TEMPIO DI MERCURIO DAVANTI AL SETTIZONIO |
La cosiddetta Fonte di Mercurio sorgeva a Roma accanto alla attuale Chiesa di San Gregorio.
LE MIRACHOLE DE ROMA
"Al tenpio Paladis ere la Fontana di Mercurio,
là dove li merchatanti ricevevano risposta."
LA FONTE DI MERCURIO
La fonte fu famosa per l'eccellenza delle sue acque, ed è molto vicina alla fonte di S. Gregorio Magno, chiamata "mirabilis, immo saluberrimus fons", meravigliosa e anche saluberrima fonte.
Sembra, che nell'area, presso Porta Capena, fosse stato eretto un Tempio a Mercurio, accanto al quale si trovava una fonte dove i mercanti andavano a purificarsi alle idi di maggio, per ottenere la buona fortuna nei prossimi commerci.
Le idi erano il giorno che divide il mese in due parti quasi uguali, cadendo il 15 in marzo, maggio, luglio e ottobre, il 13 negli altri mesi, ed erano giorni festivi consacrati a Giove. Tuttavia il 15 maggio, vale a dire nelle Idi di maggio, si festeggiava a Roma il Templum Mercurii in Aventino.
Infatti il 15 maggio 495 a .c. venne consacrato al Dio Mercurius un tempio sul colle Aventinus, e Ovidio riferisce:
"Vicino alla porta Capena c'è un'acqua di Mercurio, miracolosa, se conviene credere a chi la provò; là si reca con la tunica fissata dal cinto il mercante e mondato, con un'anfora purificata, attinge acqua da portar via. Con questa inumidisce un ramo d'alloro e col ramo inumidito asperge le mercanzie che muteranno padrone."
Ma nello stesso giorno si festeggiavano i Mercuralia, una festa in onore di Mercurio e Maia, Dies Mercuriae et Maiae. Mercurio era messaggero degli Dei, Dio del commercio e quindi dei mercanti, dell'astuzia e degli affari, Dio dei viandanti, Dio tutelare delle strade, ma pure degli avvocati e dei ladri, e guida delle anime nell'Ade. Maia, sua madre, era la Natura e la madre per antonomasia.
"Porta Capena", dalla quale originariamente aveva inizio la via Appia, deriva il suo nome dalla corruzione dell'antico bosco sacro della "Fons Camenorum" ("Fonte delle Camene"), situato subito fuori della porta, alle pendici del Celio ed alla quale, secondo la tradizione, attingevano le Vestali per i loro riti sacri.
CASINO CINQUECENTESCO |
Venne però smontato e qui ricostruito nel 1911 per la realizzazione del "Parco di Porta Capena" o "Passeggiata Archeologica", ad opera dell'allora ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli, il quale volle valorizzare i grandi monumenti dell'antichità romana.
Il Casino fu ricostruito dall'architetto Pietro Guidi che ne ricostruì alcune parti mancanti disponendolo su una nuova scalinata di 10 gradini rispetto ai due originari. L'edificio si apre al pianterreno con un portico in travertino, costituito da tre archi sulla fronte e due sui fianchi, sopra il quale corre un fregio dorico, mentre il piano nobile presenta finestre architravate.
Il Casino fu ricostruito dall'architetto Pietro Guidi che ne ricostruì alcune parti mancanti disponendolo su una nuova scalinata di 10 gradini rispetto ai due originari. L'edificio si apre al pianterreno con un portico in travertino, costituito da tre archi sulla fronte e due sui fianchi, sopra il quale corre un fregio dorico, mentre il piano nobile presenta finestre architravate.
Osservando il casino La Vignola nell'immagine di cui sopra, si osserva sul lato corto la presenza di una finestrella, posta al piano terra e inquadrata in listoni di travertino, sopra cui è posta un'epigrafe, anch'essa in travertino.
Su di essa vi è inciso:
"Fons Mercurii/
antica sorgente/
di Mercurio"
perchè quello era il punto esatto da cui sgorgava la fonte sicuramente con una splendida mostra in marmo, data la sua importanza per gli affaristi e i commercianti.
Su di essa vi è inciso:
"Fons Mercurii/
antica sorgente/
di Mercurio"
perchè quello era il punto esatto da cui sgorgava la fonte sicuramente con una splendida mostra in marmo, data la sua importanza per gli affaristi e i commercianti.
Purtroppo la fonte è stata distrutta, ovvero le sue parti in marmo spogliate se non calcinate dalla follia iconoclasta alla caduta dell'impero. Il Tempio alle falde dell Aventino era stato prima dedicato e poi restaurato da Marco Aurelio.
I Sacerdoti Galli di Cibele vi andavano a lavare la Statua della Dea detta Berecintia in quanto madre di Berecinto, che aveva il suo tempio nel Palatino e vi lavavano i loro sacri utensili e ogni anno per giorni si celebravano alcune feste ad onore di questa funzione dette Berecyntiae durante le quali si suonava la Berecyntia tibia, cioè il flauto frigio ricurvo.
I Sacerdoti Galli di Cibele vi andavano a lavare la Statua della Dea detta Berecintia in quanto madre di Berecinto, che aveva il suo tempio nel Palatino e vi lavavano i loro sacri utensili e ogni anno per giorni si celebravano alcune feste ad onore di questa funzione dette Berecyntiae durante le quali si suonava la Berecyntia tibia, cioè il flauto frigio ricurvo.
"Uno dei principali edifizi che stavano a Porta Capena, doveva essere quello consacrato a Mercurio, che si trova registrato in questa regione, da Rufo e Vittore, e che stava probabilmente vicino alla celebre fonte dell'acqua di Mercurio di cui Ovidio, tra gli scrittori antichi, ci mostra la sua vicinanza alla nominata porta con i seguenti versi:
- Est aqua Mercurii portae vicina Capenae;
Si iuvat expertis credere, numen habet. -
Il chiarissimo Avvocato Fea, commissario delle antichità romane, ha riconosciuto in questi ultimi anni, fra i resti di un antico fabbricato, esistente nella vigna dei PP. Camaldolesi di san Gregorio, la sorgente di questa acqua, e da questo ritrovato si dedusse che il Tempio doveva stare ivi vicino.
IL CASINO CINQUECENTESCO OGGI |
Gli avanzi dunque che si ritrovano dove fu scoperta la sorgente della nominata acqua di Mercurio, avranno appartenuto o alla fonte stessa, o ad un qualche recinto del tempio.
Tra i frammenti quindi della pianta capitolina, uno ne esiste, distinto quivi col numero LXIV, nel quale vi è scolpita una specie di ara rotonda unitamente a poche lettere che si interpretano per avere denotata l'Area di Mercurio, e siccome si trova registrato in questa regione da Rufo tale Area con un'ara, così è da credere che formava questa probabilmente una piazza avanti il tempio, nel cui di mezzo vi stava la descritta ara."
(Roma Antica - dell'Architello Luigi Canina 1831)
AQUA MERCURII di RODOLFO LANCIANI
Ho nutrito altra volta il dubbio che il fons Camenarum di Frontino, (Vasca) fontalis ab Camenis di Vitruvio e Aqua Mcrcurii di Ovidio fossero idraulicamente una cosa sola: in primo luogo perchè una sola sorgente copiosa mi era nota in questa zona della prima regione: in secondo luogo perchè la frase "salubratem aegris coiporibus afferre creditur collima col numen habet del poeta; e da ultimo perchè se la fonte delle Camene è designata da Giovenale ad veieres arcus madidamque Capenam anche quella di Mercurio è indicata da Ovidio ""Portae vicina Capenae, vale a dire nell'istesso luogo.
Ad onta di questi indizi di identilà parmi più saggio partito interpretare i passi degli scrittori nel senso ovvio, e ritenere l'un fonte diverso dall'altro; molto più che dal confronto delle memorie lasciate su questo argomento dai topografi con l'ispezione accurata del terreno da me fatta e ripetuta più volte, credo aver ritrovato il secondo capo d'acqua attribuibile alle Camene.
Le ricerche eseguite dal Fea negli anni 1817-1821 a complemento di quelle iniziate dai pontefici Clemente XI, Benedetto XIV e Clemente XIII, gli permisero di determinare con precisione le scaturigini dell'aqua Mercurii.
Egli risalì il corso del rivo dal punto ove sbocca nella cloaca massima di contro s. Giorgio, ed ove esisteva prima un lavatoio, poi una cartiera, ed infine una vasca, e lo seguì per tutta la lunghezza del circo massimo fin verso la Moietta. Questo speco, per un tratto considerevole, è di moderna fattura. Presso la via de' Cerchi corre all'altezza di m. 8,92 sul letto della cloaca massima. Fino al 1750 era scoperto e le donne della contrada ne usavano come lavatoio. I conservatori vi mantenevano un custode.
All'angolo delle vie de' Cerchi e de' Fienili presso s. Anastasia lo speco, fin qui moderno, imbocca entro un antico ricettacolo di opera laterizia reticolata, la cui disposizione apparisce chiara nel disegno che publico alla tavola I, fig. 1. È descritto nel Bull. dell'Instituto, maggio 1867; ed in un opuscolo intitolato: The Lupercal of Augustus, Rome 1869.
Ho avuto opportunità di esaminarlo a tutt'agio, in occasione dei lavori per la costruzione della cloaca del Colosseo, dalla quale è stato troncato a metà. Consta di due anditi o gallerie larghe m. 4,30 l' una , l'altra m. 4,60, coperte con volta a sesto ribassato di m. 3,90 di raggio, con freccia di m. 0,60.
La galleria occidentale è lunga m. 34,50, quella ad oriente m. 35,20 fin dove l'accumulazione delle rovine permette di penetrare. La parete divisoria, grossa m. 1,25, è traforata da tre aperture larghe dai m. 1,00 a 1,40. Ambedue i vani sono intersecati e suddivisi da murelli più recenti, costruiti forse quando il luogo fu destinato all'ufficio di rifolta o serbatoio per l'opificio di s. Giorgio.
L'emissario moderno, diretto a questo opificio, aprivasi presso l'imposta della volta, all'altezza di m. 4,01 sul piano della galleria orientale, e poteva essere capace del volume di circa 80 oncie. Altre 20 oncie uscivano da un emissario antico a livello del pavimento, ed andavano a riversarsi nella cloaca massima. Risalendo il corso del rivo si incontra un pozzo « sotto il casino dell'orto Besozzi » ora di proprietà governativa, ed un secondo, all'angolo della vigna palatina già del collegio inglese.
« Lungo l'andamento del circo massimo », scrive l'architetto Giacomo Paticchi nell'allegato II all'opuscolo del Fea « si osserva in altri «sotterranei annessi al suddetto, corrispondenti sotto l'orto degli Inglesi, una formetta di contemporanea struttura.... con proseguimento di acqua filtrante per l'interramento che vi esiste ».
Anche il Cassio è d'accordo nel riconoscere per antico il cunicolo a partire dal ricettacolo di s. Anastasia. Egli afferma che « le sponde sono di ottimo laterizio, rivestite di signino, ed alte m. 0,45. L'alveo misura m. 0,45 di luce: l'acqua vi si innalza fino a 0,33. Le scaturigini furono ritrovate alle falde del Celio « nella vigna dei pp. Camaldolesi di s. Gregorio, e precisamente nella estremità di questa.... al confine della villa Mattei, nell'orto delli rr. pp. di s. Gregorio... precisamente quasi sotto al casino della villa Mattei »
Le sorgenti apparvero raccolte in un pozzo inesauribile, perenne. Il Fea adoperò invano ogni artificio per disseccarlo. Egli frugò il terreno tutt'intorno scoprendo una « fabbrica sterminata per reggere anche il monte » e forando una grossa volta trovò finalmente « la botte antica grandissima colle vene dell'acqua che vi entra ancora ».
Il Paticchi la descrive più acconciamente. Vi « esistono » dice « sotterranei di antiche fabbriche, nella maggior parte ripieni di scarichi, e questi formano ricettacoli alle acque sorgive che ivi si depositano, provenienti dal... monte ».
La portata massima delle vene, nella stagione piovosa, fu giudicata superare le oncie 200: la minima discende ad 80, bastevole nondimeno ad alimentare l'opificio di s. Giorgio per mezzo della rifolta di s. Anastasia, la quale anche nel colmo della estate riempivasi nello spazio di un'ora.
La identità della vena corrente attraverso i fondi sopracitati di s. Gregorio, degli Inglesi, e Besozzi fu posta in evidenza dal fatto che, assorbita in un pozzo per mezzo di trombe, diminuiva contemporaneamente negli altri.
Finalmente si accertò che il pelo d'acqua alle fonti di s. Gregorio corrisponde alla quota di m 1,794 sulla soglia di s. M. in Cosmedin, di m 0,6 sulla via di Marmorata, di m 4 sui piani del Testaccio. Un sito preciso ove ebbero luogo gli scavi del Fea non è facilmente determinabile, poiché tutta quella rupe del Celio è sostruita « da fabbriche sterminate per reggere anche il monte ».
MERCURIO |
Le pareti divisorie dei cinque stanzoni erano traforate da un cunicolo. Il Fea aggiunge che, al disopra delle scaturigini, si ritrovarono i grandiosi avanzi di un bel tempio, edificato da M. Aurelio.
Il giorno 6 febbraio 1878 ho visto scoprire nella villa Mattei von Hoffmann, altre stanze e sostruzioni identiche a quelle del Parker, quasi che ne formassero la continuazione.
Dal disegno si vede che le stanze erano almeno nove, divise da pareti grosse dai m. 1,15 a 1,60, larghe in media m. 4,70, e lunghe oltre a 7,00. La parete di fondo che sostruisce il Celio, e che io credo sostituita nei tempi imperiali al muro serviano, è grossa m. 2,25 ed è traforata da un cunicolo coperto a capanna con tegoloni recanti il bollo L • CORNELIHILARI.
Forse il « monumento scoperto dal Pea » delineato nella bella pianta di Roma antica del Rossini, dentro il recinto dell'orto di s. Gregorio, non sarà altro che la botte dell'acqua di Mercurio, nel qual caso potremmo alla nostra volta segnarne in pianta l'esatta postura.
Il Canina ha attribuito ad una supposta AREA Mercurii il frammento della pianta capitolina, Jordan 11, 46, riconoscendo per una «ara rotonda quel monumentino che divide la lettera A dalla M. Benché l'attribuzione del Canina sia resa anche più accettabile dal fatto che quel monumentino non è un altare ma una fontana o pozzo, pure la cosa è incerta.
L'anonimo d'Einsiedlen, dopo nominatala schola graeca aggiunge: « ibi est aqua subtus montem aventinum, et balneum Mercurii »: ed i Mirabilia, ripetono « in aventino fuit templum Mercurii... et fons Mercurii ubi mercatores accipiebant responsa »
Nella riforma degli statuti urbani fatta dà Paolo II dell'edizione di Stefano Guiblereto si legge: « de aqua circuii et de aliis aquis — Aqua de circulo vadat per cursum suum et nullus derivet nec derivari faciat ipsam aquam ab antiquo cursu in aliqua parte sui cet. » passo che deve riferirsi all'acqua di Mercurio e non alla Marrana, perchè al regime di questa è consacrato il capitolo 26.
(RODOLFO LANCIANI)
IL TEMPIO DI MERCURIO
Poi l’autore informa sul contesto socio-politico in cui ciò era avvenuto, con la minaccia della guerra da parte di Veio e le lotte tra patrizi e plebei, sottolineando anche il contrasto esistente tra i due consoli, anche in merito alla dedica del tempio.
MERCURIO |
"Senatus a se rem ad populum reiecit: utri eorum dedicatio iussu populi data esset, eum praeesse annonae, mercatorum collegium istituire, sollemnia pro pontifice iussit suscipere".
«I consoli (Publio Servilio Prisco Strutto e Appio Claudio Sabino Inregillense) si contendevano l'onore di consacrare il tempio di Mercurio e il senato girò la questione al popolo: a chi dei due fosse toccato, per volontà del popolo stesso, l'onore della consacrazione, sarebbe andata anche l'amministrazione dell'annona e il compito di formare una corporazione di commercianti, nonché di celebrare i riti solenni di fronte al pontefice massimo.
Il popolo assegnò la consacrazione del tempio a Marco Letorio, centurione primipilo, con un intento chiarissimo: non si trattava cioè tanto di onorare quest'uomo - troppo grande la sproporzione tra l'incarico e la sua posizione nella vita di tutti i giorni -, quanto di un'offesa alle persone dei consoli»
(Tito Livio, Ab Urbe condita)
Si comincia a comprendere intanto l'importanza del ruolo di Mercurio nella gestione dei traffici commerciali, soprattutto per l’approvvigionamento pubblico del grano. Ovidio (Fasti) aggiunge che il tempio si trovava di fronte al circo, sull’Aventino, come confermano fonti tarde, come Apuleio.
Era quindi tra i più antichi edifici di culto eretti nella città ed in una zona vicina al Tevere, via dei traffici fluviali e alle aree commerciali, come il Foro Boario. Le Idi di maggio divennero quindi non solo la festa di Mercurio ma la festa di tutti mercanti, dai negozi, alle botteghe, agli empori e alle bancarelle.
Ovidio riporta poi le notizie sui riti presso la sorgente dove si recavano i mercanti, “cinti di tunica” e quindi in veste ufficiale, recando con sé urne per raccogliere l’acqua con cui poi avrebbero purificato, irrorandole con un ramo d’alloro, le cose che “avranno un nuovo padrone”; il rito prevedeva anche la purificazione dei mercatores, mediante lo spargimento dell’acqua sacra sul capo.
BIBLIO
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - Lib. II -
Come informa Apuleio, il tempio si trovava dietro metas Murtias, cioè presso il lato curvo del Circo Massimo, presso l’aqua Mercurii situata vicino a Porta Capena e quindi con i grandi assi viari.
Porta Capena era punto di passaggio obbligato per tutte le merci che entravano a Roma provenienti dal Lazio meridionale e dalla Campania e, come ricorda Ovidio, l’acqua sacra permetteva la purificazione dei mercanti e delle merci che entravano in città.
Qui si purificavano non solo le merci ma pure gli inganni, che fanno parte dello spirito commerciale, visto che il Dio era anche protettore dei ladri.
BIBLIO
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - Lib. II -
- Howard Hayes Scullard - Festivals and ceremonies of the Roman republic - 1981 -
- Dionigi di Alicarnasso - Antichità romane - I -
- Cornelius Nepos - Justin Quinte-Curce - Valère Maxime - Julius Obsequens - oeuvres competes - M. Nisard (a cura di) - Paris - Firmin Didot frères, fils et c.ie - 1864 -
- Mary Beard, John North e Simon Price - Religions of Rome: A History - Cambridge University Press - 1998 -
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