ARGENTI ROMANI



TAZZA DI TIBERIO
"… A me, dico la verità, piace l’argento. Ho cento orcioli o giù di lì, della misura di un’urna: in una c’è scolpita Cassandra che uccide i figli, e i bimbi morti son fatti in modo da sembrare proprio vivi. Ho poi un’anfora lasciata dal mio patrono, dove Dedalo chiude Niobe nel cavallo di Troia. Su certe coppe ho i combattimenti di Emerite e Petraie, e come pesano!" (Petronio Satyricon 52)

Fu soprattutto il contatto con i Greci e prima ancora con la Magna Grecia a far sorgere nei romani l'amore per il buon gusto, per l'arte e per l'argento. Ma in parte ne derivarono pure dai raffinatissimi etruschi.



 LA MONETAZIONE

 L'argento nella monetazione romana riguardò soprattutto il Denaro d’argento la moneta prevalente nell’età imperiale romana. Dal 15 a.c. la coniazione fu riservata all’imperatore.

DENARIO DI AUGUSTO
La proporzione dell’argento nella lega però calò da Nerone in poi, fin quasi ad annullarsi nel III sec,.
Il giusto titolo venne poi ripristinato da Diocleziano. con lega d’argento ad alto titolo 700/1000.

Questo non è in effetti il titolo più alto a cui può essere lavorato l'argento, i romani usavano per l'oggettistica l'argento a 925 /1000 perchè allo stato puro sarebbe troppo tenero e si piegherebbe facilmente,

L'argento è stabile nell'aria pura e nell'acqua pura, ma scurisce quando è esposto all'ozono, all'acido solfidrico o all'aria contenente tracce di composti dello zolfo.
Costantino mise in circolazione il miliarensis, equivalente al valore di 1/1000 di libbra d’oro ma in argento, esattamente di 4,55 g d’argento.

In Italia si usa oggi il titolo di 800/1000, mentre i paesi anglosassoni usano la titolazione romana di 925/000, il titolo più alto in cui è possibile lavorare il metallo prezioso.

ARGENTO SBALZATO - BOSCOREALE

CAELATOR

Quintiliano: " ... et aliae quoque artes minores habent multiplicem materiam, velut . . caelatura , quae auro argento acre ferro opera efficit. nam sculptura etiam ligno ebur marmor vitrum gemmas praeter ea quae dizi complectitur"

Qui dunque dalla sculptura, che ha il termine generico, è distinta la caelatura come un ramo speciale che comprende soltanto il lavoro in metallo (Plinius nat. hist.). In questo senso il verbo caelare ammette varii significati, secondo i diversi processi tecnici a cui si presta il lavoro in metallo; e così nell'iriscrizione di uno specchio prenestino lo troviamo usato per il disegno graffito in bronzo: Vibis (Vibius? V. Mommsen)

L'uso pcrò di gran lunga prevalente dei sostantivi caelatura e caelator, come anche del verbo, di quello che si riferisce alia suppellettile, e segnatamente ai vasi fatti di metalli preziosi e ornati con rilievi. Isidoro:
"caelata vasa argentea vel aurea sunt, signis eminentioribus intus extraye expressa: a caelo vocata".

Essendo l'argento il metallo che a preferenza si usava nell'antica Roma, e che infatti è piu adatto alle opere suddette, il caelator si poteva considerare come una specie particolare di argentarius.
Placidius:
"caelator, argentarius qui argento puro (cioè liscio, senza rilievi) extrinsecus facta signa deprimit".

Cosi caelator accede come aggiunta determinativa ad argentarius (argentarius vasclarius) nell'epigrafe della Mauretania Caesariensis:
"Vitulus argentarius caelator ann(is) XXIIII hie situs est. cura corhogi fabr(orum) argentar(iorum) et conlegi Cacsari et suum erescent(ium). terra tibi levis sit"
e a Roma:
"Antigonus Germanici Caesaris I(iberhis) argentaritis vixit annis XXII, Amiantus Germanici Caesaris caelator fecit."

Secondo i varii procedimenti tecnici, si distinguono diversi generi di vasa caelata: gli ornamenti si potevano stozzare nella stessa lamina del vaso, oppure si lavoravano a parte per poi esservi attaccati (emblemata; crustae). Inoltre, essendo l'argenteria fra i principali oggetti di lusso la moda fu inesauribile a pretendere e a produrre nuove varietà di tipi e di forme (Plinio)

RIPRODUZIONE DELL'800 DA ORIGINALE GRECO-ROMANO - ITALIA


I SERVIZI DA TAVOLA

Quanto al vassoio, vi campeggiava un asinello in corinzio con bisaccia, che aveva olive bianche in una tasca, nere nell’altra. Ricoprivano l’asinello due piatti, su cui in margine stava scritto il nome di Trimalcione e il peso dell’argento. E vi avevano saldato ancora dei ponticelli, che sostenevano ghiri cosparsi di miele e papavero. E c’erano dei salsicciotti a sfrigolare su una graticola d’argento, e sotto la graticola susine di Siria con chicchi di melagrana”. (Satiricon - Petronio)

L'uso dell'argenteria nasce anzitutto per i servizi da tavola, intorno al 100 a.c come elemento caratteristico dei banchetti e dello stato sociale di chi ospita.

Da Marziale e da Plinio il Vecchio (Nat. hist.,XXXIII) sappiamo che si venne a creare un mercato d'arte, nei quale i collezionisti appassionati offrivano prezzi audaci per le opere dei celebri orafi greci (Mentor, Kalamis), tanto da provocare un'attività di imitatori falsari.

Ma anche per le statue e per l'argento vi fu una corsa, solo che mentre le statue per la loro superiorità erano solo imitabili, gli argenti greci furono invece solo uno spunto, perchè gli argentieri romani nulla avevano da invidiare agli elleni.

La corsa all'argento da esibire a tavola o come suppellettili di lusso fu pure uno status simbol, poco finemente esibito a suon di libbre.

Ne fece testo Pompeo Paolino, governatore della Germania Inferiore, amico di Plinio, che ne possedeva 12 mila libbre.

In Italia si usa oggi il titolo di 800/1000, mentre i paesi anglosassoni usavano ed usano tutt'oggi la titolazione romana di 925/000, il titolo più alto in cui è possibile lavorare il metallo prezioso.

 Ma il buon gusto dettava scelte diverse: i raffinati si contentavano magari di pochi oggetti ma di grande qualità, i più rozzi, specie tra i liberti, miravano a impressionare per il numero e il peso dei loro servizi da tavola.



LA STATUARIA

 L'argento romano però non si limitò al vasellame ma entrò pure nella grande statuaria; numerose iscrizioni conservano il ricordo di statue onorarie che, erette in luoghi pubblici, avevano attirato la cupidigia per il metallo prezioso, si che furono le prime ad essere abbattute dal nuovo cristianesimo iconoclasta.

STATUETTA DI GIUNONE
Sopravvisse invece nella statuaria più piccola, perchè era possibile nasconderla, come nei ritratti di imperatori (p.es. di Lucio Vero da Bosco Marengo) o di privati (busto di Vaison-la-Romaine), nonchè statuette varie (il cavallo d'argento del Louvre e le statuette-saliere di Chaourse, Nikolaevo e Saida).

 Ma c'erano anche statuette di divinità per la buona fortuna durante un banchetto, come la Dea Fortuna qui a lato, tutta in argento e ornata con dorature varie che, posta sulla tavola, era oggetto di vari brindisi sacrali per la buona sorte dei commensali.

Ma riguardarono pure immagini di divinità (le statuette del tesoro di Mâcon), in numero piuttosto elevato.

Perfino il mobilio ebbe una larga produzione d'argento, in elementi pieghevoli (sepoltura di Concesti), appliques per poltrone o per casse (tesoro dell'Esquilino), sostegni per tavolo (tripode di Polgardi, in Ungheria).

C'erano poi gli scrigni per gioielli, per profumi o per abiti, come nel tesoro dell'Esquilino della II metà del IV sec., analoghi a quelli riprodotti in un contemporaneo mosaico di Sidi Ghrib, presso Tunisi, con scena di toletta femminile.

Mentre alla fine della repubblica e nel I sec. l'attenzione degli orafi era attirata soprattutto dal vasellame potorio, con la fine del I sec. e almeno sino alla fine del III gli oggetti più raffinati sono costituiti dai piatti, e in genere dalle forme aperte.

LUCIO VERO
Come si è visto a Pompei, la diffusione degli oggetti d'argento nel mondo romano interessava una porzione molto ampia della società: accanto a tesori particolarmente spettacolari, come quelli di Boscoreale o della casa del Menandro a Pompei, veri e propri servizi da tavola, sono attestati ritrovamenti più modesti, limitati talvolta a pochi pezzi.

La maggior parte dei romani anche se non era ricca era comunque benestante perchè poteva concedersi anche un po' di superfluo.

In epoca tardo-antica appaiono con più frequenza i nomi dei proprietari dei tesori d'argenteria, come i Turcii per il tesoro dell'Esquilino, i Cresconii per quello di Cartagine, o il peso di ben 100 kg nel tesoro di Treviri, oggi scomparso.

Il gusto per l'argenteria si diffuse per tutto l'impero, fino a risentire della scarsità del metallo per battere le monete in argento.
Le miniere principali derivavano dalla Penisola Iberica, ma pure dall'Anatolia, e nella regione di Kosmaj (ex Iugoslavia).
Spesso l'argenteria rovinata o passata di moda veniva rifusa e di nuovo modellata.



LE TECNICHE

Le tecniche della lavorazione dell'argento cambiarono col tempo: nel I sec. si usò molto lo sbalzo, come le due coppe con centauri di Berthouville.

Nello sbalzo si esegue,l'opera in "negativo", modellando delle concavità nella lastra, che a lavoro finito diverranno rilievi.

BROCCA PELEGRINA
TES. ESQUILINO
Nel II e nel III sec. lo sbalzo passò di moda mentre vennero molto usate la fusione a cera persa e il cesello, come nel tesoro di Vienne. Il metodo a cera persa consiste nel creare un modello di cera e per farne uno stampo di argilla.

 Praticando due fori sullo stampo, uno in alto e uno in basso si fa uscire la cera scaldandola e si versa argento fuso al suo posto.

Se ne ricava un modello identico a quello di cera. Nello stesso periodo di sviluppa il niello, tecnica che consiste nel coprire i tratti di un'incisione con il niello ridotto in polvere.

 Il niello è una lega di zolfo, rame, argento e piombo, usata come intarsio nell'incisione di metalli.

 Il «piatto di Arianna» del tesoro di Kaiseraugst assommò, secondo la moda del tempo, la maggior parte delle tecniche in uso intorno al 350: la doratura, la niellatura e il rilievo, ottenuto con una leggera depressione dei motivi geometrici.

 Il gusto per il rilievo conosce una ulteriore evoluzione, come nell'anfora di Porto Baratti in Toscana, ornata con file di piccoli medaglioni ovali che imitano in maniera perfetta pietre incise.

 L'argento costituisce anche un elemento importante nelle largitiones imperiali (v. vol. IV, Largizione, piatti dì), soprattutto nel IV sec., periodo ricco di esemplari (tesoro di Nis, ritrovamento di Cervenbreg in Bulgaria per i decennali di Licinio, tesoro di Monaco, per gli anniversari dei figli di Licinio e di Costantino).

MESTOLO, TESORO DI HOXNE
ln alcuni casi la decorazione figurata è elaborata (come nel missorium di Teodosio e in quello di Valentiniano), il più delle volte è molto semplice (coppe di Niš): ciò che conta è soprattutto il peso del metallo.

Nel cristianesimo si incitarono i fedeli alla generosità (Vita di Santa Melania, 19), fondendo preziosi oggetti di argenteria per ricavarne denarum da dare ai poveri ma soprattutto alla chiesa.
(così preziosi capolavori d'artigianato romano andarono perduti e trasformati dalla chiesa in lingotti. Ciò spiega l'abbondanza di lingotti in epoca tardoantica.

Peraltro, anche se si rimane colpiti dall'altissima qualità dell'argenteria del vasellame romano che si mantiene costante nel corso di tutta l'età imperiale, è soltanto nella tarda antichità che si sviluppa un sistema di marchi.

Si usano prima sui lingotti, alcuni dei quali, contrassegnati da un marchio ufficiale di origine controllata (l'immagine di una Tyche), sono detti di puro argento «pusulatum»; sugli oggetti i marchi invece continuavano a essere, nel IV e nel V sec., eccezionali e spesso poco comprensibili.





LE FORME DEI VASI


 ALABASTRON 

Vasetto per olii e profumi, d'uso quotidiano o nelle cerimonie funebri. prende nome dall'alabastro in cui era originariamente prodotto dall'Egitto, e poi diffuso in Grecia e in Roma.

Di ridotte dimensioni, per poter stare nella mano di chi lo usa. Aveva un corpo longilineo e allungato, senza manici, e collo abbastanza stretto da permettere al liquido di cadere goccia a goccia.

Aveva tre forme fondamentali:

- quella corinzia, VII - VI secolo a.c., con corpo allungato più gonfio verso la base,  di 8/10 cm;
- quella attica, più lunga (fino a 20 cm), fine del VI sec. a.c. fino inizio del IV,  con profilo a collo distinto e base arrotondata;
- quella piriforme dei siti archeologici dell'Etruria e della Grecia orientale.



ANFORA 

Grosso vaso a due anse, di forma allungata e strozzata all'imboccatura, terminante in una punta o in un piccolo piede per l'infissione nella sabbia o appositi sostegni.

 Era utilizzata per contenere olii, vini, cereali, cibi in salamoia. Aristofane cita anfore “ piene di rosso e odoroso vino” ed Euripide parla di un’anfora di latte, Senofonte allude all’anfora che contiene delfini (Anabasi)
28), sicuramente in salamoia.

 Compaiono nel tardo impero le grandi anfore in argento con superficie decorata a sbalzo con motivi a fregio marino, e amazzonomachia (Concesti), o corteo di satiri e baccanti (tesoro di Seuso). Hanno collo leggermente rastremato, quasi cilindrico e due anse plastiche.

Queste anfore hanno  il collo leggermente rastremato, quasi cilindrico e due anse plastiche, a forma di centauro la prima e di pantera la seconda. Di forma simile, ma assolutamente unica per schema decorativo, é l’anfora, ora mancante delle anse, ripescata nel mare di Baratti.



ARIBALLO 


Piccolo vaso globulare con collo stretto ed una sola ansa dotato di un piede piatto. Utilizzato dagli atleti o dalle donne come contenitore di profumi e unguenti. Pieno o con largo foro centrale.

Spesso il vasetto é riprodotto in scene figurate sia pendente dal polso degli atleti che appeso alla parete di una stanza con lo strigile ed altri oggetti della toeletta maschile.

Oppure è rappresentato a parte su un tavolinetto o una mensola mentre le donne fanno il bagno. Questo in alto è in ceramica e di carattere votivo o almeno apotropaico, in quanto dedicato ad Atena, a cui la civetta era sacra.

Quello sottostante è la forma più usuale dell'ariballo, con tappo più o meno grande, talvolta con minuscole anse ma solo decorative.
Se in ceramica veniva decorato, oppure era in bronzo o in argento, ma spesso anche di vetro.

Se era in argento però, l'ariballo veniva sbalzato e cesellato, oppure solo lavorato a cesello, con decorazioni a volte geometriche, accompagnate da foglie e frutti, a figure mitologiche, a simboli, a tralci di alloro, o ad animali sacri.



ASKOS

Vaso “a forma di otre” con ventre allungato a pareti convesse a volte asimmetriche, con collo corto e asimmetrico. L’apertura é allungata e obliqua, più alta sul lato opposto all’ansa,

Labbro espanso e orlo obliquo. Fu utilizzato per contenere e per versare liquidi, soprattutto vino ed olio.

Soprattutto nelle realizzazioni in ceramica  riprodusse figure di uccelli e di anatre, mentre nelle versioni in bronzo o in argento la decorazione venne riservata alle anse.



BICCHIERI

In argento o in stagno, costituiscono un elemento importante nei servizi di argenteria del I secolo, come quelli della Casa del Menandro, di Boscoreale e di Hildesheim, preziosamente e riccamente decorati. In seguito prevalsero quelli di vetro.

Varie forme, che compaiono di regola in una o due coppie, consentono di risalire alle abitudini nel bere e a forme destinate a particolari bevande. 

Nei ritrovamenti del III e del IV secolo sono, invece, rari o mancano del tutto, quando vengono sostituiti da recipienti in vetro che presentano le stesse forme dei pochi documentati in argento.



BOTTIGLIA 

Recipiente in bronzo o argento per versare i liquidi; si distingue dalle brocche per l’apertura più stretta e il maggior pregio.

Nel Tesoro di Cartagine si trova una bottiglia in argento su piede quadrangolare svasato, con corpo circolare schiacciato e lungo collo, bocca svasata a becco che si restringe leggermente verso l’alto. Sul corpo sono rappresentati una testa femminile di profilo, mentre sui fianchi alcune protomi

Fa parte del Tesoro dell’Esquilino una bottiglia in argento a forma di fiaschetta con collo lungo e stretto e bocca larga.
La decorazione, di medaglioni circolari formati da girali vegetali, copre interamente la superficie, con geni intenti in diverse attività e animaletti che riempiono lo spazio tra i tondi.
Vi si versavano vini particolari o vini dolci o spumanti, che già esistevano all'epoca.



BROCCA 

In bronzo o argento, con imboccatura larga, ansa verticale e coperchio. La brocca biconica, in particolare fu molto diffusa. A Pompei le brocche hanno ansa verticale e imboccatura circolare, stretta o di medie dimensioni. Si sa che però Pompei prendeva la sua moda da Roma, essendo piena di ricchi villeggianti romani che trascorrevano lì i famosi "otii", gli ozi.

Di solito queste bottiglie contenevano vino già allungato con acqua. In età primo impero di rado sono grandi e raramente decorate. Il loro valore era più nel metallo che nella lavorazione, ma c'era anche un altro scopo: il vino nell'argento migliora il suo sapore, tant'è vero che intenditori raffinati consigliavano di lasciare sul fondo delle bottiglie dei dischetti d'argento. Ma se la bottiglia era già in argento non aveva bisogno d'altro.

Nel IV sec. d.c. le brocche sono invece anche di notevoli dimensioni, più slanciate e decorate da scanalature tondeggianti o sfaccettature verticali, o con raffinati motivi geometrici, animati da piccoli animali, resi a niello.  Quella a lato è rifinita ad incisione e risale al IV sec. d.c.



CALICE

Nei tesori di argenteria tardo-antica compare il calice con coppa emisferica su alto stelo elaborato, con piede a disco orlato da grosse sfere. Presto passò ad uso della chiesa cattolica che accumulando beni e privilegi poteva largamente permetterselo.

Sulla tavola però venne largamente sostituito col vetro, tanto più che c'era anche vetro prodotto su scala industriale, cioè su matrice anzichè soffiato, per cui potevano permetterselo in molto, ma divenne invece oro e argento per la chiesa.



CANTARO

Grossa coppa di argento o ceramica per bere, sempre dedicato a Bacco, provvisto di piede e di due grandi anse che sormontano l'orlo. Coppa ha il corpo ovoidale o emisferico, poggiante su un alto piede, con due anse verticali slanciate, che talora sormontano l’orlo. Il corpo é spesso decorato o con motivi vegetali o con scene figurate.

Se ne usarono in ceramica, in bronzo e in argento.
Quelle in argento venivano per lo più incise, talvolta sbalzate e incise.

Il cantharus in argento con Tritoni e Nereidi da Pompei, I sec. a.c., con unica ansa sopraelevata ha ricca decorazione a cesello. Sempre a Pompei, decorati da tralci di ulivo, i cantharus del servizio della Casa del Menandro, hanno due anse sopraelevate non saldate all’orlo, con lavorazione a sbalzo.

Era decorativo ma veniva anche usato per offrire frutta fresca, datteri, frutta secca e dolciumi secchi.



COPPA

Di dimensioni maggiori rispetto alle coppette, in bronzo o argento, in genere senza anse.

Usatissima nella prima età imperiale, due esemplari splendidi con busti-ritratto di privati sono stati rinvenuti a Boscoreale.

Gli esemplari in bronzo di Pompei presentano pareti convesse e imboccatura molto più ampia della base che può essere portante, o su tre piedi o ad anello.

 Usata per frutta, datteri etc. 



COPPA A CONCHIGLIA 

Se ne produceva in argento, a valva di conchiglia, resa in modo naturalistico o stilizzata. Priva di piede, senza presa o sospensione, o provvista di due anse mobili o di un anello di sospensione.

La coppa a conchiglia in argento, di epoca tardo-antica, del Tesoro dell’Esquilino é decorata all’interno da una raffigurazione di Venere assistita nella toilette da due amorini, alla presenza di Adone.
Veniva usata per offrire impasti di pesce o salse a base di pesce o ostriche.



CRATERE


Grande vaso usato nell'antichità classica, dotato di una larga imboccatura, in cui si mescolavano l'acqua con il vino. Ad esso si attingeva in genere con un mestolo d'argento.

Per lo più era di forma emisferica, fornito di un piede e di due anse o manici. Di solito era lavorato a sbalzo e a bulino, con scene mitologiche o agresti.

Solitamente veniva usato dopo il pasto, veniva portato alla mensa da uno schiavo che attingendo con un vaso ad ansa alta, riempiva le coppe (Kylix) di ciascun convitato.



FIASCHETTA o Ampulla 

Vasetto da toilette in bronzo o argento, per contenere oli e unguenti, indicato dalle fonti come lekythos o ampulla, di piccole dimensioni a collo stretto e corpo espanso, in genere con tappo e catenella.

Le catenelle di sospensione servivano per essere allacciate al polso dell’atleta, o collegate ad un anello di metallo e a corregge di cuoio insieme ad altri oggetti da palestra, come strigili e bacinelle. 

Le fiaschette di epoca tarda compaiono anche in argento e presentano il corpo schiacciato a doppio disco, e sono decorate a sbalzo con motivi sia pagani che cristiani, come i due esemplari rinvenuti con altre argenterie cristiane nella casa dei Valerii sul Celio.



KOTYLE 

coppa profonda con due anse, in bronzo, argento o oro. In età orientalizzante sono documentate a Preneste, in Etruria e in Campania. Decorativa o per offrire frutta etc.



KIATHOS

Piccolo recipiente (e misura) di cui ci si serviva a mo' di ramaiolo per attingere il vino dai crateri.

Speciali quelli eseguiti in Etruria in bucchero, ceramica nera, molto raffinata e sottile, come nella figura a fianco, nonchè costosa.

Meno costoso il falso bucchero, che era un'imitazione, dove l'oggetto aveva una copertura di tinta nera ma non aveva l'impasto nero come il bucchero, e pertanto lo spessore della ceramica non era sottile nè lucido come quello autentico.
Se ne facevano in ceramica, in bronzo e in argento.



LANKS 

Vassoio da portata in argento di varie dimensioni, sia ovale che rettangolare. Faceva parte del servizio da tavola, dell’argentum escarium, cioé piatti e vassoi da portata per cibi solidi.

A Pompei e a Boscoreale ne sono stati rinvenuti di tondi, elegantemente decorati nelle anse o lungo i bordi. Le anse del grande piatto da Boscoreale sono ornate da delfini; quelle della Casa del Menandro sono a testa di Sileno circondata da due oche spennate.

Nei servizi di III e IV sec. d.c. i tondi diventano più rari, mentre i vassoi da portata, di misure diverse e di varia forma, sono completamente ornati e incisi a soggetti mitologici.



CANDELABRI

Sui tavoli dei romani spiccavano vasi e candelabri di ogni tipo, d'argento e di bronzo, e talvolta in oro, oppure dorati.

Pochi sanno che il vermeille francese fu inventato dai Romani, o almeno lo praticarono prima di loro, ma con una lavorazione speciale, perchè ribattevano l'oro sopra l'argento fino a che non si fondeva almeno superficialmente con l'argento sottostante.

Non una doratura come il vermeille francese, ma una specie di lega a freddo.

Per farsi luce i romani usavano candelabri, torce, lanterne e lucerne, e le più ricche erano naturalmente in argento.



COFANETTO

Contenitore d'argento con coperchio atto a contenere oggetti da toeletta.

COFANETTO DELLE MUSE
Due cofani fanno parte del Tesoro dell’Esquilino,  330 - 370 d.c.
Il primo cofano é di forma rettangolare con coperchio, lavorato a sbalzo e parzialmente dorato. Presenta due maniglie sui lati brevi e quattro piedi.

Sul coperchio, al centro, due eroti sostengono una corona d’alloro con i busti di un uomo e di una donna la cui identità é rivelata dall’iscrizione che corre lungo l’orlo del coperchio: Secundus e Proiecta.

La scena rappresentata sulla parte posteriore del coperchio é stata interpretata come l’avvio della sposa al matrimonio, mentre le altre scene sono di carattere mitologico. Il carattere dell’iscrizione e le scene rappresentate fanno interpretare i due cofani come un dono di nozze.

L’altro cofano da toeletta é di forma circolare con coperchio a cupola con scanalature lisce alternate a pannelli piatti decorati, incernierato al contenitore vero e proprio e fornito di tre catenelle per la sospensione.

Il contenitore ha le pareti scanalate decorate a sbalzo, con la raffigurazione delle Muse, alternate a
pannelli piani con uccelli ed elementi fitomorfi. All’interno si trovano cinque bottiglie cilindriche
con coperchio destinate ad olii e profumi.



GRATTUGGIA

Se ne usavano in bronzo o in argento. Ma fu anzitutto usata dagli etruschi che ne avevano sicuramente almeno in bronzo.
Era di forma rettangolare con il bordo liscio su tre lati; i fori sono disposti secondo due diagonali che si incrociano al centro.
Questo tipo di grattugia é documentata in argento nella tomba Bernardini di Preneste.



KYLIX 

Per la degustazione del vino, durante i banchetti, venivano utilizzati recipienti di varie forme e materiali. 

La scelta del recipiente dipendeva dalla natura del vino e dal modo in cui veniva preparato: il vino poteva essere bianco o rosso, caldo o freddo, naturale o conditum, cioè mescolato a miele e a pepe.

Il kylix era un vaso tronco conico più ampio all'imboccatura che alla base, la differenza tra collo e base era scelta a seconda del tipo di vino da degustare, come noi oggi scegliamo un bicchiere da vino, da flute, o da cognac.



LOUTROPHOROS

Anfora dall'alto collo che serviva a portare l'acqua per i bagni rituali. I più preziosi erano naturalmente in argento.

Usato in rituali di cerimonie religiose sia nei templi che nelle case private dal capofamiglia o dalla matrona per cerimonie particolari riservate alle donne.

Talvolta un tipo simile veniva usato anche per lavare le mani agli ospiti nei suntuosi banchetti, in modo che gli stessi potessero godere della raffinata decorazione dell'anfora. 

Naturalmente non era lo stesso vaso perchè gli usi religiosi non erano consentiti con gli stessi strumenti usati nel profano.



 MASTOS 

Recipiente di forma tronco-conica, più largo alla bocca che alla base. Doveva impiantarsi su una base da cui veniva prelevata ogni volta per l'uso.

Il nome deriva da « mammella» di cui il vaso ripete la forma. 
Dal greco mastós = mammella. Ha due anse ed era poco diffuso.
Tuttavia se ne fecero in ceramica e in argento.



OINOCHE 

Vaso di origine greca, fin dall'età minoica e micenea, e comparve pure nell'arte etrusca. Fu molto usato anche  dai romani, sia in argilla che in bronzo o argento.

Era panciuto ma di forma allungata, con un beccuccio trilobato e un solo manico verticale. Di solito vi si applicava un'immagine di divinità o altro simbolo.

Veniva isato per attingere il vino mescolato con acqua dal cratere e versarlo nelle coppe. Qui a fianco una oinoche apula.



 OLPE 

Brocca per versare e attingere liquidi, con un solo manico e corpo panciuto.
Molto simile all'Oinoche.



PELIKE

Tipo di anfora caratterizzata da collo tozzo e ventre espanso.



PADELLA 

In argento accessorio del servizio da banchetto, adoperata per lavare le mani.

Compare su un piatto in argento della fine del IV secolo da Cesena, che raffigura un servitore nell’atto di versare acqua da una brocca dentro la padella, mentre il convitato si sciacqua la mano.



PHIALE O PATERA

TESORO DI MORGANTINA
Nei servizi in argento del I sec. d.c. compaiono per la prima volta le casseruole, dette patere, che poi si diffonderanno sempre più.

La decorazione delle anse di questi primi esemplari presenta sottili tralci vegetali, rosette, conchiglie e animali marini, un tirso (tesoro di Boscoreale); nel servizio della casa del Menandro è rappresentata in alto una testa di Medusa, mentre un altro esemplare presenta un
complesso motivo di scene di caccia con alcune parti dorate.

L’ansa generalmente è unita alla coppa da un semicerchio che presenta alle due estremità delle teste di volatili.

Ma venne chiamata patera anche una casseruola di cui non si capisce bene l'uso, un'ara a due manici o con un manico unico, in genere orizzontale, come una padella. 

Però il recipiente era a casseruola e in quelli reperiti non v'è traccia che fossero stati usati sul fuoco.

Del resto cuocere l'argento lo renderebbe così nero e velenoso che nessuno sarebbe così sciocco da usarlo.

Evidentemente la casseruola veniva usata per contenere il cibo come piatto da tavola, evidentemente per un pasto alquanto liquido o almeno con parecchio sugo.

Del resto solo a tavola con ospiti di riguardo si sarebbe usato un piatto da portata così costoso.

PEPIERE

PEPIERA

L’uso del pepe indiano sembra sia iniziato nel I sec. d.c., si sa che esistevano anche macinini per il pepe. Ecco tre pepiere romane, due a forma di animale e a destra quella della cosiddetta «Imperatrice», in realtà una donna ricca e acculturata.

Dal Tesoro della “Casa del Menandro” di Pompei provengono due pepiere d'argento, del I sec. d.c..
La prima ad anforetta con anse a nastro e piede a bottone sul fondo a sei fori, composta da due parti che si incastrano.
La seconda a sfera, scanalata, con disco a quindici fori saldato al fondo.



PIATTO 

A Pompei piatti fondi in bronzo con pareti convesse e base molto larga ma poco profonda. I piatti dei servizi di argento del I secolo sono generalmente tondi, poco profondi, lisci, con anse orizzontali e la superficie decorata a rilievo. Sono a stampo o in fusione.

Si ritrovano piatti ovali nella Casa del Menandro, in un servizio con un recipiente più grande e 16 piatti più piccoli. I piatti, a volte con lo stesso stile delle coppette, sono decorati con piccoli medaglioni a niello e orlati con perle e astragali.

In epoca tarda compaiono i piatti da portata, anche rettangolari o quadrati, o con bordo poligonale, naturalmente più grandi. I piatti decorati all'interno con incisioni e medaglioni servivano per esclusivamente per arredamento.



RYTON 

Il vaso era usato per bere o per libare.

In genere era a forma di corno o di testa di animale ed aveva due fori per introdurre e versare il liquido.

In Egitto sono stati pervenuti degli esemplari in terracotta, in pietra, in pietra dura e in metalli preziosi.

A volte erano d'argento, a volte in argento dorati o con inserti dorati.



SALINUM

Recipiente in argento per contenere il sale.
Nel tesoro di Boscoreale se ne sono rinvenuti quattro cilindrici, di elegante fattura, con sostegni in forma di zampa ferina.



SALSIERA 

Recipiente di bronzo poco profondo con becco versatoio.
Con base ampia o su tre piedi.
I Romani erano grandi estimatori di salse di ogni tipo, specie agrodolci.



SCIFO

Vaso di forma tronco-conica, adoperato a partire dal VI secolo a.c.

Era provvisto di due anse in genere molto sottili innestate obliquamente un po' sopra all'altezza dell'orlo.

Questo magnifico esemplare proviene da Pompei. Viene lavorato a sbalzo con applicazioni ottenute in fusione e saldate allo scifo. Le immagini di solito venivano ritoccate a cesello.



SCODELLA

Recipiente basso ma più profondo del piatto, cilindrico o leggermente troncoconico, in bronzo o in argento. 

Spesso avevano un grande medaglione lavorato sul fondo e una bordatura in fusione.
Talvolta erano dorate o con inserti dorati, o dorate solo all'interno.

 Vi si ponevano zuppe o creme, in genere attinte con la ligula, il cucchiaio di tipo fine.



SECCHIA 

Corrisponde all’attuale mestolo, con vasca più o meno piccola, a volte a forma di vasetto globulare, e da un lungo manico verticale o orizzontale.

Spesso aveva un gancio o un anello di sospensione. Di solito era in bronzo o argento.

Vi si servivano gli umidi o cibi in salsa o zuppe. Servendosi insieme al piatto di portata faceva la sua superba figura a tavola per colpire e stupire i convitati.




SITULA 

Si trattava di un vaso troncoconico od ovoide, in bronzo, in argento o in ceramica. Era spesso istoriato o con bordi lavorati e con manico eseguito in fusione.

Detto vaso serviva ad attingere e a contenere liquidi, in genere vino annacquato, dolcificato ed aromatizzato.

 Le situle più semplici erano usate pure nelle tabernae, le più ornate nelle domus. A volte, in dimensioni ridotte, venivano usate per bere.

Se ne usava anche un tipo molto semplice e grande come un secchio che serviva ad attingere acqua dai pozzi.




I REPERTI 


I TESORI

Nel linguaggio archeologico si definisce "tesoro" un complesso di oggetti in metallo pregiato, oro o argento, ritrovati casualmente o in regolari scavi archeologici, costituenti originariamente una raccolta fatta in antico per tesaurizzare, appunto, oggetti preziosi e spesso per nasconderli dal pericolo di invasioni con furti o saccheggi.



TESORO DI MILDENHALL

Il tesoro di Mildenhall è un importante deposito di vasellame da tavola in argento di epoca romana, risalente al IV secolo e ritrovato a West Row, nel Regno Unito.

Il tesoro fu scoperto da un contadino nel 1942, mentre arava un campo. Venne segnalato alle autorità verso il 1946 e il tesoro fu dichiarato treasure trove («tesoro trovato»), cioè nascosto con l'intenzione di essere recuperato successivamente, e acquisito dal British Museum di Londra.
 
È composto da due grandi piatti da portata, due piccoli piatti da servizio decorati, una ciotola dal collo lungo, un servizio di quattro ciotole grandi decorate, due ciotole piccole decorate, due piatti piccoli su alzata, una ciotola flangiata profonda con ampio coperchio a volta, cinque piccoli mestoli rotondi con manici a forma di delfino, e otto cucchiai col manico lungo (cochlearia).

Il tesoro è composto da vasellame da tavola in argento appartenente a tipologie comuni nel IV sec, e fu probabilmente nascosto durante quel periodo. La maggior parte dei reperti è più grande della norma e sono tutti prodotti di alta qualità per la finezza dei modelli e dell'esecuzione.






GRANDE PIATTO DI BACCO

DETTAGLIO
Misura 605 mm in diametro e pesa 8256 g. Al centro è raffigurato Oceano, con la barba di alghe e delfini sui capelli. Egli è circondato da nereidi, tritoni e altre creature marine.

La zona esterna, invece, contiene satiri e menadi che bevono, suonano e danzano, in celebrazione del trionfo di Bacco su Ercole.

Questi è completamente ubriaco, sostenuto da due satiri, mentre Bacco è raffigurato con la sua pantera e Sileno, e c'è pure il Dio Pan che danza brandendo il flauto.



PIATTO DI PAN

In questo piatto, appartenente allo stesso tesoro, compare il Dio Pan che suona la siringa e una menade che suona un flauto doppio.

Intanto in alto una Dea, forse Venere, sta fra gli animali. In basso un serpente e un asino.

Sembra un piatto sia di stile vagamente dionisiaco, per l'aspetto giocoso e ludico e per la figura presunta di Pan.






TESORO DI BOSCOREALE

Nel 1865 nel corso di scavi a Boscoreale, alle pendici del Vesuvio venne in luce lo straordinario tesoro di argenteria, composto da 111 pezzi, celato in un sacco di tela all'interno di una cisterna di una villa rustica.


SPECCHIO  DI LEDA

Specchio raffigurante Leda, l'amante di Giove e la madre dei Dioscuri, col cigno.
La Leda, seduta su una roccia, sembra stia nutrendo l'animale.

Lo specchio proviene da Boscoreale.
Nel centro dello specchio il medaglione è realizzato in fusione.

Il bordo è ribattuto e anche il manico è fuso.
Gli specchi potevano essere in bronzo lucidato o in argento lucidato.



TAZZA DI TIBERIO

Tazza d'argento dal Tesoro di Boscoreale, Parigi, Musée du Louvre -
Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines.
Nel 1865 nel corso di scavi a Boscoreale, alle pendici del Vesuvio venne in luce lo straordinario tesoro di argenteria, composto da 111 pezzi, celato in un sacco di tela all'interno di una cisterna di una villa rustica.

La tazza illustra un trionfo sul carro col vincitore e il corteo celebrante e plaudente. Il vincitore è laureato e porta lo scettro, per cui dovrebbe trattarsi di Augusto.Tazza d'argento che rappresenta il carro trionfale di Tiberio.

Questa tazza ha un decoro altamente dettagliato e lavorato a sbalzo. Esso è parte del tesoro d'argento di Boscoreale, del I sec. d.c..

Vi si riconosce un imperatore che riceve tributi dalle province conquistate, un tema evidentemente propagandistico.
La parte del retro mostra il toro bianco che viene portato al sacrificio con il copricapo rivestito di piume aquila e lana.

La parte qui visibile raffigura Tiberio in piedi sul suo carro trionfale, inciso con una Vittoria che tiene un trofeo; tiene un ramo di palma e uno scettro sormontato da un'aquila.
Dietro di lui si trova schiavo in possesso di un corona d'alloro foglia sopra la sua testa. Parigi, Museo del Louvre.



TAZZA DI APOLLO 

Tazza di rara bellezza, con la raffigurazione di Tritone e di Apollo bambino.

Proviene da Boscoreale ed è conservato al Louvre.




BROCCA GENIO ALATO


La brocca è lavorata a sbalzo e ritoccata a cesello.

Viene anch'essa da Boscoreale.

Rappresenta appunto un Genio alato.

E' fornita di un manico unico e liscio, di un coperchio, oggi mancante, che era sostenuto da una piccola cerniera.

Ha una base tonda svasata che lo sorregge decorato a foglie.

Sul collo ha delle scene mitologiche ricoperte da una patina di brunitura che fa da elegante contrasto con la lucentezza del rest della brocca.

Serviva soprattutto per versare del vino, che nel contenitore in argento impreziosisce il suo sapore.



COPPA MACABRA


Trattasi di due coppe con scheletri che suonano.

Molto ben fatte (sono due) e di grande spirito, resta da vedere se le trovavano spiritose anche gli ospiti.

Scherzare sulla morte faceva parte di alcune branche della filosofia, come ad esempio lo stoicismo e l'epicureismo.

Provenienza da Boscoreale, come parte del famoso Tesoro.



TAZZA ULIVO

Sempre da Boscoreale, naturalmente proprietà del Louvre, una tazza incredibile, coi rami d'ulivo e le olive che circondano la tazza e spuntano da essa, il tutto in argento massiccio.

Qui ogni pezzo è realizzato in fusione e saldato alla tazza.



COPPA DELLE CICOGNE 

Provenienza dal tesoro di Boscoreale.
Nel 1894 Vincenzo De Prisco ritrova nei suoi terreni a Boscoreale, in località Pianella, dei ruderi in cui rinviene una serie di oggetti in argento, cioè il famoso Tesoro di Boscoreale.

Non si sa come mai il governo italiano non l'abbia impedito, fattosta che il tesoro arriva al Louvre.

Ne deriveranno indagini di Pubblica Sicurezza, querele, ambasciate, ecc. ma, si dice, per evitare che il prestigio del Governo Crispi venga intaccato da un simile scandalo, (ma lo scandalo non è l'aver perso il tesoro?) si addiverrà ad un accordo con il De Prisco.

Così il Louvre continuerà ad essere il legittimo proprietario di quei 128 oggetti in argento, tanto da poterli "generosamente" prestare al Museo Archeologico di Napoli nel 2006 per la mostra "Argenti a Pompei".

La maggior parte dei tesori italiani che giacciono in suolo straniero derivano da strani commerci, e succede tutt'ora.



BROCCHE DI BOSCOREALE

Si tratta di tre brocche, una di bronzo e due d'argento. Tutte e tre hanno il manico ottenuto in fusione e quindi lavorato a cesello.

Notare la più piccola, in argento che potrebbe essere denominata oggi una brocchetta stile impero. Potrebbe per esempio essere la lattiera di un attuale servizio da caffè in stile impero.



TAZZA INCISA DI BOSCOREALE

Elegantissima, senza fusioni, lucidata a specchio.

E' liscia all'interno e tutta incisa all'esterno con motivi floreali stilizzati.
Ha due manici lisci con un leggero solco centrale.

Il piede è unico con un bordo doppiamente perlinato (quello che i francesi chiamano perlè).




PATERA DI BOSCOREALE 

Ritratto di Cleopatra Selene, I secolo d.c., Parigi, Louvre.

Con dorature, animali, cornucopia, luna e ureo. Detta pure la "Coppa d'Africa"-

Qui Cleopatra è in veste della Dea Iside, signora degli animali come Grande Madre, con la cornucopia come Dea della Fortuna e con l'ureo dei faraoni egizi.




I TESORI DI POMPEI

Sembra incredibile ma questa brocca che sembra uscita dall'argentiere, ha circa 2000 anni e viene da Pompei.
I romani sapevano aver cura della propria argenteria, la proteggevano con morbide stoffe e la stipavano nelle casse se si trattava di argenteria da tavola.
Se invece era da mostrare al pubblico e faceva mostra di sè su un tavolino, la sera veniva tolta, lucidata con panno morbido e riposta nell'armadio o nel cassone, a seconda dei casi.

Eccezionalmente se il valore era molto alto o per ragioni varie, si riponevano nella cassaforte, perchè i romani avevano elaborate casseforti molto pesanti con numerosi e complicati catenacci.



VASO DI OMERO

O Calathus, è così chiamato perchè nelle sue immagini si rappresenta l’apoteosi di Omero.

Il vaso è di età augustea. Alto cm 12,5; del peso di g 795
Proveniente da Pompei.

E' lavorato a bassorilievo con bordi incisi.




VASO CON MANICO 

Vaso a tortiglione proveniente da Pompei.
Con il manico realizzato in fusione e con testina muliebre sul manico.

Il movimento a torcione, che verrà ripreso ampiamente nei vasi fiorentini del Rinascimento, era ottenuto battendo il metallo con una specie di martelletto.

Seguiva una levigatura, poi un bagno in argento puro e infine una lucidatura che rendeva l'argento ancor più splendente

SERVIZIO TOELETTA

SERVIZIO TOELETTA

A destra quattro stampi o formine d'argento a coste che somigliano a stampi per muffin.  Tre di esse riportano i nomi di Helvius Amandus and L. Herrenius Rusticus.
Vi si legge;

- Helvi Amandi p(ondo) I(librae) s(emissem) |(unciarum) |(semunciae) III
- Herenni Rustici p(ondo) I(librae) s(emissem) |(unciarum) II
- Helvi Amandi p(ondo) I(librae) s(emissem) |(unciarum) III
- L(uci) Herenni Rustici p(ondo) I s(emissem) |(unciarum) II
- Helvi Amandi p(ondo) I(librae) s(emissem) IV(unciarum) s(emunciae) III

Segue un grande specchio d'argento del diametro di 18 cm. e due spilloni per i capelli.
Al centro due cucchiai, facenti parte di un gruppo di cinque.

Supponiamo che ambedue le serie di ciotole facessero parte del servizio da toletta, anche perchè l'argento usato nel forno si annerirebbe in modo indecente.
Trattasi dell'argento trovato a Pompei e conservato nel Museo Archeologico di Napoli.

Qui a lato uno specchio d'argento di tema dionisiaco proveniente da Pompei.

Infatti vi è rappresentata una menade che cavalca un ariete accompagnata da eroti e geni alati.



 GRANDE ATTINGITOIO

Grande attingitoio, o Mestolo molto grande, o Patera, decorato con scena di caccia.

E' della Metà del I sec. d.c.
E' lungo cm 27,9 peso g 1075
Proveniente da Pompei, Casa del Menandro Napoli.

Museo Archeologico Nazionale



SERVIZIO TAVOLA POMPEI

Ci sono tre tazze a calice, un vassoio tondo con manici, un piatto a conca con manici, un colino piccolo, e uno strano vassoietto minuscolo issato su quattro zampi, in argento e forse avorio.

"… Rimosso con cura il poco lapillo e terreno filtrato a traverso lo spiraglio, liberato alquanto il vano dalle macerie di un muro abbattutosi durante la catastrofe, apparvero chiaramente i margini di una cassa di legno…rinforzata da spranghe e costolature in bronzo.

Negli strati superiori della cassa, erano raccolte in un sol gruppo le oreficerie e le monete di oro e di argento sfavillanti fra il lapillo: nello strato inferiore era invece tutto il considerevole gruppo delle argenterie, raccolte e disposte in serie, quasi tutte accuratamente avvolte in tessuto di tela pesante a grossa trama e del quale, a mano a mano che l’esplorazione procedeva, venivano anche raccolti grossi avanzi, come vecchi stracci marciti.

Le coppe figurate giacevano anch’esse al fondo della cassa con i piedi ed i manici dissaldati; e piedi e manici si rinvennero in buon numero quasi conficcati nella tavola di legno del fondo della cassa ed altri pochi si raccolsero con accurato vaglio di tutto il terreno… [gli oggetti erano] sfavillanti e bruniti come se uscissero or ora dalle mani dell’argentiere..."
(archeologo Maiuri - il rinvenimento del tesoro di Pompei)



TAZZA UCCELLI 

La tazza è decorata con spighe di grano, fiori e uccelli, soprattutto corvi che sembrano nutrirsi delle seminagioni.

Fa pensare a una filosofia di tipo stoico che guardava in faccia la morte senza paura.

Il manico, realizzato in fusione, ha una piccola maschera. Proviene da Pompei



TAZZA CON MANICI DECORATO A RAMI DI ULIVO 

Calice (cantharos)  lavorato con applicazioni saldate di piccole fusioni rappresentanti rami d’olivo e olive.

Fine del I sec. a.c. Alt. cm 12; del peso di g 435

Provenienza da Pompei, Casa del Menandro.  Napoli, Museo Archeologico Nazionale




POSATE 


CUCCHIAI E CUCCHIAINI

Ecco cucchiai e cucchiaini, per chi crede che i romani non usassero posate.



CUCCHIAIO ARGENTATO

Ecco invece il cucchiaio della tipologia cignus, dal tipico manico ritorto, placcato in argento e decorato con una creatura marina mitica simile al capricorno.

Questa invece è la forchetta romana, ma quella da portata, ossia da carne.
Si dice infatti che i romani non usassero forchette, perchè nei piatti da portata il cibo era già sminuzzato e si prendeva con le mani.

Però la cosa non è certa, anzitutto perchè personalmente ho visto in una collezione privata una forchetta etrusca di dimensioni così ridotte da escludere il suo uso da portata, e se la usavano gli etruschi possibile che non la conoscessero i romani?



LA FORCHETTA BIZANTINA


Si dice che la forchetta personale sia stata inventata dai bizantini, ma come si può vedere è a sili due denti, mentre quella romana ed etruschi è a tre denti.

La questione è ancora controversa.
Se infatti nel coltello monouso ci rientra la forchetta ciò contraddice il suo uso da portata.

Delle posate da viaggio sono di stretto uso personale e ridotte all'essenziale.



COLTELLO MULTIUSO

Il famoso coltello svizzero è stato inventato dai romani. Ne è stato recentemente rinvenuto uno che ora fa parte dell'esposizione di antichità greche e romane presso la galleria del Fitzwilliam Museum, Cambridge. 

Il multiuso, in argento a 925, come usavano i romani e come adesso usano gli inglesi, comprende oltre al coltello, un cucchiaio, una forchetta, e un minuscolo falcetto, il che ribadisce l'uso romano della stessa.

"Il coltellino svizzero, multiuso e tanto piccolo da entrare in una tasca ha più di duemila anni. Si chiama così ma non è un’invenzione recente, bensì degli antichi Romani, almeno secondo un museo di Cambridge che proprio in questi giorni ne sta esponendo uno antico.

Al Fitzwilliam Museum sono convinti di avere trovato uno dei tanti utensili moderni già conosciuti dai nostri antenati. “Crediamo di trovarci di fronte ad un esempio di coltellino svizzero dell’antica Roma che include un cucchiaio, un coltello, una forchetta a tre punti ed una sorta di stuzzicadenti”, ha detto Lucy Theobald, portavoce del museo.

“La versione romana del famoso strumento multifunzione, in argento e ferro, è stato ritrovato nel Mediterraneo. Risale ad un periodo tra il 200 e il 300 d.c. e misura quindici centimetri e probabilmente apparteneva ad un viaggiatore”, ha aggiunto".




CUCCHIAIO DA PORTATA

Cucchiaio grande da portata

- da Pompei, Casa del Menandro - Pompei

- Lungh. cm 40,9; peso g 163

Museo Archeologico Nazionale  Napoli
Chiamato "Trulla" dai romani.




TESORO DI MORGANTINA



TESORO DI MORGANTINA

Nel 1865 nel corso di scavi a Boscoreale, alle pendici del Vesuvio venne in luce lo straordinario tesoro di argenteria, composto da 111 pezzi, celato in un sacco di tela all'interno di una cisterna di una villa rustica.

Si trattava del Tesoro di Morgantina, nel sito archeologico siciliano in provincia di Enna.

Era composto da vasi, coppe d'argento lavorate a sbalzo,piatti, mestoli, pissidi, persino due corna da elmo, del III sec. a.c., rimasto sepolto per 2200 anni, poi scavato di frodo, esportato illegalmente, comprato illegalmente dal Metropolitan Museum di New York e, infine, restituito.

Si tratta di 14 pezzi d'argento, tutti pezzi da Tavola, alcuni dorati, tutti di pregiatissima fattura.
Diversi pezzi sono dorati o con inserti dorati.



CAPITELLO ARGENTO CON DORATURE

Del tesoro di Morgantina. Questo capitello doveva far parte di un corredo funebre, o uno strumento di culto in onore degli Dei Mani.

Infatti il capitello è ornato da tralci di alloro sostenuti da bucrani, cioè crani di buoi.

Mentre i serti di alloro sostenuti da teste di buoi erano inerenti al mondo dei vivi e delle divinità cosiddette diurne, i bucrani riguardavano il mondo dei morti e degli Dei Mani, che erano appunto divinità dell'oltretomba.



SALIERA A TRE PIEDI


Fa parte dei 128 oggetti, per lo più da tavola, quasi tutti in argento, a volte dorato, finemente decorati ad incisione, a sbalzo, martellati o cesellati, con soggetti animali, vegetali, mitologici o anche ironici. 

Molti utensili per mescere e mescolare il vino, brocche a un'ansa, mestoli, colini, saliere, cucchiai, vassoi, portauova, tutti estremamente raffinati ed attuali, così ricchi da poter essere facilmente scambiati per rinascimentali oppure per ottocenteschi.

Su tutti spiccano le coppe, generalmente accoppiate a due a due per tematica decorativa. Questa bellissima saliera è stata poi copiatissima nell'argenteria italiana fin dal rinascimento a tutt'oggi.



VASO CON UN SOLO MANICO

Del tesoro di Morgantina, vaso con un solo manico, fuso e inciso a cesello, con inserti dorati e piccolo mascherone all'estremità del manico..

la base invece è liscia e di diametro inferiore all'apertura.

Le dorature si ottenevano non con il bagno come usiamo noi ma con l'applicazione di un minimo spessore d'oro che veniva battuto sull'argento fino a formare un tutt'uno, una specie di lega oro-argento.




COFANO DA TOELETTA CON AMORINO

Proveniente dal tesoro di Morgantina, è rotondo, con base larga munita di tre piedi a zampa di uccello.

E'un cofanetto da toletta, atto probabilmente a riporre gioielli.

Talvolta però dentro i cofanetti si riponevano gli attrezzi per il trucco, come spatole, spugnette e pennelli.

Il putto è ad altorilievo con una parte sullo sfondo incisa a cesello.




TESORO DELL'ESQUILINO


 ANFORA AMORINI

Fa parte del tesoro dell'Esquilino, vaso senza manici del IV sec., di 34 cm, lavorato a sbalzo con amorini, fregi e animali.

 Il corpo della bottiglia è decorato a bassorilievo, con due coppie simmetricamente opposte di volute arabescate, di sei spirali ciascuna, che sorgono da due calici d'acanto posti sul piede.

Ha piede unico e imboccatura stretta.

 Sotto il collo le volute contengono due gruppi di frutti rotondi e due coppie di uccelli, poi frutta, foglie, grappoli d'uva, uccelli, conigli, capre, una cavalletta e una lepre.

 All'interno dei principali quattro medaglioni sono raffigurati degli eroti:
- uno con un cesto di frutta;
- uno a cavallo di un asino che rovescia un cesto di frutta;
- un altro vestito con un mantello, seduto su di un cesto, intento a raccogliere l'uva, con vicino una capra;
- l'ultimo che coglie l'uva, con una ciotola, un uccello e della frutta.

 La parte superiore della decorazione è delimitata da una modanatura composta da due giri di foglie. 
Questo vaso può passare per rinascimentale e riprodotto pure ai giorni nostri.
Insomma è attualissimo.



COFANETTO DI PROIECTA

Questo è il Cofanetto di Proiecta, che sembra essere stato un regalo di nozze dal IV secolo per la coppia di Secundus e Proiecta.

Ci sono molte immagini pagane, in particolare di Venere, ma sulla scritta del coperchio si legge: "Secundus e Priecta, che possiate vivere in Cristo".

Evidentemente il donatore era cristiano, ma forse non altrettanto i due sposi.



TUBO D'ARGENTO PER ASSAGGIA VINO

Questo strano oggetto non era insolito per i Romani.
Essi lo usavano come tubo aspirante per tirare su una piccola quantità di vino.

Veniva fatto passare attraverso il tubo proprio perchè d'argento, in quanto questo metallo a contatto del vino lo migliora, o almeno toglie ogni sapore estraneo ad esso.

Oggi infatti il tubo non si usa più ma il sommellier deve essere ancora assolutamente in argento.

TESORO DI OXNE



TESORO DI OXNE

E' il più grande tesoro di oro e argento di età tardo-romana ritrovato in Gran Bretagna, e la più grande raccolta di monete in oro e argento del IV e V sec. rinvenuta all'interno dell'Impero romano. Ritrovato nel 1992 con l'aiuto di un metaldetector nei pressi del villaggio di Hoxne, nel Suffolk,

Il tesoro di Hoxne consiste di 14.865 monete romane in oro, argento e bronzo, oltre a circa 200 pezzi di vasellame in argento e di gioielleria in oro. Tutto il tesoro è ora conservato presso il British Museum di Londra, dove il tesoro è stato valutato circa 1,75 milioni di sterline.

Il tesoro fu sepolto in una scatola di legno di rovere, con gli oggetti ordinati e raccolti in cassette di legno più piccole, in sacchetti o avvolti nel tessuto. Resti della cassa e dei suoi accessori, come le cerniere e le serrature, sono stati recuperati nello scavo. La datazione è dopo il 407, la data della fine della dominazione romana in Britannia.

Il tesoro di Hoxne comprende diversi oggetti rari e preziosi, inclusa una catena per il corpo in oro e alcune pepaiole (piperatoria) in argento dorato.



TAZZA PALESTINESE

Mostra un uomo e un giovinetto in una scena erotica.


Lo stile di quieta e sorridente licenziosità, come del giovine che si aiuta a reggersi aggrappandosi a una fune, ricorda certe scene esplicitamente ingenue delle licenziosità di Pompei.

Il livello di esecuzione è molto buono.







TESORO CHATUZANGE


MESTOLO (ATTINGITOIO)

Mestolo d'argento con scene religiose pagane, da Chatuzange, II - III sec. Londra, British Museum.
Questo mestolo raffigura la Dea Iside, come dimostra il sistro tiene nella mano sinistra.

La Dea tiene nel suo braccio destro una cornucopia, suggerendo anche gli attributi della Dea Fortuna.
Di seguito è riportato un santuario o tomba e un altare curato da una sacerdotessa o una donna fedele della Dea.

Probabilmente fa parte di un corredo funerario.

Sui rilievi sul manico dettaglio: la Dea Iside con sistro e cornucopia, donna che accende una torcia per un altare.

Una serie di splendidi oggetti d'argento vennero reperiti nel XIX sec., conosciuti con il nome di Chatuzange Treasure; oggi il tesoro è esposto al British Museum.


Questo piatto riproduce nel medaglione una bellissima fusione delle tre Grazie.




TESORO BERTHOUVILLE

Trattasi di un tesoro d'argento (ma anche di altri metalli) romano scoperto a Berthouville nel marzo 1830, nel Casale di Villeret, dipartimento Eure della Normandia, nella comunità di Berthouville, Francia settentrionale.

Acquistato al tempo della scoperta per modesti 15.000 franchi, il Tesoro è conservato nel Cabinet des Médailles presso la Biblioteca Nazionale, Parigi.

I Giochi Istmici. Vaso d'argento ad essi dedicato. 
Fu eseguito in Italia. 

Vi si rileva un'iscrizione votiva da parte di Q. Domitius Tutus che dedicò il vaso al Dio Mercurio, evidentemente per una promessa fatta al Dio in caso di vittoria. 

I romani usavano gli oggetti votivi come scambio. 

Vale a dire che l'uomo prometteva una ricompensa alla divinità in caso di grazia, e solo a grazia avvenuta si dedicava l'oggetto, mai preventivamente.

Il vaso è di squisita fattura.

Una phiale (vaso da libagione) facente parte del dono di Tutus al tempio di Mercurio Canetonensis, quali ex voto per grazia ricevuta.

La phiale, in argento, è a costoni con un bordo ribattuto.
Sotto il dettaglio del medaglione che sta al fondo del vaso.

Vi è raffigurata a rilievo una menade che versa da una lunga bottiglia del vino in un cratere e una pelle di pantera sullo sfondo.

Il tesoro risale alla I metà del I sec. d.c.
Il tesoro comprende 93 items, per un peso totale di 25 kg. molti degli items sono ciotole, tazze, brocche e phiale per libagioni.

Vi sono pure 2 statuette in argento di Mercurio e il busto di una Dea, probabilmente la Dea Maia madre di Mercurio, forse rappresentazioni romanizzate di divinità galliche.



BIBLIO

- Ranuccio Bianchi Bandinelli, Mario Torelli - L'arte dell'antichità classica - Etruria-Roma - Utet - Torino 1976 -
- Carlo Fea - Discorso intorno alle belle arti in Roma - 1797 -
- Andrea Carandini - Le Case del Potere nell'Antica Roma - Editori Laterza - Roma-Bari - 2010 -
- Richard Duncan-Jones - Money and Government in the Roman Empire - 1994 -
- Elio Lo Cascio - Forme dell'economia imperiale - in Storia di Roma - II.2 - Einaudi - Torino - 1991-
- Ugo Enrico Paoli - Vita romana - Firenze - Le Monnier - 1962 -



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