"Vi abbiamo insegnato a distinguere se (i legionari che incontrerete) sono delle reclute o se sono veterani. Se sono reclute potete provare ad affrontarli; se sono veterani tirategli addosso tutto quello che avete e scappate il più in fretta possibile."
(discorso di Flavio Giuseppe ai suoi soldati)
In tempo di pace i legionari erano addestrati mediante esercitazioni e manovre militari vere e proprie e, comunque, tenuti attivi con l'esecuzione di lavori per uso militare e civile, quali la costruzione e il mantenimento di canali, ponti, strade militari, fortificazioni e, anzitutto, dei loro accampamenti.
Il rinvenimento di numerosi oggetti (suppellettile varia, mattoni, tegole, utensili, ecc.) recanti il loro marchio ha reso possibile una buona conoscenza di alcune legioni, come ad es. della terza Augusta accantonata a Lambesi (Lambèse).
La legione romana era l'unità militare di base dell'esercito romano e una delle più riuscite invenzioni del genio romano per la sicurezza di Roma. Deve le sue origini, in epoca repubblicana, alla falange romana e al manipolo romano nel IV secolo a.c.
Così l'esercito romano mutò radicalmente le sue armi, dal clipeus e dall' hasta allo scutum, al pilum e al gladius, un cambiamento epocale, reso possibile dalla enorme duttilità mentale che caratterizzò, allora e sempre, tutto il popolo romano.
La legione rappresenta infatti il miglior modello di organizzazione militare di tutti i tempi antichi, per l'efficienza dell'addestramento, in quanto ogni soldato doveva contare sull'appoggio del compagno, per un perfetto lavoro di squadra. Per giunta aveva vari reparti che consentivano a un bravo generale, e Roma ne ebbe tanti, di osare tattiche nuove e geniali.
La costituzione della legione derivò dalla suddivisione dei Romani nelle 3 tribù dei RAMNES (Latini), TITIENSES (sabini) e LUCERES (etruschi). Ciascuna tribù forniva all’Esercito 1000 fanti e 100 cavalieri. I fanti erano suddivisi in 10 centurie, una per ogni curia.
In principio i legionari non percepivano alcun soldo che poi venne introdotto solo alla fine del V secolo.
ROMOLO
Si narra che fu Romolo a creare, su modello della falange greca, la prima legione romana, formata da 3.000 fanti (pedites) e 300 cavalieri (equites), arruolati fra le tre tribù romane (1.000 fanti e 100 cavalieri ciascuna): i Tities, i Ramnes ed i Luceres.
La legione contemplava un'età tra i 17 ed i 46 anni, e un ceto in grado di potersi permettere il costo dell'armamento, che era privato e non a carico dello stato.
Quando la città di Roma si accrebbe per l'unione coi Sabini, Romolo raddoppiò il numero dei suoi armati portandoli a 6.000 fanti e 600 cavalieri.
Questi 300 cavalieri aggiuntivi potrebbero rappresentare la guardia personale "montata" del re, i celeres, istituita appunto da Romolo.
SERVIO TULLIO (metà VI secolo a.c.)
Servio Tullio, VI re di Roma, concedette dei privilegi ai cittadini romani non appartenenti alla nobiltà romana, attuando di fatto una Costituzione censuaria di tipo timocratico.
Egli divise tutta la popolazione romana in cinque classi in base al censo (secondo altre fonti 6 classi) divisa a sua volta in: seniores (maggiori di 46 anni: anziani), iuniores (tra 17 e 46 anni, i più adatti a combattere: giovani) e pueri (di età inferiore ai 17 anni: ragazzi), con un totale di 193 centurie.
Con la riforma serviana dell'esercito romano, agli aristocratici spettarono "onori et oneres", infatti la prima classe risultava la schiera più avanzata davanti al nemico.
La I classe
La prima classe poteva permettersi l'equipaggiamento da legionario (il costo del tributo per gli armamenti veniva stabilito in base al censo), mentre quelle inferiori avevano armamenti sempre più leggeri. In quest'epoca l'esercito era formato da 193 centurie.
La prima classe, disponendo di un reddito di più di 100.000 assi, era costituita da 40 centurie di seniores e 40 di iuniores. I seniores avevano il compito di difendere le mura della città mentre gli iuniores combattevano fuori dalla città. Era l'unica classe munita di armamento pesante e sotto Servio Tullio raggiunse le 18 centurie di equites. Servio stabilì che gli equites che si erano distinti in battaglia diventavano centurioni.
Disponeva inoltre di 2 centurie di fabri (fabbri, armaioli, falegnami e operai), con il compito di costruire e trasportare le prime macchine da guerra romane.
La II classe
Era costituita da 20 centurie di fanteria, disponendo di un reddito tra i 100.000 ed i 75.000 assi: 10 di iuniores e 10 di seniores.
La III classe
Era costituita da 20 centurie di fanteria leggera, disponendo di un reddito tra i 75.000 ed i 50.000 assi: 10 di seniores e 10 di iuniores.
La IV classe
Era costituita da 20 centurie di fanteria leggera, disponendo di un reddito tra i 50.000 ed i 25.000 assi: 10 di seniores e 10 di iuniores. Le venivano affiancati due centurie di suonatori di tromba (tubicines) e suonatori di corno (cornicines). Questo squadrone era formato da accensi, per esortare l'esercito alla battaglia. Secondo altre fonti le due centurie di suonatori appartenevano alla quinta classe.
La V classe
Era formata da 30 centurie di fanteria leggera, con un reddito tra i 25.000-11.000 assi: 15 di iuniores e 15 di seniores, 1 centuria di tubicines + 1 centiria di cornicines
La VI classe
Era formata da 1 centuria senza mezzi propri, esonerata dalla tassazione e con un reddito inferiore alle 11.000 assi. Era costituita dai "proletari" e dispensata dall'assolvere agli obblighi militari, col compito di fare figli ("destinati a far prole", o capite censi), a meno che la patria non fosse in serio pericolo, nel qual caso, venivano armati a spese dello Stato, con formazioni speciali non legionarie.
Anche i cavalieri (oltre alla prima classe) dovevano disporre di un reddito di più di 100.000 assi. Per l'acquisto dei cavalli l'erario stabilì, inoltre, lo stanziamento annuo di 10.000 assi a centuria, mentre sancì che fossero le donne non sposate a pagarne il mantenimento degli stessi con 2.000 assi annui a centuria. Tale costo fu più tardi trasferito alle classi più ricche
NUMA POMPILIO
Il II re di Roma sciolse la guardia personale del re, i celeres, riportando così il numero dei cavalieri a 300.
TARQUINIO PRISCO (VII - VI secolo a.c.)
I quinto re di Roma riordinò l'ordine equestre, raddoppiando il numero dei cavalieri ed aggiungendo tre nuove centurie (oltre a quelle costituite dalle tribù dei Ramnes, Tities e Luceres), dette "posteriores" o "sex suffragia".
Così gli equites tornarono a 600 e i figli dei cavalieri poterono indossare la toga praetexta. Attraverso questa riforma Tarquinio Prisco avrebbe voluto ricreare il corpo speciale dei celeres romulei, ma l'opposizione di Attio Nevio lo costrinse ad aumentare semplicemente il corpo di cavalleria.
La cavalleria
La funzione tattica della cavalleria si basava su: mobilità, avanguardia ed esplorazione, scorta, inseguimento al termine della battaglia, soccorso rapido alla fanteria.
I cavalieri usavano briglie e morsi, ma le staffe e la sella non si conoscevano, per cui niente carica di cavalleria.
Tito Livio racconta che ancora nel 499 a.c., il dittatore Aulo Postumio Albo Regillense, ordinò ai cavalieri di scendere dai cavalli ed aiutare la fanteria contro quella dei Latini in prima linea.
« Essi obbedirono all'ordine; balzati da cavallo volarono nelle prime file e andarono a porre i loro piccoli scudi davanti ai portatori di insegne. Questo ridiede morale ai fanti, perché vedevano i giovani della nobiltà combattere come loro e condividere i pericoli. I Latini dovettero retrocedere e il loro schieramento dovette ripiegare. » (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II, 20.)
Si trattava delle fasi conclusive della battaglia del lago Regillo. I cavalieri romani risalirono, infine, sui loro destrieri e si diedero ad inseguire i nemici in fuga. La fanteria tenne dietro e così venne conquistato il campo latino.
La Gerarchia
- Il Rex era il comandante supremo dell'esercito romano, che doveva poi scioglierlo alla fine della campagna militare.
- Sotto di lui tre tribuni militum, ciascuno dei quali posto a capo di una delle tre tribù o file di 1.000 fanti.
- Ancora sotto il Rex i tribuni celerum, gli squadroni di cavalleria.
La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange, con la cavalleria ai lati, dette per questo alae.
Prima di iniziare il combattimento si lanciava un potente grido di guerra per intimorire l'avversario, come del resto in tutto il mondo antico, i Romani vi aggiunsero l'uso di battere le spade o le aste contro gli scudi, per spaventare il nemico. Modalità che oggi viene usata dai poliziotti nelle manifestazioni popolari di piazza quando c'è aria di sommossa.
Il combattimento, in tempi monarchici ma pure repubblicani, prevedeva dei duelli tra i "campioni" dei rispettivi schieramenti, in genere tra i guerrieri più nobili, dotati di maggior coraggio e abilità, vedi Orazi e Curiazi. Con l'aumentare della popolazione l'usanza decadde.
Gli opliti della prima fila formavano un "muro di enormi scudi rotondi" parzialmente sovrapposti, in modo che il loro fianco destro venisse protetto dallo scudo del vicino. Sostenevano un addestramento costante. Armati di lancia e spada, difesi da scudo, elmo e corazza o pettorale, ponevano, dietro la prima classe, la seconda, poi la terza classe che chiudeva lo schieramento. Quarta e quinta classe costituivano la fanteria leggera che stava fuori lo schieramento.
Si cercava disperatamente di far cedere lo schieramento opposto, per sfondare nel punto più debole dell'avversario, spezzandogli le fila. Le formazioni più arretrate spingevano la prima fila contro i nemici, finchè una delle due parti subiva lo sfondamento e poi la sconfitta.
Armamento
A differenza delle successive legioni, tutte di fanteria pesante, le legioni della prima e media età repubblicana consistevano di fanteria sia leggera che pesante. L'esercito manipolare fu pertanto sostituito col successivo "esercito legionario" del tardo periodo repubblicano ed alto imperiale, basato sulle coorti.
L'esercito manipolare si basava parte sulle classi sociali e parte sull'età e sull'esperienza militare, un compromesso teorico tra il precedente modello basato interamente sulle classi e gli eserciti degli anni che ne erano indipendenti.
Legione di Livio durante la guerra latina (340-338 a.c.)
La legione manipolare secondo Livio al tempo della guerra latina era costituita da 5.000 fanti e 300 cavalieri, divisa inoltre in tre schiere:
Legione di Polibio, prima della II guerra punica (218 a.c.)
L'organizzazione legionaria descritta da Polibio nel VI libro delle Storie, riguarda l'inizio della II guerra punica (218-202 a.c.), ma potrebbe pure essere databile alla guerra latina (340-338 a..), o alla III guerra sannitica (298-290 a.c.) o alla guerra contro Pirro e parte della Magna Grecia (280-272 a.c.).
Ogni legione era formata da 4.200 fanti (portati fino a 5.000, in caso di massimo pericolo) e da 300 cavalieri. I fanti erano suddivisi in quattro categorie: i Velites, in numero di 1.200 (tra i più poveri ed i più giovani); gli Hastati, di censo ed età superiori, in numero di 1.200, e i Principes, di età più matura, sempre 1.200.
Questi soldati formavano la seconda linea; ed infine i Triarii, i più anziani, in numero di 600, non aumentabile se la legione fosse stata aumentata da 4.200 fanti a 5.000, mentre le precedenti classi potevano passare da 1.200 a 1.500 fanti. Erano i guerrieri più esperti, scelti tra i migliori della prima classe e dai veterani delle altre, in grado di permettersi una corazza pesante.
Con la riforma manipolare del IV sec. a.c., i cittadini romani erano obbligati a prestare servizio militare, entro i 46 anni, per 16 anni i fanti (o anche 20 in caso di pericolo straordinario). Sono esclusi quelli con un censo inferiore alle 400 dracme.
Questa legione combatteva ordinata a falange, con i soldati meglio armati, i principi in prima linea e dietro gli altri. In seguito la falange fu sostituita dalla lotta individuale con la spada con un ordinato impiego delle truppe in successione.
La legione fu allora schierata su tre linee distanziate, la prima di 1.200 astati (i soldati più giovani), la seconda da 1.200 principi (i soldati nel pieno delle forze) e la terza da 600 triari pilani (i soldati più anziani).
Anche l'armamento era cambiato, perché i soldati delle prime due linee oltre che della spada furono dotati di pilidum invece che della pesante asta da urto, che rimase l'arma dei triari. Inoltre, per migliore manovrabilità, ciascuna delle tre linee fu articolata in dieci unità minori, i manipoli ottenuti riunendo tatticamente a due a due le centurie, di 60 uomini delle prime due file e di 30 della terza.
Infine i veliti, che dal punto di vista amministrativo erano ripartiti in ragione di 40 per ogni manipolo, operavano in massa sul fronte dello schieramento, mentre la cavalleria prendeva posizione alle ali.
Sappiamo da Tito Livio che al tempo della guerra latina (340-338 a.c.) si arruolavano normalmente due eserciti composti ciascuno da due legioni di 4.200/5.000 fanti e 300 cavalieri, per un totale complessivo di 16.800/20.000 fanti e 1.200 cavalieri, oltre a un numero pari di truppe alleate di fanteria e tre volte di cavalleria.
Durante la II guerra sannitica, dovendo aumentare i contingenti in armi per far fronte alle esigenze belliche, le legioni furono portate stabilmente a quattro (310 a.c. circa), due per ogni console, che da allora rappresentarono, fino al I sec. a.c., la forza normale di un esercito consolare.
La legione divenne allora l'unità tattica tipo dell'esercito, i cui effettivi normali erano, ancora all'epoca di Polibio, 4.200 fanti, saliti a circa 6.000 al tempo di Mario e quindi di nuovo ridotti a 4.000 o 5.000.
Ai tempi delle guerre pirriche (280 - 275 a.c.) l'esercito romano aveva 4 armate, ciascuna di 2 legioni di cittadini romani e 2 unità (dette Alae, sulle ali dello schieramento) di Socii (alleati italici). Alla metà del III sec. a.c. l'esercito romano era composto da un corpo di occupazione di Sicilia e Taranto (2 legioni di 4.200 fanti e 300 cavalieri ciascuna); due eserciti consolari ( 2 legioni con 5.200 fanti e 300 cavalieri per ciascuna legione) ed un numero di alleati di 30.000 armati (di cui 2.000 cavalieri).
Durante la guerra contro Annibale l'esercito romano arrivò a contare ben 23 legioni tra cittadini romani e Socii (nel 212-211 a.c.), dislocate in Italia, Illirico, Sicilia, Sardegna, Gallia Cisalpina e di fronte alla Macedonia.
In tutto 115.000 fanti e 13.000 cavalieri, a questi occorre aggiungere la piccola squadra degli Scipioni in Spagna, la flotta dello Ionio (di 50 navi) e di Sicilia (di 100 navi).
ACCAMPAMENTI - CASTRA
Dovendo condurre campagne militari sempre più lontane da Roma, i Romani crearono, forse a partire dalle guerre pirriche, un accampamento militare da marcia fortificato, per proteggere le armate romane al suo interno. Infatti i comandanti erano sempre molto attenti all'organizzazione nemica, pronti a cogliere qualsiasi iniziativa potesse migliorare la situazione del combattimento.
« Pirro re dell'Epiro, istituì per primo l'utilizzo di raccogliere l'intero esercito all'interno di una stessa struttura difensiva. I Romani, quindi, che lo avevano sconfitto ai Campi Ausini nei pressi di Malevento, una volta occupato il suo campo militare ed osservata la sua struttura, arrivarono a tracciare con gradualità quel campo che oggi a noi è noto. »
(Sesto Giulio Frontino, Stratagemata, IX, 1.14.)
Strade
Vennero inoltre costruite le strade militari, per migliorare e velocizzare gli spostamenti delle armate, talmente ben costruite, grazie a una meticolosa opera di pavimentazione, che ancora se ne conservano tratti integri, come la famosa Via Appia, la prima strada costruita nel 312 a.c., durante la II guerra sannitica.
Assedii
Nel 250 a.c. l'assedio di Lilibeo rese necessarie tutte le tecniche d'assedio apprese durante le guerre pirriche degli anni 280-275 a.c., tra cui torri d'assedio, arieti, vinea. Dalla I guerra punica, per assediare le città cartaginesi, vennero usate per la prima volta le armi da lancio. Cesare apportò col suo genio modifiche basilari, come il ponte sul Reno costruito in pochi giorni per ben due volte, o la rampa d'assedio costruita durante l'assedio di Avarico, o durante l'assedio di Alesia, le fortificazioni accoppiate su due fronti.
FURIO CAMILLO
Furio Camillo introdusse il nuovo principio della suddivisione secondo l’età e l’istruzione militare.
Per cui la Legione si componeva di tre linee :
IL MANIPOLO
"Il manipolo era il fastello di fieno o di erba legato e pendente da un palo sarebbe stata la primitiva insegna della schiera" (Ovidio, Fasti, III) detta appunto manipulus e i suoi soldati Manipulares.Ogni linea era suddivisa in 10 MANIPOLI (quindi 30 Manipoli in tutto).
I Manipoli della I e II linea erano composti da 120 uomini, mentre quelli della III linea erano composti da 60 uomini. Per cui:
1200 uo. nella 1^ linea ;
1200 uo. nella 2^ linea ;
600 uo. nella 3^ linea,
(3000 soldati in tutto)
Il Manipolo venne poi suddiviso in 2 CENTURIE (totale 60 Centurie).
Ad ogni Centuria aveva 20 VELITI, cioè soldati con armamento leggero.
In totale i VELITI erano 1200 (20 veliti per 60 Centurie).
Ogni manipolo era comandato da un Centurione, munito di schinieri (gambali), elmo con la cresta trasversale e bastone di vite, simbolo del comando. Il più importante dei centurioni era il primus pilus (primipilo), scelto tra i soldati più coraggiosi ed esperti, comandante di triarii, uno dei pochi a cavallo durante la marcia.
I sottufficiali erano costituiti da sessanta centurioni, due per manipolo, dei quali il più anziano comandava oltre alla sua centuria l'intero manipolo. Abbastanza presto, per la necessità di avere unità tattiche intermedie tra il manipolo e la legione, si passò dall'ordinamento manipolare a quello in coorti, introdotto già da Scipione (nella battaglia di Becula, 208 a.c.) e adottato definitivamente, pare, da Mario.
Al Legatus era invece affidato il comando generale.
Al suo servizio c'era un tribuno esperto, il Tribuno Laticlavio, di rango senatorio, coadiuvato da altri cinque tribuni, detti Angusticlavi (da angustum, perchè la striscia purpurea sulla tunica indicante il rango equestre era più stretta).
I tribuni militari eletti annualmente, erano 24 (quattordici dei quali con cinque anni di servizio e dieci con dieci anni di servizio), sei per ciascuna delle 4 legioni arruolate e disposte lungo lungo i fronti settentrionali, meridionali e a difesa dell'Urbe.
Gli ufficiali superiori erano i sei tribuni militari, che comandavano insieme tutta la legione, due per volta a turni mensili. I tribuni delle quattro legioni ordinarie erano eletti dal popolo (tribuni militum a populo), mentre quelli delle legioni create in soprannumero erano designati dai consoli.
L'arruolamento delle 4 legioni avveniva con l'estrazione a sorte delle tribù tra i 24 tribuni militari, e quella che era stata via via sorteggiata era chiamata dal singolo tribuno.
In assenza del tribuno laticlavio, il comando era affidato al Prefetto degli Accampamenti (praefectus castrorum). C'era poi l'Optio, uno per centuria, vice del centurione che ne poteva prendere il posto in caso di sua inabilità al comando, il Signifer, che portava l'insegna della centuria, il Cornicen, che si alternava con il Tubicen che trasmetteva col corno o la tuba gli ordini ai sottoreparti.
L'esercito manipolare
I manipoli erano dunque unità di 120 uomini, tutti di una medesima classe di fanteria.
Questi erano dispiegati in tre linee distinte (triplex acies).
La prima linea era composta dagli hastati, la seconda dai principes e la terza dai triarii.
La fanteria al centro, era sempre coperta ai fianchi da unità di cavalleria, un'avanguardia di tiratori davano inizio alla battaglia scagliando dardi o giavellotti sul nemico per poi ritirarsi al sicuro.
La cavalleria si assicurava che i lati rimanessero difesi, e tentavano di aggirare il nemico, mentre la prima linea romana lo impegnava, per colpire alle spalle.
« Quando l'esercito aveva assunto questo schieramento, gli Hastati iniziavano primi fra tutti il combattimento. Se gli Hastati non erano in grado di battere il nemico, retrocedevano a passo lento e i Principes li accoglievano negli intervalli tra loro. I Triarii si mettevano sotto i vessilli, con la gamba sinistra distesa e gli scudi appoggiati sulla spalla e le aste conficcate in terra, con la punta rivolta verso l'alto, quasi fossero una palizzata. Qualora anche i Principes avessero combattuto con scarso successo, si ritiravano dalla prima linea fino ai Triarii. Da qui l'espressione latina "Res ad Triarios rediit" ("essere ridotti ai Triarii"), quando si è in difficoltà. » (Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 9-12.)
I Triarii, dopo aver accolto Hastati e Principes tra le loro file, serravano le file ed in un'unica ininterrotta schiera si gettavano sul nemico.
In formazione da combattimento i leves (sostituiti in seguito dai velites), elementi della quarta classe, erano armati alla leggera con armi da lancio come archi, piccoli giavellotti e fionde. Agivano più che altro come schermagliatori, spesso senza protezione, impiegati come fanteria di disturbo. In genere nell'esercito ve ne erano 300, integrati in ogni manipolo.
Assieme ai triarii, erano disposti anche i rorarii e gli accensi: i primi erano truppe giovani ed inesperte, mal equipaggiate anche perché non potevano permettersi armamenti di buona qualità, impiegati come riserve per eventuali vuoti sul campo di battaglia.
Gli accensi erano ancora più poveri e solitamente, se combattevano, fungevano da supporto con fionde e sassi, spesso impiegati come legati e portamessaggi fra ufficiali.
Questi ultimi due ordini rappresentavano un retaggio della IV e V fila dell'ormai scomparsa falange oplitica.
Triarii, rorarii ed accensi erano articolati in 3 manipoli di 180 uomini l'uno.
Con la Legione l’Esercito romano riuscì a soddisfare con una sola unità 3 grandi esigenze :
· la Riserva ;
· la combinazione tra la lotta corpo a corpo e la lotta a distanza ;
· la combinazione della difesa con l’offesa.
In tal modo la Legione si organizzava per la battaglia. La Fanteria leggera (i VELITI) iniziava mascherando la manovra delle Legioni e manovrando negli intervalli o alle spalle dei Manipoli, svolgendo quindi un’azione di disturbo e di inganno. La Cavalleria, di dimensioni ridotte, costituiva un rinforzo alla Fanteria oppure era incaricata di inseguire il nemico già sgominato.
L’ordinamento introdotto da Furio Camillo rimase sostanzialmente immutato per lunghi anni.
Cavalleria Legionaria (o Ausiliaria)
Con la riforma manipolare descritta da Livio e da Polibio, la cavalleria tornò a 300 cavalieri, divisi in dieci squadroni, con a capo di ognuno tre comandanti.
Il I ufficiale comandava lo squadrone di 30 uomini, mentre gli altri due erano i decadarchi, e tutti e tre erano chiamati decurioni. In assenza del più alto in grado, gli succedeva il secondo e poi il terzo.
Venne abolita la cavalleria legionaria, sostituita da truppe ausiliarie o alleate, a supporto della legione romana. Essendo la legione formata da fanteria pesante, era indispensabile la cavalleria ausiliaria di supporto. Le legioni erano accompagnate da un numero eguale o superiore di truppe ausiliarie più leggere, reclutate fra i non cittadini dei territori sottomessi, oltre a contingenti di cavalleria alleata.
La Legione
pertanto disponeva complessivamente di :
· 3000 uo. di Fanteria pesante (ASTATI, PRINCIPES e TRIARI);
· 1200 uo. di Fanteria leggera (VELITI);
· 300 uo. di Cavalleria (TORME),
per un complessivo di 4.500 uomini.
L’Armamento era differenziato in base alla posizione ed al compito assegnato a ciascuna linea. In particolare:
- gli ASTATI disponevano di un grande scudo (SCUTUM) di forma semi-cilindrica, alto circa 1,30 m. e largo 0,80 m, coperto di cuoio e bordi rinforzati in ferro, di due aste da lancio che lanciavano da 20 - 30 metri sul nemico prima dell’urto (PILUM) e del GLADIO (arma corta a doppio taglio). Indossavano elmo di metallo, schinieri e pettorale (se potevano permetterselo anche una corazza);
- i PRINCIPES ed i TRIARI erano armati e “corazzati” allo stesso modo, ma invece dei giavellotti portavano lunghe aste (HASTA);
- i VELITI portavano una DAGA, una lancia (giavellotto con punta fine che si deformava all’impatto in modo da non essere riutilizzabile dal nemico) ed uno scudo del diametro di circa 1 metro (PARMA);
- i CAVALIERI non avevano un armamento particolarmente curato. Di norma preferivano combattere a piedi.
Il dispositivo era del tipo a scacchiera. In sostanza la prima linea era articolata (come detto) in MANIPOLI separati l’uno dall’altro di una distanza pari alla loro fronte. Nell’ambito di un Manipolo fra una riga di soldati e quella retrostante vi era una distanza di 4 passi.
La seconda linea, quella dei PRINCIPI era schierata anch’essa in MANIPOLI in corrispondenza dell’intervallo dei manipoli della prima linea. Per completare la formazione a scacchiera, analogamente si schierava la terza linea (i TRIARI).
Tra ciascuna delle 3 linee (ASTATI, PRINCIPES e TRIARI) vi era una distanza di 30 - 40 metri.
GAIO MARIO (II-I secolo a.c.)
Con la "riforma mariana" del console romano Gaio Mario, del 107-104 a.c., tutti i cittadini potevano arruolarsi, indipendentemente dal benessere e dalla classe sociale. Perciò anche i nullatenenti, o capite censi (inseriti nel censimento), potevano militare nelle legioni, aumentando notevolmente le dimensioni degli eserciti. Gli equipaggiamenti delle truppe legionarie divennero a carico dello stato.
Cessava la distinzione tra hastati, principes e triarii, e nacque la fanteria legionaria, estesa a tutti coloro che avessero cittadinanza romana o latina. Cadde il servizio di leva e l'età per i volontari andò dai 17 ai 46 anni per una durata massima di 16 anni.
La Cavalleria completava l’unità nella misura di un decimo della Fanteria pesante; quindi in una Legione erano inseriti 300 Cavalieri divisi in 10 TORME di 30 uo. ciascuna. Di norma l’aliquota di Cavalleria era suddivisa in due parti (150 + 150 uo.) e dislocata sulle ali della Legione.
Le Coorti
Nasceva così un esercito di professionisti mentre i soldati veterani ottennero come pensione assegnazioni di terre nelle colonie e, più tardi, anche della cittadinanza romana. Mario concesse loro anche di dividere il bottino razziato nel corso delle campagne militari.
All'interno delle centurie i legionari formavano gruppi di 8-10 soldati, i contubernium, a capo dei quali veniva posto un decanus (o caput contubernii). Questa nuova unità di 8-10 soldati era molto coesa, montando la tenda al termine di una lunga marcia in territorio nemico, dividendo i pasti e condividendo tutte le fatiche della vita militare.
La fanteria leggera di cittadini, come i velites e gli equites, furono sostituite dalle auxilia, le truppe ausiliarie dell'esercito romano che potevano consistere anche di mercenari stranieri.
GAIO GIULIO CESARE
Fu Gaio Giulio Cesare a rivalutare il corpo della cavalleria, reintroducendo la cavalleria permanente accanto alla fanteria delle legioni ed a quella ausiliaria. Reclutò soprattutto Galli e Germani,posti sotto i decurioni romani, con grado pari a quello dei centurioni legionari.
L'equipaggiamento dei cavalieri era costituito da un sago, una cotta di maglia in ferro, l'elmo e uno scudo rotondo. La sella era di tipo gallico, con quattro pomi, ma senza staffe. I cavalli erano ferrati secondo l'uso gallico. Erano armati di gladio e pilum, o un'asta più pesante detta contus.
Cesare fu il primo a comprendere che la dislocazione permanente (in forti e fortezze), non più semi-stanziali, di una parte delle forze militari repubblicane (legioni e truppe ausiliarie) era il nuovo sistema strategico di difesa lungo i confini del mondo romano. Tale sistema fu ripreso da Ottaviano Augusto, attribuendo le forze armate alle cosiddette province "non pacate".
Cesare apportò col suo genio modifiche basilari, come il ponte sul Reno costruito in pochi giorni per ben due volte, o la rampa d'assedio costruita durante l'assedio di Avarico, o durante l'assedio di Alesia, le fortificazioni accoppiate su due fronti.
Fu sempre Cesare a ideare il Cursus Honorum, per cui nessuno potesse intraprendere la carriera politica senza aver prestato almeno 10 anni di servizio militare. Creò inoltre un cursus honorum per il centurionato, basato sui meriti, per cui a gesti di eroismo, alcuni legionari erano promossi ai primi ordines, dove al vertice si trovava il primus pilus di legione. Oppure un primus pilus veniva promosso a tribunum militum. Il merito permetteva così, anche ai militari di umili origini, di poter accedere all'ordine equestre.
Cesare schierava le linee di difesa secondo l'occasione: su una sola linea, per coprire un fronte molto lungo come nel caso del Bellum Africum durante la guerra civile contro Pompeo; o su tre linee, formazione usuale durante la conquista della Gallia, con la prima linea di 4 coorti, e le restanti due di tre coorti ciascuna. Le coorti lungo la terza linea erano spesso una "riserva tattica" come avvenne contro Ariovisto in Alsazia.
Il Comando della Legione era affidato a turno ad uno dei 6 TRIBUNI che vi erano assegnati. Solo con Cesare si avvertì la necessità di rendere il Comando permanente nella figura del “Legatus Legionis Propretore” nominato dal potere centrale.
Alla morte di Gaio Giulio Cesare c'erano 37 legioni romane in tutto il mondo romano, di cui 6 in Macedonia, 3 in Africa Proconsolare e 10 nelle province orientali. Al termine delle guerre civili tra Marco Antonio ed Ottaviano si contavano 60 legioni.
OTTAVIANO AUGUSTO
Ottaviano Augusto modificò la legione, aumentò i suoi effettivi a 5.000 soldati, fanti e cavalieri (120 per legione, comandati da centurioni, non da decurioni), con funzioni di esplorazione, messaggeri o scorta del legatus legionis.
La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reintrodotta da Augusto con uno scudo più piccolo e rotondo (clipeus), abolita poi da Traiano.
La fanteria legionaria era divisa in 10 coorti (di cui nove di 480 armati ciascuna), che al loro interno contavano 3 manipoli oppure 6 centurie.
La riforma della prima coorte previde una coorte milliare di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 manipoli (quindi 10 centurie) di 160 armati ciascuno (pari a 800 legionari), a cui era affidata l'aquila della legione.
Sempre ad Augusto si deve l'introdurre un esercito di professionisti che rimanessero in servizio non meno di 16 anni per i legionari, portati a 20 nel 5 d.c., e 20-25 per le truppe ausiliarie. I veterani potevano restare ancora per diversi anni, in numero di 500 per legione (sotto il comando di un curator veteranorum).
Ogni legione era composta di circa 5.000 cittadini, in prevalenza Italici, soprattutto della Gallia Cisalpina, rispetto ad un 35% di provinciali, muniti anch'essi di cittadinanza romana, per un totale di ca. 140.000 uomini, che si rinnovavano a 12.000 armati all'anno. L'ufficiale a capo della legione divenne ora un membro dell'ordine senatorio con il titolo legatus Augusti legionis. Le legioni erano arruolate fra i circa 4.000.000 di cittadini romani.
Da Augusto in poi ogni legione ebbe un comandante proprio e permanente, il legatus (Augusti) legionis, di rango senatorio, ad eccezione di quelle stanziate in Egitto, che erano poste sotto il comando di praefecti legionis ( prefetto ) di rango equestre.
Agli ordini del legato erano un tribuno laticlavio, di rango senatorio, e cinque tribuni augusti clavi, di rango equestre, il praefectus castrorum, preposto ai servizi del campo (compreso quello sanitario), i centurioni dei vari ordini e numerosi altri sottufficiali e graduati, con particolari mansioni come gli aquiliferi, i signiferi, gli opzioni, ecc.
Costituite al tempo d’Augusto esclusivamente da cittadini romani, quindi per lo più da Italici, col tempo le legioni reclutarono sempre più provinciali, ai quali era concessa la cittadinanza all'atto dell'arruolamento, e al tempo d’Adriano ormai erano quasi interamente reclutate nelle stesse regioni in cui erano stanziate.
Cavalleria
La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reinstaurata da Augusto ma in modo ridotto, con solo 120 cavalieri comandati dai centurionie non da decurioni. Avevano uno scudo più piccolo e rotondo, detto parma o clipeus, come ci racconta Giuseppe Flavio, al tempo della prima guerra giudaica.
Sembra venne abolita dall'imperatore Traiano, ma sicuramente restaurata da Adriano. In questo periodo numerosi reparti di cavalleria ausiliaria (formata da provinciali e alleati, i cosiddetti peregrini), aiutavano la fanteria legionaria di soli cittadini romani.
- Cavalleria pesante: come i catafratti, di origine orientale o sarmata, a partire dai principati di Traiano ed Adriano, con lunga e pesante lancia, (contus), a due mani, lunga 3,65 m, una cotta di metallo che rivestiva cavaliere e cavallo (chiamata lorica squamata, formata da "scaglie" di metallo; o lorica hamata, fatta invece da anelli del diametro di 3-9 mm.
- Cavalleria leggera: come quella numida o maura, con piccolo scudo rotondo (clipeus), una spatha più lunga del gladio, fino a 90 cm, una lancia più leggera di 1,8 m, ed in alcuni casi un'armatura (lorica hamata o squamata);
- Cavalleria sagittaria, come gli arcieri orientali o quelli Traci a cavallo;
- Cavalleria mista, come le coorti equitate.
Genio militare
Macchine d’assedio: Rampa Catapulta Muscolo Balista Onagro Testuggine Pluteo Torre con ponte levatoio.
Venne riorganizzato anche il reparto di tecnici e ingegneri militari per agevolare il cammino delle armate durante le campagne militari o la permanenza negli alloggiamenti estivi (castra aestiva) ed invernali (hiberna).
Si moltiplicarono perciò le strade romane per velocizzare lo schieramento degli eserciti lungo i confini imperiali, alcuni tipi di ponti potevano essere montati e smontati velocemente senza utilizzo di chiodi. Così i legionari, con un equipaggiamento di circa 40 chili (comprendente anche un palo per la palizzata del campo) potevano percorrere nella marcia circa 24 chilometri al giorno (40 quando viaggiavano leggeri).
In altri casi si provvedeva alla costruzione di strade in zone acquitrinose (pontes longi), come in Germania durante la sua occupazione (dal 12 al 9 d.c.).
L'artiglieria romana:
- le baliste (ogni legione ne aveva 55, servite ciascuna da 11 uomini), ossia grandi balestre montate su ruote, che grazie alla torsione delle corde riuscivano a lanciare a molti metri enormi dardi, anche incendiati.
- gli "scorpioni", simili alle precedenti ma molto più piccoli e maneggevoli.
- gli onagri (catapulte chiamate così per il rinculo che producevano durante il lancio), che lanciavano massi ricoperti di pece, cui si appiccava il fuoco, creando una bomba incendiaria, e distruggendo mura ed edifici.
I genieri erano in grado di costruire e schierare potenti armi collettive, come catapulte, onagri (10 per legione, ovvero 1 per coorti), scorpioni e carrobaliste (55 per legione), con funzione tattica simile a quella della attuale artiglieria campale.
Macchine d'assedio: baliste, arieti, torri d'assedio, vinee.
Armi da lancio:
Addetti alle armi da lancio erano i ballistarii, legionari specializzati e privilegiati, chiamati immunes. Erano alle dipendenze di un Magister ballistarius (attestato fin dal II sec.), coadiuvato da un optio ballistariorum ed un certo numero di doctores ballistariorum.
Gerarchia interna
Le gerarchie dell'esercito rimasero quasi le stesse dell'epoca di Gaio Mario e Gaio Giulio Cesare, anche se ora ogni coorte disponeva di un
- i principales (sotto-ufficiali con incarichi tattici) a loro volta divisi in (a seconda del livello del loro stipendium):
sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice), ovvero il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius e
duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice), ovvero l'optio, l'aquilifer, il signifer, l'imaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius ed il campidoctor.
- gli ufficiali della legione imperiale.
- i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dall'hastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, all'hastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);
- i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, l'hastatus posterior, al princeps posterior, all'hastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus; quest'ultimo poteva accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria;
- un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (attorno ai 20 anni);
- 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (attorno ai 30 anni);
- un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio);
- un praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento);
- un tribunus laticlavius (di solito il primo incarico per un giovane dell'ordine senatoriale);
- un legatus legionis, sempre di rango senatorio, a cui era affidato il comando di una singola legione, normalmente per due o tre anni. Nel caso in cui la provincia fosse stata difesa da una sola legione, il comando della stessa veniva affidato direttamente al governatore, il legatus Augusti pro praetore.
- un praefectus legionis di rango equestre (per la legione della sola provincia d'Egitto; a partire da Settimio Severo anche per le tre legioni partiche, legio I, II e III; a partire da Gallieno sostituisce tutti i legati legionis).
Disposizione tattica
Il modello ideale di disposizione tattica della legione in epoca alto-imperiale è fornito dal racconto di Tacito della vittoria della Legio III Augusta, comandata dal proconsole Furio Camillo, su Tacfarinace nel 17 d.c.
Il proconsole riunì tutte le truppe sotto il suo comando, comprese alcune unità ausiliarie, e mosse battaglia contro il ribelle numida, supportato da unità maure. La legione fu schierata, non sappiamo in quante acies (se singula, duplex o triplex), con le centurie (o i manipoli) al centro dello schieramento (10 coorti di 480 uomini l'una, per un totale di 60 centurie): la prima coorte disposta a partire da destra, in prima fila, e la cavalleria legionaria, i tribuni e il legato Camillo davanti al contingente di cavalleria legionaria collocata immediatamente dietro l'ultimo ordine delle coorti.
A destra e a sinistra dei legionari "le coorti leggere e due ali di cavalleria".
Immediatamente a sinistra e a destra la prima e la seconda coorte di ausiliari, composte ciascuna da 480 uomini, mentre alle parti estreme le due ali di cavalleria ausiliaria (probabilmente numidica), formata ciascuna da 500 cavalieri divisi in 16 turmae.
VEXILLATIONES
Il sistema difensivo a cordone adottato da Augusto, con le legioni dislocate lungo i confini dell'impero ma privo di un'adeguata riserva centrale, rese molto complicato il loro spostamento da un settore all'altro, secondo le necessità, senza lasciare tratti di frontiera sguarniti.
Nacque perciò l'usanza e la necessità, dovuta anche al prevalere
2 - Cintola - (Cingulum.)
3 - Pugnale - (Pugio.)
4 - Spada - (gladius) e cintura - (balteus.)
5 - borsa.
6 - borraccia.
7 - una ciotola e un piatto.
8 - un piccone, una pala e una zappa.
9 - Giavellotto.
10 - Pilum.
11 - Lorica segmentata.
12 - Mantello Legionario - (sagum.)
13 - borsa per gli effetti personali.
14 - otre di vino o acqua.
15 - scutum.
16 - Caliga.
17 - Furca - strumento atto al trasporto dell'equipaggiamento.
CALIGOLA
Caligola creò nel 39, due nuove legioni, per una campagna in Germania Magna, sulle orme di suo padre Germanico e di suo nonno Druso maggiore: XV Primigenia e la XXII Primigenia.
NERONE
Nerone creò una nuova legione nel 66-67, composta da italici tutti di statura molto elevata, a cui venne dato il nome di I Italica, e che lo stesso Nerone ribattezzò “falange di Alessandro Magno”. L'obiettivo della campagna militare consisteva nell'occupare le cosiddette “porte del Caspio” (passo di Darial), sottomettendo il popolo degli Albani e forse degli stessi sarmati Alani più a nord.
GALBA
Galba portò a termine l'arruolamento delle legioni I Adiutrix (i cui effettivi erano costituiti da uomini che avevano prestato servizio nelle flotte italiche di Miseno e Ravenna) e VII Gemina.
VESPASIANO
Al tempo di Vespasiano si riformò la prima coorte, di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 manipoli (e non 6) di 160 armati ciascuno (pari a 800 legionari), a cui era affidata l'aquila della legione.
Un primo esempio lo troviamo nella fortezza legionaria di Inchtuthill in Scozia. Al tempo delle guerre marcomanniche fu l'utilizzo da parte di Marco Aurelio di vexillationes, al fine di comporre un esercito di invasione e poi di occupazione della neo-provincia di Marcomannia, come testimoniano numerose iscrizioni, tra cui quella rinvenuta a Leugaricio, delle legioni I Adiutrix e II Adiutrix.
Vespasiano, al termine della guerra civile e della rivolta dei Batavi, sciolse ben quattro legioni che avevano trascinato nel fango le proprie insegne macchiandosi di disonore (I Germanica, IV Macedonica, XV Primigenia e XVI Gallica) e ne riformò tre nuove (II Adiutrix Pia Fidelis, IV Flavia Felix, e XVI Flavia Firma) dando la possibilità ad alcuni di fare pubblica ammenda.
DOMIZIANO
Il figlio Domiziano creava una nuova legione in vista delle campagne in Germania, nella regione degli agri decumates: la I Minervia.
TRAIANO
Traiano formò due nuove legioni, la prima in vista della conquista della Dacia (la XXX Ulpia Victrix, il cui numerale indicava che in quel momento vi erano esattamente 30 unità legionarie), la seconda prima delle campagne partiche (la II Traiana Fortis).
MARCO AURELIO
Marco Aurelio formò attorno al 165-166 due nuove legioni, la II e III Italica.
SETTIMIO SEVERO
Settimio Severo creò la prima forma di autocrazia militare, togliendo potere al Senato dopo averne messo a morte numerosi membri. Sebbene la struttura base della legione continuò ad essere quella della riforma augustea, il numero delle legioni venne aumentato a 33, con la creazione delle legioni I, II e III Parthica.
Egli favorì i legionari:
CARACALLA
concesse loro:
GALLIENO
DIOCLEZIANO
Lo sfondamento ripetuto di tutte le frontiere romane, eredità della crisi del III secolo, costrinse Diocleziano a creare un nuovo modello di difesa passando comando imperiale unico a quello di quattro imperatori: la tetrarchia.
Di conseguenza occorsero nuove e numerose legioni da porre lungo i confini imperiali, con notevole incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i 450.000/500.000 uomini.
Si rese così necessaria una ulteriore tassazione del cittadino romano ed una miglior distribuzione della circolazione monetaria per meglio rifornire le truppe alloggiate e distribuite a guardia dei confini provinciali.
Con Diocleziano si ebbe la suddivisione delle truppe in unità di frontiera (ripariensi, più tardi limitanei) e in unità mobili all'interno del territorio dell'Impero; fra queste ultime erano le legioni palatine, della guardia di palazzo, quelle comitatensi del seguito dell'imperatore, e quelle pseudocomitatensi, probabilmente con funzioni di presidio, ma sottoposte ai comandanti delle truppe mobili.
Cavalleria legionaria (e ausiliaria)
La cavalleria legionaria di questo periodo appare divisa ancora in turmae e guidata da decurioni. In battaglia, il decurione era affiancato dal draconarius, portatore dell'insegna del draco (simbolo di nuova introduzione per le coorti e le unità di cavalleria, di derivazione dacico-sarmatica), e seguito da un calo (lo schiavo del decurione che montava il suo cavallo di riserva).
Le prime unità di catafratti erano state create da Adriano. Poi si cominciò a fare ricorso ad unità di contarii, truppe armate di contus, con stile di combattimento fondato sulla carica diretta. Già all'inizio del 69 unità sarmatiche erano state assoldate per presidiare la frontiera in Mesia, anche se tali truppe erano facilmente corruttibili. Una delle prime unità di contarii fu l'Ala I Ulpia contariorum militaria, di stanza nella vicina Pannonia inferiore, costituita successivamente alla campagna dacica di Traiano. Questi cavalieri non avevano elmo o armatura, ma erano muniti solo di lancia.
Il resto del corpo di truppa, degli ufficiali e sotto-ufficiali rimase pressoché invariato:
- il semplice miles (legionario romano);
- gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti):
Il ricorso alle vessillazioni si era fatto sempre più frequente. Armamento tipico di legionario operante nelle province settentrionali intorno al 275 circa. Il soldato indossa un cassis imperiale italico con rinforzo incrociato sul coppo, una lorica hamata con un focale al collo per evitare le abrasioni, un balteo cui sono appesi il gladio e il pugio, mentre nella mano destra regge un pilum pesante. Nella sinistra reca un clipeo ovaliforme. Indossa pantaloni, tunica a maniche a tubo e scarponi, essenziali per operare nei climi freddi del limes renano.
TARDO IMPERO
Dalla riforma di Diocleziano al consolidamento del potere costantiniano (285-324) [ I tetrarchi (Basilica di San Marco a Venezia) Le 4 parti e le 12 diocesi nella nuova divisione tetrarchica dell'impero romano voluta da Diocleziano attorno al 300.
Il nuovo imperatore dispose, prima di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal 285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari), compiendo così una prima vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto. Questa forma di governo a quattro, se da un lato non fu così felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestività i pericoli esterni al mondo romano.
La presenza di due Augusti e due Cesari aiutava la rapidità dell'intervento armato e riduceva i richi del lasciare una nazione senza imperatore. Diocleziano creò una gerarchia militare sin dalle più alte cariche statali, quelle dei "quattro" Imperatori, dove il più alto in grado era l'Augusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto Herculio (protetto da un semidio, Ercole), e poi i due Cesari, ovvero i "successori designati".
Era sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di difesa dei confini, in quanto ogni tetrarca curava un settore con sede amministrativa vicino alle frontiere che doveva controllare (Augusta Treverorum e Mediolanum-Aquileia in Occidente; Sirmium e Nicomedia in Oriente).
Diocleziano riorganizzò l'esercito, trasformando la "riserva mobile" introdotta da Gallieno (di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile", il comitatus, distinto dalle forze poste ai confini, probabilmente costituito da due vexillationes (Promoti e Comites) e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii).
La legione
L'unico cambiamento dalla vecchia legione fu il costante invio di vexillationes (di 1.000-2.000 legionari) da parte della "legione madre" (attraverso la suddivisione di unità precedenti) che, sempre più spesso, non fecero più ritorno.
La legione però rimaneva ancora legata al territorio di appartenenza, passando però dai 6.000 componenti dell'età alto-imperiale, ai 5.000 dell'età dioclezianea e ai 3.000 di quella valentiniana.
Ciò fu dovuto al prolungarsi di numerose guerre lungo i fronti; alla guerra civile che nel 324 pose fine alla tetrarchia, con avvicendamenti di augusti e cesari nelle varie parti dell'impero, impedendo spesso il ritorno di queste vexillationes migrate spesso molto lontano dalle fortezze originarie.
Diocleziano trasformò la "riserva strategica mobile" introdotta da Gallieno (di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus, costituito da due vexillationes di cavalleria (tra Promoti e Comites), e tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), oltre alle forze di cavalleria (vexillationes), che al tempo di Gallieno ne costituirono l'intera riserva mobile.
La tattica
Lo Strategikon, prontuario di guerra attribuito all'imperatore bizantino Maurizio, suggeriva di comporre una formazione da battaglia con almeno quattro ordini, ma sembra che di solito fossero di più.
Arriano riferisce la disposizione in otto ordini:
i primi quattro con uomini armati di hasta; tra questi gli uomini assegnati al primo rango protendevano in avanti le aste, a mo' di falange, mentre nel secondo, terzo e quarto rango i compagni nelle retrovie usavano le armi da lancio (dardi e giavellotti), e una volta scagliate, riprendevano in mano le lunghe lance e le spade per farsi sotto il nemico.
I successivi quattro ordini invece dovevano essere armati di lancea (giavellotti), da lanciare sul nemico. Un nono ordine era formato da arcieri barbari.
Vegezio inoltre prescriveva che tra un soldato e l'altro nella fila successiva ci fossero sei piedi (1,77 m) di distanza (un soldato occupava 3 piedi di spazio, corrispondenti a 88 cm).
Avvicinandosi al nemico le truppe serravano i ranghi, dalla retroguardia alle file più avanzate, onde evitare sfasamenti nella linea di schieramento. Il ruolo tattico della cavalleria fu ancora subalterno alla fanteria, conruoli di schermaglia contro la cavalleria nemica, oper missioni esplorative o azioni di disturbo.
Asclepiodoto informa ( I sec. a.c.) che la cavalleria poteva assumere varie formazioni: quadrate, a losanga, allungate, a cuneo. Occorreva però che non fosse sviluppata molto in profondità per evitare di creare il panico trai cavalli nel caso in cui questi si sovrapponessero gli uni agli altri in una formazione troppo affastellata.
COSTANTINO
Dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324, Costantino I avviò una nuova riforma dell'esercito romano. Suddivise l'"esercito mobile" in "centrale" (unità palatinae) e "periferico" (unità comitatenses), continuando ad espandere la componente mobile, a vantaggio di quella di frontiera.
In genere le unità palatinae costituivano l'esercito dedicato ad una intera Prefettura del Pretorio, mentre le unità comitatenses costituivano l'esercito dedicato ad una singola Diocesi nell'ambito della Prefettura. Le Scholae palatinae, ovvero quelle unità che costituivano la guardia personale dell'imperatore, dopo lo scioglimento della guardia pretoriana, operata da Costantino I nel 312;
l'esercito "mobile" (comitatus), che dipendeva direttamente dall'imperatore.
La vastità dell'Impero costrinse Costantino I a dover creare altri eserciti mobili, dislocati in varie regioni, al comando dei propri figli: Crispo, Costante, Costanzo e Costantino.
Per distinguere l'esercito comitatensis regionale da quello sotto il diretto controllo dell'imperatore, quest'ultimo prese il titolo di praesentalis. Questo esercito "mobile" era a sua volta diviso nelle seguenti sotto-unità, differenziate tra loro per rango gerarchico: unità Palatinae (di palazzo o praesentalis), che rappresentavano l'élite dell'esercito romano, e che facevano parte dell'armata sotto il diretto controllo dell'Imperatore (nell'evoluzione successiva, affidato al Magister militum praesentalis) a loro volta suddivise in: Legiones palatinae, ovvero i reparti di fanteria pesante dell'esercito mobile praesentalis; Auxilia palatina ovvero la fanteria leggera dell'esercito mobile praesentalis.
Vexillatione Palatine
Erano la cavalleria dell'esercito mobile praesentalis; unità Comitatenses vere e proprie, che rappresentavano le unità "mobili regionali" a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte"), a loro volta suddivise in: Legiones comitatenses, ovvero la fanteria pesante dell'esercito mobile non-praesentalis
Vexillationes comitatenses
erano la cavalleria dell'esercito mobile non-praesentalis; unità Pseudocomitatenses, che rappresentavano quelle unità di frontiera (limitanei) distaccate presso l'esercito campale (comitatus) in occasione di particolari campagne militari, e che spesso rimasero a far parte dell'esercito "mobile" in modo permanente.
Esse potevano essere solo di un tipo: Legiones pseudocomitatenses, ovvero unità "prestate" dalle frontiere imperiali, all'esercito "mobile"; l'esercito "lungo le frontiere" (limes), ovvero dei Limitanei e/o Riparienses (quest'ultimi erano soldati, posti a protezione delle frontiere fluviali di Reno, Danubio ed Eufrate), unità "fisse" di frontiera aventi compiti principalmente difensivi e costituenti il primo ostacolo contro le invasioni esterne.
Erano a loro volta suddivise in:
- legiones limitaneae, ovvero la fanteria pesante dell'esercito stabile lungo le frontiere (formate da 1.200 fino a 5.000 armati ciascuna; normalmente quelle in Occidente erano di consistenza inferiore, rispetto a quelle della parte orientale);
- Auxilia (o auxiliares o auxilium), di dimensioni e qualità inferiori rispetto alle legiones di limitanei;
- Milites o Numeri, i primi rappresentavano forse dei distaccamenti di altre unità, mentre i secondi, erano unità di dimensioni sempre più ridotte e di formazione "indigena";
- Equites e Cunei, erano invece reparti di cavalleria limitanea;
- Alae e Cohortes forse i residui di vecchie unità alto-imperiali.
1 - scudi bizantini.
2 - frombolieri.
3 - arcieri.
4 - artiglieria.
5 - scudo da braccio
6 - Elmi bizantini.
7 - Armatura.
8 - plyumbatum.
9 - verutum.
10 - lancia.
11 - arco.
12 -
13 - freccia.
14 - spada.
15 - plyumbatum corto.
16 - barditsium.
17 - ascia da battaglia.
18 - parastinchi
I barbari
Si rese necessario un crescente reclutamento obbligatorio dei barbari (chiamati laeti), già inquadrati nei numeri sin dall'epoca di Marco Aurelio, stanziati all'interno dell'Impero con l'obbiettivo di ripopolare alcuni territori abbandonati o falcidiati dalle pestilenze. In virtù della ereditarietà dei mestieri decisa da Diocleziano, si impose ai figli di ex militari la ferma obbligatoria, anche se però questi godevano di privilegi dovuti alla carriera dei propri padri.
Le legioni, ciascuna di circa 1.000 uomini e costituita da sola fanteria, poiché la cavalleria legionaria, già abolita una prima volta da Gallieno, era stata definitivamente soppressa da Costantino, erano comandate da tribuni (sia i legati sia i praefecti legionis di rango equestre, che li avevano sostituiti dal tempo di Gallieno, erano oramai scomparsi). Circa 175 all'inizio del V sec. e ancora composte generalmente da cittadini romani, persero gradatamente gran parte della loro importanza di fronte al prevalere delle truppe barbariche, più bellicose.
La nuova religione cristiana, diffondendosi in parte spontaneamente e in parte per obbligo imperiale, aborriva la guerra e l'uccisione dei nemici, pertanto i romani iniziarono a disertare l'esercito e l'amor di patria come ideale crollò, ma siccome i confini andavano difesi, si ricorse sempre di più ai barbari. Questi risultavano si molto più belicosi dei romani cristianizzati, ma privi di quella razionalità e organizzazione che aveva fatto di Roma il più grande impero del mondo.
Con il passare dei secoli l'ingresso nell'impero di gruppi barbari fu visto come l'occasione per acquisire nuove reclute. L'esercito, quindi, svolse un grande ruolo nella romanizzazione dei barbari garantendo una integrazione talmente forte da consentire di intraprendere la stessa carriera dei colleghi romani. La politica di integrazione perseguita tra il III e il IV secolo rese inutile a partire dal regno di Costantino I un documento che concedesse formalmente la cittadinanza ai veterani barbari poiché questi si erano già integrati e romanizzati.
Contemporaneamente questi distaccamenti, chiamati in epoca alto imperiale vexillationes, divennero essi stessi delle unità indipendenti legionarie. È vero anche che se buona parte di queste legioni "nacquero" da questo scorporo, altre furono create ex novo, da reparti specifici dell'esercito romano (es. i Ballistari, quali reparti di artiglieria) o da vecchie unità ausiliarie (es. i Germaniciani).
Quattro tipologie di legioni che si trasformarono gradualmente da unità di 5.000 armati, a unità ridotte fino a 800/1.200 armati circa; continuavano a costituire il nerbo dell'esercito romano, costituite da fanteria pesante. Erano:
Le legioni, infatti, risultavano meno flessibili ed erano dotate di un'organizzazione migliore rispetto a quella delle auxilia, oltre ad essere armate in modo "più pesante".
Vexillationes
Con la riforma costantiniana post 324, i reparti di cavalleria legionaria vennero aboliti a vantaggio di nuove unità di cavalleria specializzata, le vexillationes, unità utilizzate all'interno del comitatus.
Le vessillazioni in quest'epoca designavano, non più i distaccamenti legionari alto imperiali, ma reparti di sola cavalleria. Le vexillationes equitum andarono incontro a un progressivo consolidamento nell'organico e nel numero di distaccamenti, tanto da far pensare all'assegnazione di una nuova funzione strategica alle unità di cavalleria. Con la riforma di Costantino e dei suoi figli, le vessillazioni divennero unità alla base dell'organizzazione delle forze montate: le vexillationes palatinae e quelle comitatentes erano nominalmente formate da 300 o 600 uomini. La Notitia dignitatum elenca in quest'epoca ben 88 vessillazioni.
La cavalleria poteva essere leggera o pesante a seconda dell'armamento o della pesantezza dell'armatura. Esistevano gli equites sagittarii, arcieri a cavallo di derivazione orientale, partica o barbarica, la cavalleria leggera d'avanguardia (mauri, dalmatae, cetrati), e la cavalleria pesante dei catafractarii attrezzati di lance e muniti di pesanti armature squamate e o di lorica manica, di derivazione sarmatica, partica o palmirena.[208] Soprattutto in Oriente, se si registra la presenza di ben 19 unità di catafratti secondo la Notitia Dignitatum, una delle quali era una schola, reggimento di guardie a cavallo imperiale. Tutte queste unità, tranne due, appartenneo al Comitatus, con una minoranza tra i Comitatensi palatini, mentre ci fu solo un'unità militare di arcieri catafratti.
I corpi di cavalleria erano integrati tanto nelle legioni comitatensi, quanto in quelle limitanee, eredi o delle vecchie alae di cavalleria ausiliaria o degli equites illyriciani o dei clibanarii già operanti in epoca alto-imperiale. « Venivano in ordine sparso i corazzieri a cavallo, chiamati di solito "clibanari", i quali erano forniti di visiere e rivestiti di piastre sul torace. Fasce di ferro avvolgevano le loro membra tanto che si sarebbero creduti statue scolpite da Prassitele, non uomini. Erano coperti da sottili lamine di ferro disposte per tutte le membra ed adatte ai movimenti del corpo, di modo che qualsiasi movimento fossero costretti a compiere, la corazzatura si piegasse per effetto delle giunture ben connesse. » (Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XVI, 10, 8)
Unità d'elite erano le scholae, istituite all'inizio del IV secolo per opera di Costantino I a seguito dello scioglimento dell'antica Guardia pretoriana, e divise tra gentiles e scutarii. Ogni schola era comandata inizialmente da un tribuno, poi successivamente al V secolo da un comes scholarorum, che aveva sotto il suo diretto commando un certo numero di ufficiali anziani detti domestici o protectores. Se all'inizio de IV secolo erano elencate tre unità, nel V secolo la Notitia dignitatum elenca sette scholae nella parte orientale dell'Impero e cinque in quella occidentale.
VALENTINIANO
Nel 365, il nuovo imperatore Valentiniano I (Augustus senior presso Mediolanum), spartì con il fratello minore Valente (Augustus iunior presso Costantinopoli) tutte le unità militari dell'Impero (comprese quindi le legiones), le quali furono attribuite all'uno o all'altro in parti uguali (quelle di 1.000 armati) oppure divise in due metà (quelle con un numero di legionari ancora di consistenza superiore ai 2.000 armati) dette rispettivamente "senior" (assegnate a Valentiniano I) e "iunior" (assegnate a Valente)
Se al vertice di una delle armate, almeno fino a Onorio e Arcadio, si collocava l'imperatore in persona (il quale poteva delegare gli altri eserciti ad Augusti e Cesari), ai grandi immediatamente inferiori erano preposti i magistri militum, tutti comites rei militaris in quanto parte dell'entourage imperiale. Essi erano: il Magister militum praesentalis a capo della cavalleria; il Magister militum praesentalis a capo della fanteria. Sotto di loro i magistri militum regionali, per la cavalleria e per la fanteria. Alle dipendenze di questi ultimi vi erano i comites, i conti, distinti da quelli suindicati per essere assegnati al comando di regioni secondarie o considerate più sicure.
Ai gradi immediatamente inferiori i duces, distribuiti uno per ogni provincia (a cui erano affidate truppe di limitanei, comprendenti anche le legiones limitanae),e sottoposti all'autorità del comes territoriale. Il prepositus, invece, poteva apparire alle dipendenze del dux, oppure poteva identificare un grado di comandante di cavalleria o di una specifica unità di appiedati. Sopravvivono in quest'epoca infine, per i quadri dell'esercito, i tribuni, agli ordini di un prefetto e divisi in due grandi categorie: comandanti di unità e comandanti superiori. Altri potevano essere addetti a svariate altre funzioni (dalla fabbricazione delle armi, al comando di unità della flotta ecc).
Con la fine della guerra civile (nel 324) e la dinastia costantiniana le "vecchie" vexillationes legionarie vennero trasformate in nuove legioni indipendenti dalla legione "madre", riducendo il numero di armati fino a 1.200 uomini (come risulta da alcuni passi di Ammiano Marcellino, a proposito della battaglia di Strasburgo del 357 e di Amida del 359, e in Zosimo).
San Gerolamo in un passo aiuta a ricostruire quella che doveva essere la gerarchia per gli ufficiali subalterni in quest'epoca. Essa doveva prevedere: il primicerius, addetto alla compilazione delle liste delle unità; il senator; il ducenarius, probabilmente al comando di due centurie o di un manipolo; i centenarii, corrispondente al vecchio centurione, e divisi in: protectores, inseriti negli eserciti provinciali, grado conferito precedentemente anche ai componenti della guardia imperiale; ordinarii, a capo dei primi ordines; ordinati.
Per quanto riguarda la truppa, se facciamo riferimento alla gerarchia gerolamiana, troviamo nell'ordine il biarchus, il circitor, l'eques (il cavaliere) e il tiro. A questa economia vanno aggiunti il pedes, il fante, e il semissalis, collocato tra il cavaliere e il circitor.
Va ricordato che a ciascun grado più alto, pur trattandosi di soldati, corrispondeva una paga più alta. Di conseguenza avremmo trovato: il biarchus, forse come il circitor un decurione o un ufficiale inferiore; il circitor; il semissalis (che riceveva una paga e mezza, pur svolgendo analoghe funzioni di un soldato); l'eques, di norma superiore al fante; il pes, il soldato appiedato; il tiro, la recluta.
Le legioni stanziate lungo il limes in quest'epoca hanno ormai assunto una connotazione e un ruolo strategico dissimile dalle altre truppe stanziate più in profondità e distribuite presso le città, qui dislocate a causa delle difficoltà logistiche incontrate nei rifornimenti delle truppe.
La loro posizione andò conferendo a queste forze di frontiera, definite limitanei o ripenses se poste a guardia dei confini fluviali, un ruolo di salvaguardia o di controllo del limes, rispetto alle truppe "mobili", quelle dei comitatensi (comitatensi e limitanei potevano essere reclutati tra cittadini e peregrini). Limitanei e comitatensi non vanno necessariamente vincolati gli uni e gli altri ai ruoli di forza "d'attrito" stativa e di forza mobile più flessibile. Una tale distinzione può anche essere suggerita a motivo della differente collocazione geografica (i limitanei più vicini ai confini e il comitatus dislocato presso le fortezze interne), ma in realtà non esiste alcuna certezza che fossero preposti al ruolo, i primi, di forza di contenimento, e, i secondi, alla funzione di "riserva strategica" o "forza mobile". Inoltre i limitanei (il cui termine inizia a designare le forze di frontiera solo alla fine del IV secolo) iniziano ad essere impiegati sensibilmente più tardi rispetto al comitatus, già esistente prima dell'avvento di Diocleziano.
È nota l'accusa di Zosimo rivolta a Costantino, e replicata dall'anonimo autore del De rebus bellicis attorno al 370, di aver minato la difesa delle frontiere allo scopo di istituire forze dinamiche di intervento, tradendo il progetto dioclezianeo del presidio dei confini. « Costantino distrusse quella sicurezza rimuovendo gran parte dei soldati dalle frontiere e insediandoli nelle città che non avevano alcun bisogno di aiuto. In tal modo privò della protezione le popolazioni molestate dai barbari e, contemporaneamente, lasciò le città, non vessate da loro, in balia della violenza dei soldati, così da renderle deserte in gran numero. » (Zosimo, Storia Nuova, II, 34)
La scelta di Costantino fu dettata principalmente dalla maggiore facilità di approvvigionamento per le truppe vicine ai centri cittadini (pur comportando tale iniziativa ovvi problemi di ordine pubblico e di abusi da parte dei militari). Diocleziano aveva scelto di rafforzare le difese, di costruire nuovi forti, anche se dotandoli di una quantità di truppe di difesa inferiore rispetto al periodo precedente. Ogni provincia era dotata di due legioni, due vexillationes di cavalleria (ognuna di 500 uomini) per un totale di 4.000 soldati circa.
Costantino, all'opposto, con le forze prelevate dalle frontiere trasformò il comitatus, comandato da magistri militum provinciali, che divenne la principale massa di manovra dell'esercito. A questo si affiancava la forza limitanea, sottoposta al controllo dei duces. Con Costantino il controllo dell'esercito era definitivamente sottratto ai governatori, ormai ridotti al ruolo esclusivo di amministratori e giudici. Sotto Costantino si ebbe, ancora una volta, la necessità di creare nuove legioni da porre lungo i confini imperiali, portando inevitabilmente ad un incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i 600.000 uomini.
LEGIONE e ARRUOLAMENTO SECONDO
- I Flavia Gallicana Constantia -arruolate da Costanzo Cloro o Costantino I - anni 305/306 o 306/312
- Lugdunensis I, Flavia Martis I, Flavia Pacis - arruolate da Costanzo Cloro o Costantino I - anni 305/306 o 306/312
- Lugdunensis III e Belgica I II, Flavia Constantiniana - arruolate da Costantino I - anni 312/324
- Tingitana I, Flavia Gemina - arruolate da Costantino I - anni 324/335
- Tracia II, Flavia Gemina - arruolate da Costantino I - anni 324/335
- Tracia I, Flavia Constantia II, Flavia Constantia III, Flavia Salutis - arruolate da Costanzo II - anni 337/350
- Oriente II, Flavia Virtutis - arruolate da Costante I - anni 337/350 (destinazione Africa)
La Notitia Dignitatum fonisce, infine, un quadro più o meno completo, anche se in gran parte anteriore alle grandi invasioni ed ai regni romano-barbarici, della struttura delle province e delle unità militari.
Dal documento emerge una certa frammentazione, un quadro di apparente indebolimento delle vecchie legioni, con unità prive di un organico completo, anche se del tutto regolari e pienamente inserite all'interno di un preciso organigramma.
L'aspirazione ad entrare nella milizia limitanea era, generalmente, più diffusa, non solo a motivo del fatto che chi vi era arruolato (ovvero i provinciali) avesse il vantaggio di rimanere vicino alla famiglia, ma anche in ragione della esenzione a beneficio dei figli dei curiali (il notabilato delle città preposto alla esazione dei tributi), garantita da una legge del 363, dell'obbligo ereditario alla ferma per coloro che sceglievano la strada dell'arruolamento e servivano nell'esercito per 10 anni.
Qui di seguito l'elenco di legiones tardo imperiali al tempo della Notitia dignitatum.
Si trattava di 25 palatinae, 74 comitatenses, 46 pseudocomitatenses e 45 limitaneae. Vediamo ora nel dettaglio la parte orientale:
Parte orientale dalla Notitia Dignitatum (fine IV-inizi V secolo)
Unità dell'esercito Magister militum praesentalis:
I Magister militum praesentalis
II Magister militum per Orientem
Magister militum per Thracias
Magister militum per Illyricum
Legio palatina
6 unità:
Lanciarii seniores, Ioviani iuniores, Herculiani iuniores, Fortenses, Nervii, Matiarii iuniores,
6 unità:
Matiarii seniores, Daci, Scythae, Primani, Undecimani, Lanciarii iuniores.[224] 1 unità: Britones seniores.
Legio comitatensis 9 unità:
Quinta Macedonica, Martenses seniores, Septima gemina, Decima gemina, Balistarii seniores, Prima Flavia Constantia, Secunda Flavia Constantia Thebaeorum, Secunda Felix Valentis Thebaeorum, Prima Flavia Theodosiana.
20 unità:
Solenses seniores, Menapii, Prima Maximiana Thebaeorum, Tertia Diocletiana Thebaeorum, Tertiodecimani, Quartodecimani, Prima Flavia gemina, Secunda Flavia gemina, Constantini seniores, Divitenses Gallicani, Lanciarii Stobenses, Constantini Dafnenses, Balistarii Dafnenses, Balistarii iuniores, Pannoniciani iuniores, Taanni, Solenses Gallicani, Iulia Alexandria, Augustenses, Valentinianenses
8 unità:
Matiarii constantes, Martii, Dianenses, Germaniciani seniores, Secundani, Lanciarii Augustenses, Minervii, Lanciarii iuniores.[225]
Legio pseudocomitatensis 1 unità:
Auxiliarii sagittarii.
10 unita:
Prima Armeniaca, Secunda Armeniaca, Fortenses auxiliarii, Funditores, Prima Italica, Quarta Italica, Sexta Parthica, Prima Isaura sagittaria, Balistarii Theodosiaci, Transtigritani.
9 unità:
Timacenses auxiliarii, Felices Theodosiani iuniores, Bugaracenses, Scupenses, Ulpianenses, Merenses, Secundi Theodosiani, Balistarii Theodosiani iuniores, Scampenses.
Legioni di ripenses e limitanei 10 unità:
Legio II Flavia Constantia Thebaeorum, Legio II Traiana, Legio I Valentiniana, Legio I Maximiana, Legio III Diocletiana, Legio II Valentiniana; Legio V Macadonica, Legio XIII gemina, Legio III Diocletiana, Legio II Traiana.
[229] 5 unità:
Legio II Isaura, legio III Isaura; Legio XV Apollinaris, legio XII Fulminata, legio I Pontica.
10 unità:
legio I Illyricorum, legio III Gallica; legio IV Scythica, legio XVI Flavia Firma; legio X Fretensis; legio IV Parthica; legio I Parthica Nisibena, legio II Parthica; legio III Cyrenaica, legio IV Martia;
4 unità:
legio I Italica, legio XI Caludia; legio II Herculia, legio I Iovia;
4 unità:
legio IV Flavia, legio VII Claudia;[240] legio V Macedonica, legio XIII Gemina.
Parte occidentale dalla Notitia dignitatum (fine IV-inizi V secolo)
Unità dell'esercito Numerus intra Italiam Numerus intra Gallias e Numerus intra Britannias Numerus intra Illyricum Numerus intra Hispanias e Numerus intra Tingitaniam Numerus intra Africam Legio palatina
8 unità:
Ioviani seniores, Herculiani seniores, Divitenses seniores, Tongrecani seniores, Pannoniciani seniores, Moesiaci seniores, Octavani, Thebaei.
1 unità in Gallia:
Lanciarii Sabarienses.
3 unità:
Armigeri propugnatores seniores, Cimbriani, Armigeri propugnatores iuniores. Legio comitatensis
5 unità:
Mattiarii iuniores, Septimani iuniores, Regii, Germaniciani, III Iulia Alpina.
9 unità in Gallia:
Armigeri defensores seniores, Lanciarii Honoriani Gallicani, Menapii seniores, Secundani Britones, Ursarienses, Praesidienses, Geminiacenses, Cortoriacenses, Honoriani felices Gallicani.
2 unità in Britannia:
Primani iuniores, Secundani iuniores.
6 unità:
Mattiarii Honoriani Gallicani, Tertiani, III Herculea, Propugnatores iuniores, Pacatianenses, Mauri cetrati.
5 unità in Hispania:
Fortenses, Propugnatores seniores, Septimani seniores, Vesontes, Undecimani.
2 unità in Tingitania:
Constantiniani, Septimani iuniores.
8 unità:
Secundani Italiciani, Primani, Secundani, Tertiani, Constantiniani, Constantiaci, Tertia Augustani, Fortenses.
Legio pseudocomitatensis
2 unità: I Iulia Alpina, Pontinenses.
21 unità (delle quali 10 certe e 11 incerte) in Gallia:
I Flavia Gallicana, Martenses, Abrincateni, Defensores seniores, Mauri Osismiaci, I Flavia, Superventores iuniores, Cornacenses, Romanenses, Septimani iuniores; e di natura incerta come: Ballistarii, Defensores iuniores, Garronenses, Anderetiani, Acincenses, Cursarienses iuniores, Musmagenses, Insidatores, Truncensimani, Abulci, Exploratores.
3 unità:
Lanciarii Lauriacenses, Lanciarii Comaginenses, II Iulia Alpina.Legioni di ripenses e limitanei
1 unità:
legio III Italica.
2 unità in Britannia:
legio VI Victrix; legio II Augusta.[247]
8 unità:
legio II Italica, legio I Noricorum, legio X Gemina, legio XIV Gemina; legio V Iovia, Legio VI Herculia; legio I Adiutrix, legio II Adiutrix'.
1 unità in Hispania:
legio VII Gemina.
Da Adrianopoli alla fine dell'Occidente (378-476)
L'impero romano all'epoca della morte di Teodosio I nel 395, con la divisione amministrativa dell'impero in prefetture e diocesi. In seguito alla sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come foederati semi-autonomi: essi mantennero il loro stile di vita e la loro organizzazione tribale stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei romani.
Oltre ai Visigoti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari inflitte all'impero, il permesso imperiale di stanziarsi all'interno dei confini.
Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito: un esercito professionale come quello romano, infatti, per essere mantenuto efficiente, aveva bisogno di essere pagato e equipaggiato, e le ristrettezze economiche dovute al crollo del gettito fiscale portarono ovviamente a un declino progressivo delle capacità di addestramento, arruolamento, dell'organizzazione logistica e della qualità dei rifornimenti in armi e derrate ai soldati (si spiegano in questo senso le sempre più crudeli minacce ai cittadini contenute nelle leggi del periodo in caso di mancato versamento dei tributi).
Da un'attenta analisi della Notitia Dignitatum, possiamo ricavare che quasi la metà dell'esercito campale romano-occidentale andò distrutto nel corso delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre molte delle ricostituite unità erano semplicemente unità di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente declino delle potenzialità militari con riferimento sia alla consistenza meramente quantitativa delle truppe che sotto il profilo della qualità. La perdita dell'Africa ebbe riverberi inevitabili e seri sulle finanze dello stato, indebolendo ulteriormente l'esercito (attorno al 444).
Le perdite subite portarono all'ammissione in grosse quantità di ausiliari e foederati germanici (ad esempio Unni): ciò poteva portare benefici a breve termine, ma era deleterio a lungo termine, in quanto diminuiva gli investimenti nel rafforzamento delle unità regolari.
Nel tardo impero l'esercito, per difendere i confini imperiali dalla crescente pressione barbarica, non potendo contare su reclute insignite di cittadinanza, a causa sia del calo demografico all'interno dei confini dell'Impero, sia della resistenza alle coscrizioni, ricorse sempre di più a contingenti di gentiles (fino a una vera deriva "mercenaristica"), utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari tardo imperiali (legiones, vexillationes ed auxiliae), ed in seguito, in forme sempre più ingenti e diffuse, come alleati che conservavano le loro tradizioni e le loro usanze belliche. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre più culturalmente estraneo alla società che era chiamato a proteggere.
REGNI ROMANO BARBARICI NEL 476
Il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", per la smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie. In seguito l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identità, quando anche la maggior parte delle auxiliae palatinae furono rimpiazzate da federati.
Intorno al 460 l'esercito romano, e di conseguenza le legiones, avevano i territori ridotti ormai alla sola Italia o poco più. Nonostante tutto, l'esercito romano rimase efficiente fino ad almeno a Maggioriano.
Sotto Ezio e Maggioriano, l'Impero sembra fosse ancora in grado di affrontare e vincere in battaglia Visigoti, Burgundi, Bagaudi, Franchi, mantenendo sotto il suo controllo la Gallia, a riprova di una sua relativa efficienza. Solo con l'uccisione di Maggioriano cominciò il definitivo declino.
Privato dell'esercito delle Gallie, ed essendosi ridotti i possedimenti imperiali in Provenza e Alvernia, l'impero non fu più in grado di difendere queste province con il solo ricorso all'esercito d'Italia.
Nel 476 le armate sollevate da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia, Romolo Augusto, erano costituite unicamente da alleati germanici, perlopiù Sciri ed Eruli. Tuttavia l'assetto generale dell'esercito romano tardo-imperiale, ed alcune sue unità, sopravvissero almeno fino al VI secolo in seno alla Pars Orientis.
Castra
Le legioni alloggiavano in due tipi di accampamenti (castrum):
1) accampamenti "da marcia", per la sicurezza della legione durante la sosta notturna in territorio nemico
2) accampamenti permanenti, relativamente stabili e potevano essere di due tipi:
castra hibernia, in cui svernare,
e castra aestiva, in cui alloggiare le truppe nei mesi estivi o in prossimità delle campagne militari.
Le difese più rapide e semplici erano i cavalli di frisia,
oppure le pila muralia (pali acuminati con un'incavatura al centro per consentire l'incastro assieme ad altri pila) legati insieme e posti in cima agli aggeri, che sorgevano accanto
all'intervallum che separava la zona delle tende (papiliones), da quella della cinta difensiva, cioè un fossato a ridosso di un terrapieno, per i campi temporanei, o da un vallum di legno o pietra (intervallato da quattro porte mediane) munito di torri per quelli permanenti.
Le tende erano fatte di pelli cucite di vitello, di capra o di cuoio.
Il castrum romano era attraversato da due strade principali che intersecavano nell’area del Praetorium (tenda o abitazione del comandante) e dei Principia (quartier generale), la via Praetoria (che collegava porta praetoria e porta decumana) e la via Principalis (che collegava le due porte principali).
Il castrum romano occupava anche 20-30 ettari ospitando fino all’89 d.c. 2 legioni, poi solo una. Le unità ausiliarie avevano propri forti distribuiti nelle zone più di confine ed erano intervallate con quelle legionarie.
Le fortezze ausiliarie (castella) erano basi di attività di pattugliamento e monitoraggio dei confini, anche per tenere impegnato il nemico in caso di invasione. Avevano anche un valetudinarium, un ospedale militare.
Per un approfondimento: CASTRA ROMANI
Macchine d'assedio
Le fasi dell’assedio erano tre, senza un ordine logico:
1) porre il blocco all’ingresso di merci e persone nella città e nell’isolamento del nucleo cittadino.
2) contravallatio (controvallazione), utilizzata a Masada, costruzione di una palizzata, di un fossato o di fortificazioni più complesse come sistema di difesa dagli assediati.
3) circumvallatio, per la difesa dall’esterno e dall’interno del campo degli assedianti, impiegato da Cesare ad Alesia.
Le vinee (anche i plutei) o in alternativa la formazione a testuggine, tettoie mobili per proteggere i soldati o gli scavatori nell’avvicinamento alle mura.
Armi d’assedio:
- le baliste, grosse balestre utilizzate per scagliare proietti di pietra o frecce,
- gli scorpiones, utilizzati per il lancio di dardi e frecce di medie dimensioni.
- le rampe (come quelle di Jotapata e Masada) per far arrivare le torri d’assedio alle mura (munite di baliste o di arieti)
- o terrapieni (come ad Avarico).
Vegezio elenca sette tipi di armi d'assedio nell'Epitoma, le macchine più utilizzate erano:
- le testuggini, macchine all'interno delle quali poteva essere collocata l'estremità in ferro ( si sarebbe poi forse intesa per ariete l'intera macchina),
- cioè l'ariete volto a minare la solidità delle mura,
- oppure una "falce" che serviva a "estrarre le pietre dalle mura";
- le vinee (larga circa 2 metri, alta 2 e lunga 4,70 metri), tettoie di legno leggero, realizzate in gran numero, a formare un lungo corridoio che consentiva l'avvicinamento alle mura degli scavatori;
- i plutei, schermi mobili, formati da intrecciature di vimini rivestiti di pelli o di cuoio, al riparo dai quali gli assedianti bersagliano gli spalti delle mura;
- i muscoli, macchine coperte dalle quali si poteva operare il riempimento dei fossati che consentisse alle torri mobili di raggiungere le mura;
- le torri mobili (larghe dai 9 ai 15 m), con travi e tavole ricoperte di pelli grezze per evitare di prendere fuoco, e formate su tre livelli, il primo dotato di ariete per colpire le mura, il secondo del ponte per l'accesso agli spalti, il terzo da una torretta con cui colpire i nemici sulle mura.
Per un approfondimento: MACCHINE DA GUERRA ROMANE
I SIMBOLI
Durante il suo secondo consolato, nel 104 a.c., Gaio Mario conferì all'aquila un valore simbolico particolare, rendendola il segno distintivo della legione.
Racconta Plinio che prima della decisione di Mario la legione possedeva altri quattro simboli: il lupo, il cavallo, il minotauro e il cinghiale, recati davanti a ciascun rango dell'esercito.
Non è chiaro tuttavia cosa identificassero queste figure, e se fossero insieme o ciascuna ad un raggruppamento. Si potrebbe ipotizzare che i quattro simboli fossero riferiti alle quattro legioni citate da Livio.
L'aquila in età imperiale era tenuta in consegna dalla prima centuria della prima coorte. La progressiva sostituzione dell'aquila, sacra a Giove Capitolino, o il suo affiancamento al draco, simbolo religioso e militare presso i daci e i sarmati, con tutta probabilità assimilato dai romani durante la campagna dacica di Traiano, tanto da essere riportato in ben 20 scene della Colonna traiana, dovrebbero risalire al II secolo.
Il simbolo compare in numerosi coni emessi da Antonino Pio, Decio, Claudio il Gotico e Aureliano. Prima adottato dalle coorti e dalle ali di cavalleria, passò successivamente a identificare l'intera legione.
Oltre all'aquila e al drago sarà utilizzato più tardi il labaro (labarum), drappo quadrato recante il monogramma di Cristo (oppure drappo con tre cerchi sormontato dal monogramma), quando Costantino ne farà il simbolo del proprio esercito, sostituendo le precedenti simbologie pagane.
Secondo Eusebio di Cesarea, il ritratto dell'imperatore si trovava sulla metà superiore del drappo, mentre sulla metà inferiore era disegnata una croce. Il Chi- Rho, invece, era attaccato al braccio superiore della croce. Il labaro, assieme al draco, una manica a vento purpurea retta da un'asta sfarzosa, precedeva le truppe in marcia alla testa dell'esercito.
Signa
Signa (insegne) della legione nei rilievi dell'epoca di Marco Aurelio, presenti nell'arco di Costantino; è possibile notare la damnatio memoriae che colpì il ritratto di Commodo (primo in basso) nel vessillo centrale.
Insegna tipica della centuria formata da un palo di legno con ad esso applicate delle phalerae (usate anche come decorazione), per un massimo di sei, che identificavano il numero della stessa all'interno della coorte.
In alto, sotto il simbolo della mano (non è chiaro se attributo di Marte o gesto di saluto legionario), l'indicazione della legione.
Simboli Militari
I simboli militari romani erano il vexillum, un piccolo stendardo consistente in un drappo, e il signum, costituito da forme solide raffiguranti animali, persone o oggetti.
Gli addetti al trasporto dei simboli delle legioni e delle centurie erano:
- l'aquilifer per l’aquila della legione,
- il signifer per il simbolo del manipolo o della centuria,
- il vexillarius per il portatore del vessillo,
- l'imaginifer per le imagines degli imperatori, il draconarius (in epoca tarda), i portatori del draco erano sottoposti a un magister draconum per il draco, che passò ad identificare anche il signifer.
All'interno dell'accampamento o del forte le insegne (signa militaria) erano conservate nell'aedes signorum, uno degli edifici dei Principia (quartier generale della legione), contenente gli stendardi delle unità.
La conservazione dell'aquila
L'aquilifer, di solito un signifero anziano, secondo nella gerarchia rispetto al centurione, era una figura di primaria importanza della legione, avendo la responsabilità di condurre in battaglia il simbolo dell'intero corpo militare, anche se la sua tutela era assegnata al centurione. Conservare e difendere l'aquila significava preservare la continuità della legione, perché la sua perdita poteva comportarne lo scioglimento, come avvenuto per le legioni distrutte dopo le battaglie di Carre e Teutoburgo.
La caduta nelle mani del nemico delle insegne era onta gravissima, tanto che Augusto si prodigò per ottenere la restituzione delle insegne di Crasso, riuscendo a farsele riconsegnare dal re parto Fraate IV nel 20 a.c.
Signum
Ogni centuria, comprese quelle ausiliarie che avevano uno specifico signifer auxilia, possedeva una insegna (signum) che consisteva in un certo numero di dischi metallici (phalerae), di solito in numero di sei (corrispondenti alle centurie nella coorte), fissati ad un'asta di legno, terminante in una punta o una forma di mano (il cui significato è incerto) al di sotto della quale poteva essere montato una targa con su indicato il numero della coorte o della centuria stessa.
Vexillum
Il vexillum era uno stendardo, riportante il nome della legione, il simbolo e il numero, uno per ogni legione. Spesso identificava una vexillatio legionaria, ovvero un distaccamento della legione.
Imago
L'imaginifer invece era il portatore dell'imago dell'imperatore, introdotta da Augusto, quando la figura dell'imperatore divenne oggetto di culto. L'imago o le imagines erano ritratti realizzati in metallo battuto, custoditi dalla prima coorte.
Per un approfondimento: I SIMBOLI DI ROMA
LEGIONE E FLOTTA
Nel 214 a.c. nel pieno dell'attacco di Annibale, a Brundisium agli ordini di Marco Valerio Levino era acquartierata una forza di fanteria della consistenza di una legio classica a supporto delle operazioni della flotta nell'Adriatico, che però venne utilizzata per difendere la costa illirica dagli attacchi di Filippo di Macedonia.
Dopo le sanguinose guerre contro Cartagine, la flotta romana era diventata tra le più forti del Mediterraneo.
Sotto Augusto, incrementata nel numero di navi, essa divenne stabile.
Le principali basi di stanziamento divennero
- Miseno, presso Pozzuoli, nel Mar Tirreno
- Classe, presso Ravenna, nel Mar Adriatico, col compito di controllare l'una il Mediterraneo occidentale, l'altra quello orientale.
- Flotte minori erano stanziate nei mari delle province periferiche (Britannia, Germania, Pannonia, Mesia, Ponto, Siria).
Con l'espansione della flotta, le navi vennero dotate di contingenti di fanteria imbarcata in forza alla base principale del Miseno, che effettuava le esercitazioni della fanteria romana, oltre a quelle della guerra sul mare, come abbordaggi e bersagliare le navi avversarie dalle torri delle proprie navi.
La fanteria di marina romana, antesignana a quasi tutte le marine militari moderne, aveva una sua struttura e suoi campi di addestramento, come la Schola Militum di Miseno. Il comando di ogni flotta era affidato a prefetti di rango equestre, talvolta a liberti. Al prefetto del Miseno era assegnata una superiorità gerarchica rispetto a quello ravennese.
Le flotte provinciali erano guidate invece da centurioni o da prefetti equestri. Ogni nave era assimilata ad una centuria e comandata da un centurione chiamato triarca. Sotto al prefetto,ma sopra al centurione triarca c'era il navarca, comandante di una flottiglia o di una squadra di imbarcazioni, anche se Vegezio sostiene che fosse a capo di una singola nave, con l'incarico di curare l'addestramento dell'equipaggio.
Per un approfondimento: NAVI DA GUERRA ROMANE
BIBLIO
- Dionigi d'Alicarnasso - Antiquitates Romanae - IV -
- Cassio Dione Cocceiano - Storia romana - LXXIV -
- G. Cascarino - L'esercito romano. Armamento e organizzazione - Vol. I - Dalle origini alla fine della repubblica - Rimini 2007 -
- Giuseppe Cascarino - L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi - Rimini - Il Cerchio - 2008 -
- Giuseppe Cascarino, Carlo Sansilvestri - L'esercito romano. Armamento e organizzazione - Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente - Rimini - Il Cerchio - 2009 -
- L. Keppie - Legiones and veterans: Roman Army - 1971 - Stuttgart - Franz Steiner - 2000 -
- Joanne Berry, Nigel Pollard - The Complete Roman Legions - ed. Thames Hudson - 2012 -
- Stephen Dando-Collins - Legions of Rome -
- Edward N. Luttwak - La grande strategia dell’Impero romano -
Contraddistinte dapprima soltanto da un numero, in seguito le legioni assunsero, ufficialmente in età imperiale, anche veri e propri nomi, di varia origine (ad es. dalle province in cui si erano particolarmente distinte: Gallica, Macedonica, ecc.; da nomi di divinità: Minervia, Apollinaris, ecc.; dal nome di un imperatore: Claudia, Traiana, ecc.) ed epiteti onorifici (constans, vindex, pia, fidelis, ecc.).
Oltre all'aquila, in origine solo uno dei cinque emblemi religiosi delle legioni (gli altri erano il lupo, il cinghiale, il cavallo e il Minotauro) divenutone poi con Mario il numen principale, divennero simboli gli animali sacri alle divinità protettrici, che erano anche riprodotti sulle altre insegne, come pure le immagini degli imperatori, il cui genio era oggetto di particolare culto da parte dei soldati.
Oltre all'aquila, in origine solo uno dei cinque emblemi religiosi delle legioni (gli altri erano il lupo, il cinghiale, il cavallo e il Minotauro) divenutone poi con Mario il numen principale, divennero simboli gli animali sacri alle divinità protettrici, che erano anche riprodotti sulle altre insegne, come pure le immagini degli imperatori, il cui genio era oggetto di particolare culto da parte dei soldati.
In tempo di pace i legionari erano addestrati mediante esercitazioni e manovre militari vere e proprie e, comunque, tenuti attivi con l'esecuzione di lavori per uso militare e civile, quali la costruzione e il mantenimento di canali, ponti, strade militari, fortificazioni e, anzitutto, dei loro accampamenti.
Il rinvenimento di numerosi oggetti (suppellettile varia, mattoni, tegole, utensili, ecc.) recanti il loro marchio ha reso possibile una buona conoscenza di alcune legioni, come ad es. della terza Augusta accantonata a Lambesi (Lambèse).
La legione romana era l'unità militare di base dell'esercito romano e una delle più riuscite invenzioni del genio romano per la sicurezza di Roma. Deve le sue origini, in epoca repubblicana, alla falange romana e al manipolo romano nel IV secolo a.c.
Così l'esercito romano mutò radicalmente le sue armi, dal clipeus e dall' hasta allo scutum, al pilum e al gladius, un cambiamento epocale, reso possibile dalla enorme duttilità mentale che caratterizzò, allora e sempre, tutto il popolo romano.
La legione rappresenta infatti il miglior modello di organizzazione militare di tutti i tempi antichi, per l'efficienza dell'addestramento, in quanto ogni soldato doveva contare sull'appoggio del compagno, per un perfetto lavoro di squadra. Per giunta aveva vari reparti che consentivano a un bravo generale, e Roma ne ebbe tanti, di osare tattiche nuove e geniali.
MONARCHIA (VIII-VII secolo a.c.)
Per tutta l'età regia di Roma l'esercito romano fu costituito da un'unica legione, anche se Servio Tullio affiancò alla legione degli iuniores un'altra di seniores, una seconda legione potenzialmente arruolabile, che mai però venne arruolata.La costituzione della legione derivò dalla suddivisione dei Romani nelle 3 tribù dei RAMNES (Latini), TITIENSES (sabini) e LUCERES (etruschi). Ciascuna tribù forniva all’Esercito 1000 fanti e 100 cavalieri. I fanti erano suddivisi in 10 centurie, una per ogni curia.
In principio i legionari non percepivano alcun soldo che poi venne introdotto solo alla fine del V secolo.
ROMOLO
Si narra che fu Romolo a creare, su modello della falange greca, la prima legione romana, formata da 3.000 fanti (pedites) e 300 cavalieri (equites), arruolati fra le tre tribù romane (1.000 fanti e 100 cavalieri ciascuna): i Tities, i Ramnes ed i Luceres.
La legione contemplava un'età tra i 17 ed i 46 anni, e un ceto in grado di potersi permettere il costo dell'armamento, che era privato e non a carico dello stato.
Quando la città di Roma si accrebbe per l'unione coi Sabini, Romolo raddoppiò il numero dei suoi armati portandoli a 6.000 fanti e 600 cavalieri.
Questi 300 cavalieri aggiuntivi potrebbero rappresentare la guardia personale "montata" del re, i celeres, istituita appunto da Romolo.
SERVIO TULLIO |
SERVIO TULLIO (metà VI secolo a.c.)
Egli divise tutta la popolazione romana in cinque classi in base al censo (secondo altre fonti 6 classi) divisa a sua volta in: seniores (maggiori di 46 anni: anziani), iuniores (tra 17 e 46 anni, i più adatti a combattere: giovani) e pueri (di età inferiore ai 17 anni: ragazzi), con un totale di 193 centurie.
Con la riforma serviana dell'esercito romano, agli aristocratici spettarono "onori et oneres", infatti la prima classe risultava la schiera più avanzata davanti al nemico.
La I classe
La prima classe poteva permettersi l'equipaggiamento da legionario (il costo del tributo per gli armamenti veniva stabilito in base al censo), mentre quelle inferiori avevano armamenti sempre più leggeri. In quest'epoca l'esercito era formato da 193 centurie.
La prima classe, disponendo di un reddito di più di 100.000 assi, era costituita da 40 centurie di seniores e 40 di iuniores. I seniores avevano il compito di difendere le mura della città mentre gli iuniores combattevano fuori dalla città. Era l'unica classe munita di armamento pesante e sotto Servio Tullio raggiunse le 18 centurie di equites. Servio stabilì che gli equites che si erano distinti in battaglia diventavano centurioni.
Disponeva inoltre di 2 centurie di fabri (fabbri, armaioli, falegnami e operai), con il compito di costruire e trasportare le prime macchine da guerra romane.
La II classe
Era costituita da 20 centurie di fanteria, disponendo di un reddito tra i 100.000 ed i 75.000 assi: 10 di iuniores e 10 di seniores.
La III classe
Era costituita da 20 centurie di fanteria leggera, disponendo di un reddito tra i 75.000 ed i 50.000 assi: 10 di seniores e 10 di iuniores.
La IV classe
Era costituita da 20 centurie di fanteria leggera, disponendo di un reddito tra i 50.000 ed i 25.000 assi: 10 di seniores e 10 di iuniores. Le venivano affiancati due centurie di suonatori di tromba (tubicines) e suonatori di corno (cornicines). Questo squadrone era formato da accensi, per esortare l'esercito alla battaglia. Secondo altre fonti le due centurie di suonatori appartenevano alla quinta classe.
La V classe
Era formata da 30 centurie di fanteria leggera, con un reddito tra i 25.000-11.000 assi: 15 di iuniores e 15 di seniores, 1 centuria di tubicines + 1 centiria di cornicines
La VI classe
Era formata da 1 centuria senza mezzi propri, esonerata dalla tassazione e con un reddito inferiore alle 11.000 assi. Era costituita dai "proletari" e dispensata dall'assolvere agli obblighi militari, col compito di fare figli ("destinati a far prole", o capite censi), a meno che la patria non fosse in serio pericolo, nel qual caso, venivano armati a spese dello Stato, con formazioni speciali non legionarie.
Anche i cavalieri (oltre alla prima classe) dovevano disporre di un reddito di più di 100.000 assi. Per l'acquisto dei cavalli l'erario stabilì, inoltre, lo stanziamento annuo di 10.000 assi a centuria, mentre sancì che fossero le donne non sposate a pagarne il mantenimento degli stessi con 2.000 assi annui a centuria. Tale costo fu più tardi trasferito alle classi più ricche
NUMA POMPILIO
Il II re di Roma sciolse la guardia personale del re, i celeres, riportando così il numero dei cavalieri a 300.
TARQUINIO PRISCO |
TARQUINIO PRISCO (VII - VI secolo a.c.)
I quinto re di Roma riordinò l'ordine equestre, raddoppiando il numero dei cavalieri ed aggiungendo tre nuove centurie (oltre a quelle costituite dalle tribù dei Ramnes, Tities e Luceres), dette "posteriores" o "sex suffragia".
Così gli equites tornarono a 600 e i figli dei cavalieri poterono indossare la toga praetexta. Attraverso questa riforma Tarquinio Prisco avrebbe voluto ricreare il corpo speciale dei celeres romulei, ma l'opposizione di Attio Nevio lo costrinse ad aumentare semplicemente il corpo di cavalleria.
La cavalleria
I cavalieri usavano briglie e morsi, ma le staffe e la sella non si conoscevano, per cui niente carica di cavalleria.
Tito Livio racconta che ancora nel 499 a.c., il dittatore Aulo Postumio Albo Regillense, ordinò ai cavalieri di scendere dai cavalli ed aiutare la fanteria contro quella dei Latini in prima linea.
« Essi obbedirono all'ordine; balzati da cavallo volarono nelle prime file e andarono a porre i loro piccoli scudi davanti ai portatori di insegne. Questo ridiede morale ai fanti, perché vedevano i giovani della nobiltà combattere come loro e condividere i pericoli. I Latini dovettero retrocedere e il loro schieramento dovette ripiegare. » (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II, 20.)
Si trattava delle fasi conclusive della battaglia del lago Regillo. I cavalieri romani risalirono, infine, sui loro destrieri e si diedero ad inseguire i nemici in fuga. La fanteria tenne dietro e così venne conquistato il campo latino.
La Gerarchia
- Il Rex era il comandante supremo dell'esercito romano, che doveva poi scioglierlo alla fine della campagna militare.
- Sotto di lui tre tribuni militum, ciascuno dei quali posto a capo di una delle tre tribù o file di 1.000 fanti.
- Ancora sotto il Rex i tribuni celerum, gli squadroni di cavalleria.
La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange, con la cavalleria ai lati, dette per questo alae.
Prima di iniziare il combattimento si lanciava un potente grido di guerra per intimorire l'avversario, come del resto in tutto il mondo antico, i Romani vi aggiunsero l'uso di battere le spade o le aste contro gli scudi, per spaventare il nemico. Modalità che oggi viene usata dai poliziotti nelle manifestazioni popolari di piazza quando c'è aria di sommossa.
Il combattimento, in tempi monarchici ma pure repubblicani, prevedeva dei duelli tra i "campioni" dei rispettivi schieramenti, in genere tra i guerrieri più nobili, dotati di maggior coraggio e abilità, vedi Orazi e Curiazi. Con l'aumentare della popolazione l'usanza decadde.
Gli opliti della prima fila formavano un "muro di enormi scudi rotondi" parzialmente sovrapposti, in modo che il loro fianco destro venisse protetto dallo scudo del vicino. Sostenevano un addestramento costante. Armati di lancia e spada, difesi da scudo, elmo e corazza o pettorale, ponevano, dietro la prima classe, la seconda, poi la terza classe che chiudeva lo schieramento. Quarta e quinta classe costituivano la fanteria leggera che stava fuori lo schieramento.
Si cercava disperatamente di far cedere lo schieramento opposto, per sfondare nel punto più debole dell'avversario, spezzandogli le fila. Le formazioni più arretrate spingevano la prima fila contro i nemici, finchè una delle due parti subiva lo sfondamento e poi la sconfitta.
A differenza delle successive legioni, tutte di fanteria pesante, le legioni della prima e media età repubblicana consistevano di fanteria sia leggera che pesante. L'esercito manipolare fu pertanto sostituito col successivo "esercito legionario" del tardo periodo repubblicano ed alto imperiale, basato sulle coorti.
L'esercito manipolare si basava parte sulle classi sociali e parte sull'età e sull'esperienza militare, un compromesso teorico tra il precedente modello basato interamente sulle classi e gli eserciti degli anni che ne erano indipendenti.
Legione di Livio durante la guerra latina (340-338 a.c.)
La legione manipolare secondo Livio al tempo della guerra latina era costituita da 5.000 fanti e 300 cavalieri, divisa inoltre in tre schiere:
- la prima era costituita dagli Hastati ("il fiore dei giovani alle prime armi", come narra Livio) in formazione di quindici manipoli (di 60 fanti ciascuno) oltre a 20 fanti armati alla leggera (con lancia o giavellotti, senza scudo), chiamati leves.
- la seconda era formata da armati di età più matura, i Principes, anch'essi in quindici manipoli, con scudo ed armi speciali. Queste prime due schiere (formate da 30 manipoli) erano chiamate antepilani.
- la terza era formata da altri quindici "ordini", ognuno di 3 manipoli (il primo di Triarii, il secondo di Rorarii ed il terzo, di Accensi) di 60 armati ognuno. Ogni ordine aveva 2 vessilliferi e 4 centurioni, per un totale di 186 uomini. I Triari erano veterani di provato valore, i Rorarii, più giovani e meno esperti, ed infine gli Accensi, novellini impreparati. Questa differenziazione dipendeva dall'esperienza dei soldati e dal censo, poichè ogni soldato manteneva il suo equipaggiamento. I più "benestanti" erano i triarii, che potevano permettersi l'equipaggiamento più completo e pesante, mentre gli accensi erano i più poveri.
Legione di Polibio, prima della II guerra punica (218 a.c.)
L'organizzazione legionaria descritta da Polibio nel VI libro delle Storie, riguarda l'inizio della II guerra punica (218-202 a.c.), ma potrebbe pure essere databile alla guerra latina (340-338 a..), o alla III guerra sannitica (298-290 a.c.) o alla guerra contro Pirro e parte della Magna Grecia (280-272 a.c.).
Ogni legione era formata da 4.200 fanti (portati fino a 5.000, in caso di massimo pericolo) e da 300 cavalieri. I fanti erano suddivisi in quattro categorie: i Velites, in numero di 1.200 (tra i più poveri ed i più giovani); gli Hastati, di censo ed età superiori, in numero di 1.200, e i Principes, di età più matura, sempre 1.200.
Questi soldati formavano la seconda linea; ed infine i Triarii, i più anziani, in numero di 600, non aumentabile se la legione fosse stata aumentata da 4.200 fanti a 5.000, mentre le precedenti classi potevano passare da 1.200 a 1.500 fanti. Erano i guerrieri più esperti, scelti tra i migliori della prima classe e dai veterani delle altre, in grado di permettersi una corazza pesante.
Con la riforma manipolare del IV sec. a.c., i cittadini romani erano obbligati a prestare servizio militare, entro i 46 anni, per 16 anni i fanti (o anche 20 in caso di pericolo straordinario). Sono esclusi quelli con un censo inferiore alle 400 dracme.
REPUBBLICA
Quando l'esercito fu diviso in due, probabilmente per l'istituzione dei due consoli, si formarono due legioni, ciascuna con le stesse cariche di quella unica di quella unica, ma con effettivi dimezzati (circa 3.000 fanti distribuiti sempre in 60 centurie).Questa legione combatteva ordinata a falange, con i soldati meglio armati, i principi in prima linea e dietro gli altri. In seguito la falange fu sostituita dalla lotta individuale con la spada con un ordinato impiego delle truppe in successione.
La legione fu allora schierata su tre linee distanziate, la prima di 1.200 astati (i soldati più giovani), la seconda da 1.200 principi (i soldati nel pieno delle forze) e la terza da 600 triari pilani (i soldati più anziani).
Anche l'armamento era cambiato, perché i soldati delle prime due linee oltre che della spada furono dotati di pilidum invece che della pesante asta da urto, che rimase l'arma dei triari. Inoltre, per migliore manovrabilità, ciascuna delle tre linee fu articolata in dieci unità minori, i manipoli ottenuti riunendo tatticamente a due a due le centurie, di 60 uomini delle prime due file e di 30 della terza.
Infine i veliti, che dal punto di vista amministrativo erano ripartiti in ragione di 40 per ogni manipolo, operavano in massa sul fronte dello schieramento, mentre la cavalleria prendeva posizione alle ali.
Sappiamo da Tito Livio che al tempo della guerra latina (340-338 a.c.) si arruolavano normalmente due eserciti composti ciascuno da due legioni di 4.200/5.000 fanti e 300 cavalieri, per un totale complessivo di 16.800/20.000 fanti e 1.200 cavalieri, oltre a un numero pari di truppe alleate di fanteria e tre volte di cavalleria.
Durante la II guerra sannitica, dovendo aumentare i contingenti in armi per far fronte alle esigenze belliche, le legioni furono portate stabilmente a quattro (310 a.c. circa), due per ogni console, che da allora rappresentarono, fino al I sec. a.c., la forza normale di un esercito consolare.
La legione divenne allora l'unità tattica tipo dell'esercito, i cui effettivi normali erano, ancora all'epoca di Polibio, 4.200 fanti, saliti a circa 6.000 al tempo di Mario e quindi di nuovo ridotti a 4.000 o 5.000.
Ai tempi delle guerre pirriche (280 - 275 a.c.) l'esercito romano aveva 4 armate, ciascuna di 2 legioni di cittadini romani e 2 unità (dette Alae, sulle ali dello schieramento) di Socii (alleati italici). Alla metà del III sec. a.c. l'esercito romano era composto da un corpo di occupazione di Sicilia e Taranto (2 legioni di 4.200 fanti e 300 cavalieri ciascuna); due eserciti consolari ( 2 legioni con 5.200 fanti e 300 cavalieri per ciascuna legione) ed un numero di alleati di 30.000 armati (di cui 2.000 cavalieri).
Durante la guerra contro Annibale l'esercito romano arrivò a contare ben 23 legioni tra cittadini romani e Socii (nel 212-211 a.c.), dislocate in Italia, Illirico, Sicilia, Sardegna, Gallia Cisalpina e di fronte alla Macedonia.
In tutto 115.000 fanti e 13.000 cavalieri, a questi occorre aggiungere la piccola squadra degli Scipioni in Spagna, la flotta dello Ionio (di 50 navi) e di Sicilia (di 100 navi).
ACCAMPAMENTI - CASTRA
Dovendo condurre campagne militari sempre più lontane da Roma, i Romani crearono, forse a partire dalle guerre pirriche, un accampamento militare da marcia fortificato, per proteggere le armate romane al suo interno. Infatti i comandanti erano sempre molto attenti all'organizzazione nemica, pronti a cogliere qualsiasi iniziativa potesse migliorare la situazione del combattimento.
« Pirro re dell'Epiro, istituì per primo l'utilizzo di raccogliere l'intero esercito all'interno di una stessa struttura difensiva. I Romani, quindi, che lo avevano sconfitto ai Campi Ausini nei pressi di Malevento, una volta occupato il suo campo militare ed osservata la sua struttura, arrivarono a tracciare con gradualità quel campo che oggi a noi è noto. »
(Sesto Giulio Frontino, Stratagemata, IX, 1.14.)
GLI ACCAMPAMENTI MILITARI
Le aree dove potevano accamparsi i Romani erano molte, considerando che al loro seguito portavano un certo numero d’alleati pari a quello delle legioni (circa 20.000 uomini) e 1.000 cavalieri campani.
Per questo si è ipotizzato che i loro accampamenti potessero essere anche due: uno dei legionari e uno degli alleati.
Era di norma che alla fine d’ogni marcia l'esercito romano fortificasse l'accampamento, disposto secondo regole ben precise.
Il campo aveva uno schema fisso che permetteva a tutti di occupare immediatamente e con calma il posto assegnato, senza confusioni. Ogni reparto sapeva senz'altro ove doveva andare e quale parte di lavoro gli spettava di seguire.
Come ci informa T.Livio (XLIV,39) la fortificazione consisteva in una fossa, di solito a sezione triangolare e di varia larghezza e profondità, rafforzata da una palizzata, vallum, per la quale in certi casi i soldati portavano in marcia essi stessi i pali (valli, stipites ,sudes).
Talvolta il campo poteva non avere la fossa, se era posto su un'altura dai fianchi scoscesi, o avere il vallo di pietra o di pietra e terra. Secondo Polibio il campo è disposto per un esercito consolare normale di due legioni, con il contingente d’alleati (24.000 uomini), ha la forma di un quadrato regolare di 2250 piedi romani (666 m. circa), col fronte rivolto al nemico o nella direzione della marcia.
Talvolta il campo poteva non avere la fossa, se era posto su un'altura dai fianchi scoscesi, o avere il vallo di pietra o di pietra e terra. Secondo Polibio il campo è disposto per un esercito consolare normale di due legioni, con il contingente d’alleati (24.000 uomini), ha la forma di un quadrato regolare di 2250 piedi romani (666 m. circa), col fronte rivolto al nemico o nella direzione della marcia.
Nella scelta del luogo si prediligevano:
- una posizione elevata, che dominasse il terreno circostante, ma che nello stesso tempo, almeno sulla fronte, scendesse dolcemente non rapidamente, in modo che l'esercito potesse marciare in ordine uscendo dal campo;
- la presenza sul luogo dell'acqua, in genere un torrentello o un fiume, come difesa facendolo scorrere nella fossa o semplicemente per l'approvvigionamento:
- l'abbondanza di foraggio per pascolare muli e cavalli;
- l'abbondanza di legname, per costruire l'accampamento e accendere i fuochi;
- la natura del terreno per lo scavo delle fosse.
- una posizione elevata, che dominasse il terreno circostante, ma che nello stesso tempo, almeno sulla fronte, scendesse dolcemente non rapidamente, in modo che l'esercito potesse marciare in ordine uscendo dal campo;
- la presenza sul luogo dell'acqua, in genere un torrentello o un fiume, come difesa facendolo scorrere nella fossa o semplicemente per l'approvvigionamento:
- l'abbondanza di foraggio per pascolare muli e cavalli;
- l'abbondanza di legname, per costruire l'accampamento e accendere i fuochi;
- la natura del terreno per lo scavo delle fosse.
Il campo aveva di solito quattro porte: Pretoriana, Decumana, la Principale sinistra e destra.
All'interno erano disposti il Praetorium, ove sorgeva la tenda del generale , di solito sul punto più elevato del campo, il Forum, il Tribunale, Il Queastorium, le Strigae, i Principia ecc.
Polibio (XXXII) narra che lo schema di un esercito di due legioni era eseguito perfettamente quando entrambi gli schieramenti consolari si trovavano uniti, e i due campi si saldavano con i due lati posteriori in modo da formare un rettangolo.
Strade
Vennero inoltre costruite le strade militari, per migliorare e velocizzare gli spostamenti delle armate, talmente ben costruite, grazie a una meticolosa opera di pavimentazione, che ancora se ne conservano tratti integri, come la famosa Via Appia, la prima strada costruita nel 312 a.c., durante la II guerra sannitica.
Assedii
Nel 250 a.c. l'assedio di Lilibeo rese necessarie tutte le tecniche d'assedio apprese durante le guerre pirriche degli anni 280-275 a.c., tra cui torri d'assedio, arieti, vinea. Dalla I guerra punica, per assediare le città cartaginesi, vennero usate per la prima volta le armi da lancio. Cesare apportò col suo genio modifiche basilari, come il ponte sul Reno costruito in pochi giorni per ben due volte, o la rampa d'assedio costruita durante l'assedio di Avarico, o durante l'assedio di Alesia, le fortificazioni accoppiate su due fronti.
FURIO CAMILLO
Furio Camillo introdusse il nuovo principio della suddivisione secondo l’età e l’istruzione militare.
Per cui la Legione si componeva di tre linee :
- nella I vi erano gli ASTATI cioè i più giovani, anche se meno esperti nell’uso delle armi, per sostenere l'urto nemico;
- nella II vi erano i soldati più maturi, i PRINCIPES già esperti della guerra;
- nella III vi erano i veterani, i TRIARI, militari sceltissimi che intervenivano se le cose si mettevano male.
IL MANIPOLO
"Il manipolo era il fastello di fieno o di erba legato e pendente da un palo sarebbe stata la primitiva insegna della schiera" (Ovidio, Fasti, III) detta appunto manipulus e i suoi soldati Manipulares.Ogni linea era suddivisa in 10 MANIPOLI (quindi 30 Manipoli in tutto).
I Manipoli della I e II linea erano composti da 120 uomini, mentre quelli della III linea erano composti da 60 uomini. Per cui:
1200 uo. nella 1^ linea ;
1200 uo. nella 2^ linea ;
600 uo. nella 3^ linea,
(3000 soldati in tutto)
Il Manipolo venne poi suddiviso in 2 CENTURIE (totale 60 Centurie).
Ad ogni Centuria aveva 20 VELITI, cioè soldati con armamento leggero.
In totale i VELITI erano 1200 (20 veliti per 60 Centurie).
Ogni manipolo era comandato da un Centurione, munito di schinieri (gambali), elmo con la cresta trasversale e bastone di vite, simbolo del comando. Il più importante dei centurioni era il primus pilus (primipilo), scelto tra i soldati più coraggiosi ed esperti, comandante di triarii, uno dei pochi a cavallo durante la marcia.
I sottufficiali erano costituiti da sessanta centurioni, due per manipolo, dei quali il più anziano comandava oltre alla sua centuria l'intero manipolo. Abbastanza presto, per la necessità di avere unità tattiche intermedie tra il manipolo e la legione, si passò dall'ordinamento manipolare a quello in coorti, introdotto già da Scipione (nella battaglia di Becula, 208 a.c.) e adottato definitivamente, pare, da Mario.
Al Legatus era invece affidato il comando generale.
Al suo servizio c'era un tribuno esperto, il Tribuno Laticlavio, di rango senatorio, coadiuvato da altri cinque tribuni, detti Angusticlavi (da angustum, perchè la striscia purpurea sulla tunica indicante il rango equestre era più stretta).
I tribuni militari eletti annualmente, erano 24 (quattordici dei quali con cinque anni di servizio e dieci con dieci anni di servizio), sei per ciascuna delle 4 legioni arruolate e disposte lungo lungo i fronti settentrionali, meridionali e a difesa dell'Urbe.
Gli ufficiali superiori erano i sei tribuni militari, che comandavano insieme tutta la legione, due per volta a turni mensili. I tribuni delle quattro legioni ordinarie erano eletti dal popolo (tribuni militum a populo), mentre quelli delle legioni create in soprannumero erano designati dai consoli.
L'arruolamento delle 4 legioni avveniva con l'estrazione a sorte delle tribù tra i 24 tribuni militari, e quella che era stata via via sorteggiata era chiamata dal singolo tribuno.
In assenza del tribuno laticlavio, il comando era affidato al Prefetto degli Accampamenti (praefectus castrorum). C'era poi l'Optio, uno per centuria, vice del centurione che ne poteva prendere il posto in caso di sua inabilità al comando, il Signifer, che portava l'insegna della centuria, il Cornicen, che si alternava con il Tubicen che trasmetteva col corno o la tuba gli ordini ai sottoreparti.
L'esercito manipolare
I manipoli erano dunque unità di 120 uomini, tutti di una medesima classe di fanteria.
Questi erano dispiegati in tre linee distinte (triplex acies).
La prima linea era composta dagli hastati, la seconda dai principes e la terza dai triarii.
La fanteria al centro, era sempre coperta ai fianchi da unità di cavalleria, un'avanguardia di tiratori davano inizio alla battaglia scagliando dardi o giavellotti sul nemico per poi ritirarsi al sicuro.
La cavalleria si assicurava che i lati rimanessero difesi, e tentavano di aggirare il nemico, mentre la prima linea romana lo impegnava, per colpire alle spalle.
« Quando l'esercito aveva assunto questo schieramento, gli Hastati iniziavano primi fra tutti il combattimento. Se gli Hastati non erano in grado di battere il nemico, retrocedevano a passo lento e i Principes li accoglievano negli intervalli tra loro. I Triarii si mettevano sotto i vessilli, con la gamba sinistra distesa e gli scudi appoggiati sulla spalla e le aste conficcate in terra, con la punta rivolta verso l'alto, quasi fossero una palizzata. Qualora anche i Principes avessero combattuto con scarso successo, si ritiravano dalla prima linea fino ai Triarii. Da qui l'espressione latina "Res ad Triarios rediit" ("essere ridotti ai Triarii"), quando si è in difficoltà. » (Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 9-12.)
I Triarii, dopo aver accolto Hastati e Principes tra le loro file, serravano le file ed in un'unica ininterrotta schiera si gettavano sul nemico.
In formazione da combattimento i leves (sostituiti in seguito dai velites), elementi della quarta classe, erano armati alla leggera con armi da lancio come archi, piccoli giavellotti e fionde. Agivano più che altro come schermagliatori, spesso senza protezione, impiegati come fanteria di disturbo. In genere nell'esercito ve ne erano 300, integrati in ogni manipolo.
Assieme ai triarii, erano disposti anche i rorarii e gli accensi: i primi erano truppe giovani ed inesperte, mal equipaggiate anche perché non potevano permettersi armamenti di buona qualità, impiegati come riserve per eventuali vuoti sul campo di battaglia.
Gli accensi erano ancora più poveri e solitamente, se combattevano, fungevano da supporto con fionde e sassi, spesso impiegati come legati e portamessaggi fra ufficiali.
Questi ultimi due ordini rappresentavano un retaggio della IV e V fila dell'ormai scomparsa falange oplitica.
Triarii, rorarii ed accensi erano articolati in 3 manipoli di 180 uomini l'uno.
Furio Camillo, onde perfezionare la formazione della compatta FALANGE macedone la rese più flessibile flessibile pur mantenendola compatta. Con il dispositivo a scacchiera, infatti, i manipoli della I linea potevano retrocedere sulla II linea senza comprometterne la formazione o la II rinforzare la I serrando in caso di bisogno.
La III linea della Legione (quella dei TRIARI) costituiva invece la riserva dell’unità.
La III linea della Legione (quella dei TRIARI) costituiva invece la riserva dell’unità.
Con la Legione l’Esercito romano riuscì a soddisfare con una sola unità 3 grandi esigenze :
· la Riserva ;
· la combinazione tra la lotta corpo a corpo e la lotta a distanza ;
· la combinazione della difesa con l’offesa.
In tal modo la Legione si organizzava per la battaglia. La Fanteria leggera (i VELITI) iniziava mascherando la manovra delle Legioni e manovrando negli intervalli o alle spalle dei Manipoli, svolgendo quindi un’azione di disturbo e di inganno. La Cavalleria, di dimensioni ridotte, costituiva un rinforzo alla Fanteria oppure era incaricata di inseguire il nemico già sgominato.
L’ordinamento introdotto da Furio Camillo rimase sostanzialmente immutato per lunghi anni.
Cavalleria Legionaria (o Ausiliaria)
Con la riforma manipolare descritta da Livio e da Polibio, la cavalleria tornò a 300 cavalieri, divisi in dieci squadroni, con a capo di ognuno tre comandanti.
Il I ufficiale comandava lo squadrone di 30 uomini, mentre gli altri due erano i decadarchi, e tutti e tre erano chiamati decurioni. In assenza del più alto in grado, gli succedeva il secondo e poi il terzo.
Venne abolita la cavalleria legionaria, sostituita da truppe ausiliarie o alleate, a supporto della legione romana. Essendo la legione formata da fanteria pesante, era indispensabile la cavalleria ausiliaria di supporto. Le legioni erano accompagnate da un numero eguale o superiore di truppe ausiliarie più leggere, reclutate fra i non cittadini dei territori sottomessi, oltre a contingenti di cavalleria alleata.
La Legione
pertanto disponeva complessivamente di :
· 3000 uo. di Fanteria pesante (ASTATI, PRINCIPES e TRIARI);
· 1200 uo. di Fanteria leggera (VELITI);
· 300 uo. di Cavalleria (TORME),
per un complessivo di 4.500 uomini.
- gli ASTATI disponevano di un grande scudo (SCUTUM) di forma semi-cilindrica, alto circa 1,30 m. e largo 0,80 m, coperto di cuoio e bordi rinforzati in ferro, di due aste da lancio che lanciavano da 20 - 30 metri sul nemico prima dell’urto (PILUM) e del GLADIO (arma corta a doppio taglio). Indossavano elmo di metallo, schinieri e pettorale (se potevano permetterselo anche una corazza);
- i PRINCIPES ed i TRIARI erano armati e “corazzati” allo stesso modo, ma invece dei giavellotti portavano lunghe aste (HASTA);
- i VELITI portavano una DAGA, una lancia (giavellotto con punta fine che si deformava all’impatto in modo da non essere riutilizzabile dal nemico) ed uno scudo del diametro di circa 1 metro (PARMA);
- i CAVALIERI non avevano un armamento particolarmente curato. Di norma preferivano combattere a piedi.
La seconda linea, quella dei PRINCIPI era schierata anch’essa in MANIPOLI in corrispondenza dell’intervallo dei manipoli della prima linea. Per completare la formazione a scacchiera, analogamente si schierava la terza linea (i TRIARI).
Tra ciascuna delle 3 linee (ASTATI, PRINCIPES e TRIARI) vi era una distanza di 30 - 40 metri.
GAIO MARIO |
GAIO MARIO (II-I secolo a.c.)
Cessava la distinzione tra hastati, principes e triarii, e nacque la fanteria legionaria, estesa a tutti coloro che avessero cittadinanza romana o latina. Cadde il servizio di leva e l'età per i volontari andò dai 17 ai 46 anni per una durata massima di 16 anni.
La Cavalleria completava l’unità nella misura di un decimo della Fanteria pesante; quindi in una Legione erano inseriti 300 Cavalieri divisi in 10 TORME di 30 uo. ciascuna. Di norma l’aliquota di Cavalleria era suddivisa in due parti (150 + 150 uo.) e dislocata sulle ali della Legione.
Le Coorti
Varianti significative furono introdotte da Mario prima e Cesare poi che introdussero la COORTE, cioè l’insieme di tre Manipoli, uno di ASTATI, uno di PRINCIPES ed uno di TRAIRI che operavano affiancati, (per un totale di 120 + 120 + 60 = 300 uomini).
Le coorti, dieci per ogni legione, ottenute riunendo i tre manipoli d’astati, di principi e di triari, disposti in profondità sulla stessa linea. I manipoli però, come già prima le centurie, rimasero come unità organiche minori. Le coorti erano organizzate in numero di 10 per legione e numerate da I a X.
Le coorti, dieci per ogni legione, ottenute riunendo i tre manipoli d’astati, di principi e di triari, disposti in profondità sulla stessa linea. I manipoli però, come già prima le centurie, rimasero come unità organiche minori. Le coorti erano organizzate in numero di 10 per legione e numerate da I a X.
Ogni coorte era formata da tre manipoli o da sei centurie, con un centurione, un optio, un signifer, un cornicen (che si alternava con un tubicen nello stesso manipolo, ma dell'altra coorte) e 60 legionari, per un totale di 64 armati a centuria, ovvero 384 a coorte.
La “Legione coortale” si schierava ancora su tre linee, ma in modo diverso.
Nella prima linea operavano 4 COORTI mentre nella 2^ e nella 3^ ne venivano schierate 3.
Le Coorti erano disposte a scacchiera ed in ogni Coorte i manipoli erano affiancati.
La legione contava così 3.840 fanti. Furono tutti equipaggiati con il pilum e non più l'hasta, in dotazione ai Triarii. Era inoltre abolita sia la cavalleria legionaria, sia i velites, sostituiti con truppe ausiliarie o alleate, per affrontare le cariche di nemici, come le popolazioni d'oltre Reno (Cimbri e Teutoni), che non sarebbero state gestibili col manipolo di 120 uomini ciascuno.
Le legioni, ora schierate a coorti, venivano disposte solitamente su due linee.
Abolizione veliti e cavalleria
Oltre a ciò, la riforma mariana, rendendo la leva indipendente dalle classi del censo e permettendo l'accesso al servizio militare anche ai proletari, portò all'abolizione dei veliti e della cavalleria legionaria che divenne un corpo di fanteria di linea e non più un'unità delle tre armi.
L'uso di distinguere i legionari fra astati, principi e triari sopravvisse, senza però differenza nell'armamento, che fu uniformato con l'adozione del pilo anche per i triari.
Poiché Mario aveva reso il servizio militare da obbligatorio a volontario, trasformando quello che fino allora era stato un dovere civico in una professione, ne conseguì che le legioni divennero dei corpi permanenti con una tradizione propria.
La consistenza delle Legioni con il tempo arrivò poi a 6.000 uo. (ogni Coorte ne aveva 600 ed il Manipolo 200). Questo tipo di Legione si conservò per tutto il periodo repubblicano ed anche per i primi secoli dell’Impero.
Con la riorganizzazione augustea dell'esercito le legioni, cresciute di numero durante le guerre civili, furono ridotte a 28 (25 dopo la strage di Teutoburgo del 9 d.c.) e anche in seguito, fino a Settimio Severo, di solito non superarono la trentina.
Inoltre, trovavandosi spesso isolate, ritornatono ad essere unità composite, dotate ciascuna di una scorta di cavalleria, d’artiglieria e di contingenti ausiliari, sia a piedi sia a cavallo.
Nel basso Impero la Legione subì ulteriori trasformazioni che la fecero assomigliare sempre più alla falange macedone attenuando quindi quella caratteristica di flessibilità tipica della Legione di Furio Camillo.
Ricordiamo :
Le legioni, ora schierate a coorti, venivano disposte solitamente su due linee.
Abolizione veliti e cavalleria
Oltre a ciò, la riforma mariana, rendendo la leva indipendente dalle classi del censo e permettendo l'accesso al servizio militare anche ai proletari, portò all'abolizione dei veliti e della cavalleria legionaria che divenne un corpo di fanteria di linea e non più un'unità delle tre armi.
FOTO DI OFFICINA ROMANA PARA BELLUM EQUIPAGGIAMENTO DEL LEGIONARIO REPUBBLICANO |
Poiché Mario aveva reso il servizio militare da obbligatorio a volontario, trasformando quello che fino allora era stato un dovere civico in una professione, ne conseguì che le legioni divennero dei corpi permanenti con una tradizione propria.
La consistenza delle Legioni con il tempo arrivò poi a 6.000 uo. (ogni Coorte ne aveva 600 ed il Manipolo 200). Questo tipo di Legione si conservò per tutto il periodo repubblicano ed anche per i primi secoli dell’Impero.
Con la riorganizzazione augustea dell'esercito le legioni, cresciute di numero durante le guerre civili, furono ridotte a 28 (25 dopo la strage di Teutoburgo del 9 d.c.) e anche in seguito, fino a Settimio Severo, di solito non superarono la trentina.
Inoltre, trovavandosi spesso isolate, ritornatono ad essere unità composite, dotate ciascuna di una scorta di cavalleria, d’artiglieria e di contingenti ausiliari, sia a piedi sia a cavallo.
Nel basso Impero la Legione subì ulteriori trasformazioni che la fecero assomigliare sempre più alla falange macedone attenuando quindi quella caratteristica di flessibilità tipica della Legione di Furio Camillo.
Ricordiamo :
- la Legione falangitica di Adriano che davanti alle 10 Coorti schiera una Coorte “miliaria” composta dai 1000 uo. migliori ;
- la falange di Alessandro Severo che vede 6 Legioni serrate l’una all’altra e senza intervalli.Nasceva così un esercito di professionisti mentre i soldati veterani ottennero come pensione assegnazioni di terre nelle colonie e, più tardi, anche della cittadinanza romana. Mario concesse loro anche di dividere il bottino razziato nel corso delle campagne militari.
All'interno delle centurie i legionari formavano gruppi di 8-10 soldati, i contubernium, a capo dei quali veniva posto un decanus (o caput contubernii). Questa nuova unità di 8-10 soldati era molto coesa, montando la tenda al termine di una lunga marcia in territorio nemico, dividendo i pasti e condividendo tutte le fatiche della vita militare.
La fanteria leggera di cittadini, come i velites e gli equites, furono sostituite dalle auxilia, le truppe ausiliarie dell'esercito romano che potevano consistere anche di mercenari stranieri.
GAIO GIULIO CESARE
Fu Gaio Giulio Cesare a rivalutare il corpo della cavalleria, reintroducendo la cavalleria permanente accanto alla fanteria delle legioni ed a quella ausiliaria. Reclutò soprattutto Galli e Germani,posti sotto i decurioni romani, con grado pari a quello dei centurioni legionari.
L'equipaggiamento dei cavalieri era costituito da un sago, una cotta di maglia in ferro, l'elmo e uno scudo rotondo. La sella era di tipo gallico, con quattro pomi, ma senza staffe. I cavalli erano ferrati secondo l'uso gallico. Erano armati di gladio e pilum, o un'asta più pesante detta contus.
Cesare fu il primo a comprendere che la dislocazione permanente (in forti e fortezze), non più semi-stanziali, di una parte delle forze militari repubblicane (legioni e truppe ausiliarie) era il nuovo sistema strategico di difesa lungo i confini del mondo romano. Tale sistema fu ripreso da Ottaviano Augusto, attribuendo le forze armate alle cosiddette province "non pacate".
Cesare apportò col suo genio modifiche basilari, come il ponte sul Reno costruito in pochi giorni per ben due volte, o la rampa d'assedio costruita durante l'assedio di Avarico, o durante l'assedio di Alesia, le fortificazioni accoppiate su due fronti.
Fu sempre Cesare a ideare il Cursus Honorum, per cui nessuno potesse intraprendere la carriera politica senza aver prestato almeno 10 anni di servizio militare. Creò inoltre un cursus honorum per il centurionato, basato sui meriti, per cui a gesti di eroismo, alcuni legionari erano promossi ai primi ordines, dove al vertice si trovava il primus pilus di legione. Oppure un primus pilus veniva promosso a tribunum militum. Il merito permetteva così, anche ai militari di umili origini, di poter accedere all'ordine equestre.
Cesare schierava le linee di difesa secondo l'occasione: su una sola linea, per coprire un fronte molto lungo come nel caso del Bellum Africum durante la guerra civile contro Pompeo; o su tre linee, formazione usuale durante la conquista della Gallia, con la prima linea di 4 coorti, e le restanti due di tre coorti ciascuna. Le coorti lungo la terza linea erano spesso una "riserva tattica" come avvenne contro Ariovisto in Alsazia.
Il Comando della Legione era affidato a turno ad uno dei 6 TRIBUNI che vi erano assegnati. Solo con Cesare si avvertì la necessità di rendere il Comando permanente nella figura del “Legatus Legionis Propretore” nominato dal potere centrale.
Alla morte di Gaio Giulio Cesare c'erano 37 legioni romane in tutto il mondo romano, di cui 6 in Macedonia, 3 in Africa Proconsolare e 10 nelle province orientali. Al termine delle guerre civili tra Marco Antonio ed Ottaviano si contavano 60 legioni.
L'IMPERO
OTTAVIANO AUGUSTO
Ottaviano Augusto modificò la legione, aumentò i suoi effettivi a 5.000 soldati, fanti e cavalieri (120 per legione, comandati da centurioni, non da decurioni), con funzioni di esplorazione, messaggeri o scorta del legatus legionis.
La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reintrodotta da Augusto con uno scudo più piccolo e rotondo (clipeus), abolita poi da Traiano.
La fanteria legionaria era divisa in 10 coorti (di cui nove di 480 armati ciascuna), che al loro interno contavano 3 manipoli oppure 6 centurie.
La riforma della prima coorte previde una coorte milliare di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 manipoli (quindi 10 centurie) di 160 armati ciascuno (pari a 800 legionari), a cui era affidata l'aquila della legione.
Sempre ad Augusto si deve l'introdurre un esercito di professionisti che rimanessero in servizio non meno di 16 anni per i legionari, portati a 20 nel 5 d.c., e 20-25 per le truppe ausiliarie. I veterani potevano restare ancora per diversi anni, in numero di 500 per legione (sotto il comando di un curator veteranorum).
Ogni legione era composta di circa 5.000 cittadini, in prevalenza Italici, soprattutto della Gallia Cisalpina, rispetto ad un 35% di provinciali, muniti anch'essi di cittadinanza romana, per un totale di ca. 140.000 uomini, che si rinnovavano a 12.000 armati all'anno. L'ufficiale a capo della legione divenne ora un membro dell'ordine senatorio con il titolo legatus Augusti legionis. Le legioni erano arruolate fra i circa 4.000.000 di cittadini romani.
Da Augusto in poi ogni legione ebbe un comandante proprio e permanente, il legatus (Augusti) legionis, di rango senatorio, ad eccezione di quelle stanziate in Egitto, che erano poste sotto il comando di praefecti legionis ( prefetto ) di rango equestre.
Agli ordini del legato erano un tribuno laticlavio, di rango senatorio, e cinque tribuni augusti clavi, di rango equestre, il praefectus castrorum, preposto ai servizi del campo (compreso quello sanitario), i centurioni dei vari ordini e numerosi altri sottufficiali e graduati, con particolari mansioni come gli aquiliferi, i signiferi, gli opzioni, ecc.
Costituite al tempo d’Augusto esclusivamente da cittadini romani, quindi per lo più da Italici, col tempo le legioni reclutarono sempre più provinciali, ai quali era concessa la cittadinanza all'atto dell'arruolamento, e al tempo d’Adriano ormai erano quasi interamente reclutate nelle stesse regioni in cui erano stanziate.
Cavalleria
La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reinstaurata da Augusto ma in modo ridotto, con solo 120 cavalieri comandati dai centurionie non da decurioni. Avevano uno scudo più piccolo e rotondo, detto parma o clipeus, come ci racconta Giuseppe Flavio, al tempo della prima guerra giudaica.
Sembra venne abolita dall'imperatore Traiano, ma sicuramente restaurata da Adriano. In questo periodo numerosi reparti di cavalleria ausiliaria (formata da provinciali e alleati, i cosiddetti peregrini), aiutavano la fanteria legionaria di soli cittadini romani.
- Cavalleria pesante: come i catafratti, di origine orientale o sarmata, a partire dai principati di Traiano ed Adriano, con lunga e pesante lancia, (contus), a due mani, lunga 3,65 m, una cotta di metallo che rivestiva cavaliere e cavallo (chiamata lorica squamata, formata da "scaglie" di metallo; o lorica hamata, fatta invece da anelli del diametro di 3-9 mm.
- Cavalleria leggera: come quella numida o maura, con piccolo scudo rotondo (clipeus), una spatha più lunga del gladio, fino a 90 cm, una lancia più leggera di 1,8 m, ed in alcuni casi un'armatura (lorica hamata o squamata);
- Cavalleria sagittaria, come gli arcieri orientali o quelli Traci a cavallo;
- Cavalleria mista, come le coorti equitate.
Genio militare
Macchine d’assedio: Rampa Catapulta Muscolo Balista Onagro Testuggine Pluteo Torre con ponte levatoio.
Venne riorganizzato anche il reparto di tecnici e ingegneri militari per agevolare il cammino delle armate durante le campagne militari o la permanenza negli alloggiamenti estivi (castra aestiva) ed invernali (hiberna).
Si moltiplicarono perciò le strade romane per velocizzare lo schieramento degli eserciti lungo i confini imperiali, alcuni tipi di ponti potevano essere montati e smontati velocemente senza utilizzo di chiodi. Così i legionari, con un equipaggiamento di circa 40 chili (comprendente anche un palo per la palizzata del campo) potevano percorrere nella marcia circa 24 chilometri al giorno (40 quando viaggiavano leggeri).
In altri casi si provvedeva alla costruzione di strade in zone acquitrinose (pontes longi), come in Germania durante la sua occupazione (dal 12 al 9 d.c.).
L'artiglieria romana:
- le baliste (ogni legione ne aveva 55, servite ciascuna da 11 uomini), ossia grandi balestre montate su ruote, che grazie alla torsione delle corde riuscivano a lanciare a molti metri enormi dardi, anche incendiati.
- gli "scorpioni", simili alle precedenti ma molto più piccoli e maneggevoli.
- gli onagri (catapulte chiamate così per il rinculo che producevano durante il lancio), che lanciavano massi ricoperti di pece, cui si appiccava il fuoco, creando una bomba incendiaria, e distruggendo mura ed edifici.
I genieri erano in grado di costruire e schierare potenti armi collettive, come catapulte, onagri (10 per legione, ovvero 1 per coorti), scorpioni e carrobaliste (55 per legione), con funzione tattica simile a quella della attuale artiglieria campale.
Macchine d'assedio: baliste, arieti, torri d'assedio, vinee.
Armi da lancio:
Addetti alle armi da lancio erano i ballistarii, legionari specializzati e privilegiati, chiamati immunes. Erano alle dipendenze di un Magister ballistarius (attestato fin dal II sec.), coadiuvato da un optio ballistariorum ed un certo numero di doctores ballistariorum.
Le gerarchie dell'esercito rimasero quasi le stesse dell'epoca di Gaio Mario e Gaio Giulio Cesare, anche se ora ogni coorte disponeva di un
- vessillifero, vestito con pelle di leone o d'orso, e che serviva per riconoscere le proprie insegne.
- miles (legionario romano),
- gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti): ingegneri, artiglieri, istruttori di armi, i frumentarii (polizia militare), falegnami, medici, custos armorum (custodi d'armi) e alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius), il decanus (a capo di un contubernium di 8 miles);
- gli ufficiali della legione imperiale.
- i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dall'hastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, all'hastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);
- i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, l'hastatus posterior, al princeps posterior, all'hastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus; quest'ultimo poteva accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria;
- un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (attorno ai 20 anni);
- 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (attorno ai 30 anni);
- un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio);
- un praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento);
- un tribunus laticlavius (di solito il primo incarico per un giovane dell'ordine senatoriale);
- un legatus legionis, sempre di rango senatorio, a cui era affidato il comando di una singola legione, normalmente per due o tre anni. Nel caso in cui la provincia fosse stata difesa da una sola legione, il comando della stessa veniva affidato direttamente al governatore, il legatus Augusti pro praetore.
- un praefectus legionis di rango equestre (per la legione della sola provincia d'Egitto; a partire da Settimio Severo anche per le tre legioni partiche, legio I, II e III; a partire da Gallieno sostituisce tutti i legati legionis).
Disposizione tattica
Il modello ideale di disposizione tattica della legione in epoca alto-imperiale è fornito dal racconto di Tacito della vittoria della Legio III Augusta, comandata dal proconsole Furio Camillo, su Tacfarinace nel 17 d.c.
Il proconsole riunì tutte le truppe sotto il suo comando, comprese alcune unità ausiliarie, e mosse battaglia contro il ribelle numida, supportato da unità maure. La legione fu schierata, non sappiamo in quante acies (se singula, duplex o triplex), con le centurie (o i manipoli) al centro dello schieramento (10 coorti di 480 uomini l'una, per un totale di 60 centurie): la prima coorte disposta a partire da destra, in prima fila, e la cavalleria legionaria, i tribuni e il legato Camillo davanti al contingente di cavalleria legionaria collocata immediatamente dietro l'ultimo ordine delle coorti.
A destra e a sinistra dei legionari "le coorti leggere e due ali di cavalleria".
Immediatamente a sinistra e a destra la prima e la seconda coorte di ausiliari, composte ciascuna da 480 uomini, mentre alle parti estreme le due ali di cavalleria ausiliaria (probabilmente numidica), formata ciascuna da 500 cavalieri divisi in 16 turmae.
Il sistema difensivo a cordone adottato da Augusto, con le legioni dislocate lungo i confini dell'impero ma privo di un'adeguata riserva centrale, rese molto complicato il loro spostamento da un settore all'altro, secondo le necessità, senza lasciare tratti di frontiera sguarniti.
Nacque perciò l'usanza e la necessità, dovuta anche al prevalere
dell'arruolamento territoriale e dal sorgere attorno agli accampamenti legionari delle canabe (v. sotto), a mantenere stabilmente le legioni nelle loro basi. Per costituire gli eserciti di campagna si ricorse allora, fin dai primi tempi dell'Impero, all'uso di vessillazioni, vale a dire distaccamenti di varia entità inviati dalle varie legioni.
Di conseguenza la legione si trasformò gradatamente in un corpo locale e contemporaneamente in una riserva di truppe, le cui vessillazioni, distaccate spesso in altre province, finirono con l'acquistare una sempre maggiore autonomia e ad assumere esse stesse il nome di legione.
LE CANABAE
Si dissero canabe i villaggi di baracche che sorgevano presso i campi militari romani e sotto la loro protezione. Erano abitate dai vivandieri, dai mercanti ambulanti e dalle donne. Quando i campi militari con l'Impero divennero in genere permanenti, le baracche divennero case vere e proprie, e i veterani, specialmente quando si cessò dall'assegnare loro terreni, preferirono vivere con le loro famiglie nelle canabae, piuttosto che ritornare ai loro paesi, cos' che potessero continuare a frequentare i compagni d'arme.
Quando Settimio Severo concesse ai soldati di stare con le loro donne nelle canabae se non erano in servizio, si formarono dei nuclei di "veterani et cives romani consistentes ad legionem o in canabis ad l." o ad canabas l. o canabenses l. o cives Romani l., cioè che abitavano nel territorio assegnato a una data legione.
1 - Elmo.Di conseguenza la legione si trasformò gradatamente in un corpo locale e contemporaneamente in una riserva di truppe, le cui vessillazioni, distaccate spesso in altre province, finirono con l'acquistare una sempre maggiore autonomia e ad assumere esse stesse il nome di legione.
LE CANABAE
Si dissero canabe i villaggi di baracche che sorgevano presso i campi militari romani e sotto la loro protezione. Erano abitate dai vivandieri, dai mercanti ambulanti e dalle donne. Quando i campi militari con l'Impero divennero in genere permanenti, le baracche divennero case vere e proprie, e i veterani, specialmente quando si cessò dall'assegnare loro terreni, preferirono vivere con le loro famiglie nelle canabae, piuttosto che ritornare ai loro paesi, cos' che potessero continuare a frequentare i compagni d'arme.
Quando Settimio Severo concesse ai soldati di stare con le loro donne nelle canabae se non erano in servizio, si formarono dei nuclei di "veterani et cives romani consistentes ad legionem o in canabis ad l." o ad canabas l. o canabenses l. o cives Romani l., cioè che abitavano nel territorio assegnato a una data legione.
2 - Cintola - (Cingulum.)
3 - Pugnale - (Pugio.)
4 - Spada - (gladius) e cintura - (balteus.)
5 - borsa.
6 - borraccia.
7 - una ciotola e un piatto.
8 - un piccone, una pala e una zappa.
9 - Giavellotto.
10 - Pilum.
11 - Lorica segmentata.
12 - Mantello Legionario - (sagum.)
13 - borsa per gli effetti personali.
14 - otre di vino o acqua.
15 - scutum.
16 - Caliga.
17 - Furca - strumento atto al trasporto dell'equipaggiamento.
Le canabe si svilupparono poi in vici, mezzo militari e interamente romani, viventi una vita a sé distinta da quella degli abitanti indigeni, con un'organizzazione autonoma, con alla testa due magistri o due citratores, con uno o due aediles e un ordo decurionum.
Il vicus era un aggregato di case e terreni, sia rurale che urbano, appartenente ad un pagus che non aveva alcun diritto civile come il municipium o la colonia romana.
Ogni vicus aveva una sua denominazione tratta dagli abitanti, dagli eventi che vi si erano svolti o dai mestieri che vi si esercitavano. In uno di essi risiedeva il Magister, appartenente al patriziato romano.
I vici potevano essere distinti in: pagani o rustici ( in campagna), castelli (muniti di mura), anteurbani (vicini alle città) o urbani se cittadini.
Il vicus paganus o rusticus era costituito da casolari o abitazioni rurali congiunte fra loro in un pagus, ma separate dalla città. Il vicus urbanus era un vero e proprio quartiere cittadino, organizzato amministrativamente a fini di censimento e caratterizzato dal culto particolare dei Lares compitales e poi dal Genius Augusti. Generalmente i vici non ebbero un'organizzazione politico-amministrativa propria, perché erano inseriti o nell'amministrazione dei pagi rurali o in quelle della città.
Il vicus paganus o rusticus era costituito da casolari o abitazioni rurali congiunte fra loro in un pagus, ma separate dalla città. Il vicus urbanus era un vero e proprio quartiere cittadino, organizzato amministrativamente a fini di censimento e caratterizzato dal culto particolare dei Lares compitales e poi dal Genius Augusti. Generalmente i vici non ebbero un'organizzazione politico-amministrativa propria, perché erano inseriti o nell'amministrazione dei pagi rurali o in quelle della città.
Col tempo molte canabae crebbero così; che sotto Traiano si cominciò a dare a esse un'organizzazione cittadina e specialmente verso la fine del sec. II e agl'inizî del III divennero quasi tutte colonie e municipî, fondendosi anche con vici d'indigeni. Molte città dell'occidente ebbero origini da canabae: p. es. Colonia Agrippinensis(Colonia), Moguntiacum (Magonza), Bonna, Castra Regina (Regensburg), ecc.
TIBERIO
Tiberio dispose che l'acquartieramento delle legioni lungo il limes fosse permanente e accurato, rafforzando i terrapieni con una palizzata in legno, con alloggi più confortevoli, in rari casi costruiti in pietra (come ad Argentoratae e Vindonissa).
CALIGOLA
Caligola creò nel 39, due nuove legioni, per una campagna in Germania Magna, sulle orme di suo padre Germanico e di suo nonno Druso maggiore: XV Primigenia e la XXII Primigenia.
NERONE
Nerone creò una nuova legione nel 66-67, composta da italici tutti di statura molto elevata, a cui venne dato il nome di I Italica, e che lo stesso Nerone ribattezzò “falange di Alessandro Magno”. L'obiettivo della campagna militare consisteva nell'occupare le cosiddette “porte del Caspio” (passo di Darial), sottomettendo il popolo degli Albani e forse degli stessi sarmati Alani più a nord.
GALBA
Galba portò a termine l'arruolamento delle legioni I Adiutrix (i cui effettivi erano costituiti da uomini che avevano prestato servizio nelle flotte italiche di Miseno e Ravenna) e VII Gemina.
VESPASIANO |
VESPASIANO
Un primo esempio lo troviamo nella fortezza legionaria di Inchtuthill in Scozia. Al tempo delle guerre marcomanniche fu l'utilizzo da parte di Marco Aurelio di vexillationes, al fine di comporre un esercito di invasione e poi di occupazione della neo-provincia di Marcomannia, come testimoniano numerose iscrizioni, tra cui quella rinvenuta a Leugaricio, delle legioni I Adiutrix e II Adiutrix.
Vespasiano, al termine della guerra civile e della rivolta dei Batavi, sciolse ben quattro legioni che avevano trascinato nel fango le proprie insegne macchiandosi di disonore (I Germanica, IV Macedonica, XV Primigenia e XVI Gallica) e ne riformò tre nuove (II Adiutrix Pia Fidelis, IV Flavia Felix, e XVI Flavia Firma) dando la possibilità ad alcuni di fare pubblica ammenda.
DOMIZIANO
Il figlio Domiziano creava una nuova legione in vista delle campagne in Germania, nella regione degli agri decumates: la I Minervia.
TRAIANO
Traiano formò due nuove legioni, la prima in vista della conquista della Dacia (la XXX Ulpia Victrix, il cui numerale indicava che in quel momento vi erano esattamente 30 unità legionarie), la seconda prima delle campagne partiche (la II Traiana Fortis).
MARCO AURELIO
Marco Aurelio formò attorno al 165-166 due nuove legioni, la II e III Italica.
SETTIMIO SEVERO
Settimio Severo creò la prima forma di autocrazia militare, togliendo potere al Senato dopo averne messo a morte numerosi membri. Sebbene la struttura base della legione continuò ad essere quella della riforma augustea, il numero delle legioni venne aumentato a 33, con la creazione delle legioni I, II e III Parthica.
Egli favorì i legionari:
- aumentando loro la paga,
- distribuendo donativa al termine di ogni campagna militare.
- Inoltre aumentò il numero delle legioni romane a 33, con la costituzione di ben tre unità, in vista delle campagne partiche: la legio I, II e III Parthica. Venne posta una legione di riserva in prossimità di Roma, nei Castra Albana, dove fu alloggiata la II Parthica. L'esercito ora poteva contare su 400.000 armati complessivamente. Un numero esiguo per 9.000 km di confine, e per difendere i 70 milioni di abitanti dell'Impero.
CARACALLA |
CARACALLA
concesse loro:
- un ulteriore aumento della paga del 50%;
- concesse loro il diritto di sposarsi durante il servizio militare,
- permise loro di abitare con la propria famiglia, non lontano dalle fortezze legionarie (canabae), di fatto introducendo una maggior "regionalizzazione" delle legioni, che in questo modo si legarono non solo al loro comandante, ma anche al territorio;
- aumentando il reclutamento di provinciali, tanto che, una volta entrato a Roma sostituì gli effettivi delle coorti pretorie (ora raddoppiati) con soldati scelti delle legioni pannoniche, per punire coloro che si erano in precedenza schierati contro di lui durante la guerra civile;
- favorendo la nomina di comandanti dell'ordine equestre nelle legioni di sua fondazione (I, II e III Phartica),
- ponendo a capo delle stesse non un legatus legionis, bensì un praefectus legionis,
ALESSANDRO SEVERO
aumentò il ricorso sempre più frequente ad unità ausiliarie di arcieri montati (tra osroeni, palmireni ed emesiani), integrati nei numeri di cavalieri dalmati e mauri, operativi già nel II secolo; oltre a cavalieri in particolar modo quelli corazzati (i cosiddetti catafrattari, clibanarii), reclutati sia in Oriente, sia tra i Sarmati, ma anche di quelli "leggeri" provenienti dalla Mauretania.
A lui si deve un crescente utilizzo presso tutte le fortezze del limes di nuovi modelli di catapulte (ballistae, onagri e scorpiones), al fine di tenere impegnato il nemico fino all'accorrere delle "riserve strategiche" (concetto iniziato con Settimio Severo, sviluppato da Gallieno, Diocleziano e Costantino I.
Ad Alessandro Severo risalirebbe un'importante modifica tattica, come il ritorno allo schieramento falangitico di più legioni contemporaneamente, fino a costituire una massa d'urto di 6 legioni complessive (per un totale di 30.000 armati), fianco a fianco, senza alcun intervallo tra loro.
MASSIMINO IL TRACE
promosse la barbarizzazione dell'esercito romano, essendo lo stesso Imperatore nato senza la cittadinanza romana, ed aumentò l'importanza della cavalleria di origine germanica e catafratta sarmatica, arruolata dopo aver battuto queste popolazioni durante le guerre del 235-238.
L'aumento degli effettivi della cavalleria, non solo andava ad accentuare la caratteristica di maggior mobilità dell'esercito romano, come "riserva strategica" interna (insieme alla legio II Parthica, formata imn precedenza da Settimio Severo), ma anche quella di tradursi in un esercito meno di "confine o sbarramento". Di fatto la cavalleria andava a costituire una sorta di "nuova riserva strategica" collocata nelle retrovie, in aggiunta alla legio II Parthica.
L'aumento degli effettivi della cavalleria, non solo andava ad accentuare la caratteristica di maggior mobilità dell'esercito romano, come "riserva strategica" interna (insieme alla legio II Parthica, formata imn precedenza da Settimio Severo), ma anche quella di tradursi in un esercito meno di "confine o sbarramento". Di fatto la cavalleria andava a costituire una sorta di "nuova riserva strategica" collocata nelle retrovie, in aggiunta alla legio II Parthica.
GALLIENO |
GALLIENO
- abolì le cariche senatoria nell'esercito romano e, di conseguenza, anche all'interno della legione stessa (le cariche di tribunus laticlavius e legatus legionis scomparvero),la gerarchia subì una parziale modifica almeno nella parte concernente l'alto comando. Questo eliminò definitivamente ogni legame tra le legioni e l'Italia, poiché i nuovi comandanti, spesso militari di carriera partiti dai gradi più bassi e arrivati a quelli più alti, erano interessati solo al proprio tornaconto o al massimo agli interessi della provincia d'origine, ma non a Roma.
- aumentò il contingente di cavalleria interno alla legione, portandolo da 120 cavalieri a 726 (pari a 22 turmae), La nuova unità di cavalleria risultava divisa tra le dieci coorti legionarie, dove alla prima coorte erano affiancati 132 cavalieri (4 turmae), mentre alle altre nove 66 ciascuna (2 turmae per ciascune delle nove coorti). Questo incremento della cavalleria fu dovuto proprio alla necessità di avere un esercito sempre più "mobile" e versatile nel corso del III secolo, come conseguenza delle continue invasioni, sia da parte dei barbari lungo i confini settentrionali, sia alla crescente minaccia dei Parti Arsacidi e poi dei Sasanidi.
- rafforzò le vexillationes equitum, i reparti mobili a cavallo, in particolare svincolando la cavalleria dal controllo dei governatori provinciali e collocandola in alcuni centri strategici come Mediolanum (Milano). Gli Equites promoti (con base a Milano) formati da unità reclutate nell'Illirico (dalmatae), in Nord Africa (mauri) e in aggiunta da forze d'elite (scutarii), sempre svincolati dalla legione, come forza d’emergenza nel caso di invasione. Queste forze insieme erano definite Equites illyriciani o vexillatio. L’importanza di questa nuova organizzazione crebbe a tal punto che chi guidava queste unità di cavalleria poteva aspirare perfino a proclamarsi imperatore (si pensi a Claudio il Gotico e Aureliano).
- abrogò l'accesso dei senatori alla legazione di legione.
DIOCLEZIANO |
DIOCLEZIANO
Lo sfondamento ripetuto di tutte le frontiere romane, eredità della crisi del III secolo, costrinse Diocleziano a creare un nuovo modello di difesa passando comando imperiale unico a quello di quattro imperatori: la tetrarchia.
Di conseguenza occorsero nuove e numerose legioni da porre lungo i confini imperiali, con notevole incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i 450.000/500.000 uomini.
Si rese così necessaria una ulteriore tassazione del cittadino romano ed una miglior distribuzione della circolazione monetaria per meglio rifornire le truppe alloggiate e distribuite a guardia dei confini provinciali.
Con Diocleziano si ebbe la suddivisione delle truppe in unità di frontiera (ripariensi, più tardi limitanei) e in unità mobili all'interno del territorio dell'Impero; fra queste ultime erano le legioni palatine, della guardia di palazzo, quelle comitatensi del seguito dell'imperatore, e quelle pseudocomitatensi, probabilmente con funzioni di presidio, ma sottoposte ai comandanti delle truppe mobili.
Cavalleria legionaria (e ausiliaria)
La cavalleria legionaria di questo periodo appare divisa ancora in turmae e guidata da decurioni. In battaglia, il decurione era affiancato dal draconarius, portatore dell'insegna del draco (simbolo di nuova introduzione per le coorti e le unità di cavalleria, di derivazione dacico-sarmatica), e seguito da un calo (lo schiavo del decurione che montava il suo cavallo di riserva).
Le prime unità di catafratti erano state create da Adriano. Poi si cominciò a fare ricorso ad unità di contarii, truppe armate di contus, con stile di combattimento fondato sulla carica diretta. Già all'inizio del 69 unità sarmatiche erano state assoldate per presidiare la frontiera in Mesia, anche se tali truppe erano facilmente corruttibili. Una delle prime unità di contarii fu l'Ala I Ulpia contariorum militaria, di stanza nella vicina Pannonia inferiore, costituita successivamente alla campagna dacica di Traiano. Questi cavalieri non avevano elmo o armatura, ma erano muniti solo di lancia.
Il resto del corpo di truppa, degli ufficiali e sotto-ufficiali rimase pressoché invariato:
- il semplice miles (legionario romano);
- gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti):
- ingegneri,
- artiglieri,
- istruttori di armi,
- frumentarii (polizia militare),
- falegnami,
- medici,
- custos armorum (custodi d'armi)
- alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius);
- sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice): il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius
- duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice): l'optio, l'aquilifer, il signifer, l'imaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius ed il campidoctor.
- i 22 decurioni, uno per turma, della riforma di Gallieno (o degli Imperatori illirici).
- i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dall'hastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, all'hastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);
- i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, l'hastatus posterior, al princeps posterior, all'hastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus; quest'ultimo poteva poi accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria; un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (di età attorno ai 20 anni);
- i 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (di età attorno ai 30 anni);
- un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio);
- un praefectus legionis di rango equestre, identificabile con il "vecchio" praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento).
Il ricorso alle vessillazioni si era fatto sempre più frequente. Armamento tipico di legionario operante nelle province settentrionali intorno al 275 circa. Il soldato indossa un cassis imperiale italico con rinforzo incrociato sul coppo, una lorica hamata con un focale al collo per evitare le abrasioni, un balteo cui sono appesi il gladio e il pugio, mentre nella mano destra regge un pilum pesante. Nella sinistra reca un clipeo ovaliforme. Indossa pantaloni, tunica a maniche a tubo e scarponi, essenziali per operare nei climi freddi del limes renano.
TARDO IMPERO
Dalla riforma di Diocleziano al consolidamento del potere costantiniano (285-324) [ I tetrarchi (Basilica di San Marco a Venezia) Le 4 parti e le 12 diocesi nella nuova divisione tetrarchica dell'impero romano voluta da Diocleziano attorno al 300.
Il nuovo imperatore dispose, prima di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal 285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari), compiendo così una prima vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto. Questa forma di governo a quattro, se da un lato non fu così felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestività i pericoli esterni al mondo romano.
La presenza di due Augusti e due Cesari aiutava la rapidità dell'intervento armato e riduceva i richi del lasciare una nazione senza imperatore. Diocleziano creò una gerarchia militare sin dalle più alte cariche statali, quelle dei "quattro" Imperatori, dove il più alto in grado era l'Augusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto Herculio (protetto da un semidio, Ercole), e poi i due Cesari, ovvero i "successori designati".
Era sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di difesa dei confini, in quanto ogni tetrarca curava un settore con sede amministrativa vicino alle frontiere che doveva controllare (Augusta Treverorum e Mediolanum-Aquileia in Occidente; Sirmium e Nicomedia in Oriente).
Diocleziano riorganizzò l'esercito, trasformando la "riserva mobile" introdotta da Gallieno (di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile", il comitatus, distinto dalle forze poste ai confini, probabilmente costituito da due vexillationes (Promoti e Comites) e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii).
La legione
L'unico cambiamento dalla vecchia legione fu il costante invio di vexillationes (di 1.000-2.000 legionari) da parte della "legione madre" (attraverso la suddivisione di unità precedenti) che, sempre più spesso, non fecero più ritorno.
La legione però rimaneva ancora legata al territorio di appartenenza, passando però dai 6.000 componenti dell'età alto-imperiale, ai 5.000 dell'età dioclezianea e ai 3.000 di quella valentiniana.
Ciò fu dovuto al prolungarsi di numerose guerre lungo i fronti; alla guerra civile che nel 324 pose fine alla tetrarchia, con avvicendamenti di augusti e cesari nelle varie parti dell'impero, impedendo spesso il ritorno di queste vexillationes migrate spesso molto lontano dalle fortezze originarie.
Diocleziano trasformò la "riserva strategica mobile" introdotta da Gallieno (di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus, costituito da due vexillationes di cavalleria (tra Promoti e Comites), e tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), oltre alle forze di cavalleria (vexillationes), che al tempo di Gallieno ne costituirono l'intera riserva mobile.
La tattica
Lo Strategikon, prontuario di guerra attribuito all'imperatore bizantino Maurizio, suggeriva di comporre una formazione da battaglia con almeno quattro ordini, ma sembra che di solito fossero di più.
Arriano riferisce la disposizione in otto ordini:
i primi quattro con uomini armati di hasta; tra questi gli uomini assegnati al primo rango protendevano in avanti le aste, a mo' di falange, mentre nel secondo, terzo e quarto rango i compagni nelle retrovie usavano le armi da lancio (dardi e giavellotti), e una volta scagliate, riprendevano in mano le lunghe lance e le spade per farsi sotto il nemico.
I successivi quattro ordini invece dovevano essere armati di lancea (giavellotti), da lanciare sul nemico. Un nono ordine era formato da arcieri barbari.
Vegezio inoltre prescriveva che tra un soldato e l'altro nella fila successiva ci fossero sei piedi (1,77 m) di distanza (un soldato occupava 3 piedi di spazio, corrispondenti a 88 cm).
Avvicinandosi al nemico le truppe serravano i ranghi, dalla retroguardia alle file più avanzate, onde evitare sfasamenti nella linea di schieramento. Il ruolo tattico della cavalleria fu ancora subalterno alla fanteria, conruoli di schermaglia contro la cavalleria nemica, oper missioni esplorative o azioni di disturbo.
Asclepiodoto informa ( I sec. a.c.) che la cavalleria poteva assumere varie formazioni: quadrate, a losanga, allungate, a cuneo. Occorreva però che non fosse sviluppata molto in profondità per evitare di creare il panico trai cavalli nel caso in cui questi si sovrapponessero gli uni agli altri in una formazione troppo affastellata.
COSTANTINO |
COSTANTINO
Dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324, Costantino I avviò una nuova riforma dell'esercito romano. Suddivise l'"esercito mobile" in "centrale" (unità palatinae) e "periferico" (unità comitatenses), continuando ad espandere la componente mobile, a vantaggio di quella di frontiera.
La vastità dell'Impero costrinse Costantino I a dover creare altri eserciti mobili, dislocati in varie regioni, al comando dei propri figli: Crispo, Costante, Costanzo e Costantino.
Per distinguere l'esercito comitatensis regionale da quello sotto il diretto controllo dell'imperatore, quest'ultimo prese il titolo di praesentalis. Questo esercito "mobile" era a sua volta diviso nelle seguenti sotto-unità, differenziate tra loro per rango gerarchico: unità Palatinae (di palazzo o praesentalis), che rappresentavano l'élite dell'esercito romano, e che facevano parte dell'armata sotto il diretto controllo dell'Imperatore (nell'evoluzione successiva, affidato al Magister militum praesentalis) a loro volta suddivise in: Legiones palatinae, ovvero i reparti di fanteria pesante dell'esercito mobile praesentalis; Auxilia palatina ovvero la fanteria leggera dell'esercito mobile praesentalis.
Vexillatione Palatine
Erano la cavalleria dell'esercito mobile praesentalis; unità Comitatenses vere e proprie, che rappresentavano le unità "mobili regionali" a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte"), a loro volta suddivise in: Legiones comitatenses, ovvero la fanteria pesante dell'esercito mobile non-praesentalis
Vexillationes comitatenses
erano la cavalleria dell'esercito mobile non-praesentalis; unità Pseudocomitatenses, che rappresentavano quelle unità di frontiera (limitanei) distaccate presso l'esercito campale (comitatus) in occasione di particolari campagne militari, e che spesso rimasero a far parte dell'esercito "mobile" in modo permanente.
Esse potevano essere solo di un tipo: Legiones pseudocomitatenses, ovvero unità "prestate" dalle frontiere imperiali, all'esercito "mobile"; l'esercito "lungo le frontiere" (limes), ovvero dei Limitanei e/o Riparienses (quest'ultimi erano soldati, posti a protezione delle frontiere fluviali di Reno, Danubio ed Eufrate), unità "fisse" di frontiera aventi compiti principalmente difensivi e costituenti il primo ostacolo contro le invasioni esterne.
Erano a loro volta suddivise in:
- legiones limitaneae, ovvero la fanteria pesante dell'esercito stabile lungo le frontiere (formate da 1.200 fino a 5.000 armati ciascuna; normalmente quelle in Occidente erano di consistenza inferiore, rispetto a quelle della parte orientale);
- Auxilia (o auxiliares o auxilium), di dimensioni e qualità inferiori rispetto alle legiones di limitanei;
- Milites o Numeri, i primi rappresentavano forse dei distaccamenti di altre unità, mentre i secondi, erano unità di dimensioni sempre più ridotte e di formazione "indigena";
- Equites e Cunei, erano invece reparti di cavalleria limitanea;
- Alae e Cohortes forse i residui di vecchie unità alto-imperiali.
Equipaggiamento legionario bizantino
2 - frombolieri.
3 - arcieri.
4 - artiglieria.
5 - scudo da braccio
6 - Elmi bizantini.
7 - Armatura.
8 - plyumbatum.
9 - verutum.
10 - lancia.
11 - arco.
12 -
13 - freccia.
14 - spada.
15 - plyumbatum corto.
16 - barditsium.
17 - ascia da battaglia.
18 - parastinchi
I barbari
Si rese necessario un crescente reclutamento obbligatorio dei barbari (chiamati laeti), già inquadrati nei numeri sin dall'epoca di Marco Aurelio, stanziati all'interno dell'Impero con l'obbiettivo di ripopolare alcuni territori abbandonati o falcidiati dalle pestilenze. In virtù della ereditarietà dei mestieri decisa da Diocleziano, si impose ai figli di ex militari la ferma obbligatoria, anche se però questi godevano di privilegi dovuti alla carriera dei propri padri.
Le legioni, ciascuna di circa 1.000 uomini e costituita da sola fanteria, poiché la cavalleria legionaria, già abolita una prima volta da Gallieno, era stata definitivamente soppressa da Costantino, erano comandate da tribuni (sia i legati sia i praefecti legionis di rango equestre, che li avevano sostituiti dal tempo di Gallieno, erano oramai scomparsi). Circa 175 all'inizio del V sec. e ancora composte generalmente da cittadini romani, persero gradatamente gran parte della loro importanza di fronte al prevalere delle truppe barbariche, più bellicose.
La nuova religione cristiana, diffondendosi in parte spontaneamente e in parte per obbligo imperiale, aborriva la guerra e l'uccisione dei nemici, pertanto i romani iniziarono a disertare l'esercito e l'amor di patria come ideale crollò, ma siccome i confini andavano difesi, si ricorse sempre di più ai barbari. Questi risultavano si molto più belicosi dei romani cristianizzati, ma privi di quella razionalità e organizzazione che aveva fatto di Roma il più grande impero del mondo.
Con il passare dei secoli l'ingresso nell'impero di gruppi barbari fu visto come l'occasione per acquisire nuove reclute. L'esercito, quindi, svolse un grande ruolo nella romanizzazione dei barbari garantendo una integrazione talmente forte da consentire di intraprendere la stessa carriera dei colleghi romani. La politica di integrazione perseguita tra il III e il IV secolo rese inutile a partire dal regno di Costantino I un documento che concedesse formalmente la cittadinanza ai veterani barbari poiché questi si erano già integrati e romanizzati.
Contemporaneamente questi distaccamenti, chiamati in epoca alto imperiale vexillationes, divennero essi stessi delle unità indipendenti legionarie. È vero anche che se buona parte di queste legioni "nacquero" da questo scorporo, altre furono create ex novo, da reparti specifici dell'esercito romano (es. i Ballistari, quali reparti di artiglieria) o da vecchie unità ausiliarie (es. i Germaniciani).
Quattro tipologie di legioni che si trasformarono gradualmente da unità di 5.000 armati, a unità ridotte fino a 800/1.200 armati circa; continuavano a costituire il nerbo dell'esercito romano, costituite da fanteria pesante. Erano:
- la legio palatina, appartenente all'esercito mobile praesentalis che dipendeva direttamente dall'imperatore;
- la legio comitatensis, facente parte di quelle unità "mobili regionali" a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte");
- la legio pseudocomitatensis, unità "prestate" dalle frontiere imperiali all'esercito "mobile";
- la legio limitanea, facente parte di quelle unità poste a difesa "lungo le frontiere" dei Limitanei e/o dei Riparienses.
Le legioni, infatti, risultavano meno flessibili ed erano dotate di un'organizzazione migliore rispetto a quella delle auxilia, oltre ad essere armate in modo "più pesante".
Vexillationes
Con la riforma costantiniana post 324, i reparti di cavalleria legionaria vennero aboliti a vantaggio di nuove unità di cavalleria specializzata, le vexillationes, unità utilizzate all'interno del comitatus.
Le vessillazioni in quest'epoca designavano, non più i distaccamenti legionari alto imperiali, ma reparti di sola cavalleria. Le vexillationes equitum andarono incontro a un progressivo consolidamento nell'organico e nel numero di distaccamenti, tanto da far pensare all'assegnazione di una nuova funzione strategica alle unità di cavalleria. Con la riforma di Costantino e dei suoi figli, le vessillazioni divennero unità alla base dell'organizzazione delle forze montate: le vexillationes palatinae e quelle comitatentes erano nominalmente formate da 300 o 600 uomini. La Notitia dignitatum elenca in quest'epoca ben 88 vessillazioni.
La cavalleria poteva essere leggera o pesante a seconda dell'armamento o della pesantezza dell'armatura. Esistevano gli equites sagittarii, arcieri a cavallo di derivazione orientale, partica o barbarica, la cavalleria leggera d'avanguardia (mauri, dalmatae, cetrati), e la cavalleria pesante dei catafractarii attrezzati di lance e muniti di pesanti armature squamate e o di lorica manica, di derivazione sarmatica, partica o palmirena.[208] Soprattutto in Oriente, se si registra la presenza di ben 19 unità di catafratti secondo la Notitia Dignitatum, una delle quali era una schola, reggimento di guardie a cavallo imperiale. Tutte queste unità, tranne due, appartenneo al Comitatus, con una minoranza tra i Comitatensi palatini, mentre ci fu solo un'unità militare di arcieri catafratti.
I corpi di cavalleria erano integrati tanto nelle legioni comitatensi, quanto in quelle limitanee, eredi o delle vecchie alae di cavalleria ausiliaria o degli equites illyriciani o dei clibanarii già operanti in epoca alto-imperiale. « Venivano in ordine sparso i corazzieri a cavallo, chiamati di solito "clibanari", i quali erano forniti di visiere e rivestiti di piastre sul torace. Fasce di ferro avvolgevano le loro membra tanto che si sarebbero creduti statue scolpite da Prassitele, non uomini. Erano coperti da sottili lamine di ferro disposte per tutte le membra ed adatte ai movimenti del corpo, di modo che qualsiasi movimento fossero costretti a compiere, la corazzatura si piegasse per effetto delle giunture ben connesse. » (Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XVI, 10, 8)
Unità d'elite erano le scholae, istituite all'inizio del IV secolo per opera di Costantino I a seguito dello scioglimento dell'antica Guardia pretoriana, e divise tra gentiles e scutarii. Ogni schola era comandata inizialmente da un tribuno, poi successivamente al V secolo da un comes scholarorum, che aveva sotto il suo diretto commando un certo numero di ufficiali anziani detti domestici o protectores. Se all'inizio de IV secolo erano elencate tre unità, nel V secolo la Notitia dignitatum elenca sette scholae nella parte orientale dell'Impero e cinque in quella occidentale.
VALENTINIANO
Nel 365, il nuovo imperatore Valentiniano I (Augustus senior presso Mediolanum), spartì con il fratello minore Valente (Augustus iunior presso Costantinopoli) tutte le unità militari dell'Impero (comprese quindi le legiones), le quali furono attribuite all'uno o all'altro in parti uguali (quelle di 1.000 armati) oppure divise in due metà (quelle con un numero di legionari ancora di consistenza superiore ai 2.000 armati) dette rispettivamente "senior" (assegnate a Valentiniano I) e "iunior" (assegnate a Valente)
Se al vertice di una delle armate, almeno fino a Onorio e Arcadio, si collocava l'imperatore in persona (il quale poteva delegare gli altri eserciti ad Augusti e Cesari), ai grandi immediatamente inferiori erano preposti i magistri militum, tutti comites rei militaris in quanto parte dell'entourage imperiale. Essi erano: il Magister militum praesentalis a capo della cavalleria; il Magister militum praesentalis a capo della fanteria. Sotto di loro i magistri militum regionali, per la cavalleria e per la fanteria. Alle dipendenze di questi ultimi vi erano i comites, i conti, distinti da quelli suindicati per essere assegnati al comando di regioni secondarie o considerate più sicure.
Ai gradi immediatamente inferiori i duces, distribuiti uno per ogni provincia (a cui erano affidate truppe di limitanei, comprendenti anche le legiones limitanae),e sottoposti all'autorità del comes territoriale. Il prepositus, invece, poteva apparire alle dipendenze del dux, oppure poteva identificare un grado di comandante di cavalleria o di una specifica unità di appiedati. Sopravvivono in quest'epoca infine, per i quadri dell'esercito, i tribuni, agli ordini di un prefetto e divisi in due grandi categorie: comandanti di unità e comandanti superiori. Altri potevano essere addetti a svariate altre funzioni (dalla fabbricazione delle armi, al comando di unità della flotta ecc).
Con la fine della guerra civile (nel 324) e la dinastia costantiniana le "vecchie" vexillationes legionarie vennero trasformate in nuove legioni indipendenti dalla legione "madre", riducendo il numero di armati fino a 1.200 uomini (come risulta da alcuni passi di Ammiano Marcellino, a proposito della battaglia di Strasburgo del 357 e di Amida del 359, e in Zosimo).
San Gerolamo in un passo aiuta a ricostruire quella che doveva essere la gerarchia per gli ufficiali subalterni in quest'epoca. Essa doveva prevedere: il primicerius, addetto alla compilazione delle liste delle unità; il senator; il ducenarius, probabilmente al comando di due centurie o di un manipolo; i centenarii, corrispondente al vecchio centurione, e divisi in: protectores, inseriti negli eserciti provinciali, grado conferito precedentemente anche ai componenti della guardia imperiale; ordinarii, a capo dei primi ordines; ordinati.
Per quanto riguarda la truppa, se facciamo riferimento alla gerarchia gerolamiana, troviamo nell'ordine il biarchus, il circitor, l'eques (il cavaliere) e il tiro. A questa economia vanno aggiunti il pedes, il fante, e il semissalis, collocato tra il cavaliere e il circitor.
Va ricordato che a ciascun grado più alto, pur trattandosi di soldati, corrispondeva una paga più alta. Di conseguenza avremmo trovato: il biarchus, forse come il circitor un decurione o un ufficiale inferiore; il circitor; il semissalis (che riceveva una paga e mezza, pur svolgendo analoghe funzioni di un soldato); l'eques, di norma superiore al fante; il pes, il soldato appiedato; il tiro, la recluta.
Le legioni stanziate lungo il limes in quest'epoca hanno ormai assunto una connotazione e un ruolo strategico dissimile dalle altre truppe stanziate più in profondità e distribuite presso le città, qui dislocate a causa delle difficoltà logistiche incontrate nei rifornimenti delle truppe.
La loro posizione andò conferendo a queste forze di frontiera, definite limitanei o ripenses se poste a guardia dei confini fluviali, un ruolo di salvaguardia o di controllo del limes, rispetto alle truppe "mobili", quelle dei comitatensi (comitatensi e limitanei potevano essere reclutati tra cittadini e peregrini). Limitanei e comitatensi non vanno necessariamente vincolati gli uni e gli altri ai ruoli di forza "d'attrito" stativa e di forza mobile più flessibile. Una tale distinzione può anche essere suggerita a motivo della differente collocazione geografica (i limitanei più vicini ai confini e il comitatus dislocato presso le fortezze interne), ma in realtà non esiste alcuna certezza che fossero preposti al ruolo, i primi, di forza di contenimento, e, i secondi, alla funzione di "riserva strategica" o "forza mobile". Inoltre i limitanei (il cui termine inizia a designare le forze di frontiera solo alla fine del IV secolo) iniziano ad essere impiegati sensibilmente più tardi rispetto al comitatus, già esistente prima dell'avvento di Diocleziano.
È nota l'accusa di Zosimo rivolta a Costantino, e replicata dall'anonimo autore del De rebus bellicis attorno al 370, di aver minato la difesa delle frontiere allo scopo di istituire forze dinamiche di intervento, tradendo il progetto dioclezianeo del presidio dei confini. « Costantino distrusse quella sicurezza rimuovendo gran parte dei soldati dalle frontiere e insediandoli nelle città che non avevano alcun bisogno di aiuto. In tal modo privò della protezione le popolazioni molestate dai barbari e, contemporaneamente, lasciò le città, non vessate da loro, in balia della violenza dei soldati, così da renderle deserte in gran numero. » (Zosimo, Storia Nuova, II, 34)
La scelta di Costantino fu dettata principalmente dalla maggiore facilità di approvvigionamento per le truppe vicine ai centri cittadini (pur comportando tale iniziativa ovvi problemi di ordine pubblico e di abusi da parte dei militari). Diocleziano aveva scelto di rafforzare le difese, di costruire nuovi forti, anche se dotandoli di una quantità di truppe di difesa inferiore rispetto al periodo precedente. Ogni provincia era dotata di due legioni, due vexillationes di cavalleria (ognuna di 500 uomini) per un totale di 4.000 soldati circa.
Costantino, all'opposto, con le forze prelevate dalle frontiere trasformò il comitatus, comandato da magistri militum provinciali, che divenne la principale massa di manovra dell'esercito. A questo si affiancava la forza limitanea, sottoposta al controllo dei duces. Con Costantino il controllo dell'esercito era definitivamente sottratto ai governatori, ormai ridotti al ruolo esclusivo di amministratori e giudici. Sotto Costantino si ebbe, ancora una volta, la necessità di creare nuove legioni da porre lungo i confini imperiali, portando inevitabilmente ad un incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i 600.000 uomini.
LEGIONE e ARRUOLAMENTO SECONDO
- I Flavia Gallicana Constantia -arruolate da Costanzo Cloro o Costantino I - anni 305/306 o 306/312
- Lugdunensis I, Flavia Martis I, Flavia Pacis - arruolate da Costanzo Cloro o Costantino I - anni 305/306 o 306/312
- Lugdunensis III e Belgica I II, Flavia Constantiniana - arruolate da Costantino I - anni 312/324
- Tingitana I, Flavia Gemina - arruolate da Costantino I - anni 324/335
- Tracia II, Flavia Gemina - arruolate da Costantino I - anni 324/335
- Tracia I, Flavia Constantia II, Flavia Constantia III, Flavia Salutis - arruolate da Costanzo II - anni 337/350
- Oriente II, Flavia Virtutis - arruolate da Costante I - anni 337/350 (destinazione Africa)
La Notitia Dignitatum fonisce, infine, un quadro più o meno completo, anche se in gran parte anteriore alle grandi invasioni ed ai regni romano-barbarici, della struttura delle province e delle unità militari.
Dal documento emerge una certa frammentazione, un quadro di apparente indebolimento delle vecchie legioni, con unità prive di un organico completo, anche se del tutto regolari e pienamente inserite all'interno di un preciso organigramma.
L'aspirazione ad entrare nella milizia limitanea era, generalmente, più diffusa, non solo a motivo del fatto che chi vi era arruolato (ovvero i provinciali) avesse il vantaggio di rimanere vicino alla famiglia, ma anche in ragione della esenzione a beneficio dei figli dei curiali (il notabilato delle città preposto alla esazione dei tributi), garantita da una legge del 363, dell'obbligo ereditario alla ferma per coloro che sceglievano la strada dell'arruolamento e servivano nell'esercito per 10 anni.
Qui di seguito l'elenco di legiones tardo imperiali al tempo della Notitia dignitatum.
Si trattava di 25 palatinae, 74 comitatenses, 46 pseudocomitatenses e 45 limitaneae. Vediamo ora nel dettaglio la parte orientale:
Parte orientale dalla Notitia Dignitatum (fine IV-inizi V secolo)
Unità dell'esercito Magister militum praesentalis:
I Magister militum praesentalis
II Magister militum per Orientem
Magister militum per Thracias
Magister militum per Illyricum
Legio palatina
6 unità:
Lanciarii seniores, Ioviani iuniores, Herculiani iuniores, Fortenses, Nervii, Matiarii iuniores,
6 unità:
Matiarii seniores, Daci, Scythae, Primani, Undecimani, Lanciarii iuniores.[224] 1 unità: Britones seniores.
Legio comitatensis 9 unità:
Quinta Macedonica, Martenses seniores, Septima gemina, Decima gemina, Balistarii seniores, Prima Flavia Constantia, Secunda Flavia Constantia Thebaeorum, Secunda Felix Valentis Thebaeorum, Prima Flavia Theodosiana.
20 unità:
Solenses seniores, Menapii, Prima Maximiana Thebaeorum, Tertia Diocletiana Thebaeorum, Tertiodecimani, Quartodecimani, Prima Flavia gemina, Secunda Flavia gemina, Constantini seniores, Divitenses Gallicani, Lanciarii Stobenses, Constantini Dafnenses, Balistarii Dafnenses, Balistarii iuniores, Pannoniciani iuniores, Taanni, Solenses Gallicani, Iulia Alexandria, Augustenses, Valentinianenses
8 unità:
Matiarii constantes, Martii, Dianenses, Germaniciani seniores, Secundani, Lanciarii Augustenses, Minervii, Lanciarii iuniores.[225]
Legio pseudocomitatensis 1 unità:
Auxiliarii sagittarii.
10 unita:
Prima Armeniaca, Secunda Armeniaca, Fortenses auxiliarii, Funditores, Prima Italica, Quarta Italica, Sexta Parthica, Prima Isaura sagittaria, Balistarii Theodosiaci, Transtigritani.
9 unità:
Timacenses auxiliarii, Felices Theodosiani iuniores, Bugaracenses, Scupenses, Ulpianenses, Merenses, Secundi Theodosiani, Balistarii Theodosiani iuniores, Scampenses.
Legioni di ripenses e limitanei 10 unità:
Legio II Flavia Constantia Thebaeorum, Legio II Traiana, Legio I Valentiniana, Legio I Maximiana, Legio III Diocletiana, Legio II Valentiniana; Legio V Macadonica, Legio XIII gemina, Legio III Diocletiana, Legio II Traiana.
[229] 5 unità:
Legio II Isaura, legio III Isaura; Legio XV Apollinaris, legio XII Fulminata, legio I Pontica.
10 unità:
legio I Illyricorum, legio III Gallica; legio IV Scythica, legio XVI Flavia Firma; legio X Fretensis; legio IV Parthica; legio I Parthica Nisibena, legio II Parthica; legio III Cyrenaica, legio IV Martia;
4 unità:
legio I Italica, legio XI Caludia; legio II Herculia, legio I Iovia;
4 unità:
legio IV Flavia, legio VII Claudia;[240] legio V Macedonica, legio XIII Gemina.
Parte occidentale dalla Notitia dignitatum (fine IV-inizi V secolo)
Unità dell'esercito Numerus intra Italiam Numerus intra Gallias e Numerus intra Britannias Numerus intra Illyricum Numerus intra Hispanias e Numerus intra Tingitaniam Numerus intra Africam Legio palatina
8 unità:
Ioviani seniores, Herculiani seniores, Divitenses seniores, Tongrecani seniores, Pannoniciani seniores, Moesiaci seniores, Octavani, Thebaei.
1 unità in Gallia:
Lanciarii Sabarienses.
3 unità:
Armigeri propugnatores seniores, Cimbriani, Armigeri propugnatores iuniores. Legio comitatensis
5 unità:
Mattiarii iuniores, Septimani iuniores, Regii, Germaniciani, III Iulia Alpina.
9 unità in Gallia:
Armigeri defensores seniores, Lanciarii Honoriani Gallicani, Menapii seniores, Secundani Britones, Ursarienses, Praesidienses, Geminiacenses, Cortoriacenses, Honoriani felices Gallicani.
2 unità in Britannia:
Primani iuniores, Secundani iuniores.
6 unità:
Mattiarii Honoriani Gallicani, Tertiani, III Herculea, Propugnatores iuniores, Pacatianenses, Mauri cetrati.
5 unità in Hispania:
Fortenses, Propugnatores seniores, Septimani seniores, Vesontes, Undecimani.
2 unità in Tingitania:
Constantiniani, Septimani iuniores.
8 unità:
Secundani Italiciani, Primani, Secundani, Tertiani, Constantiniani, Constantiaci, Tertia Augustani, Fortenses.
Legio pseudocomitatensis
2 unità: I Iulia Alpina, Pontinenses.
21 unità (delle quali 10 certe e 11 incerte) in Gallia:
I Flavia Gallicana, Martenses, Abrincateni, Defensores seniores, Mauri Osismiaci, I Flavia, Superventores iuniores, Cornacenses, Romanenses, Septimani iuniores; e di natura incerta come: Ballistarii, Defensores iuniores, Garronenses, Anderetiani, Acincenses, Cursarienses iuniores, Musmagenses, Insidatores, Truncensimani, Abulci, Exploratores.
3 unità:
Lanciarii Lauriacenses, Lanciarii Comaginenses, II Iulia Alpina.Legioni di ripenses e limitanei
1 unità:
legio III Italica.
2 unità in Britannia:
legio VI Victrix; legio II Augusta.[247]
8 unità:
legio II Italica, legio I Noricorum, legio X Gemina, legio XIV Gemina; legio V Iovia, Legio VI Herculia; legio I Adiutrix, legio II Adiutrix'.
1 unità in Hispania:
legio VII Gemina.
Da Adrianopoli alla fine dell'Occidente (378-476)
L'impero romano all'epoca della morte di Teodosio I nel 395, con la divisione amministrativa dell'impero in prefetture e diocesi. In seguito alla sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come foederati semi-autonomi: essi mantennero il loro stile di vita e la loro organizzazione tribale stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei romani.
Oltre ai Visigoti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari inflitte all'impero, il permesso imperiale di stanziarsi all'interno dei confini.
Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito: un esercito professionale come quello romano, infatti, per essere mantenuto efficiente, aveva bisogno di essere pagato e equipaggiato, e le ristrettezze economiche dovute al crollo del gettito fiscale portarono ovviamente a un declino progressivo delle capacità di addestramento, arruolamento, dell'organizzazione logistica e della qualità dei rifornimenti in armi e derrate ai soldati (si spiegano in questo senso le sempre più crudeli minacce ai cittadini contenute nelle leggi del periodo in caso di mancato versamento dei tributi).
Da un'attenta analisi della Notitia Dignitatum, possiamo ricavare che quasi la metà dell'esercito campale romano-occidentale andò distrutto nel corso delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre molte delle ricostituite unità erano semplicemente unità di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente declino delle potenzialità militari con riferimento sia alla consistenza meramente quantitativa delle truppe che sotto il profilo della qualità. La perdita dell'Africa ebbe riverberi inevitabili e seri sulle finanze dello stato, indebolendo ulteriormente l'esercito (attorno al 444).
Le perdite subite portarono all'ammissione in grosse quantità di ausiliari e foederati germanici (ad esempio Unni): ciò poteva portare benefici a breve termine, ma era deleterio a lungo termine, in quanto diminuiva gli investimenti nel rafforzamento delle unità regolari.
Nel tardo impero l'esercito, per difendere i confini imperiali dalla crescente pressione barbarica, non potendo contare su reclute insignite di cittadinanza, a causa sia del calo demografico all'interno dei confini dell'Impero, sia della resistenza alle coscrizioni, ricorse sempre di più a contingenti di gentiles (fino a una vera deriva "mercenaristica"), utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari tardo imperiali (legiones, vexillationes ed auxiliae), ed in seguito, in forme sempre più ingenti e diffuse, come alleati che conservavano le loro tradizioni e le loro usanze belliche. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre più culturalmente estraneo alla società che era chiamato a proteggere.
REGNI ROMANO BARBARICI NEL 476
Il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", per la smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie. In seguito l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identità, quando anche la maggior parte delle auxiliae palatinae furono rimpiazzate da federati.
Intorno al 460 l'esercito romano, e di conseguenza le legiones, avevano i territori ridotti ormai alla sola Italia o poco più. Nonostante tutto, l'esercito romano rimase efficiente fino ad almeno a Maggioriano.
Sotto Ezio e Maggioriano, l'Impero sembra fosse ancora in grado di affrontare e vincere in battaglia Visigoti, Burgundi, Bagaudi, Franchi, mantenendo sotto il suo controllo la Gallia, a riprova di una sua relativa efficienza. Solo con l'uccisione di Maggioriano cominciò il definitivo declino.
Privato dell'esercito delle Gallie, ed essendosi ridotti i possedimenti imperiali in Provenza e Alvernia, l'impero non fu più in grado di difendere queste province con il solo ricorso all'esercito d'Italia.
Nel 476 le armate sollevate da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia, Romolo Augusto, erano costituite unicamente da alleati germanici, perlopiù Sciri ed Eruli. Tuttavia l'assetto generale dell'esercito romano tardo-imperiale, ed alcune sue unità, sopravvissero almeno fino al VI secolo in seno alla Pars Orientis.
Castra
Le legioni alloggiavano in due tipi di accampamenti (castrum):
1) accampamenti "da marcia", per la sicurezza della legione durante la sosta notturna in territorio nemico
2) accampamenti permanenti, relativamente stabili e potevano essere di due tipi:
castra hibernia, in cui svernare,
e castra aestiva, in cui alloggiare le truppe nei mesi estivi o in prossimità delle campagne militari.
Le difese più rapide e semplici erano i cavalli di frisia,
oppure le pila muralia (pali acuminati con un'incavatura al centro per consentire l'incastro assieme ad altri pila) legati insieme e posti in cima agli aggeri, che sorgevano accanto
all'intervallum che separava la zona delle tende (papiliones), da quella della cinta difensiva, cioè un fossato a ridosso di un terrapieno, per i campi temporanei, o da un vallum di legno o pietra (intervallato da quattro porte mediane) munito di torri per quelli permanenti.
Le tende erano fatte di pelli cucite di vitello, di capra o di cuoio.
Il castrum romano era attraversato da due strade principali che intersecavano nell’area del Praetorium (tenda o abitazione del comandante) e dei Principia (quartier generale), la via Praetoria (che collegava porta praetoria e porta decumana) e la via Principalis (che collegava le due porte principali).
Il castrum romano occupava anche 20-30 ettari ospitando fino all’89 d.c. 2 legioni, poi solo una. Le unità ausiliarie avevano propri forti distribuiti nelle zone più di confine ed erano intervallate con quelle legionarie.
Le fortezze ausiliarie (castella) erano basi di attività di pattugliamento e monitoraggio dei confini, anche per tenere impegnato il nemico in caso di invasione. Avevano anche un valetudinarium, un ospedale militare.
Per un approfondimento: CASTRA ROMANI
Macchine d'assedio
Le fasi dell’assedio erano tre, senza un ordine logico:
1) porre il blocco all’ingresso di merci e persone nella città e nell’isolamento del nucleo cittadino.
2) contravallatio (controvallazione), utilizzata a Masada, costruzione di una palizzata, di un fossato o di fortificazioni più complesse come sistema di difesa dagli assediati.
3) circumvallatio, per la difesa dall’esterno e dall’interno del campo degli assedianti, impiegato da Cesare ad Alesia.
Le vinee (anche i plutei) o in alternativa la formazione a testuggine, tettoie mobili per proteggere i soldati o gli scavatori nell’avvicinamento alle mura.
Armi d’assedio:
- le baliste, grosse balestre utilizzate per scagliare proietti di pietra o frecce,
- gli scorpiones, utilizzati per il lancio di dardi e frecce di medie dimensioni.
- le rampe (come quelle di Jotapata e Masada) per far arrivare le torri d’assedio alle mura (munite di baliste o di arieti)
- o terrapieni (come ad Avarico).
Vegezio elenca sette tipi di armi d'assedio nell'Epitoma, le macchine più utilizzate erano:
- le testuggini, macchine all'interno delle quali poteva essere collocata l'estremità in ferro ( si sarebbe poi forse intesa per ariete l'intera macchina),
- cioè l'ariete volto a minare la solidità delle mura,
- oppure una "falce" che serviva a "estrarre le pietre dalle mura";
- le vinee (larga circa 2 metri, alta 2 e lunga 4,70 metri), tettoie di legno leggero, realizzate in gran numero, a formare un lungo corridoio che consentiva l'avvicinamento alle mura degli scavatori;
- i plutei, schermi mobili, formati da intrecciature di vimini rivestiti di pelli o di cuoio, al riparo dai quali gli assedianti bersagliano gli spalti delle mura;
- i muscoli, macchine coperte dalle quali si poteva operare il riempimento dei fossati che consentisse alle torri mobili di raggiungere le mura;
- le torri mobili (larghe dai 9 ai 15 m), con travi e tavole ricoperte di pelli grezze per evitare di prendere fuoco, e formate su tre livelli, il primo dotato di ariete per colpire le mura, il secondo del ponte per l'accesso agli spalti, il terzo da una torretta con cui colpire i nemici sulle mura.
Per un approfondimento: MACCHINE DA GUERRA ROMANE
I SIMBOLI
Durante il suo secondo consolato, nel 104 a.c., Gaio Mario conferì all'aquila un valore simbolico particolare, rendendola il segno distintivo della legione.
Racconta Plinio che prima della decisione di Mario la legione possedeva altri quattro simboli: il lupo, il cavallo, il minotauro e il cinghiale, recati davanti a ciascun rango dell'esercito.
Non è chiaro tuttavia cosa identificassero queste figure, e se fossero insieme o ciascuna ad un raggruppamento. Si potrebbe ipotizzare che i quattro simboli fossero riferiti alle quattro legioni citate da Livio.
L'aquila in età imperiale era tenuta in consegna dalla prima centuria della prima coorte. La progressiva sostituzione dell'aquila, sacra a Giove Capitolino, o il suo affiancamento al draco, simbolo religioso e militare presso i daci e i sarmati, con tutta probabilità assimilato dai romani durante la campagna dacica di Traiano, tanto da essere riportato in ben 20 scene della Colonna traiana, dovrebbero risalire al II secolo.
Il simbolo compare in numerosi coni emessi da Antonino Pio, Decio, Claudio il Gotico e Aureliano. Prima adottato dalle coorti e dalle ali di cavalleria, passò successivamente a identificare l'intera legione.
Oltre all'aquila e al drago sarà utilizzato più tardi il labaro (labarum), drappo quadrato recante il monogramma di Cristo (oppure drappo con tre cerchi sormontato dal monogramma), quando Costantino ne farà il simbolo del proprio esercito, sostituendo le precedenti simbologie pagane.
Secondo Eusebio di Cesarea, il ritratto dell'imperatore si trovava sulla metà superiore del drappo, mentre sulla metà inferiore era disegnata una croce. Il Chi- Rho, invece, era attaccato al braccio superiore della croce. Il labaro, assieme al draco, una manica a vento purpurea retta da un'asta sfarzosa, precedeva le truppe in marcia alla testa dell'esercito.
Signa
Insegna tipica della centuria formata da un palo di legno con ad esso applicate delle phalerae (usate anche come decorazione), per un massimo di sei, che identificavano il numero della stessa all'interno della coorte.
In alto, sotto il simbolo della mano (non è chiaro se attributo di Marte o gesto di saluto legionario), l'indicazione della legione.
Simboli Militari
I simboli militari romani erano il vexillum, un piccolo stendardo consistente in un drappo, e il signum, costituito da forme solide raffiguranti animali, persone o oggetti.
CHI-RHO |
- l'aquilifer per l’aquila della legione,
- il signifer per il simbolo del manipolo o della centuria,
- il vexillarius per il portatore del vessillo,
- l'imaginifer per le imagines degli imperatori, il draconarius (in epoca tarda), i portatori del draco erano sottoposti a un magister draconum per il draco, che passò ad identificare anche il signifer.
All'interno dell'accampamento o del forte le insegne (signa militaria) erano conservate nell'aedes signorum, uno degli edifici dei Principia (quartier generale della legione), contenente gli stendardi delle unità.
La conservazione dell'aquila
L'aquilifer, di solito un signifero anziano, secondo nella gerarchia rispetto al centurione, era una figura di primaria importanza della legione, avendo la responsabilità di condurre in battaglia il simbolo dell'intero corpo militare, anche se la sua tutela era assegnata al centurione. Conservare e difendere l'aquila significava preservare la continuità della legione, perché la sua perdita poteva comportarne lo scioglimento, come avvenuto per le legioni distrutte dopo le battaglie di Carre e Teutoburgo.
La caduta nelle mani del nemico delle insegne era onta gravissima, tanto che Augusto si prodigò per ottenere la restituzione delle insegne di Crasso, riuscendo a farsele riconsegnare dal re parto Fraate IV nel 20 a.c.
PHALERA |
Ogni centuria, comprese quelle ausiliarie che avevano uno specifico signifer auxilia, possedeva una insegna (signum) che consisteva in un certo numero di dischi metallici (phalerae), di solito in numero di sei (corrispondenti alle centurie nella coorte), fissati ad un'asta di legno, terminante in una punta o una forma di mano (il cui significato è incerto) al di sotto della quale poteva essere montato una targa con su indicato il numero della coorte o della centuria stessa.
Vexillum
Il vexillum era uno stendardo, riportante il nome della legione, il simbolo e il numero, uno per ogni legione. Spesso identificava una vexillatio legionaria, ovvero un distaccamento della legione.
Imago
L'imaginifer invece era il portatore dell'imago dell'imperatore, introdotta da Augusto, quando la figura dell'imperatore divenne oggetto di culto. L'imago o le imagines erano ritratti realizzati in metallo battuto, custoditi dalla prima coorte.
Per un approfondimento: I SIMBOLI DI ROMA
LEGIONE E FLOTTA
Nel 214 a.c. nel pieno dell'attacco di Annibale, a Brundisium agli ordini di Marco Valerio Levino era acquartierata una forza di fanteria della consistenza di una legio classica a supporto delle operazioni della flotta nell'Adriatico, che però venne utilizzata per difendere la costa illirica dagli attacchi di Filippo di Macedonia.
Dopo le sanguinose guerre contro Cartagine, la flotta romana era diventata tra le più forti del Mediterraneo.
Sotto Augusto, incrementata nel numero di navi, essa divenne stabile.
Le principali basi di stanziamento divennero
- Miseno, presso Pozzuoli, nel Mar Tirreno
- Classe, presso Ravenna, nel Mar Adriatico, col compito di controllare l'una il Mediterraneo occidentale, l'altra quello orientale.
- Flotte minori erano stanziate nei mari delle province periferiche (Britannia, Germania, Pannonia, Mesia, Ponto, Siria).
Con l'espansione della flotta, le navi vennero dotate di contingenti di fanteria imbarcata in forza alla base principale del Miseno, che effettuava le esercitazioni della fanteria romana, oltre a quelle della guerra sul mare, come abbordaggi e bersagliare le navi avversarie dalle torri delle proprie navi.
La fanteria di marina romana, antesignana a quasi tutte le marine militari moderne, aveva una sua struttura e suoi campi di addestramento, come la Schola Militum di Miseno. Il comando di ogni flotta era affidato a prefetti di rango equestre, talvolta a liberti. Al prefetto del Miseno era assegnata una superiorità gerarchica rispetto a quello ravennese.
Le flotte provinciali erano guidate invece da centurioni o da prefetti equestri. Ogni nave era assimilata ad una centuria e comandata da un centurione chiamato triarca. Sotto al prefetto,ma sopra al centurione triarca c'era il navarca, comandante di una flottiglia o di una squadra di imbarcazioni, anche se Vegezio sostiene che fosse a capo di una singola nave, con l'incarico di curare l'addestramento dell'equipaggio.
Per un approfondimento: NAVI DA GUERRA ROMANE
BIBLIO
- Dionigi d'Alicarnasso - Antiquitates Romanae - IV -
- Cassio Dione Cocceiano - Storia romana - LXXIV -
- G. Cascarino - L'esercito romano. Armamento e organizzazione - Vol. I - Dalle origini alla fine della repubblica - Rimini 2007 -
- Giuseppe Cascarino - L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi - Rimini - Il Cerchio - 2008 -
- Giuseppe Cascarino, Carlo Sansilvestri - L'esercito romano. Armamento e organizzazione - Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente - Rimini - Il Cerchio - 2009 -
- L. Keppie - Legiones and veterans: Roman Army - 1971 - Stuttgart - Franz Steiner - 2000 -
- Joanne Berry, Nigel Pollard - The Complete Roman Legions - ed. Thames Hudson - 2012 -
- Stephen Dando-Collins - Legions of Rome -
- Edward N. Luttwak - La grande strategia dell’Impero romano -
6 comment:
Credo ci sia un errore, infatti viene posto cronologicamente prima l'imperatore Gallieno rispetto all'Imperatore Severo Alessandro. Comunque voleva ringraziarvi per questa fantastica opera online che state facendo (e scrivendo) indispensabile per sfamare la mia fe di conoscenza della storia romana. Grazie ancora.
E' sempre un piacere riscontrare un tale interesse per la storia Romana. Grazie della segnalazione Luca, corretto.
Siete bravissimi è un piacere leggere le tattiche romane
Veramente Gallieno (260-268) è posto correttamente dopo Alessandro Severo (222-235). La posizione errata è quella di Massimino il Trace (235-238), posto dopo Gallieno, mentre fu l'immediato successore di Alessandro Severo.
Un po troppo lungo, non lo leggerò
Concordo
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