L'OMPHALOS
L'omphalos (ombelico) era anticamente una pietra simbolo, un centro fisico e spirituale da cui si è irradiato il mondo, come centro del microcosmo umano e divino, rappresentazione astratta della Terra divina, terrestre, celeste e ctonia. Nell'Antica Grecia la pietra scolpita era situata a Delfi, nel Tempio di Apollo, da cui la Pizia diffondeva i suoi vaticini.
Il tempio di Apollo delfico era il più importante del mondo greco, quindi l'omphalos indicava che Delfi, col suo santuario, era il centro del mondo, ma Apollo non fu il primo possessore dell'omphalos, e il concetto di “centro del mondo” non appartiene solo alla cultura greca, ma prima ancora alla Mesopotamia, alla Cinese e Indiana, per non parlare del mondo Mediterraneo.
ORESTE SULL'OMPHALOS |
Infatti Apollo ruba l'omphalos alla Madre Terra, ovvero, come narra Plutraco nei Dialoghi delfici, il tempio della Madre Terra viene storicamente distrutto e accanto viene elevato quello di Apollo, Aggiunge pure che un tempo le Pizie parlavano in versi mentre nel tempio di Apollo, al servizio dei sacerdoti, non ne sono più capaci e parlano solo in prosa e spesso non sono neppure comprensibili.
Anzi l'ultima Pizia è corsa urlando dal tempio cadendo morta al suolo dopo le molte secchiate d'acqua che i sacerdoti le avevano rovesciato addosso per costringerla a vaticinare, perchè niente vaticinii niente soldi dei fedeli che pagavano il servizio.
L'omphalos o betilo era un elemento verticale di pietra o di terra,oppure di legno, posto verticalmente a volte era un semplice palo, ma all'origine era un tumulo di terra sbancato con la calce. Compare dapprima in Oriente tra i sumeri, nelle popolazioni antico-semitiche, siro-palestinesi e mesopotaniche. I grandi spostamenti culturali asiatici hanno contribuito al diffondersi dei culti betilici da Est ad Ovest. Così in vari tempi e per vicende diverse la cultura betilica si sarebbe diffusa nel Mediterraneo.
La tradizione fenicio-punica è particolarmente presente a Malta, in Sicilia e Sardegna oltre all’Africa cartaginese e in Siria fino in epoca romana, come la pietre coniche, a forma di omphalos: di Emesa, di cui parla Erodiano, e di Seleucia diventate elemento di culto degli imperatori romani che ne fanno oggetto di monetazione, o come la pietra di Paphos citata da Tacito.
La tradizione egea è testimoniata a Creta con il culto delle colonne e dei pilastri, ma anche di forme omphaloidi, e a Micene con la imponente raffigurazione betilica costituita dal rilievo della famosa porta “dei leoni”, dove la colonna sorretta dai leoni è il simbolo della Dea Madre. Spesso infatti l'omphalos è un albero o un palo con due fiere ai lati volti in un primo tempo verso l'interno e successivamente all'esterno. La stessa Madre Cibele che guida il carro trainato da leoni è l'evoluzione di questo.
AFFRESCO DI APOLLO RITRATTO SULL'OMPHALOS |
La tradizione egea è testimoniata a Creta con il culto delle colonne e dei pilastri, ma anche di forme omphaloidi, e a Micene con la imponente raffigurazione betilica costituita dal rilievo della famosa porta “dei leoni”, dove la colonna sorretta dai leoni è il simbolo della Dea Madre. Spesso infatti l'omphalos è un albero o un palo con due fiere ai lati volti in un primo tempo verso l'interno e successivamente all'esterno. La stessa Madre Cibele che guida il carro trainato da leoni è l'evoluzione di questo.
L'omphalos è in genere lavorato a rombi, in modo più semplice o più decorativo, ma sempre di rombi si tratta e il significato è evidente: è la pelle del serpente. Tanto è vero che perfino il Mitra romano che nasce dalla roccia, come si può ammirare nel Mitra bambino di Palestrina, nasce in effetti da una roccia a rombi, insomma da un omphalos. Le squame di serpente ricordano il simbolo di ogni Grande Madre della terra, dal Mediterraneo all'Asia, dall'America al Giappone hanno tutte in comune il simbolo del serpente
UMBILICUS URBIS |
L'UMBILICUS URBIS
Narra Plutarco che Romolo scavò una fossa circolare “nel luogo che ora è chiamato Comizio” e vi gettò dentro le primizie di ogni cosa, insomma un'offerta sacrificale agli Dei, ma non si parla di animali uccisi bensì di primizie, il che fa pensare a un antichissimo rito alla Dea Terra, a cui si dedicavano le primizie dei campi. I seguaci di Romolo, a loro volta, vi gettarono un pugno della loro terra di origine, in tal modo le terre si univano sotto la stessa Dea e la stessa Urbe.
Sembra che lo stesso rituale, di gettare un pugno della terra natia nell'umbilicus, fosse rimasto per ogni nuovo cittadino romano. Questa fossa venne chiamata dai Romani Mundus, Festus lo chiama "ostium Orci", cioè il cancello dell'Orco, dove Orco era sinonimo di Tartaro o Averno, insomma il mondo dei morti.
Plutarco precisa che la fossa era considerata il centro del solco circolare intorno ad essa tracciato con un aratro, trainato da un bue e da una vacca: questo solco era il pomerium di Roma.
Insomma un rito consacrato dalla coppia dei due buoi, ancora simboli lunari dell'antica Dea. La testa del bue veniva spesso scolpita nelle erme sacre insieme alle fronde di alloro, ma se l'erma era dedicata ai Mani al posto della testa c'era il cranio del bue, il cosiddetto bucranio, simbolo equivalente alla luna nuova, al mondo degli inferi, alla cornucopia vuota, a Diana che si ritira nelle grotte e così via.
La costruzione di forma conica ha una porticina per consentire l'accesso all'area sotterranea e un tempo era impreziosita di marmi bianchi e colorati. Il fatto di essere il centro della città e di avere una cavità sottostante lo riporta al Mundus Cereris, ovvero il confine fra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti. La fossa, di forma circolare come tutti i templi arcaici, era chiusa da una pietra e rimaneva chiusa per tutto l'anno ad eccezione di tre giorni, il 24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre, durante i quali "mundus patet", ovvero il mondo è aperto, con la possibilità dei morti di invadere il mondo dei vivi.
L’apertura del mundus stabiliva una comunicazione con gli Dei Mani, con gli Dei Plutone e Proserpina, regnanti sull'oltretomba, e col popolo dei morti. Essa era detta lapis manalis perché da lì passavano i Mani, ovvero le anime dei morti buoni, dei parentes, delle persone di famiglia dalle quali ci si aspetta protezione e benevolenza anche dopo la morte.
In quei 3 giorni in cui mundus patet, giorni sacri e solenni, era proibito svolgere qualsiasi attività pubblica: pertanto era considerata cosa empia non solo dare battaglia o cominciare una guerra, ma anche arruolare soldati, salpare con le navi o unirsi alla moglie per avere figli. Circa il primo interdetto, Varrone sottolinea e conferma come i Romani “ritenessero che era meglio andare a combattere quando fosse chiusa la bocca di Plutone”, ovvero la bocca degli inferi.
Molte città sia latine che etrusche avevano il loro omphalos, soprattutto nel Lazio e in Etruria, anche se Plutarco sostiene che l'origine dell'omphalos sia etrusca.
MUNDUS PATET
Per Macrobio "Mundus cum patet, deorum tristium atque inferum quasi ianua patet." cioè quando si apre il mundus si apre la porta del mondo inferiore e triste degli Dei.
Come mai questo mondo è considerato così triste quando le nozze di Plutone e Proserpina, nonchè di Bacco e Arianna identificati con le predette divinità, furono nozze d'amore e di grande festa?
Forse non erano gli Dei ad essere tristi ma gli uomini lo erano pensando alla loro morte.
Per Festo "Mundo nomen impositum est ab eo mundo qui supra nos est.", cioè che il mondo sotterraneo prese il nome da quello superiore, ma come mai dovette specificarlo? Viene il dubbio che il termine Mundus indicasse invece il mondo sotterraneo dei defunti da cui derivò per estensione anche il nome del mondo supero. Viene in mente perchè nei tempi arcaici si contavano le notti anzichè i giorni, e la divinità principale era la Dea Luna anzichè il Dio Sole, e pure il fatto che Festo pensi sia bene puntualizzarlo.
IL CORDONE OMBELICALE
In latino ombelico e cordone ombelicale si traducono con la stessa parola, per cui l'ombilicus è esattamente il cordone ombelicale del mondo con la Madre Terra. La Terra, una e trina, dà la vita agli esseri, li nutre e li riaccoglie alla morte nel suo grembo oscuro. La vita per tutti era dunque eterna ma con forme diverse, continue e susseguentesi, come una plastilina che venga ogni volta reimpastata e rilavorata con forme differenti. L'umbilicus era pertanto collegato all'utero della Grande Madre, non per nulla Iside veniva chiamata "Utero d'oro" nella sua veste di "Madre dei viventi", titolo trasferito dalla Chiesa a Eva.
L'umbilicus pertanto unisce un mondo visibile con una madre invisibile, e dunque l'origine della vita è nel buio e nel ventre della terra, come per il bimbo è nel buio dell'utero. C'era infatti in tempi remoti l'idea di una Natura Naturans invisibile e una Natura Naturata visibile, cioè il mondo in cui viviamo. Esse erano in fondo la stessa cosa. l'identica essenza, solo che gli uomini riuscivano a percepire fisicamente solo la seconda, considerata però bella e importante come la prima.
Di quell'invisibile mondo facevano parte anche i morti, nonchè i vari Dei dell'oltretomba, tutti derivanti dallo stesso ombelico, ovvero attaccati allo stesso cordone ombelicale. Quando l'essere si staccava dal cordone rientrava nell'utero pronto a nuova vita.
Domanda:
perchè l'Umbilicus un tempo era un betilo, una pietra eretta insomma (vedi il misterioso dead egizio o l'albero di maggio italico) mentre poi è diventato sotterraneo con una grotta e un altare?
Risposta:
perchè allontanandosi dalla natura l'essere umano l'ha posta nel profondo dell'anima, mentre i popoli più antichi ponevano gli Dei sulla terra. Non solo, ma essendo nel buio fa anche paura, ma non dimentichiamo che Plutone, Dio degli Inferi, era anche Dio della ricchezza, da cui il termine Plutocrazia, cioè il dominio dei ricchi (come oggi). Solo che la ricchezza cui si alludeva era dell'anima che schiudeva uno scrigno di energie posto nel profondo dell'Ade. .
BIBLIO
- Filippo Coarelli - Il Foro romano. Periodo arcaico - Roma - Quasar - 1983 -
IL CORDONE OMBELICALE
In latino ombelico e cordone ombelicale si traducono con la stessa parola, per cui l'ombilicus è esattamente il cordone ombelicale del mondo con la Madre Terra. La Terra, una e trina, dà la vita agli esseri, li nutre e li riaccoglie alla morte nel suo grembo oscuro. La vita per tutti era dunque eterna ma con forme diverse, continue e susseguentesi, come una plastilina che venga ogni volta reimpastata e rilavorata con forme differenti. L'umbilicus era pertanto collegato all'utero della Grande Madre, non per nulla Iside veniva chiamata "Utero d'oro" nella sua veste di "Madre dei viventi", titolo trasferito dalla Chiesa a Eva.
L'umbilicus pertanto unisce un mondo visibile con una madre invisibile, e dunque l'origine della vita è nel buio e nel ventre della terra, come per il bimbo è nel buio dell'utero. C'era infatti in tempi remoti l'idea di una Natura Naturans invisibile e una Natura Naturata visibile, cioè il mondo in cui viviamo. Esse erano in fondo la stessa cosa. l'identica essenza, solo che gli uomini riuscivano a percepire fisicamente solo la seconda, considerata però bella e importante come la prima.
Di quell'invisibile mondo facevano parte anche i morti, nonchè i vari Dei dell'oltretomba, tutti derivanti dallo stesso ombelico, ovvero attaccati allo stesso cordone ombelicale. Quando l'essere si staccava dal cordone rientrava nell'utero pronto a nuova vita.
Domanda:
perchè l'Umbilicus un tempo era un betilo, una pietra eretta insomma (vedi il misterioso dead egizio o l'albero di maggio italico) mentre poi è diventato sotterraneo con una grotta e un altare?
Risposta:
perchè allontanandosi dalla natura l'essere umano l'ha posta nel profondo dell'anima, mentre i popoli più antichi ponevano gli Dei sulla terra. Non solo, ma essendo nel buio fa anche paura, ma non dimentichiamo che Plutone, Dio degli Inferi, era anche Dio della ricchezza, da cui il termine Plutocrazia, cioè il dominio dei ricchi (come oggi). Solo che la ricchezza cui si alludeva era dell'anima che schiudeva uno scrigno di energie posto nel profondo dell'Ade. .
BIBLIO
- Filippo Coarelli - Il Foro romano. Periodo arcaico - Roma - Quasar - 1983 -
- Christian Hülsen - Il Foro Romano - Storia e Monumenti - Torino - Ermanno Loescher - 1905 -
- Henri Jordan - con Christian Hülsen - Topographie der Stadt Rom im Alterthum. - Vol. I - Berlino - Weidmannsche Buchhandlung - 1907 -
- N. Purcell - Forum Romanum - The Republican Period - LTUR, vol. 2 - ed. E.M. Steinby - Rome - 1995 -- Henri Jordan - con Christian Hülsen - Topographie der Stadt Rom im Alterthum. - Vol. I - Berlino - Weidmannsche Buchhandlung - 1907 -
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