L'impero Romano fu il potere più democratico che sia esistito ai suoi tempi, e tutto sommato è più democratico di tanti stati attuali compreso quello italiano odierno.
Tuttavia viene tacciato di essere stato un popolo despota e imperialista contro la povera gente. I ricchi patrizi non avrebbero lasciato nulla ai poveri plebei. Era la guerra tra gli Optimate (patrizi) e i Populares (plebei).
I Romani davano tutti i diritti e tutti i beni all'aristocrazia ignorando la plebe.
3 - PATRIZI E PLEBEI
Ricordiamo tanto per iniziare che Giulio Cesare fu esponente dei Populares contro la fazione degli Optimates.
Vediamo allora le leggi promulgate dai magistrati romani a favore della plebe, in un mondo dove c'erano monarchie assolute in oriente e capi tribù con poteri assoluti nell'Europa del nord.
Fin dall'età molto antica i plebei potevano essere ufficiali dell’esercito (tribuni militum) e membri aggiunti del senato (conscripti).
- 494 a.c. - TRIBUNIS PLEBIS - a seguito della prima ribellione della plebe, si ottenne il riconoscimento di un'importante magistratura, quella dei tribuni della plebe (inizialmente furono solo due, poi il loro numero si stabilizzò in dieci).
La Secessio Plebis fu la lotta politica adottata dalla plebe, tra il V ed il III secolo a.c., per ottenere la parità di diritti con i patrizi. La secessione comportava che la plebe abbandonava in massa la città lasciando tutti i negozi e le botteghe artigiane chiuse. In tal modo non era nemmeno possibile convocare le leve militari che all'epoca si basavano molto sui plebei.
Secondo lo storico Publio Annio Floro le secessioni furono quattro: 494-493; 451-449; 445; 376-371.
I tribuni della plebe avevano i poteri di:
- ius auxilii (diritto d'aiuto: il tribuno poteva intervenire per salvare chiunque fosse minacciato da un magistrato)
- intercessio (il diritto di veto contro i decreti dei magistrati, le delibere dei comizi e i senatusconsulta in contrasto con gli interessi della plebe),
- sacrosanctitas inviolabilità personale.
SECESSIO PLEBIS |
Sempre nel 494 a.c. venne creato il
- CONCULIM PLEBIS Concilio della Plebe, un'assemblea riservata ai plebei all'interno dei Comitia Tributa (una delle assemblee con poteri legislativi e giudiziari).
In seguito alla secessione della plebe sul Monte Sacro per rivendicare il diritto di partecipare alla vita politica della civitas. La plebe, oltre ai concilia plebis, e i tribuni della plebe, creano gli edili; le delibere della plebe raccolta nell'assemblea convocata dal tribuno della plebe prenderanno il nome di plebiscita (plebisciti). Da queste assemblee saranno esclusi i patrizi affinchè la plebe abbia una propria iniziativa politica.
- 451-450 a.c - Redazione da parte dei decemviri delle
DUODECIM TABULARIS LEGES
Leggi delle XII tavole, raccolta di leggi scritte per evitare le interpretazioni di parte, affisse nel Foro pubblico. Così l’interpretazione del diritto venne esteso ai plebei che poterono finalmente partecipare all’approvazione degli atti dei comizi.
In pratica vennero messe per iscritto le leggi orali (le consuetudini). Cicerone narra che ancora ai suoi tempi (I sec. a.c.) il testo delle Tavole veniva imparato a memoria dai bambini come un poema d'obbligo, e Livio le definisce come “fonte di tutto il diritto pubblico e privato ”. Il linguaggio delle tavole è arcaico ed ellittico. Alcuni studiosi suppongono che le norme siano state scritte in metrica, per facilitare la memorizzazione.
- 445 a.c. - promulgazione della LEX CANULEIA. Si abolisce il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei.
« Infatti all'inizio dell'anno il tribuno della plebe Gaio Canuleio presentò una legge sul matrimonio tra patrizi e plebei in seguito alla quale i patrizi ebbero a temere che il loro sangue fosse contaminato e ne fossero sconvolti i diritti detenuti dalle famiglie del patriziato. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita)
- 444 a.c. - Deferimento della potestà consolare a TRIBUNI MILITUM CONSULARI POTESTATE esteso anche ai plebei.
- 409 a.c. - la carica di QUESTOR (questore) viene estesa anche alla plebe (importantissimo perchè chi era stato questore entrava a far parte di diritto del Senato). All'inizio questori, (magistrati minori) possedevano giurisdizione criminale (quaestores parricidii), in seguito competenze amministrative, supervisionando e gestendo il tesoro e le finanze
- 367 a.c. - LEGGI LICINIE-SESTIE (dai tribuni della plebe: Licinio Stolone e Sestio Laterano) stabilirono che:
- i plebei potevano accedere al consolato, anzi, ogni anno uno dei due consoli doveva necessariamente essere un plebeo (pratica non sempre seguita, ma la cosa importante era poter accedere al consolato);
- il possesso dell' ager publicus da parte dei privati non doveva superare i 500 iugeri (125 ettari). Questa legge prevedeva una redistribuziione delle terre, prerogativa dei patrizi, così che anche i plebei potessero usufruire delle terre coloniali;
- doveva essere limitata l'usura per i debiti contratti dai plebei con i patrizi.
Si iniziò a dare ai plebiscita, pur non votati da tutto il popolo, valore di lex publica, tale da vincolare l’intera cittadinanza (compresi i patrizi, ridotti ormai a una percentuale esigua).
- 356 a.c. - Viene nominato il primo DICTATOR (dittatore) plebeo.
- 339 a.c. - la carica di CENSOR (censore) viene estesa ai plebei.
« La censura si era resa necessaria non solo perché non si poteva più rimandare il censimento che da anni non veniva più fatto, ma anche perché i consoli, incalzati dall'incombere di tante guerre, non avevano il tempo per dedicarsi a questo ufficio. Fu presentata in senato una proposta: l'operazione, laboriosa e poco pertinente ai consoli, richiedeva una magistratura apposita, alla quale affidare i compiti di cancelleria e la custodia dei registri e che doveva stabilire le modalità del censimento. » (Tito Livio, Ab urbe condita, IV, 8)
- 337 a.c.- PRAETOR (Pretore) La carica della pretura viene estesa ai plebei. Il Pretore era un magistrato dotato di imperium (impartire ordini) e iurisdictio (impostare in termini giuridici la controversia). Il pretore poteva concedere l'actio, cioè lo strumento con cui si permetteva ad un cittadino romano che chiedeva tutela, nel caso in cui non ci fosse una lex che prevedesse la tutela, di agire in giudizio dinanzi al magistrato.
- 320 a.c. - tutte le magistrature vengono estese anche ai plebei.
- 326 a.c. LEX PETELIA secondo Tito Livio - 313 a.c. secondo Marco Terenzio Varrone con la legge Petelia fu abolito l'imprigionamento per debiti (nexum).
Si iniziò a dare ai plebiscita, pur non votati da tutto il popolo, valore di lex publica, tale da vincolare l’intera cittadinanza (compresi i patrizi, ridotti ormai a una percentuale esigua).
- 339 a.c. - la carica di CENSOR (censore) viene estesa ai plebei.
« La censura si era resa necessaria non solo perché non si poteva più rimandare il censimento che da anni non veniva più fatto, ma anche perché i consoli, incalzati dall'incombere di tante guerre, non avevano il tempo per dedicarsi a questo ufficio. Fu presentata in senato una proposta: l'operazione, laboriosa e poco pertinente ai consoli, richiedeva una magistratura apposita, alla quale affidare i compiti di cancelleria e la custodia dei registri e che doveva stabilire le modalità del censimento. » (Tito Livio, Ab urbe condita, IV, 8)
- 337 a.c.- PRAETOR (Pretore) La carica della pretura viene estesa ai plebei. Il Pretore era un magistrato dotato di imperium (impartire ordini) e iurisdictio (impostare in termini giuridici la controversia). Il pretore poteva concedere l'actio, cioè lo strumento con cui si permetteva ad un cittadino romano che chiedeva tutela, nel caso in cui non ci fosse una lex che prevedesse la tutela, di agire in giudizio dinanzi al magistrato.
- 320 a.c. - tutte le magistrature vengono estese anche ai plebei.
- 326 a.c. LEX PETELIA secondo Tito Livio - 313 a.c. secondo Marco Terenzio Varrone con la legge Petelia fu abolito l'imprigionamento per debiti (nexum).
- 300 a.c.- LEX OGULNIA le cariche dei collegi sacerdotali (pontificato e augurato) con la Lex Ogulnia (promulgata per plebiscito) viene estesa anche ai plebei. Vennero aumentati i pontefici da 4 a 8, stabilendo che 4 fossero plebei, mentre gli auguri passarono da 4 a 9, dei quali 5 dovevano essere plebei.
- 287 a.c. - secessione della plebe sul Gianicolo e conseguente Lex Hortensia, si sancì la parità tra plebei e patrizi, in quanto i plebiscita ebbero valore automatico di leggi, anche senza approvazione del senato.
GIURISTA GAIO |
- 254 a.c. - si ebbe il primo pontefice massimo plebeo.
- 172 a.c. - si ebbero per la prima volta entrambi i consoli plebei,
- 131 a.c. - si ebbero due censori plebei.
-180 - Il giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni dà la seguente definizione di plebiscitum comparandolo all'istituto della Lex:
G. 1.3: «Lex est quod populus iubet atque constituit; plebiscitum est quod plebs iubet atque constituit»
La Legge è ciò che il popolo comanda e stabilisce. Il plebiscito è ciò che la plebe comanda e stabilisce.
Nel I secolo a.c. il patriziato, che si stava progressivamente estinguendo, venne ampliato con l'immissione di nuove famiglie, le più ricche tra la plebe, nel Senato.
COMMENTO
Oggi potremmo definire patrizi i grandi capitalisti e i politici che li sostengono. Saremmo molto lieti se il popolo, cioè la plebe, avesse, in Italia ma non solo, gli stessi diritti degli attuali patrizi, nel pagamento delle tasse e nella giustizia.
- 172 a.c. - si ebbero per la prima volta entrambi i consoli plebei,
- 131 a.c. - si ebbero due censori plebei.
-180 - Il giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni dà la seguente definizione di plebiscitum comparandolo all'istituto della Lex:
G. 1.3: «Lex est quod populus iubet atque constituit; plebiscitum est quod plebs iubet atque constituit»
La Legge è ciò che il popolo comanda e stabilisce. Il plebiscito è ciò che la plebe comanda e stabilisce.
Nel I secolo a.c. il patriziato, che si stava progressivamente estinguendo, venne ampliato con l'immissione di nuove famiglie, le più ricche tra la plebe, nel Senato.
COMMENTO
Oggi potremmo definire patrizi i grandi capitalisti e i politici che li sostengono. Saremmo molto lieti se il popolo, cioè la plebe, avesse, in Italia ma non solo, gli stessi diritti degli attuali patrizi, nel pagamento delle tasse e nella giustizia.
Rammentiamo inoltre la miseria profonda in cui cadde il popolo con la caduta dell'impero, diviso tra nobili e alto clero e popolo miserevole, praticamente i servi della gleba. Così proseguì fino alle leggi del XIX e XX secolo che rimediarono a tante ingiustizie ma ne crearono altre e non meno gravi.
Rammentiamo inoltre che non abbiamo nei vari parlamenti dei tribuni della plebe che si battano per i poveri e gli oppressi se non qualche raro partito che si oppone come può al grande strapotere delle maggioranze, in genere e con pochissime eccezioni, colluse col potere in ogni parte del mondo.
Spesso i Romani sono stati accusati di non avere alcuna democrazia perchè:
1) I Romani avevano la schiavitù.
2) I Romani erano sempre in guerra perchè volevano conquistare tutto il mondo.
3) I Romani davano tutti i diritti e tutti i beni all'aristocrazia ignorando la plebe.
Avendo risposto ai primi tre, ci accingiamo a rispondere all'ultima accusa, la IV:
4) La crudeltà dei Romani nei circhi e con i Gladiatori.
4 - I GIOCHI GLADATORII
I gladiatori romani, cioè combattenti con la spada romana "gladius", erano prigionieri di guerra, schiavi o condannati a morte, ma talvolta anche uomini liberi, attratti dalle ricompense e dalla gloria, chiunque scegliesse liberamente di diventare gladiatore automaticamente veniva considerato "infamis" per la legge, ma se aveva successo diventava un eroe, invitato e cercato da tutti, carico di ricompense e doni, pagato più di un generale dell'esercito.
Ovviamente nessuno mandava a combattere nell'arena uno schiavo se non avesse la corporatura e l'esperienza di un combattente, insomma solitamente si mandava a combattere nell'arena chi già sapeva combattere. Nè era necessario farlo per togliersi di mezzo lo schiavo, perchè lo si poteva vendere a tanto o a poco al mercato degli schiavi.
La diceria che i gladiatori venissero maltrattati è infondata. I gladiatori venivano acquistati da imprenditori che li affittavano ai circhi, un vero e proprio business, e bastava un solo gladiatore che giungesse al successo che l'imprenditore diventava ricco.
E' come se un allevatore di cavalli maltrattasse i cavalli per farli correre. Si sa che sarebbe controproducente, un gladiatore traumatizzato o picchiato, o denutrito avrebbe reso molto poco. Non risponde neppure a verità che le compagnie gladiatorie fossero dell'Imperatore se non in rari casi. Dunque la trattativa degli schiavi era molto selezionata, anche perchè il loro "lanario", cioè il loro imprenditore, attraverso i gladiatori che metteva sull'arena si faceva un nome.
Poichè infatti esistevano piccoli e grossi lanari, spesso l'imprenditore più ricco comprava dal più povero, ma se questi metteva in campo scarsi combattenti, il ricco imprenditore sceglieva altrove, perchè doveva rispondere dello spettacolo a chi organizzava i giochi, che a sua volta ne rispondeva all'imperatore.
Per giunta a Roma venne approvata una legge per cui nessuno schiavo poteva essere obbligato dal suo padrone a combattere nell'arena.
Nei primi del '900 molti uomini bianchi si recarono in Africa per cacciare le belve e portarne a casa i trofei. All'epoca questo tipo di caccia, seppure ben organizzato con i locali, era piuttosto pericolosa, ma il gusto di farla era proprio questo, aver vinto la paura e aver dimostrato a tutti il proprio coraggio.
Gli inglesi furono maestri in questo, presto seguiti da personaggi nobili o comunque potenti. Non a caso tutti i padiglioni di caccia antichi erano sormontati da teste di animali esotici e pericolosi. Delle bestie se ne fregavano tutti, ieri come oggi, dove ancora si uccidono animali per il piacere di farne capi di abbigliamento.
Pertanto non scandalizziamoci di quel che si faceva in passato se si fa ancora oggi, perchè anche se molti hanno sostituito la caccia con la fotografia, esistono ancora tanti occidentali che si divertono con le battute di caccia alle cosiddette bestie feroci.
Per non parlare degli stessi africani che ammazzano rinoceronti ed elefanti anche se proibito dalla legge.
A volte, come si è detto, il combattimento nel circo veniva offerto ai condannati a morte, naturalmente dovevano avere una prestanza fisica e un'esperienza di combattimento, altrimenti chi lo proponeva ci passava i guai. Naturalmente il condannato era generalmente ben felice della possibilità e accettava di buon grado. Se si giudica crudele pensiamo che rimaneva comunque una possibilità di sopravvivere e trovare la libertà cosa che oggi i condannati a morte o all'ergastolo non hanno.
Un'altra leggenda da sfatare è quella dell'ecatombe di gladiatori nei circhi. I gladiatori dovevano essere allenati, nutriti e calzati, per cui costavano. Per diverso tempo venivano allenati affinchè riuscissero a tener testa al nemico nell'arena, e più erano bravi più venivano allenati, perchè avevano molte probabilità di arricchire il loro lanario.
Questo lo sapeva anche l'imperatore e pure il popolo, per cui è infondato che si ordinasse da parte dell'imperatore o del pubblico la morte del gladiatore, perchè un bravo gladiatore si forgiava combattendo, e se si uccideva non diventava mai esperto. Sarebbe stato come uccidere un soldato perchè non combatteva da subito come un veterano.
Anche il pollice rivolto verso il basso o l'alto per la sentenza fu una tarda invenzione cattolica, al massimo l'imperatore poteva dichiarare libero il gladiatore bravissimo, ripagando però il suo menager. In genere si offriva al gladiatore liberato la possibilità di entrare nell'esercito rifacendosi così una vita degna.
Vero è invece che molti morivano in combattimento venivano avvicinati da due schiavi travestiti da Caronte e da Ermete Psicopompo: uno ne verificava il decesso toccandoli con un ferro rovente, l'altro, eventualmente, dava loro il colpo finale facendo poi segno ai "libitinarii" di portar via il corpo su una rete trascinata con un uncino.
I gladiatori feriti venivano portati via e curati dai medici, e non era raro che un gladiatore molto bravo ricevesse le cure dei medici personali di grossi personaggi, imperatore compreso.
Sfatiamo anche il caso Spartacus, che effettivamente tenne in scacco Roma sollevando la rivolta degli schiavi, ma non dimentichiamo che era un disertore. Si era volontariamente arruolato nell'esercito romano ed aveva disertato. Venne preso e avrebbe dovuto morire e invece gli fu offerto in cambio di fare il gladiatore, ma scappò anche da lì. Spartacus forse non sapeva adattarsi alla disciplina, perchè era scappato da un compito che lui stesso si era scelto.
Di Marco Valerio Marziale
“Quei due gladiatori, Priscus e Verus, sono davvero valorosi! Adesso tutto il pubblico si è alzato in piedi e sta gridando a gran voce di fare terminare lo spettacolo, tanto si è capito che il valore dei due è tale, che nessuno dei due può soccombere. Ma ecco finalmente intervenire l’imperatore. Ha dato ordine di togliere ai due combattenti gli scudi. Vuole farli lottare a mani nude, fino a quando uno dei due non alzerà il dito per indicare la resa. Per ora li fa riposare un momento e manda a tutti e due cibi e doni. Ecco stanno ricominciando. Niente da fare: sono caduti tutte e due insieme a terra stremati. All’imperatore il combattimento di questi due schiavi deve essere molto piaciuto perché sta facendo mandare a tutti e due la palma della vittoria. Li ha anche resi uomini liberi per il loro ingegno ed il loro valore. Non si era mai visto uno spettacolo di gladiatori finire in questo modo. Tutti e due i combattenti hanno vinto!"
I vincitori venivano dunque premiati con palme d'oro, denaro e dall'immensa popolarità che gli procurava donne e inviti nelle case patrizie; se il gladiatore vincitore era uno schiavo (che aveva scelto di combattere nell'arena), dopo dieci vittorie, che venivano segnate su un collare di metallo, diventava libero per legge; egli allora poteva decidere se continuare a combattere per soldi o intraprendere altre attività tipo l'istruttore nelle scuole per gladiatori. In ogni caso, come in questo caso, l'imperatore poteva fare del gladiatore un uomo libero se aveva combattuto bene e generosamente.
Effettivamente col cristianesimo vennero proibiti i crudeli giochi gladiatori, ma venne proibito anche il teatro perchè licenzioso. Gli ultimi a cadere furono le corse dei cavalli, che poi si fanno anche oggi. Al posto dei giochi gladiatori abbiamo messo la boxe che non è esente dalla violenza.
Ricordiamo che Roma equiparò i diritti dei plebei a quelli dei patrizi secoli prima della venuta del cattolicesimo che viceversa cancellò i diritti acquisiti. Il cristianesimo fu un salto nel buio che cancellò diritti, scienze e istruzione, il tutto sostituito da superstizione.
Intorno all'impero romano il re o il capotribù disponeva dei suoi sudditi senza interpellare nessuno. Aveva diritto di vita e di morte su chiunque senza dover nemmeno fare un'accusa. Così come ogni generale aveva potere assoluto sui sottoposti e ogni capofamiglia su moglie e figli.
Il diritto nacque a Roma come l'arte nacque in Grecia. Anche se la Grecia ebbe la sua democrazia fu Roma a studiare e approfondire e migliorare e ampliare meticolosamente le leggi, e fu Roma a portare il diritto nel mondo.
Il diritto è civiltà e senza Roma non vi sarebbero state civiltà nè diritti in alcuna parte del mondo.
BIBLIO
- Claude Nicolet - Strutture dell'Italia romana, (sec. 3.-1. a.c.) - Roma - Jouvence - 1984 -
- Mario Pani - Elisabetta Todisco - Società e istituzioni di Roma antica - Roma - 2005 -
- Antonietta Dosi - Gruppi e partiti politici di età repubblicana - Vita e Costumi dei Romani Antichi – Quasar - Roma - 2002 -
- Sesto Pomponio - De origine iuris -
- Mario Attilio Levi - Il tribunato della plebe e altri scritti su istituzioni pubbliche romane - Milano: Cisalpino-La goliardica, 1978 -
- A.Tighe - The Development of the Roman Constitution - D. Apple & Co. - 1886 -
Ovviamente nessuno mandava a combattere nell'arena uno schiavo se non avesse la corporatura e l'esperienza di un combattente, insomma solitamente si mandava a combattere nell'arena chi già sapeva combattere. Nè era necessario farlo per togliersi di mezzo lo schiavo, perchè lo si poteva vendere a tanto o a poco al mercato degli schiavi.
La diceria che i gladiatori venissero maltrattati è infondata. I gladiatori venivano acquistati da imprenditori che li affittavano ai circhi, un vero e proprio business, e bastava un solo gladiatore che giungesse al successo che l'imprenditore diventava ricco.
E' come se un allevatore di cavalli maltrattasse i cavalli per farli correre. Si sa che sarebbe controproducente, un gladiatore traumatizzato o picchiato, o denutrito avrebbe reso molto poco. Non risponde neppure a verità che le compagnie gladiatorie fossero dell'Imperatore se non in rari casi. Dunque la trattativa degli schiavi era molto selezionata, anche perchè il loro "lanario", cioè il loro imprenditore, attraverso i gladiatori che metteva sull'arena si faceva un nome.
Poichè infatti esistevano piccoli e grossi lanari, spesso l'imprenditore più ricco comprava dal più povero, ma se questi metteva in campo scarsi combattenti, il ricco imprenditore sceglieva altrove, perchè doveva rispondere dello spettacolo a chi organizzava i giochi, che a sua volta ne rispondeva all'imperatore.
Per giunta a Roma venne approvata una legge per cui nessuno schiavo poteva essere obbligato dal suo padrone a combattere nell'arena.
Nei primi del '900 molti uomini bianchi si recarono in Africa per cacciare le belve e portarne a casa i trofei. All'epoca questo tipo di caccia, seppure ben organizzato con i locali, era piuttosto pericolosa, ma il gusto di farla era proprio questo, aver vinto la paura e aver dimostrato a tutti il proprio coraggio.
Gli inglesi furono maestri in questo, presto seguiti da personaggi nobili o comunque potenti. Non a caso tutti i padiglioni di caccia antichi erano sormontati da teste di animali esotici e pericolosi. Delle bestie se ne fregavano tutti, ieri come oggi, dove ancora si uccidono animali per il piacere di farne capi di abbigliamento.
Pertanto non scandalizziamoci di quel che si faceva in passato se si fa ancora oggi, perchè anche se molti hanno sostituito la caccia con la fotografia, esistono ancora tanti occidentali che si divertono con le battute di caccia alle cosiddette bestie feroci.
Per non parlare degli stessi africani che ammazzano rinoceronti ed elefanti anche se proibito dalla legge.
A volte, come si è detto, il combattimento nel circo veniva offerto ai condannati a morte, naturalmente dovevano avere una prestanza fisica e un'esperienza di combattimento, altrimenti chi lo proponeva ci passava i guai. Naturalmente il condannato era generalmente ben felice della possibilità e accettava di buon grado. Se si giudica crudele pensiamo che rimaneva comunque una possibilità di sopravvivere e trovare la libertà cosa che oggi i condannati a morte o all'ergastolo non hanno.
Un'altra leggenda da sfatare è quella dell'ecatombe di gladiatori nei circhi. I gladiatori dovevano essere allenati, nutriti e calzati, per cui costavano. Per diverso tempo venivano allenati affinchè riuscissero a tener testa al nemico nell'arena, e più erano bravi più venivano allenati, perchè avevano molte probabilità di arricchire il loro lanario.
Questo lo sapeva anche l'imperatore e pure il popolo, per cui è infondato che si ordinasse da parte dell'imperatore o del pubblico la morte del gladiatore, perchè un bravo gladiatore si forgiava combattendo, e se si uccideva non diventava mai esperto. Sarebbe stato come uccidere un soldato perchè non combatteva da subito come un veterano.
Anche il pollice rivolto verso il basso o l'alto per la sentenza fu una tarda invenzione cattolica, al massimo l'imperatore poteva dichiarare libero il gladiatore bravissimo, ripagando però il suo menager. In genere si offriva al gladiatore liberato la possibilità di entrare nell'esercito rifacendosi così una vita degna.
Vero è invece che molti morivano in combattimento venivano avvicinati da due schiavi travestiti da Caronte e da Ermete Psicopompo: uno ne verificava il decesso toccandoli con un ferro rovente, l'altro, eventualmente, dava loro il colpo finale facendo poi segno ai "libitinarii" di portar via il corpo su una rete trascinata con un uncino.
I gladiatori feriti venivano portati via e curati dai medici, e non era raro che un gladiatore molto bravo ricevesse le cure dei medici personali di grossi personaggi, imperatore compreso.
Sfatiamo anche il caso Spartacus, che effettivamente tenne in scacco Roma sollevando la rivolta degli schiavi, ma non dimentichiamo che era un disertore. Si era volontariamente arruolato nell'esercito romano ed aveva disertato. Venne preso e avrebbe dovuto morire e invece gli fu offerto in cambio di fare il gladiatore, ma scappò anche da lì. Spartacus forse non sapeva adattarsi alla disciplina, perchè era scappato da un compito che lui stesso si era scelto.
Di Marco Valerio Marziale
“Quei due gladiatori, Priscus e Verus, sono davvero valorosi! Adesso tutto il pubblico si è alzato in piedi e sta gridando a gran voce di fare terminare lo spettacolo, tanto si è capito che il valore dei due è tale, che nessuno dei due può soccombere. Ma ecco finalmente intervenire l’imperatore. Ha dato ordine di togliere ai due combattenti gli scudi. Vuole farli lottare a mani nude, fino a quando uno dei due non alzerà il dito per indicare la resa. Per ora li fa riposare un momento e manda a tutti e due cibi e doni. Ecco stanno ricominciando. Niente da fare: sono caduti tutte e due insieme a terra stremati. All’imperatore il combattimento di questi due schiavi deve essere molto piaciuto perché sta facendo mandare a tutti e due la palma della vittoria. Li ha anche resi uomini liberi per il loro ingegno ed il loro valore. Non si era mai visto uno spettacolo di gladiatori finire in questo modo. Tutti e due i combattenti hanno vinto!"
I vincitori venivano dunque premiati con palme d'oro, denaro e dall'immensa popolarità che gli procurava donne e inviti nelle case patrizie; se il gladiatore vincitore era uno schiavo (che aveva scelto di combattere nell'arena), dopo dieci vittorie, che venivano segnate su un collare di metallo, diventava libero per legge; egli allora poteva decidere se continuare a combattere per soldi o intraprendere altre attività tipo l'istruttore nelle scuole per gladiatori. In ogni caso, come in questo caso, l'imperatore poteva fare del gladiatore un uomo libero se aveva combattuto bene e generosamente.
Effettivamente col cristianesimo vennero proibiti i crudeli giochi gladiatori, ma venne proibito anche il teatro perchè licenzioso. Gli ultimi a cadere furono le corse dei cavalli, che poi si fanno anche oggi. Al posto dei giochi gladiatori abbiamo messo la boxe che non è esente dalla violenza.
Ricordiamo che Roma equiparò i diritti dei plebei a quelli dei patrizi secoli prima della venuta del cattolicesimo che viceversa cancellò i diritti acquisiti. Il cristianesimo fu un salto nel buio che cancellò diritti, scienze e istruzione, il tutto sostituito da superstizione.
Intorno all'impero romano il re o il capotribù disponeva dei suoi sudditi senza interpellare nessuno. Aveva diritto di vita e di morte su chiunque senza dover nemmeno fare un'accusa. Così come ogni generale aveva potere assoluto sui sottoposti e ogni capofamiglia su moglie e figli.
Il diritto nacque a Roma come l'arte nacque in Grecia. Anche se la Grecia ebbe la sua democrazia fu Roma a studiare e approfondire e migliorare e ampliare meticolosamente le leggi, e fu Roma a portare il diritto nel mondo.
Il diritto è civiltà e senza Roma non vi sarebbero state civiltà nè diritti in alcuna parte del mondo.
BIBLIO
- Claude Nicolet - Strutture dell'Italia romana, (sec. 3.-1. a.c.) - Roma - Jouvence - 1984 -
- Mario Pani - Elisabetta Todisco - Società e istituzioni di Roma antica - Roma - 2005 -
- Antonietta Dosi - Gruppi e partiti politici di età repubblicana - Vita e Costumi dei Romani Antichi – Quasar - Roma - 2002 -
- Sesto Pomponio - De origine iuris -
- Mario Attilio Levi - Il tribunato della plebe e altri scritti su istituzioni pubbliche romane - Milano: Cisalpino-La goliardica, 1978 -
- A.Tighe - The Development of the Roman Constitution - D. Apple & Co. - 1886 -
4 comment:
Grazie
Grazie
L'organizzazione dello Stato romano ( e quando della Repubblica, come quello Imperiale e nondimeno dei Consoli dittatori - la cui formula di investitura, ricordiamo era: "Videant consules ne quid detrimenti Res Pubblica capiat", era tesa e protesa per la imperitura grandezza di Roma. Tutti coloro che si fossero trovati- comunque - sotto la sfera del dominio romano erano incoraggiati a concorrere, migliorare e fare sempre più grande la stessa Roma. Tra gli imperatori romani anche un nero, e poi ancora di altre nazioni europee, a dominio romano.
Certo però che non si poteva parlare di democrazia compiuta, nell'accezione moderna, per la quale si sostanzia il Governo- potere del popolo. Laddove, secondo l'articolo 3 della nostra Costituzione, ad esempio:" Tutti siamo uguali davanti alla legge, senza nessuna distinzione...".
La legge era Cesare Ottaviano Augusto, Tiberio, Nerone...non esattamente i "populares o i Tribuni della Plebe", ma pure l'agricoltore Cincinnato poteva assumere ogni potere, perché la grandezza di Roma, ed era questa l'intelligenza massima politica, non discriminava in essere nessun contributo, senza nessuna esclusione di - status - sociale.
Ma parliamo di duemila anni fa. Seppure G.Battista Vico, nei suoi "Corsi e Ricorsi storici" abbia dimostrato che l'umanità, pure consapevole delle conseguenze degli errori fatti, ripete gli stessi errori, con la stessa protervia. Ma di errore in errore, alla fine abbiamo scoperto che la Democrazia è il migliore sistema di governo possibile ( o il meno peggio...).
Dr. Filippo Grillo
buongiorno, prima cosa complimenti per il sito, è veramente ricco e dettagliato, bellissimo. Solo un piccolo appunto, gli oranghi non vivono in Africa, ma in Asia.
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