TEMPIO VENERE ERICINA - SALLUSTIANA




Nell'età imperiale si chiamavano horti le residenze con un grande parco costruite all'interno dell'urbe anche se in aree suburbane (periferiche). Anche Sallustio aveva i suoi horti, tra Quirinale, Viminale e Campo Marzio, erano i più grandi e i più ricchi del mondo romano.

VENERE ERICINA
Ed è del sito degli Horti Sallustiani che parla Vacca descrivendo il rinvenimento del tempio di Venere Ericina.

Vacca:
« Nella vigna di Gabriel Vacca, mio padre, accanto porta Salara, dentro le mura... cavandovi trovò una fabrica di forma ovata (corr. rotonda: è il tempio di Venere Ericino-Sallustiana) con portico attorno ornato di colonne gialle, lunghe palmi 18 scannellate, con capitelli e basi corintie ... ed a ciascuna (delle quattro) entrate vi erano due colonne di alabastro orientale si trasparente, che il sole vi passava senza impedimento... 

Il cardinale di Montepulciano comprò di quelle colonne, e ne fece fare la balaustrata alla sua cappella in s. Pietro in Montorio. Comprò ancora quelle di alabastro, una delle quali essendo intiera la fece lustrare, e delle altre rotte ne fece fare tavole, parendogli cose preziose. 

Le infrascò con altre anticaglie e tavole commesse, e le mandò a donare al re di Portogallo, ma quando furono in alto mare l' impetuosa fortuna trovandosele in suo dominio, ne fece un presente al mare ».

Il Tempio di Venere Erycina era situato sul colle Quirinale, costruito tra il 184 e il 181 a.c. dopo la conquista di Erice dove vi era il culto della Venere locale (da cui l'appellativo di Erycina) già descritto da Diodoro Siculo che narra l'arrivo di Liparo, figlio di Ausone, alle Isole Eolie (V, 6,7), aggiungendo che i Sicani «abitavano le alte vette dei monti e adoravano Venere Ericina».

- Livio nel lib. XXX e XXXVIII mostra che fuori Porta Collina era un tempio di Venere Ericina prossima a un circo, che poscia fu designato col nome Sallustiano, e dove dovevansi celebrare i giochi Apollinari, che una inondazione del Tevere impediva di dare nel circo Flaminio.

Ovidio nei Fasti lib. IV lo dice prossimo alla porta:
"Templa frequentari Collinae proxima portae
nunc decet: a siculo nomina colle tenent.
Ut Syracusas arethusidas abstulit armis
Claudius et bello te quoque cepit Erix:
carmine vivacis Venus est translata sibillae
inque suae stirpis maluit Urbe coli".

Strabone nel lib. VI lo dichiara posto fra le vie Salaria e Nomentana, di prospetto alla porta medesima.

PIANTA DEL TEMPIO
Rufo e Vittore portano fino a questo tempio l'estremo limite della regione V. 
Queste testimonianze così positive ne definiscono il sito quasi geometricamente entro la villa già Sciarra ed oggi Bonaparte fra le vie Nomentana e Salaria antica, oggi dette di Porta Pia e di Porta Salara, e probabilmente il casino fu eretto sulle sue rovine.

Lucio Porcio Licino console l'anno 570 a.u.c. (ab urbe condita) ne fece voto nella guerra contro i Liguri e lo dedicò tre anni dopo come mostra Livio lib. LX e XXXIV. 

Siccome era in una situazione vantaggiosa Silla vi pose gli alloggiamenti nell'anno 671 a.u.c., allorchè volle coprire Roma dall'assalto di Ponzio Telesino, secondo Appiano, Guerre Civili lib. I.

Strabone citato di sopra lo descrive come un tempio nobile per la cella e per il portico che lo circondava, onde può supporsi che avesse un'area sacra intorno. Sembra che la statua della Dea fosse effigiata in modo che avesse presso di sè quella dell'Amore, poichè Ovidio in Remedia Amoris verso 549 così scrive:

Est propre Collinam yemplum venerabile portam
imposuit templo nomina celsus Erix;
est hic letheus Amor, qui pectora sanat
inqua suas gelidam lampadas addit aquam:
illic et iuvenes votis oblivia poscunt,
et si qua est duro capta puella viro.

Vittore e Rufo notando questo tempio mostrano che rimaneva ancora in piedi sul principio del V sec., oggi non ne rimangono avanzi visibili. -

Il tempio venne poi inglobato negli Horti Sallustiani, tanto che iniziò anche ad essere chiamato come di Venus Hortorum Sallustianorum. Un disegno di Pirro Ligorio lo mostra a base circolare. L'edificio si doveva trovare presso l'incrocio tra via Sicilia e via Lucania.
Entro gli Horti Sallustiani che andavano dalla porta Salaria a quella Pinciana, era alloggiato infatti il tempio di Venere Ericinam secondo alcuno dedicato nel del 180 a.c., nonchè un magnifico ninfeo adrianeo i cui resti, posti oggi a ben 14 m sotto il livello stradale, si trovano al centro di piazza Sallustio. 

Dal VI secolo d.c. e fino a tutto il Medioevo la zona degli Horti Sallustiani rimase abbandonata, naturalmente coperta di vigne e uliveti che coprivano secoli di storia gloriosa cancellandoli dalla mente degli uomini.

SU UNA FACCIA VENERE ERICINA, SULL'ALTRA
PROBABILE TEMPIO DI VENERE ERICINA A ROMA
Nel XVI secolo, tra le odierne via Lucania e via Sicilia, fu rinvenuto e subito distrutto il Tempio di Venere Ericina. Una struttura a forma circolare le cui colonne in marmo “giallo antico”, nonchè i suoi marmi, furono depredati e riutilizzati dal papato per la costruzione di una cappella nella chiesa di San Pietro in Montorio, prima di cancellarne totalmente i resti.

Nel XVII sec. l’area del quartiere Sallustiano tornò alla famiglia Barberini e il palazzo della villa sorse proprio sui resti di antichi edifici romani e su una parte delle mura repubblicane costruite nel IV secolo a.c.. Nel 1870 l’intera proprietà venne acquistata dall’antiquario ed editore svizzero Giuseppe Spithoever, il quale, 11 anni dopo iniziò una serie di lavori di livellamento dei terreni e di costruzione di strade.

ACROLITO LUDOVISI
Per effetto di questi lavori il padiglione monumentale che oggi è possibile ammirare in tutta la sua bellezza a Piazza Sallustio resterà semisepolto e quasi invisibile a livello delle nuove strade che traversano la zona. Unico accorgimento adottato nei confronti del monumento è stata la costruzione di grosse mura di contenimento. 

Il tempio fu descritto di forma tonda e di grande solidità, mezzo diroccato, deformato e sepolto secondo l'antiquario Dalmazzoni che riferisce nel 1804.

Alcune celle del tempio avevano un luogo appartato dove si conservava il simulacro della Dea, e quest'area era chiamata "sacrarium" o "penetrale".

Finalmente, nel 1969, il complesso viene dichiarato di «notevole interesse archeologico» e a fine secolo si è, finalmente, intrapreso un serio progetto di restauro per il padiglione degli Horti Sallustiani di Piazza Sallustio.

In questi paraggi vennero rinvenuti il Trono Ludovisi e la grande testa femminile detta Acrolito Ludovisi (entrambi al Museo nazionale romano).

Può darsi che fossero opere originali della Magna Grecia (databili forse attorno al 460 a.c.) prelevate dall'originario santuario di Erice e collocate nel tempio appositamente costruito a Roma come nuova casa per la divinità.


BIBLIO

Ovidio - Remedia Amoris -
- Agostino Pepoli - Antichi bolli figulini e graffiti delle sacerdotesse di Venere ericina rinvenuti in Monte San Giuliano - Tipografia Galletti e Cocci - Firenze - 1885 -
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri -
- Enrico Acquaro, Antonino Filippi, Stefano Medas - La devozione dei naviganti: il culto di Afrodite ericina nel Mediterraneo - Lumières Internationales - Lugano - 2010 -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - I -
- Beatrice Lietz - La dea di Erice e la sua diffusione nel Mediteraneo - Edizioni della Normale - Pisa - 2012 -


3 comment:

Anonymous said...

La ricostruzione è errata perchè Strabone dice in modo esplicito che il tempio di Venere Ericina a Roma ha la stessa forma di quello di Erice. Il tempio di Erice ha pianta rettangolare e non circolare, come quello trovato dal Vacca. Quindi il tempio di Venere Ericina e quello degli Horti Sallustini devono essere due edifici distinti

Romanoimpero on February 3, 2017 at 1:21 PM said...

Diversi documenti anche medievali lo attestano come tempio circolare.

Anonymous said...

la cosa mi interessa, potresti darmi qualche indicazione più precisa in merito alle fonti? anche perchè per quello che ne sapevo io fino alla ricostruzioni del Lanciani erano stati considerati due strutture diverse, infatti nelle piante del rinascimento sono rappresentati come due edifici distinti

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