La città romana di Catania era ricca di acque, poichè al centro della città, dove oggi c'è la Via Etnea, scorreva un fiume, ora sotterraneo, detto l’Amenano. Inoltre i Romani, che avevano conquistato la città nel 263 a.c., avevano costruito un imponente acquedotto che convogliava in città le acque provenienti da una sorgente di Santa Maria di Licodia, un paesino ad una ventina di Km da Catania.
Secondo le fonti antiche (Tucidide) Katane (Catania) fu fondata nel 729 a.c. dagli stessi calcidesi che, provenienti dall’Eubea, avevano già fondato Naxos. Il luogo fu scelto per la presenza di terreni fertili e dell’acqua; non è un caso, infatti, che sulle monete della città compare l’immagine del fiume Amenano (oggi in parte visibile in piazza Duomo ai piedi dell’omonima fontana) che veniva rappresentato come un toro con la faccia di uomo e, in un secondo momento, come un giovinetto con la fronte munita di piccole corna.
Catania romana era impostata sul cardo e il decumano, due assi ortogonali attorno ai quali si ponevano gli edifici pubblici, e si estendeva dall'anfiteatro al circo, posti l'uno a nord e l'altro a sud della città. Il Foro era situato presso il cortile di San Pantaleone, sicuramente sopra all'agorà greca.
Qui infatti si osservano i pochi resti architettonici dell'epoca romana, di carattere monumentale. Vicino al foro sorgevano i complessi termali, come quello di via della Rotonda e di piazza Dante. In via Vittorio Emanuele erano il Teatro antico e l'attiguo Odeon.
A nord ed a est dell'anfiteatro si estendevano le necropoli. Sono stati identificati resti in via Etnea, sotto la Rinascente, in via Ipogeo, in via Sant'Euplio e a sud della piazza S. Maria di Gesù.
I monumenti di Catania Romana sono:
- Anfiteatro in piazza Stesicoro
- Teatro greco-romano, con annessi antiquari
- Odeon
- Terme Achillee
- Terme della Rotonda
- Terme dell’Indirizzo
- Terme di piazza Dante
- Terme di piazza s. Antonio (già conosciute come Bagno di casa Sapuppo)
- L’Acquedotto
- La Naumachia, sommersa dalle lave del 1669
- Il Circo
- Il Ginnasio
- Il Foro Romano, (via SS. Trinità-Cortile S. Pantaleone, da cui provengono le colonne del portico di p.za Mazzini)
- Le Basiliche
- Area archeologica sottostante e antistante al Monastero dei Benedettini
- Scavi sottostanti alle chiese di s. Agata la Vetere e s. Agata al carcere
- Area archeologica del Reclusorio del Lume
- I Monumenti Funerari
- Tomba di età imperiale, cosiddetta di Stesicoro (nel cortile della caserma Lucchese Palli, in piazza Carlo Alberto)
- Ipogeo di s. Euplio
- Ipogeo romano di via Ipogeo
ANTICA STAMPA DELL'ANFITEATRO, USATO COME CAVA GIA' IN EPOCA BIZANTINA |
L'ANFITEATRO
Completamente sepolto dalle varie distruzioni, venne riportato alla luce dopo gli scavi del 1903. Si suppone, date le tecniche di costruzione, che l’anfiteatro di Catania possa risalire alla metà del II sec. a.c. Gran parte delle mura della città, del periodo Medievale furono costruite con il materiale prelevato dall’Anfiteatro.
Al centro di piazza Stesicoro si apre una grande trincea che racchiude alcuni resti dell’anfiteatro romano di Catania. Alla fine del secolo scorso la piazza era totalmente chiusa, e nel luogo degli scavi c'erano aiuole ornamentali. I lavori archeologici iniziarono nel 1904 e terminarono nel 1906. L’opera fu inaugurata ufficialmente sei mesi dopo e, nel 1907, fu visitata da re Vittorio Emanuele III che venne a Catania per inaugurare l’Esposizione Agricola.
L'anfiteatro, uno dei più grandi d’Italia, è nascosto quasi totalmente sotto i palazzi moderni ma è visibile al di sotto del livello stradale dove si conserva il corridoio che gira lungo il muro del podio, estendendosi in molte vie che si irradiano dalla piazza Stesicoro. Parti dell’alzato sono visibili in due traverse della via Manzoni, e molti blocchi di pietra dell'anfiteatro sono stati impiegati nella costruzione esterna delle absidi del Duomo alle quali si accede da via V. Emanuele 159.
L'anfiteatro di Catania venne costruito in età romano imperiale tra il I e il II sec. ed fu uno dei più importanti e grandi anfiteatri romani. Il monumento di pianta ellittica, con un diametro maggiore di cira 70 metri e uno minore di circa 50, si trovava ai margini nord della antica città, a ridosso della collina Montevergine che ospitava il nucleo abitativo principale. La cavea presentava 14 gradoni e venne costruito con la pietra lavica dell'Etna ricoperta da marmi ed aveva 32 ordini di posti. Si è calcolato che la struttura poteva accogliere dai 10.000 ai 15.000 spettatori seduti.
Totila, re dei Goti, fece usare i materiali per cingere di mura la città e nell'XI secolo, le sue strutture furono utilizzate da Ruggero II di Sicilia come cava per la costruzione della cattedrale di S.Agata e forse anche del Castello Ursino. Dopo il terremoto del 1693, venne interrato con le maerie per evitare che i suoi cunicoli servissero da nasondigli per i malfattori e poi trasformato in piazza d'armi. Fu in seguito coperto dalla costruzione di nuovi palazzi e dalla Chiesa di S.Agata alla Fornace (conosciuta come San Biagio). Il principe Biscari impiegò consistenti somme del suo denaro per eseguire degli scavi e in due anni ne portò a giorno un intero corridoio e 4 grandi archi della galleria esterna.
Descrizione
Come tutti gli anfiteatri ha forma ellissoidale, ed è composto da vari ordini di gradinate che ruotano intorno a uno spazio centrale, da qui il nome di anfiteatro. Esso ha una cavea di 14 gradini divisi in tre ordini con podio e ambulacri (corridoi coperti) di accesso alle gradinate disposti su tre piani che corrispondevano ai due ordini di arcate esterne e all’attico.
La sua circonferenza esterna è di 309 metri, la circonferenza dell’arena è di 192 metri e si è calcolato che poteva contenere 15.000 o 16000 spettatori seduti e quasi il doppio con l’aggiunta di impalcature per i posti in piedi. Per la sua costruzione è stata utilizzata la pietra lavica con la malta cementizia e mattoni; nella piccola porzione di arena ancora conservata vi restano alcuni frammenti delle decorazioni dell'anfiteatro.
Vi si svolgevano giochi e spettacoli di vario genere, tra cui: i combattimenti fra gladiatori, quelli fra uomini e belve feroci e le battaglie navali quando, grazie a complessi meccanismi idraulici, si riusciva a trasformare l’arena in una grande piscina piena d’acqua.
Al tempo di Teodorico, l'imperatore che obbligò tutti i suoi sudditi alla conversione al cristianesimo pena la morte, il monumento era già in profondo stato di abbandono. Poi Ruggero il Normanno utilizzò le sue strutture per ricavare le pietre che gli servirono per innalzare la cattedrale.
IL TEATRO - RICOSTRUZIONE GRAFICA REALIZZATA DA http://itlab.ibam.cnr.it/ |
TEATRO GRECO-ROMANO
Il teatro è situato nel centro storico di Catania, tra piazza S. Francesco, via Vittorio Emanuele, via Timeo e via del Teatro greco. Il suo aspetto attuale risale al II sec. ed i suoi scavi sono iniziati dalla fine del XIX sec. A est confina con un teatro minore, detto odeon. Ovviamente il teatro romano fu sovrapposto a quello greco, perchè siamo appunto in piena Magna Grecia.
Il Teatro greco
Non si fa però cenno all'ubicazione del teatro, per cui venne identificato con il teatro di età romana oggi visibile, tanto è vero che la strada che lo costeggia a nord è chiamata via del Teatro Greco.
Dagli scavi compiuti tra il 1884 e 1919 le parti più antiche del teatro sono emerse attraverso i grossi blocchi di arenaria con iscrizioni in lettere greche, nonchè attraverso la pianta rettangolare, cioè ellenistica. Venne così identificato il teatro greco del V-IV secolo a.c. , sicuramente il teatro in cui Alcibiade tenne il discorso ai Katanaioi (abitanti di Katane, il nome greco di Catania) per convincerli ad allearsi con Atene contro Syracusae (Siracusa).
IL TEATRO ROMANO
Diventata Catania una colonia romana, venne immediatamente restaurata e abbellita dai suoi conquistatori. Così il teatro greco venne restaurato durante il I sec., sostituendo sulla cortina i blocchi in arenaria mancanti con conci lavici squadrati, restaurando la scena e le gradinate più antiche del teatro.
Nel II sec. Adriano, come aveva fatto in tante città dell'impero, ma più ancora in Grecia a cui era fortemente attaccato per la filosofia e l'arte, ordinò la monumentalizzazione dell'area comprese le vicine strutture termali e numerosi edifici pubblici tra cui l'anfiteatro.
Nel II sec. Adriano, come aveva fatto in tante città dell'impero, ma più ancora in Grecia a cui era fortemente attaccato per la filosofia e l'arte, ordinò la monumentalizzazione dell'area comprese le vicine strutture termali e numerosi edifici pubblici tra cui l'anfiteatro.
La pianta emiciclica del teatro, il proscenio decorato con marmi pregiati, l'ampliamento della scena e le due massicce torri laterali, contenenti le scale d'accesso ai diversi piani dell'edificio mostrano la romanità dell'opera. Il tutto corredato da fregi, statue, bassorilievi e colonne, spesso trafugati per gli edifici della città barocca, come per la facciata della Cattedrale di Sant'Agata, perchè il primo ordine colonnare è costituito da quattro colonne di granito provenienti dal Teatro romano.
Abbandonato nel VI e VII secolo come per molti altri edifici monumentali di età classica, divenne cava di materiali per altri edifici. Sul finire del XIX secolo il proprietario del palazzo che si addossa all'adiacente odeon, il barone Sigona di Villermosa, fece abbattere l'ultimo fornice per ampliare il suo immobile. Intervenne la Soprintendenza alle Antichità per la Sicilia Orientale, che avviò una campagna di esproprio e liberazione delle antiche strutture mai del tutto completata.
Lo sgombero riprese solo negli anni cinquanta del XX sec. protraendosi per una ventina d'anni. Gli scavi del 1981 scoprirono l'ingresso orientale degli attori, costituito da una scaletta e un accesso trabeato, realizzato in grossi blocchi di pietra lavica. Il terremoto del Val di Noto del 1693 rovinò molte abitazioni che erano nate sulla cavea, le cui macerie vennero sfruttate per realizzare le fondamenta di nuove abitazioni.
Descrizione
- la scena era decorata da colonne marmoree, bassorilievi e statue, tra cui il gruppo scultoreo della Leda col cigno copia romana di un originale del 360 a.c. di Timotheos, e lastre di marmo bianco con un delfino a rilievo, segnaletica della zona riservata al pubblico d'elite. In marmo bianco erano pure i rivestimenti dei sedili, in blocchi di arenaria per la ima cavea e in opus coementitium per le altre due cavee, sui quali spiccava il nero delle otto scalinate in pietra lavica.
- in seguito vennero nicchie contenenti statue e finti ambienti prospettici che dovevano dare l'impressione di un'ulteriore profondità,
- un pulpitum, palcoscenico rialzato su cui recitavano gli attori, decorato da marmi,
- l'orchestra dal diametro di circa 22 metri rivestita in opus sectile con cerchi inscritti in quadrati che ricorda un po' il pavimento del Panteon. Essa era la parte del teatro, di forma semicircolare, che ospitava il coro, posizionata alla base della cavea, tra gli spettatori disposti sulle gradinate e la scena.
- i due parodoi, ovvero i due corridoi laterali che permettevano l'accesso dei coreuti all'orchestra, risultano fortemente rovinati dai lavori effettuati per ricavarne ambienti e persino scarichi per le acque nere.
- l'ampia cavea dal diametro di 98 metri costituita da ventuno serie di sedili, divisi da due praecinctiones (settori orizzontali) e verticalmente da nove cunei e otto scalette.
RICOSTRUZIONE GRAFICA REALIZZATA DA http://itlab.ibam.cnr.it/ |
- ima (poggiata direttamente sul declivio del colle Montevergine),
- media
- summa (messe in comunicazione dagli ambulacri che si aprono verso l'esterno tramite diversi vomitoria ai vari cunei e tra loro tramite scale).
Molti elementi decorativi vennero adoperati per la cattedrale di Sant'Agata del 1094, dove ancora si notano capitelli, colonne ed elementi decorativi in marmo. Secondo la ricostruzione di Sebastiano Ittar le colonne - numerose - dovettero costituire un loggiato sulla sommità della scalea, analogamente al teatro antico di Taormina.
All'esterno si aprivano diversi accessi, molti dei quali sono oggi liberi sebbene non praticabili a causa della mancanza delle scale, chiusi da lesene; quattro grandi avancorpi emergevano dalla facciata curvilinea dell'edificio con altrettante nicchie, sicuramente con statue di divinità, purtroppo poi distrutte dall'intransigenza cristiana. La scena è ancora ingombrata da palazzi del XVIII secolo, di cui una palazzina a un piano funge da ingresso e che conserva una scalinata e una colonna, ed è sede dell'antiquarium
La costruzione semicircolare aveva una capacità di circa 1500 spettatori.
Oltre che per spettacoli musicali e di danza è probabile che fosse utilizzato per le prove degli spettacoli che si tenevano nel vicino teatro.
TERME ACHILLEE
Le terme Achille, forse le più grandi della città, si trovano sotto piazza Duomo e si estendono fino a via Garibaldi, ma sono a un livello più basso del piano di calpestio per cui completamente nascoste alla vista. L'edificio, conosciuto con il nome di terme Achilliane o Achillee, si estende fino alla parte sud della piazza, dove una porta che si apre a destra della facciata di un'edificio consente di accedere alle Treme.
Un tempo queste Terme furono chiamate “il bagno di Bacco”, perché all’interno vi erano degli stucchi che rappresentarono putti e tralci di vite. Ciò doveva dipendere che nelle terme stesse, come spesso usava, vi fosse un'ara, un sacello o addirittura un tempio, dedicato alla divinità.
Fortunatamente il complesso termale conserva buona parte dei diversi ambienti tra cui una grande sala rettangolare di 12 m x 13 la cui volta è sostenuta da quattro pilastri. Le volte, riprodotte in alcuni disegni settecenteschi, sono abbellite, come si è detto, da magnifici stucchi con immagini di eroti, animali e viticci con grappoli d'uva.
Le terme Achilliane vennero edificate agli inizi del III sec. d.c. dal governatore di Sicilia, Lusio Labieno. Degne si una sontuosissima SPA, il locale più ampio del complesso aveva una vasca quadrata per i bagni di fango e dentro la vasca vi era un telaio di ferro al quale si sostenevano i bagnanti. Nella parte occidentale vi è un corridoio che porta ad un condotto moderno dove scorrono le acque del fiume Amenano. In fondo si intravedono le fondamenta della fontana dell’elefante.
TERME DELL'INDIRIZZO
L'edificio termale è ancora in buono stato di conservazione per il fatto che si trova parzialmente incorporato nell’ex convento di S. Maria dell’Indirizzo, che a sua volta sorgeva sulla chiesa dedicata alla Vergine. Il grande edificio termale che si trovava nelle vicinanze del convento, venne inglobato nella costruzione e (forse anche per questo) si è conservato in ottime condizioni fino ai nostri giorni.
La struttura architettonica e i materiali Dell’antico edificio termale si conservano circa dieci ambienti chiusi dalle coperture originarie; alcuni gradini conducono a due locali rettangolari, collegati fra di loro; da essi è possibile raggiungere un complesso di vani situati a un livello più basso. Tra tutti questi ambienti il più grande, che mostra alcune aperture di forma rettangolare, ha forma ottagonale ed è coperto a cupola. In basso sono alcune nicchie.
Una delle caratteristiche più interessanti di questo monumento è che esso conserva, anche se in modo frammentario, resti di fornaci che servivano per il riscaldamento degli ambienti termali, condotti per la circolazione dell’aria calda e canali per il deflusso delle acque.
Le mura sono costituite da un’anima in malta cementizia e un rivestimento in blocchi squadrati di pietra lavica; molto presenti i mattoni che sono stati utilizzati soprattutto nei passaggi ad arco. Per quanto riguarda la cronologia delle varie fasi dell’edificio non vi sono ancora ipotesi molto convincenti; per alcuni studiosi va datato all’età imperiale avanzata.
La leggenda: "Nel 1610 si recava, per la prima volta a Catania, il viceré di Sicilia Don Pietro Girone, duca di Qssuna, a bordo di una nave spagnola. Una terribile tempesta lo colse mentre si avvicinava alle coste catanesi e, preso dalla disperazione, invocò il nome di Maria; all’improvviso vide un raggio di luce che gli diede "l’indirizzo" da seguire per potere approdare sano e salvo dentro il porto di Catania; quando scese a terra poté verificare che la luce proveniva da un’icona della Madonna del Carmine".
TERME ROMANE DELL'ACROPOLI
Di fronte al Monastero dei Benedettini si custodiscono i resti di un edificio termale romano che testimonia la ricchezza di quest’area all’interno della quale sono stati ritrovati reperti archeologici, mosaici e parti di costruzioni antiche rivestite di marmi e di decorazioni.
Superato il portone che immette all’interno del monastero si possono vedere le trincee di scavo che si apre sulla sommità dell’acropoli dove, nel 1978, sono state scoperte tracce di:
- frequentazione preistorica del sito (neolitico ed età del rame),
- materiali greci risalenti al VII sec. a.c.,
- frammenti di tessuti urbani della Catania di età romana.
Nel cortile del Monastero dei Benedettini, oggi sede della facoltà di lettere dell’università di Catania, sono stati ritrovati i resti di una strada e di una domus romani. Poco lontano gli scarsissimi resti di un altro edificio termale: le Terme dell’Itria.
TERME DI PIAZZA DANTE
Attraversando in perpendicolare via Garibaldi, via Vittorio Emanuele e infine via teatro Greco ritroviamo il monastero dei Benedettini. Nella piazza antistante scopriamo un altro edificio termale romano: il balneum di piazza Dante, anch’esso probabilmente struttura termale privata in dote ad un’antica casa patrizia in epoca tardo imperiale.
IL FORO
Il Foro romano di Catania è stato rinvenuto nel cortile San Pantaleone, con una serie di edifici circondanti un’ampia area centrale, probabilmente magazzini o negozi. Lorenzo Bolano descriveva nel Cinquecento otto ambienti con copertura a volta a sud e altri quattro a nord ( perduti questi ultimi con la creazione del Corso, attuale via Vittorio Emanuele II).
La naumachia di Catania sorgeva presso l'attuale Castello Ursino, vicino alla Chiesa di San Giuseppe, una imponente opera pubblica di cui non resta traccia.
Nel colossale edificio artificialmente allagato, si riproducevano le battaglie navali e i giochi acquatici; era circondata da un ricco boschetto e conteneva anche una vasca adibita ad acquario.
All'esterno si aprivano diversi accessi, molti dei quali sono oggi liberi sebbene non praticabili a causa della mancanza delle scale, chiusi da lesene; quattro grandi avancorpi emergevano dalla facciata curvilinea dell'edificio con altrettante nicchie, sicuramente con statue di divinità, purtroppo poi distrutte dall'intransigenza cristiana. La scena è ancora ingombrata da palazzi del XVIII secolo, di cui una palazzina a un piano funge da ingresso e che conserva una scalinata e una colonna, ed è sede dell'antiquarium
Sulle carceris e su una piccola parte della cavea sono ancora presenti diverse abitazioni, e la media cavea presenta molte parti di sedili asportate per ricavare dei pavimenti. Ai lati due diversi ingressi confinano uno a est con una trincea di scavo, l'altro a ovest con l'odeon. A nord-est, all'interno di uno dei locali della Casa dell'Androne si sono rinvenuti i resti di un themenos, il recinto sacro del tempio relativo al Teatro. La presenza della stipe votiva della vicina piazza San Francesco d'Assisi confermerebbe il passo di Cicerone in cui si cita il ricchissimo Tempio di Cerere che il proconsole Verre avrebbe indebitamente saccheggiato.
L'Odeon di Catania è situato nel centro storico della città etnea, vicino al Teatro Romano.La costruzione semicircolare aveva una capacità di circa 1500 spettatori.
Oltre che per spettacoli musicali e di danza è probabile che fosse utilizzato per le prove degli spettacoli che si tenevano nel vicino teatro.
TERME ACHILLEE
Le terme Achille, forse le più grandi della città, si trovano sotto piazza Duomo e si estendono fino a via Garibaldi, ma sono a un livello più basso del piano di calpestio per cui completamente nascoste alla vista. L'edificio, conosciuto con il nome di terme Achilliane o Achillee, si estende fino alla parte sud della piazza, dove una porta che si apre a destra della facciata di un'edificio consente di accedere alle Treme.
Un tempo queste Terme furono chiamate “il bagno di Bacco”, perché all’interno vi erano degli stucchi che rappresentarono putti e tralci di vite. Ciò doveva dipendere che nelle terme stesse, come spesso usava, vi fosse un'ara, un sacello o addirittura un tempio, dedicato alla divinità.
Fortunatamente il complesso termale conserva buona parte dei diversi ambienti tra cui una grande sala rettangolare di 12 m x 13 la cui volta è sostenuta da quattro pilastri. Le volte, riprodotte in alcuni disegni settecenteschi, sono abbellite, come si è detto, da magnifici stucchi con immagini di eroti, animali e viticci con grappoli d'uva.
Le terme Achilliane vennero edificate agli inizi del III sec. d.c. dal governatore di Sicilia, Lusio Labieno. Degne si una sontuosissima SPA, il locale più ampio del complesso aveva una vasca quadrata per i bagni di fango e dentro la vasca vi era un telaio di ferro al quale si sostenevano i bagnanti. Nella parte occidentale vi è un corridoio che porta ad un condotto moderno dove scorrono le acque del fiume Amenano. In fondo si intravedono le fondamenta della fontana dell’elefante.
TERME DELL'INDIRIZZO |
TERME DELL'INDIRIZZO
L'edificio termale è ancora in buono stato di conservazione per il fatto che si trova parzialmente incorporato nell’ex convento di S. Maria dell’Indirizzo, che a sua volta sorgeva sulla chiesa dedicata alla Vergine. Il grande edificio termale che si trovava nelle vicinanze del convento, venne inglobato nella costruzione e (forse anche per questo) si è conservato in ottime condizioni fino ai nostri giorni.
La struttura architettonica e i materiali Dell’antico edificio termale si conservano circa dieci ambienti chiusi dalle coperture originarie; alcuni gradini conducono a due locali rettangolari, collegati fra di loro; da essi è possibile raggiungere un complesso di vani situati a un livello più basso. Tra tutti questi ambienti il più grande, che mostra alcune aperture di forma rettangolare, ha forma ottagonale ed è coperto a cupola. In basso sono alcune nicchie.
Una delle caratteristiche più interessanti di questo monumento è che esso conserva, anche se in modo frammentario, resti di fornaci che servivano per il riscaldamento degli ambienti termali, condotti per la circolazione dell’aria calda e canali per il deflusso delle acque.
Le mura sono costituite da un’anima in malta cementizia e un rivestimento in blocchi squadrati di pietra lavica; molto presenti i mattoni che sono stati utilizzati soprattutto nei passaggi ad arco. Per quanto riguarda la cronologia delle varie fasi dell’edificio non vi sono ancora ipotesi molto convincenti; per alcuni studiosi va datato all’età imperiale avanzata.
La leggenda: "Nel 1610 si recava, per la prima volta a Catania, il viceré di Sicilia Don Pietro Girone, duca di Qssuna, a bordo di una nave spagnola. Una terribile tempesta lo colse mentre si avvicinava alle coste catanesi e, preso dalla disperazione, invocò il nome di Maria; all’improvviso vide un raggio di luce che gli diede "l’indirizzo" da seguire per potere approdare sano e salvo dentro il porto di Catania; quando scese a terra poté verificare che la luce proveniva da un’icona della Madonna del Carmine".
Le terme dell’Indirizzo, insieme alle terme della Rotonda e alle terme Achilliane, sono testimonianza di quanto fosse avanzato il grado di civiltà della Catania romana e tardo-romana.
TERME DELLA ROTONDA
Le Terme della Rotonda risalgono al I-II secolo d.c. e sono locate nel centro storico di Catania, dove sorse una chiesa bizantina dedicata alla Vergine Maria. Ciò appare anche dalla particolare struttura architettonica della chiesa, cioè una grande cupola sorretta da possenti contrafforti posta su un ambiente quadrato, un po' come avvenne a Roma per le Terme di Diocleziano, da cui si ricavarono un paio di chiese con cupola.
Le terme vennero riutilizzate come luogo di culto cristiano per la chiesa di Santa Maria della Rotonda detta anche Pantheon, formata da una grande sala rotonda ricavata dall’edificio Termale Romano. Le terme della Rotonda, collocate a nord del teatro greco, sono infatti inglobate in una chiesa bizantina con ingresso sulla via della Rotonda che sale sulla collina, verso l'acropoli della città antica.
Gli scavi, condotti all'interno e all'esterno dell'edificio nel 1950, diedero la possibilità di distinguere:
- una fase termale di epoca ellenistico-romana,
- i rimaneggiamenti di epoca tardo-imperiale, nel V-VI sec. d.c., venne ripartito in più ambienti di minori dimensioni, probabilmente per suddividere oltre a uomini e donne, anche persone di rango.
- l'inserimento del culto cristiano del VI sec. d.c. con la chiesa dell'Assunta. L'adattamento dell'edificio a chiesa cristiana è identificabile nei resti del pavimento che si è sovrapposto alle vasche, nell'abside con catino in cui fu collocato l'altare maggiore e nelle due cappelle rettangolari inserite nelle due grandi vasche angolari.
- La chiesa utilizzò tutti i possibili materiali di recupero delle terme causandone una ulteriore rovina, inoltre, addossata alla chiesa e ricavata nelle rovine interrate delle terme, vi ricavò un' area cimiteriale, utilizzata fino al XVI sec. La chiesa divenne quindi una cappella funebre per figure di rilievo dell'epoca,
La struttura termale è composta da un grande complesso di edifici quadrati connessi con uno stesso orientamento. Vi si nota una grande sala absidata, probabilmente il frigidarium, a orientamento nord-sud, con a lato est un grande ambiente ad ipocausto con suspensurae sotto a un pavimento mosaicato di cui restano tracce, naturalmente un calidarium.
A ovest della grande sala absidata si apre un vasto ambiente pavimentato in grandi lastre marmoree, di cui venne fatto scempio collocandovi delle sepolture, di cui alcune realizzate distruggendo il prezioso pavimento. A sud si aprono altri ambienti del II-III sec., con due pavimenti ad ipocausto di piccoli ambienti circolari, forse un tepidarium. Altri ambienti quadrati si aprono a nord, all'interno dell'edificio della chiesa che poggia sulle strutture romane.
Sulle Terme venne edificata l'ex chiesa di Santa Maria della Rotonda. L'ambiente in pianta quadrata presenta due aperture di epoca posteriore e un presbiterio quadrato (ex triclinium) circondato da stretti corridoi che fungono da deambulacro, con a est un piccolo catino absidale di cui rimane una porzione dell'alzato.
All'interno del vano quadrato dell'edificio ne è ricavato uno in forma circolare dal diametro di 11 metri e chiuso a cupola, mentre da esso si aprono nei quattro angoli del quadrato altrettanti nicchioni che funsero da cappelle, messe in comunicazione con l'ambiente circolare da arconi in pietra lavica. Sopra la cupola un singolare lucernario ad archetto faceva forse con funzioni di campanile.
A est della struttura si aprivano alcuni ambienti, un tempo sagrestia della chiesa, danneggiati dal bombardamento e ricostruiti nell'ultima campagna di lavori per ricavarne un piccolo ambiente per l'organizzazione delle visite.
Le terme in seguito vennero ritenute un panteon pagano, e addirittura preromano, per cui l'epigrafe qui sotto. Nella tradizione locale la Rotonda era infatti conosciuta col nome di Pantheon e molti eruditi catanesi la ritennero luogo di culto pagano. Per primo il principe di Biscariri riconobbe nel monumento un edificio termale; seguirono la sua opinione viaggiatori come Jean Houel e gli studiosi che successivamente se ne occuparono. Alla base della cupola una lunga iscrizione in latino celebra infatti l'intransigenza religiosa e pure superstiziosa del cristianesimo, che vedeva demoni in tutte le divinità che non fossero le sue:
«QUOD INANI DEORUM OMNIUM VENERATIONI SUPERSTITIOSAE CATANENSIUM EREXERAT PIETAS IDEM HOC PROFUGATO EMENTITAE RELIGIONIS ERRORE IPISIS NASCENTIS FIDEI EXORDIIS DIVUS PETRUS APOSTOLORUM PRINCEPS ANO GRATIAE 44 CLAUDII IMPERATORIS II. DEO. OP. MAX. EIUSQUE GENITRICI IN TERRIS ADHUC AGENTI SACRAVIT PANTHEON.»
« Ciò che la pietà dei Catanesi aveva eretto all'inutile superstiziosa venerazione di tutti gli dei questo stesso tolto l'errore della falsa religione negli stessi primordi della nascente fede San Pietro Principe degli Apostoli consacrò nell'anno di grazia 44 a Dio Ottimo Massimo e alla sua genitrice ancora vivente nell'anno II di Claudio Imperatore ».
Secondo recenti studi archeologici la struttura risalirebbe al I-II sec. d.c., e venne monumentalizzata nel III secolo d.c., dato il periodo di forte prosperità di Catania a cui seguì un decadimento e abbandono tra la fine del VI e gli inizi del VII sec. d.c. L'edificio termale, considerato peccaminoso per l'importanza data al corpo, come molte altre terme, fu in abbandono per quasi due secoli in stato di profondo degrado, finchè divenne una chiesa intorno al IX-X sec. d.c. che ne adoperò le fondamenta e le pareti ancora integre.
Le Terme della Rotonda risalgono al I-II secolo d.c. e sono locate nel centro storico di Catania, dove sorse una chiesa bizantina dedicata alla Vergine Maria. Ciò appare anche dalla particolare struttura architettonica della chiesa, cioè una grande cupola sorretta da possenti contrafforti posta su un ambiente quadrato, un po' come avvenne a Roma per le Terme di Diocleziano, da cui si ricavarono un paio di chiese con cupola.
Le terme vennero riutilizzate come luogo di culto cristiano per la chiesa di Santa Maria della Rotonda detta anche Pantheon, formata da una grande sala rotonda ricavata dall’edificio Termale Romano. Le terme della Rotonda, collocate a nord del teatro greco, sono infatti inglobate in una chiesa bizantina con ingresso sulla via della Rotonda che sale sulla collina, verso l'acropoli della città antica.
Gli scavi, condotti all'interno e all'esterno dell'edificio nel 1950, diedero la possibilità di distinguere:
- una fase termale di epoca ellenistico-romana,
- i rimaneggiamenti di epoca tardo-imperiale, nel V-VI sec. d.c., venne ripartito in più ambienti di minori dimensioni, probabilmente per suddividere oltre a uomini e donne, anche persone di rango.
- l'inserimento del culto cristiano del VI sec. d.c. con la chiesa dell'Assunta. L'adattamento dell'edificio a chiesa cristiana è identificabile nei resti del pavimento che si è sovrapposto alle vasche, nell'abside con catino in cui fu collocato l'altare maggiore e nelle due cappelle rettangolari inserite nelle due grandi vasche angolari.
- La chiesa utilizzò tutti i possibili materiali di recupero delle terme causandone una ulteriore rovina, inoltre, addossata alla chiesa e ricavata nelle rovine interrate delle terme, vi ricavò un' area cimiteriale, utilizzata fino al XVI sec. La chiesa divenne quindi una cappella funebre per figure di rilievo dell'epoca,
La struttura termale è composta da un grande complesso di edifici quadrati connessi con uno stesso orientamento. Vi si nota una grande sala absidata, probabilmente il frigidarium, a orientamento nord-sud, con a lato est un grande ambiente ad ipocausto con suspensurae sotto a un pavimento mosaicato di cui restano tracce, naturalmente un calidarium.
A ovest della grande sala absidata si apre un vasto ambiente pavimentato in grandi lastre marmoree, di cui venne fatto scempio collocandovi delle sepolture, di cui alcune realizzate distruggendo il prezioso pavimento. A sud si aprono altri ambienti del II-III sec., con due pavimenti ad ipocausto di piccoli ambienti circolari, forse un tepidarium. Altri ambienti quadrati si aprono a nord, all'interno dell'edificio della chiesa che poggia sulle strutture romane.
TERME DELLA ROTONDA (esterni) |
All'interno del vano quadrato dell'edificio ne è ricavato uno in forma circolare dal diametro di 11 metri e chiuso a cupola, mentre da esso si aprono nei quattro angoli del quadrato altrettanti nicchioni che funsero da cappelle, messe in comunicazione con l'ambiente circolare da arconi in pietra lavica. Sopra la cupola un singolare lucernario ad archetto faceva forse con funzioni di campanile.
A est della struttura si aprivano alcuni ambienti, un tempo sagrestia della chiesa, danneggiati dal bombardamento e ricostruiti nell'ultima campagna di lavori per ricavarne un piccolo ambiente per l'organizzazione delle visite.
Le terme in seguito vennero ritenute un panteon pagano, e addirittura preromano, per cui l'epigrafe qui sotto. Nella tradizione locale la Rotonda era infatti conosciuta col nome di Pantheon e molti eruditi catanesi la ritennero luogo di culto pagano. Per primo il principe di Biscariri riconobbe nel monumento un edificio termale; seguirono la sua opinione viaggiatori come Jean Houel e gli studiosi che successivamente se ne occuparono. Alla base della cupola una lunga iscrizione in latino celebra infatti l'intransigenza religiosa e pure superstiziosa del cristianesimo, che vedeva demoni in tutte le divinità che non fossero le sue:
«QUOD INANI DEORUM OMNIUM VENERATIONI SUPERSTITIOSAE CATANENSIUM EREXERAT PIETAS IDEM HOC PROFUGATO EMENTITAE RELIGIONIS ERRORE IPISIS NASCENTIS FIDEI EXORDIIS DIVUS PETRUS APOSTOLORUM PRINCEPS ANO GRATIAE 44 CLAUDII IMPERATORIS II. DEO. OP. MAX. EIUSQUE GENITRICI IN TERRIS ADHUC AGENTI SACRAVIT PANTHEON.»
« Ciò che la pietà dei Catanesi aveva eretto all'inutile superstiziosa venerazione di tutti gli dei questo stesso tolto l'errore della falsa religione negli stessi primordi della nascente fede San Pietro Principe degli Apostoli consacrò nell'anno di grazia 44 a Dio Ottimo Massimo e alla sua genitrice ancora vivente nell'anno II di Claudio Imperatore ».
Secondo recenti studi archeologici la struttura risalirebbe al I-II sec. d.c., e venne monumentalizzata nel III secolo d.c., dato il periodo di forte prosperità di Catania a cui seguì un decadimento e abbandono tra la fine del VI e gli inizi del VII sec. d.c. L'edificio termale, considerato peccaminoso per l'importanza data al corpo, come molte altre terme, fu in abbandono per quasi due secoli in stato di profondo degrado, finchè divenne una chiesa intorno al IX-X sec. d.c. che ne adoperò le fondamenta e le pareti ancora integre.
Francesco Ferrara (1767-1850) - Storia di Catania sino alla fine del Secolo XVIII - Catania, 1829 scrive: " È stato un errore, ed una credulità popolare che sia stata l'antico Panteon di Catania, perché ha la forma rotonda. Fu evidentemente un atrio ai bagni; ve ne era un'altra uguale a poca distanza di cui sino a poco se ne vedevano le rovine ".
Gli scavi archeologici hanno rilevato un livello ellenistico, uno romano con le terme, del I sec, un rimaneggiamento di età imperiale che rese circolare il calidarium, e un pavimento di epoca bizantina. Altri scavi vennero compiuti tra il 2004 e il 2008, scoprendo una gran quantità di tombe, identificando nove ambienti termali e ipotizzandone altri al di sotto delle vicine Via Rotonda e Via La Mecca..TERME ROMANE DELL'ACROPOLI
Di fronte al Monastero dei Benedettini si custodiscono i resti di un edificio termale romano che testimonia la ricchezza di quest’area all’interno della quale sono stati ritrovati reperti archeologici, mosaici e parti di costruzioni antiche rivestite di marmi e di decorazioni.
Superato il portone che immette all’interno del monastero si possono vedere le trincee di scavo che si apre sulla sommità dell’acropoli dove, nel 1978, sono state scoperte tracce di:
- frequentazione preistorica del sito (neolitico ed età del rame),
- materiali greci risalenti al VII sec. a.c.,
- frammenti di tessuti urbani della Catania di età romana.
Nel cortile del Monastero dei Benedettini, oggi sede della facoltà di lettere dell’università di Catania, sono stati ritrovati i resti di una strada e di una domus romani. Poco lontano gli scarsissimi resti di un altro edificio termale: le Terme dell’Itria.
Attraversando in perpendicolare via Garibaldi, via Vittorio Emanuele e infine via teatro Greco ritroviamo il monastero dei Benedettini. Nella piazza antistante scopriamo un altro edificio termale romano: il balneum di piazza Dante, anch’esso probabilmente struttura termale privata in dote ad un’antica casa patrizia in epoca tardo imperiale.
RESTI DEL FORO |
IL FORO
Il Foro romano di Catania è stato rinvenuto nel cortile San Pantaleone, con una serie di edifici circondanti un’ampia area centrale, probabilmente magazzini o negozi. Lorenzo Bolano descriveva nel Cinquecento otto ambienti con copertura a volta a sud e altri quattro a nord ( perduti questi ultimi con la creazione del Corso, attuale via Vittorio Emanuele II).
Il Bolano riferisce anche di un’ala occidentale distrutta ai suoi tempi, che descrive però come un impianto termale, e ancora Valeriano De Franchi, cartografo per l’opera del D’Arcangelo, ne traccia una prima planimetria chiamandola Terme Amasene.
Ai tempi del principe Ignazio Paternò Castello il pianterreno risultava essere già sepolto, mentre il secondo piano (cinque metri più in alto) era diventato residenza di popolani e i lati ridotti a due soltanto (quelli a sud e ad est) uniti ad angolo retto. Adolf Holm attesta esserci stati ai suoi tempi sette vani ad est e tre a sud e che questi furono chiamati “grotte di S. Pantaleo, per metà interrate e ridotte a povere abitazioni”.
Il Libertini nota che gli otto ambienti a sud persistano, mentre le strutture a est furono convertite in un unico corridoio. La facciata era di circa 45 metri di lunghezza. Tuttavia le strutture riconosciute dal Libertini erano quelle del secondo piano, mentre cinque metri più sopra rimanevano i ruderi del piano interrato che potrebbero essere i locali di cui fa menzione l’Holm.
Oggi del foro rimangono soltanto un paio di ambienti attigui visibili a sud, con ingresso architravato sormontato da una apertura ad arco, molto simile nell’aspetto ai magazzini del Foro Traianeo, oltre alle aperture ad arco semplice.
Della struttura a est rimangono i resti di una parete in opus reticulatum appartenenti ad uno dei magazzini. Tuttavia, in un lavoro del 2008, Edoardo Tortorici ha messo in dubbio la possibilità che si tratti di un foro, riferendola piuttosto a degli horrea.
Ai tempi del principe Ignazio Paternò Castello il pianterreno risultava essere già sepolto, mentre il secondo piano (cinque metri più in alto) era diventato residenza di popolani e i lati ridotti a due soltanto (quelli a sud e ad est) uniti ad angolo retto. Adolf Holm attesta esserci stati ai suoi tempi sette vani ad est e tre a sud e che questi furono chiamati “grotte di S. Pantaleo, per metà interrate e ridotte a povere abitazioni”.
Il Libertini nota che gli otto ambienti a sud persistano, mentre le strutture a est furono convertite in un unico corridoio. La facciata era di circa 45 metri di lunghezza. Tuttavia le strutture riconosciute dal Libertini erano quelle del secondo piano, mentre cinque metri più sopra rimanevano i ruderi del piano interrato che potrebbero essere i locali di cui fa menzione l’Holm.
Oggi del foro rimangono soltanto un paio di ambienti attigui visibili a sud, con ingresso architravato sormontato da una apertura ad arco, molto simile nell’aspetto ai magazzini del Foro Traianeo, oltre alle aperture ad arco semplice.
Della struttura a est rimangono i resti di una parete in opus reticulatum appartenenti ad uno dei magazzini. Tuttavia, in un lavoro del 2008, Edoardo Tortorici ha messo in dubbio la possibilità che si tratti di un foro, riferendola piuttosto a degli horrea.
LA NAUMACHIA
La naumachia di Catania sorgeva presso l'attuale Castello Ursino, vicino alla Chiesa di San Giuseppe, una imponente opera pubblica di cui non resta traccia.
Nel colossale edificio artificialmente allagato, si riproducevano le battaglie navali e i giochi acquatici; era circondata da un ricco boschetto e conteneva anche una vasca adibita ad acquario.
Lo speco, di 121 m x 172, era scavato nell’argilla e tutto intorno era circondato da numerosi alberi di ginepro e pioppo. I due muri paralleli dell’edificio erano lunghi oltre 200 m e distanti tra loro 131 m.
Durante l’eruzione del 1669, le ultime tracce di questo colossali monumento, rimasero per sempre sepolte sotto l’imponente colata lavica e nessuno ha mai pensato di disseppellirlo.
IPPODROMO
Accanto alla Naumachia sorgeva anche un ippodromo, lungo 1872 piedi, nel quale si svolgevano le corse durante la festa di Bacco. A delimitare il punto di partenza e quello di arrivo erano stati posti due obelischi; uno di questi è possibile ancora oggi ammirarlo in Piazza Duomo, proprio sopra l’elefante che adorna la fontana.
Durante l’eruzione del 1669, le ultime tracce di questo colossale monumento, rimasero per sempre sepolte sotto l’imponente colata lavica e nessuno ha mai pensato di disseppellirlo.
GINNASIO
BASILICA DI St. AGOSTINO
Nell'odierna Piazza Mazzini, nei primi decenni del XVIII secolo, non è certo per mano di quali architetti, in quella che sarebbe dovuta divenire la principale piazza del mercato catanese sorsero quattro identici loggiati, ciascuno composto da 8 colonne in marmo bianco, che formarono una cornice quadrangolare lungo i perimetri del luogo ad eccezione delle quattro aperture stradali. Tali colonne furono recuperate da rovine di epoca romana probabilmente dai resti di una basilica posta dove oggi sorge la chiesa di Sant’Agostino con convento annesso.
Nell'odierna Piazza Mazzini, nei primi decenni del XVIII secolo, non è certo per mano di quali architetti, in quella che sarebbe dovuta divenire la principale piazza del mercato catanese sorsero quattro identici loggiati, ciascuno composto da 8 colonne in marmo bianco, che formarono una cornice quadrangolare lungo i perimetri del luogo ad eccezione delle quattro aperture stradali. Tali colonne furono recuperate da rovine di epoca romana probabilmente dai resti di una basilica posta dove oggi sorge la chiesa di Sant’Agostino con convento annesso.
Il vicino convento di S. Agostino conservava parte della struttura della basilica, consistente in un grosso muro cui poggiava l’edificio religioso e trentadue colonne, prima del terremoto del 1693 componenti il chiostro del convento, in seguito poste a decoro dell’antico Plano San Philippo (oggi Piazza Mazzini). Da qui inoltre provengono il torso colossale di imperatore giulio-claudio e un lastricato in calcare.
IL CARCERE ROMANO
RESTI DEL CARCERE ROMANO |
Si sa che i romani non usavano le carceri come pena detentiva ma come luogo di permanenza momentanea in attesa di giudizio, o come luogo di esecuzione per la pena di morte.
DOMUS DI VIA CROCIFERI
Lungo via Crociferi si trovano, purtroppo nascosti da orribili loculi di cemento e vetro, i resti della Domus di via Crociferi, una ricca casa patrizia di epoca romano imperiale.
L'ACQUEDOTTO
L'acquedotto romano si diramava verso tre direzioni: uno verso la Naumachia, uno verso la collina di Montevergine e uno verso la Porta del Re. Esso fu la maggiore opera di convoglio idrico nella Sicilia romana e traversava il territorio compreso tra le fonti di Santa Maria di Licodia e l’area urbana catanese, percorrendo gli attuali territori comunali di Paternò, Belpasso e Misterbianco prima di giungere a Catania.
Le prime immagini che lo ritraggono si devono a Jean Houel che nel suo Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari illustra alcuni tratti dell’acquedotto, nonché la così detta botte dell’acqua di Santa Maria di Licodia, la grande cisterna di raccolta delle sorgive destinate alla distribuzione idrica.
Nel XIX secolo la struttura, già svalorizzata, subisce nuovi danneggiamenti per la realizzazione delle mura di Catania e per la passeggiata della Marina, dove vennero demoliti gli archi della contrada Sardo.
Non si conosce l'anno della costruzione del lungo acquedotto che avrebbe giunto le sorgenti di Santa Maria di Licodia con Catania, ma comunque è testimoniato dall’età augustea in poi, in quanto si rinvenne presso la sua parte iniziale una lapide incisa con i nomi dei curatores aquarum e databile al I sec..
L’edificio subì diversi danneggiamenti, tra cui, secondo il Principe di Biscari, anche l’eruzione del 253 e una lapide, rinvenuta dal medesimo nel 1771 presso il complesso monacale dei benedettini relativa ad un ninfeo che qui insisteva, ne ricorderebbe dunque un restauro eseguito.
L'acquedotto romano si diramava verso tre direzioni: uno verso la Naumachia, uno verso la collina di Montevergine e uno verso la Porta del Re. Esso fu la maggiore opera di convoglio idrico nella Sicilia romana e traversava il territorio compreso tra le fonti di Santa Maria di Licodia e l’area urbana catanese, percorrendo gli attuali territori comunali di Paternò, Belpasso e Misterbianco prima di giungere a Catania.
Le prime immagini che lo ritraggono si devono a Jean Houel che nel suo Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari illustra alcuni tratti dell’acquedotto, nonché la così detta botte dell’acqua di Santa Maria di Licodia, la grande cisterna di raccolta delle sorgive destinate alla distribuzione idrica.
Nel XIX secolo la struttura, già svalorizzata, subisce nuovi danneggiamenti per la realizzazione delle mura di Catania e per la passeggiata della Marina, dove vennero demoliti gli archi della contrada Sardo.
Non si conosce l'anno della costruzione del lungo acquedotto che avrebbe giunto le sorgenti di Santa Maria di Licodia con Catania, ma comunque è testimoniato dall’età augustea in poi, in quanto si rinvenne presso la sua parte iniziale una lapide incisa con i nomi dei curatores aquarum e databile al I sec..
L’edificio subì diversi danneggiamenti, tra cui, secondo il Principe di Biscari, anche l’eruzione del 253 e una lapide, rinvenuta dal medesimo nel 1771 presso il complesso monacale dei benedettini relativa ad un ninfeo che qui insisteva, ne ricorderebbe dunque un restauro eseguito.
Nel 1556 il viceré Juan de Vega ordinò lo smantellamento di un lungo tratto dell’ancora esistente ponte-acquedotto sito nei pressi della città, per ricavarne materiale da costruzione per le mura di Catania, dimezzandone la quantità di archi, da 65 a 32, e nel 1621 per un generale restauro della città, si spoliò il monumento insieme ad altri per la realizzazione di una strada pavimentata che divenne luogo di passeggio e svago, dotato di panchine e alberi. L’eruzione dell’Etna del 1669 interrò le uniche arcate superstiti presso Catania, lasciandone appena qualche porzione. Ulteriori danni fecero il terremoto del Val di Noto del 1693 e l’incuria, nonché il cambio di destinazione d’uso e la cementificazione selvaggia.
Dell’edificio originario purtroppo non rimangono molte tracce, tuttavia sulla base di queste e sulle descrizioni passate sappiamo che l’acquedotto percorreva circa 24 km da Santa Maria di Licodia a 400 m.s.l.m. fino a Catania, presso il convento benedettino di San Nicola, coinvolgendo cinque territori comunali.
A Licodia quattro sorgenti venivano incanalate in un grande serbatoio (la Botte dell’acqua), di cui ci permane solo una documentazione da parte dell’Houel. Questa struttura, una grande camera a base quadrata divisa da una parete centrale e con copertura a botte, intercettava l’acqua mediante quattro bocche per poi direzionarla ad uno specus, un canale aperto a est, verso Catania.
La conduttura misurava 0,5 m in larghezza x 1,5 in altezza ed era coperta da una volta impermeabilizzata all’interno con un fine intonaco costituito da malta, pozzolana e frammenti di terracotta (Opus signinum o cocciopesto).
Il materiale usato per il resto dell’acquedotto era:
- pietra lavica,
- pietra lavica,
- roccia glabra per il riempimento,
- cocci ben squadrati per la copertura,
- un composto di malta e pozzolana per fissare i blocchi e isolare il flusso idrico,
- mattoni in terracotta per gli archi.
- cocci ben squadrati per la copertura,
- un composto di malta e pozzolana per fissare i blocchi e isolare il flusso idrico,
- mattoni in terracotta per gli archi.
Per mantenere costante la pendenza la struttura si interrava, o si sollevava su un muro di sostegno, mentre per i dislivelli notevoli vennero realizzati ponti-acquedotto su arcate portanti, talora anche su due file sovrapposte. Lungo il percorso c'erano i putei, pozzi di ispezione usati anche per la manutenzione e la pulizia, di cui ancora se notano numerosi, e diversi castella aquae (o castelli di distribuzione, ossia cisterne di filtraggio e diramazione dell’acqua) a Licodia, Valcorrente, Misterbianco, Catania.
A Catania, a poca distanza dall’attuale Corso Indipendenza, il Biscari identifica una fabbrica quadrata coperta a volta, forse una conserva d’acqua e un’altra nella vigna dei Portuesi. Il sistema avrebbe dovuto raggiungere un grande serbatoio che secondo alcuni sarebbe il grande Ninfeo presso il convento benedettino. Attualmente esistono tre testimonianze a Catania dei resti dell’acquedotto romano. Di fronte l’ospedale Nuovo Garibaldi, dietro il liceo Spedalieri e in via Grassi in un orto privato.
SEPOLCRI
Le necropoli
Le necropoli di Catania antica si estendevano soprattutto nell’area a nord e a est dell’anfiteatro, che costituiva il limite settentrionale dell’abitato. Le scoperte degli ultimi anni hanno portato alla luce un’ampia necropoli di età romana sotto i palazzi delle Poste e de La Rinascente. Ancora, a est della via Etnea nel primo cortile della Caserma Lucchesi-Palli nella piazza della Fiera del Lunedì, sono stati rinvenuti resti di una sepoltura romana.
Necropoli di Leucatia
In cima al monte San Paolillo, vi sono i ruderi di un edificio sepolcrale che sin dal XVII secolo, si narrava di un’antica costruzione risalente al II-III sec. d.c., riferibile a un tempio di epoca romana, dedicato alla Dea Leucotea, di forma quadrata, edificata con grossi blocchi basaltici, con all’interno tre nicchie e coperta a volta. Le pareti dovevano presentarsi prive di alcun rivestimento marmoreo. La costruzione della monumentale tomba, agli inizi del ‘900, subì consistenti modifiche.
Per consentire una migliore panoramica della città, e per l’appostamento dei cacciatori, venne purtroppo costruito un terrazzino e una scalinata al posto dell’originaria artistica cupola. Negli scavi in loco del 1994 sono stati riportati alla luce: il banco lavico del monumento funerario, una tomba romana a cassa, un muro spesso 80 cm e lungo 6 m, del IV sec. a.c., e materiale ceramico dell’epoca greco-arcaica.
L’analisi dei reperti conferma che la colonizzazione del territorio non è avvenuta solo a partire dalla città antica, ma contemporaneamente in aree periferiche che potevano avere per i Calcidesi una posizione strategica militare ed economica. L'area di Leucatia, vale a dire di Leucotea (la Dea dell'alba) non solo ospitò insediamenti indigeni pre-coloniali, ma anche una vasta area di necropoli romana lungo la direttrice della Catania-Messina.
Piazza S. Maria di Gesù
Un’altra zona fortemente interessata dalle necropoli antiche è quella che ruota intorno all’attuale piazza S. Maria di Gesù e al viale Regina Margherita.
Chiesa di S. Euplio
All’ingresso della recinzione che custodisce i ruderi dell’antica chiesa di S. Euplio si vede una scaletta che conduce ad un locale sotterraneo. Scesa tutta la scala si accede in una piccola camera molto umida e buia dalle pareti della quale emergono alcune pitture e su cui si aprono alcune nicchie laterali, mentre sul fondo è un piccolo altare con tracce, ormai quasi completamente scomparse, di affreschi parietali. Gran parte dell’ambiente è ricavato dentro la roccia; si vedono anche alcune nicchie laterali. Secondo studi recenti questo ambiente fu adibito a sepolcro.
Piazza S. Maria di Gesù
Un’altra zona fortemente interessata dalle necropoli antiche è quella che ruota intorno all’attuale piazza S. Maria di Gesù e al viale Regina Margherita.
Chiesa di S. Euplio
All’ingresso della recinzione che custodisce i ruderi dell’antica chiesa di S. Euplio si vede una scaletta che conduce ad un locale sotterraneo. Scesa tutta la scala si accede in una piccola camera molto umida e buia dalle pareti della quale emergono alcune pitture e su cui si aprono alcune nicchie laterali, mentre sul fondo è un piccolo altare con tracce, ormai quasi completamente scomparse, di affreschi parietali. Gran parte dell’ambiente è ricavato dentro la roccia; si vedono anche alcune nicchie laterali. Secondo studi recenti questo ambiente fu adibito a sepolcro.
Al numero 35 di via Vittorio Emanuele, all’interno di un giardino privato, si erge il Mausoleo circolare di villa Modica.
La Villa Modica è un edificio ottocentesco che sorge sul viale Regina Margherita, e il cui giardino ospita un importante Mausoleo Romano.
L’edificio funebre ha un diametro esterno di quasi 8 m e reca a ovest un’apertura ad arco per l'accesso alla tomba. Al di sopra una cornice in terracotta (di cui non rimangono che labili tracce) segnava il confine tra il pianterreno e il piano superiore.
L’interno del piano inferiore è un ambiente circolare su cui si affacciano quattro nicchie ad arco ricavate nello spessore murario, mentre la particolare volta è a cono ribassato, realizzato da fasce parallele concentriche in pietre laviche.
Il secondo piano era invece costituito da un portico aperto verso est, costituito da due mezze colonne. Del secondo piano rimane solo un alzato di circa 50 cm con un nicchione che doveva contenere una statua votiva.
Il secondo piano era invece costituito da un portico aperto verso est, costituito da due mezze colonne. Del secondo piano rimane solo un alzato di circa 50 cm con un nicchione che doveva contenere una statua votiva.
Ipogeo quadrato
Via Gaetano Sanfilippo
In via Gaetano Sanfilippo si trova una costruzione romana inglobata nel cortile di un palazzo moderno. Essa è erroneamente chiamata Ipogeo (sottoterra) ma in realtà è visibile in tutta la sua interezza. Si tratta, in realtà, di un piccolo monumento funerario romano formato da una camera.
Viale Regina Margherita
Nel giardino di un edificio moderno del viale Regina Margherita è stato individuato un edificio sepolcrale di forma circolare a due piani.
Sempre in questa zona, negli anni Cinquanta del nostro secolo, è stato scoperto dall’archeologo Giovanni Rizza il più grande e significativo complesso cimiteriale della Catania cristiana.
San Gaetano alle Grotte
A piazza Stesicoro, sulla destra, al centro del mercato, si trova la chiesa di San Gaetano alle Grotte che sorge sui resti di un antico tempio fondato nel 262 d.c. dal vescovo S. Everio col titolo di S. Maria. All’interno di una grotta lavica originatasi forse nell’eruzione del Larmisi venne ricavata una cisterna ipogea di epoca romana, in seguito riadattata all’uso di sepolcreto paleocristiano delle necropoli.
Dietro il mercato con accesso dalla Caserma Centro Documentale Esercito di Catania, troviamo il Mausoleo romano del Carmine di cui sono serbati alcuni resti di un edificio funerario di epoca romana datato alla seconda metà del II secolo, erroneamente indicato come la tomba di Stesicoro.
Ospedale Garibaldi
All’interno dell’ospedale Garibaldi si trova la Chiesetta della Mecca, ridotta oggi a cappella ospedaliera, che conserva l’accesso ad una cripta romana. Questa consiste di un colombario di oltre 6 m di lunghezza x 4 di larghezza. Il colombario venne costruito nella parte inferiore in pietra lavica e in mattoni nella parte superiore, con una copertura a volta a botte. Lungo le quattro pareti si aprono 18 loculi quadrangolari di cui uno, sul lato ovest, a nicchia, è molto più grande rispetto agli altri, evidentemente usato da un personaggio più importante.
BIBLIO
- A. Holm - Catania Antica - traduzione di G. Libertini - Catania - 1925 -
- G. Libertini - La topografia di Catania antica e le scoperte nell'ultimo cinquantennio - in «Archeologia e Storia della Sicilia Orientale» -
- G. Iatrino - Katana - ovvero dell'archeologia della cultura dei vinti (PDF) - in Agorà, n. 25-26 - 2006 -
- Vito M. Amico e Statella - Catana illustrata, sive sacra, et civilis urbis Catanæ historia - pars secunda - Catanæ - ex Typographia Simonis - Trento - 1741 -
- Massimo Frasca - Gli scavi all'interno dell'ex monastero dei Benedettini e lo sviluppo urbano di Catania antica - in F. Nicoletti (a cura di) - Catania Antica. Nuove prospettive di ricerca - Regione Siciliana - Palermo - 2015 -- G. Iatrino - Katana - ovvero dell'archeologia della cultura dei vinti (PDF) - in Agorà, n. 25-26 - 2006 -
- Vito M. Amico e Statella - Catana illustrata, sive sacra, et civilis urbis Catanæ historia - pars secunda - Catanæ - ex Typographia Simonis - Trento - 1741 -
Bello! Grazie
RispondiEliminamolte notizie interessanti su Catania. Ma attenzione, Piazza Rossetti (e il relativo anfiteatro) NON si trova a Catania, bensì a Vasto, provincia di Chieti.
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