"Qui ogni anno purifico i miei pastori
e aspergo di latte, perché si plachi, la dea Pale.
Assistetemi, dei, non disprezzate i doni
che a voi vengono da un povero desco
in disadorne stoviglie d'argilla".
(Tibullo)
I Palilia o Parilia era una festa pastorale di antichissime origini che si celebrava il 21 aprile in onore del numen Pale, a volte venerato come genio della pastorizia, a volte come divinità femminile.
Celebrata per purificare le greggi ed i pastori, la festa dei Palilia, insieme alla precedente dei Fordicidia (15 aprile) e la successiva dei Robigalia (25 aprile), faceva parte delle tre cerimonie consecutive antecedenti alla fondazione di Roma, del 753 a.c., dedicate alle antiche divinità laziali.
Si sa che queste popolazioni, come spiegò il sociologo e naturologo Bachofen, prima che si instaurasse il potere di Roma erano società matriarcali, per cui si onoravano anzitutto le Grandi Dee e secondariamente i loro paredri. Successivamente, con la patriarcalizzazione dei popoli, si istituì il matrimonio, le coppie divine (e pure i mortali) si sposarono e la figura più importante divenne la divinità maschile con la femminile al seguito. In molti casi la divinità femminile scomparve del tutto.
DEA PALE |
DEA PALE
Pale era una Dea protettrice degli allevatori e del bestiame, a volte da sola a volte maritata e insieme formavano gli Dei "Pales". Era appellata a volte "montana", in quanto foriera di pascoli abbondanti sulle alture, e pure "pastoria", visto che i suoi fedeli erano pastori. Tibullo narra che i pastori ponevano immagini primitive e lignee della Dea sotto gli alberi. Sempre secondo l'autore latino, anche Giunone collaborava a salvare il bestiame dalle infezioni e dagli animali feroci che assalivano il bestiame.
Nell'immagine di cui sopra Pale ha lo scettro, il pastorale, il trono e l'asino, asino che poi passò come emblema al Dio Pale maschio, sinonimo di virilità sessuale.
Nell'immagine di cui sopra Pale ha lo scettro, il pastorale, il trono e l'asino, asino che poi passò come emblema al Dio Pale maschio, sinonimo di virilità sessuale.
Nel 267 a.c. il console Marco Atilio Regolo (299 - 246) consacrò un tempio proprio a Pale, Dea dei pastori per propiziarsi il successo sui Salentini, il che dimostra quanto fosse vivo questo culto in quell'epoca, e fa nascere il sospetto che la divinità fosse pure Dea della Guerra, perchè nessuno avrebbe promesso un tempio prima di affrontare una guerra a una divinità pacifica. Come tutte le Grandi Madri, Pale era Dea degli animali, e quindi della pastorizia, delle messi e della guerra.
Si narra che l'Aventino fosse la sede della Dea Cerere e dell'organizzazione plebea, contrapposto al Palatino, che era la sede della Dea Pales, protettrice della pastorizia e di tutti i culti tradizionalmente patrizi. Il che confermerebbe la derivazione di Palatino da Pales. In tempi più remoti e pastorali la ricchezza veniva calcolata dal numero degli animali, dagli armenti. Il che avrebbe determinato la prima nobiltà.
Si narra che l'Aventino fosse la sede della Dea Cerere e dell'organizzazione plebea, contrapposto al Palatino, che era la sede della Dea Pales, protettrice della pastorizia e di tutti i culti tradizionalmente patrizi. Il che confermerebbe la derivazione di Palatino da Pales. In tempi più remoti e pastorali la ricchezza veniva calcolata dal numero degli animali, dagli armenti. Il che avrebbe determinato la prima nobiltà.
I FESTEGGIAMENTI
Il 21 aprile e il 7 Luglio veniva celebrata in onore della Dea Pale la la festa di purificazione delle greggi, i Palilia (o Parilia): per cui prima si compiva il sacrificio rituale già descritto, poi, si accendevano mucchi di paglia o di fieno disposti in file e vi si conducevano attraverso i capi d'allevamento, seguiti dai pastori che procedevano saltando.
Secondo alcune narrazioni invece la Palilia era la festa della fondazione dell'Urbe. Comunque, a partire dal 121 si iniziò a festeggiare nella stessa data anche il giorno della fondazione di Roma, una festività detta Romaia, o Dies Romana. Ovidio ce ne ha lasciato la descrizione dell'intero cerimoniale.
La festa aveva un cerimoniale urbano e uno rurale. (Fas. IV, 721-781). Nel rito urbano si eseguiva una lustrazione sull'ara di Vesta colla partecipazione della vestale più anziana che vi bruciava profumi e poi vi mescolava cenere di vitello (sacrificato nelle precedenti Fordicidia), sangue di cavallo (il cavallo di destra della biga vincitrice della festa dell'equus October dell'anno precedente) e steli di fave.
Nelle campagne invece il pastore spruzzava d'acqua il gregge, spazzava l'ovile e lo ornava di fronde. Bruciava poi fronde d'olivo, zolfo, erbe sabine e fronde di lauro stillante d'acqua con fiaccole. Offriva poi latte, miglio e pizze di miglio a Pale. Doveva quindi recitare quattro volte una preghiera (vv. 746-776) in cui si domandava perdono a Pale per l'infrazione di interdetti operata dal pastore stesso o dal suo gregge e se ne chiedeva l'intervento per placare le divinità (numi di boschi e fonti) offese per avere:
« - violato luoghi sacri come alberi, erba di tombe, boschi interdetti;
- tagliato fronde di boschi sacri;
- essersi rifugiato col gregge in templi per sfuggire il maltempo;
- aver turbato laghi e fonti cogli zoccoli degli animali.
- visto esseri divini: Fauno, Diana, ninfe ed ogni altro nume dei luoghi selvaggi anche ignoto,
« - violato luoghi sacri come alberi, erba di tombe, boschi interdetti;
- tagliato fronde di boschi sacri;
- essersi rifugiato col gregge in templi per sfuggire il maltempo;
- aver turbato laghi e fonti cogli zoccoli degli animali.
- visto esseri divini: Fauno, Diana, ninfe ed ogni altro nume dei luoghi selvaggi anche ignoto,
obbligandolo con ciò a fuggire. »
(Ovidio, Fasti, IV, 746-776.)
La preghiera doveva esser recitata rivolti ad Oriente. Poi il pastore doveva lavarsi le mani, bere latte e sapa (bevanda preparata dalla bollitura del vino) ed infine saltare tre volte tra le stoppie incendiate.
(Ovidio, Fasti, IV, 746-776.)
Sembra che in epoche anteromane il rito prevedesse, dopo il salto dei pastori sulle stoppie incendiate, gli accoppiamenti con le donne che però prima li facevano passare in una piscina con acqua benedetta e successivamente li inebriavano col vino cotto.
Infatti quando Pales divenne un maschio, nel tempio di Vesta si celebrava a memoria dei riti più arcaici, l'accoppiamento sacro, o “hieros gamos” tra la Dea e il Dio Pales (o Pallas).
Infatti quando Pales divenne un maschio, nel tempio di Vesta si celebrava a memoria dei riti più arcaici, l'accoppiamento sacro, o “hieros gamos” tra la Dea e il Dio Pales (o Pallas).
Ovidio spiega le interpretazioni che i Romani davano al rituale. Acqua e fuoco sarebbero i due elementi opposti indispensabili alla vita ed anche efficaci di per sé per la purificazione. I vuoti steli delle fave bruciati significherebbero l'annullamento delle colpe ottenuto tramite il rito. Il valore religioso della festa è quindi di una lustratio (lavaggio con acqua o aspersione di acqua con rami di lauro o di olivo o mediante "aspergillum") che è sempre e ovunque un rito di purificazione.
Dumezil dubita che il sangue del cavallo possa essere quello dell'equus October dell'anno precedente, contro l'opinione della maggior parte degli studiosi, in effetti a meno che non fosse conservato solido sotto sale e pepe e aglio come un salame non poteva di certo evitare la putrefazione, ma in questo caso non poteva essere asperso.
BIBLIO
- Properzio - Parilia - IV -
- Dionisio di Alicarnasso - Antichità romane - I -
- Plutarco - Vita di Romolo -
- Julien Ries - Saggio di definizione del sacro - in Grande dizionario delle Religioni (a cura di Paul Poupard) - Assisi - Cittadella-Piemme -
- Georges Dumézil - Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -
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