ARRIA MAGGIORE - ARRIA MAIOR




Arria (lat. Arria) maggiore fu una matrona romana, così chiamata per aver avuto una figlia anch'essa di nome Arria, detta appunto Arria Minore. Arria Maggiore fu la moglie devotissima di Cecina Peto (Caecina Paetus) di gloriosa gens etrusca, che morì suicida alla morte del marito. La sua storia, spesso tacciata di essere leggenda, la conosciamo invece piuttosto bene dalle lettere di Plinio il Giovane, che la scrisse dopo aver parlato personalmente con la nipote di Arria, di nome Fannia, nonchè dalla documentazione di Tacito. I due coniugi si amavano molto e Arria era una donna di fortissimo carattere.

"Mi pare che abbia evidenziato le azioni e le parole di uomini valorosi e di donne illustri, alcuni più famosi, altri più importanti. La mia opinione è stata confermata dalla chiacchierata di ieri con Fannia. Questa è la nipote di quell'Arria che fu per il marito di esempio e di consolazione nella morte. Raccontava molte cose di sua nonna non meno importanti di questa, ma meno conosciute; penso che queste saranno per te che leggi tanto ammirevoli quanto lo furono per me ascoltarle. Cecina Peto, suo marito, era malato, e anche suo figlio era malato, entrambi molto gravemente, come sembrava. 

Il figlio, di singolare bellezza, di pari modestia e non meno caro ai genitori che per il fatto di essere figlio, morì. 

Ella preparò il funerale e condusse le esequie cosicche il marito non sapesse; anzi ogni volta che entrava nella sua stanza fingeva che il figlio fosse vivo e spesso, se chiedeva cosa facesse il ragazzo, rispondeva: 

"Ha riposato bene e assume cibo volentieri". 

Dopo, quando le lacrime trattenute per lungo tempo le sfuggivano, si nascondeva; allora si abbandonava al dolore; ritornava sorridente, con gli occhi asciutti e il viso composto, come avesse lasciato il dolore  fuori. 
Certamente memorabile la sua azione di stringere il pugnale, 
trafiggersi il petto, estrarre la lama, porgerla al marito e aggiungere parole immortali e quasi divine: "Peto, non fa male!". 

Ma tuttavia per colei che faceva e diceva queste cose, la gloria e l'eternità si ponevano davanti agli occhi; c'è qualcosa di più grande di trattenere le lacrime, nascondere il lutto e di sostenere a tal punto il ruolo di madre dopo aver perso il figlio senza promessa di eternità, senza promessa di gloria?" 

(Plinio il giovane - Epistole III 16)

Narra dunque Plinio che sia il padre che il figlio di Arria erano afflitti dello stesso male che li inchiodava sul letto e che il figlio morì mentre il marito era ancora molto malato. Temendo che la notizia della morte del figlio potesse togliere al marito la voglia di guarire ella gli nascose la notizia. Pertanto tutto da sola organizzò e fece eseguire il funerale, dicendo al marito che il bambino migliorava ma che non poteva ancora alzarsi dal letto.

Quando sentiva che il dolore stava per strapparle le lagrime, la donna usciva dalla stanza del marito e ritornava quando l'animo suo s'era quietato. Il padre d'altronde le chiedeva continuamente notizie del figlio, a cui ella rispondeva: “Ha dormito e mangiato bene” Così Cecina guarì, ma ebbe la malaugurata idea di partecipare a una congiura.

E' Tacito che ci narra la storia. Cecina ebbe l'idea di associarsi a Scriboniano che, carico di debiti, tentò di spodestare l'imperatore Claudio dal trono, già inviso al senato per la sua stoltezza. Ma per le rivolte occorre denaro e così la rivolta fallì e i rivoltosi vennero puniti. Scribonio venne ucciso tra le braccia di sua moglie, la quale, per evitarsi guai maggiori, fece il nome di altri congiurati, tra cui Cecina.

Le ritorsioni furono violentissime, molte mogli vennero giustiziate insieme ai mariti, molti furono strangolati e gettati sulle scale Gemonie, solo ai figli venne risparmiata la vita, che venne risparmiata anche ad Arria in quanto amica di Messalina. Pertanto annientata la ribellione del 42 d.c guidata da Lucius Arruntius Camillus Scribonianus, Caecina fu condotto prigioniero a Roma per aver cospirato con lui.

SCULTURA DI ARRIA MAGGIORE (Lovre)
Arria scongiurò il capitano della nave di portarla via col marito.

 “Bisogna pure - lei disse - che ad un ex console voi diate degli schiavi per servirlo a tavola, per vestirlo e calzarlo, e questo posso farlo io.”

Ma i soldati furono irremovibili, così Arria prese una barca da pesca e seguì la nave fino a Roma. Qui seppe che Cecina era stato condannato a morte, lasciandogli l'onore del suicidio in quanto console romano.

Allora Arria attaccò di fronte a tutti la moglie del capo dei ribelli Scribonianus per aver fornito prove al processo, gridando:
« Io devo ascoltare te, che puoi continuare a vivere dopo che Scribonianus è morto nelle tue braccia? »

Gli astanti compresero allora che Arria aveva intenzione di suicidarsi e tentarono di dissuaderla. Suo genero, Thrasea, tentò di persuaderla chiedendole se avesse voluto che sua figlia si uccidesse se lui fosse stato condannato a morte. Arria ribadì che se sua figlia fosse vissuta tanto a lungo e felicemente con Thrasea quanto lei stessa aveva fatto con Caecina, avrebbe acconsentito. Da quel momento fu controllata attentamente, ma Arria ribadì che potevano impedirle di suicidarsi come voleva ma non di morire, poi corse a testa in avanti, contro un muro svenendo per il colpo violento.

Quando si riprese, urlò: « Vi ho detto che l'avrei fatto nel modo più difficile se mi aveste impedito di farlo nel modo più facile ». Allora i parenti accettarono l'inevitabile fine.

Infatti Arria aspettò con Peto l'ultima sua ora, quindi, ai timori del marito, gli tolse il pugnale dalle mani e se lo conficcò nel petto, poi lo estrasse e glielo consegnò proferendo le parole famose: " Paete, non dolet ", "Peto, non fa male".

Ma la storia non è finita, anzi si ripete, in quanto anche il marito di sua figlia, Thrasea Peto, Arria Minore, fu condannato al suicidio per aver cospirato contro Nerone nel 66 d.c. Arria, come la madre, mostrò il desiderio di suicidarsi, ma stavolta i parenti riuscirono a dissuaderla. Più tardi venne esiliata da Domiziano (93 o 94 d.c.), ma potè tornare a Roma alla morte dell'imperatore.

Commento:
sicuramente molto innamorata e devota del marito, ma che aveva una figlia se l'era dimenticato. Anche in natura i piccoli vengono prima di tutto, e fra gli umani una madre è tale non perchè ha figli ma perchè ha senso materno.


BIBLIO

- Simone Follet - Arria (maior) - in Richard Goulet - Dictionnaire des philosophes antiques - vol. 1 - Parigi - Éditions du Centre national de la recherche scientifique - 1989 -
- D. Bowder - Dizionario dei personaggi dell'antica Roma -  Newton Compton editori - 2001 -
- Bernhard Kytzler - Frauen der Antike - Von Aspasia bis Zenobia - Zurigo - Artemis - 1994 -
- Eric M. Moormann, Wilfried Uitterhoeve - Miti e personaggi del mondo classico. Dizionario di storia, letteratura, arte, musica - Milano - Mondadori - 2004 -



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