevo fu ritenuto quel decimo libro di V. M., di cui parlava Giulio Paride stesso.
Valerio Massimo fu più volte usato e citato dagli autori latini successivi. Nel IV sec. dalla sua opera furono tratti due compendi; uno, che ci è giunto integralmente, di Giulio Paride, l'altro, che si arresta al III libro, di Nepoziano.
La fortuna di Valerio è confermata inoltre da un'antologia di lui e Gellio conservata in codici del sec. XII, ecc. Invece Cicerone, Livio e Varrone dovettero essere utilizzati direttamente, fornendo molta parte del materiale. Più incerta la questione per altri annalisti, nonché per gli autori greci, di cui si sono proposti Senofonte, Teopompo, Diodoro. Certa l'utilizzazione di Sallustio e Trogo Pompeo.
Lo stile particolare e il linguaggio piuttosto complesso di questo autore ha fatto sì che, a molti secoli dalla sua morte, egli sia uno degli autori più tradotti da chi si appresta a studiare il Latino assieme a Cesare, Cicerone, Fedro, Cornelio Nepote e Eutropio.
Tuttavia Valerio nasconde questa vacuità retorica sotto il pretesto etico dell'esaltazione della virtù, che ovviamente si rivela in Tiberio e ha il suo contrario in Seiano, insigne esempio di ingratitudine punita.
Ragion per cui Valerio non può essere definito uno storico, quanto un retore che testimonia il progressivo sbriciolamento della storiografia in aneddotica e pettegolezzo, da taluni seguita, senza più la necessaria comprensione delle causalità degli eventi.
Lo stile particolare e il linguaggio piuttosto complesso di questo autore ha fatto sì che, a molti secoli dalla sua morte, egli sia uno degli autori più tradotti da chi si appresta a studiare il Latino assieme a Cesare, Cicerone, Fedro, Cornelio Nepote e Eutropio.
SCIPIONE L'AFRICANO |
Ragion per cui Valerio non può essere definito uno storico, quanto un retore che testimonia il progressivo sbriciolamento della storiografia in aneddotica e pettegolezzo, da taluni seguita, senza più la necessaria comprensione delle causalità degli eventi.
Il secondo compendio comparve nel V secolo curato per l'edizione da Rusticio Elpidio Domnulo, che copiò l'epitome a Valerio Massimo di Giulio Paride, (riduzione a un solo libro, una sorta di manuale di rapida consultazione per accompagnare discorsi con exempla) l'altro, che si arresta al III libro, di Nepoziano (Januarius Nepotianus), forse un rettore del IV secolo.
L'opera ci è giunta con una lacuna non grave (I, 1 ext. 4- I, 4 ext.1) e senza epilogo, ma non si nota quasi.
Dante Alighieri non lo citò mai direttamente, ma già i primi commentatori della Commedia lo proposero come fonte di alcuni spunti o episodi dell'Inferno e del Purgatorio. La questione fu però controversa per gli studiosi.
BIBLIO
- Valerio Massimo - Factorum et dictorum memorabilium - libri IX -
- Taylor, Lily Ross - Party Politics in the Age of Caesar - University of California Press - Berkeley -California - 1971 -
- A. Ramelli - Le fonti di Valerio Massimo - in Athenaeum - XIV - 1936 -
- Ettore Paratore - Storia della letteratura latina - Firenze - Sansoni - 1979 -
- E. Lundberg - De elocutione Valerii Maximi - Uppsala - 1906 -
- H. W. Lichtfield - National exempla virtutis in Roman Literature - in Harvard Studies in Class - Phil., XXV - 1914 -
- Ettore Paratore - Storia della letteratura latina - Firenze - Sansoni - 1979 -
- E. Lundberg - De elocutione Valerii Maximi - Uppsala - 1906 -
- H. W. Lichtfield - National exempla virtutis in Roman Literature - in Harvard Studies in Class - Phil., XXV - 1914 -
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