LA DEA ANNONA
Nella moneta della foto, nel cui diritto era effigiato l'imperatore Nerone, sono raffigurate, nel retro della stessa, la Dea Annona e la Dea Cerere, ambedue connesse alla necessità di grano e alla sua reperibilità per la città di Roma.
Da non confondere pertanto con la Dea Abbondanza (Abuntantia), in quanto la Dea Annona presiedeva ad una sola stagione, ed era rappresentata di solito con le spighe in mano.
Il suo nome derivava da Annualis, da annus, anno, perchè ricorreva ogni anno, quando gli addetti romani vagliavano il raccolto per l'esazione delle imposte ma anche per garantire le scorte in caso di carestia.
Infatti la Dea presiedeva alla partizione del raccolto per la semina successiva e come granaio di riserva in caso di necessità, e in pratica naturalmente provvedeva a ciò il servizio statale dell'Annona, sotto gli auspici della Dea.
Durante la Repubblica romana il grano prodotto nelle regioni italiche era sufficiente ai bisogni dell’Urbe, ma la città subì una enorme urbanizzazione, Roma giunse a contare ben un milione e mezzo di abitanti, un numero inimmaginabile e unico per l'epoca.
Pertanto l'approvvigionamento fu sempre più gigantesco e complesso, pericoloso per giunta se il grano, che era la base del nutrimento dell'epoca veniva a scarseggiare, perchè il popolo romano, abituato ad avere voce in capitolo coi suoi governanti, protestava energicamente e non esitava a ribellarsi alle autorità.
Fu necessario quindi un intervento sempre più ampio dello Stato, sia quando vi erano ritardi nella consegna del grano, sia quando scoppiavano carestie, che andavano coperte con larghe e frequenti distribuzioni gratuite o semigratuite di grano.
Ne andava della quiete cittadina e dell'immunità sia del senato che dell'imperatore. I romani sapevano farsi rispettare.
LA STATIO
La Statio Annonae, l'istituzione che gestiva l'approvvigionamento e garantiva la distribuzione di cibo al popolo romano, sorgeva in epoca imperiale esattamente nel sito in cui sorge oggi la Basilica di Santa Maria in Cosmedin in Roma, posta tra il Tevere, il Foro Boario e il Circo Massimo.
Ancor prima, però, quel luogo era stato sede dell'Ara Massima di Ercole, santuario molto venerato in quanto protettore dei commerci e quindi dei mercanti che pullulavano in quella zona per la navigabilità del Tevere che permetteva il trasporto delle merci dall'oltremare a Roma.
Con l'insediamento della Statio Annona il tempio si mantenne, tanto è vero che già nel I secolo a.c., Vitruvio cita un tempio a pianta rettangolare posto all'ingresso del Circo Massimo e dedicato ad Ercole Invitto o Pompeiano.
Probabilmente il tempio citato è proprio quello adiacente all'Annona, di cui peraltro si è rinvenuta l'ara esterna posta nelle fondamenta della chiesa.
Proprio per l'importanza del luogo, l'annona e gli edifici vicini divennero sede fin dal VI sec. di una diaconia cristiana, che cancellò così ogni traccia dei templi pagani e degli edifici pubblici romani, di tanta arte e bellezza che gli edifici successivi non riuscirono ad eguagliare.
La prima piccola chiesa fu fatta costruire da papa Gregorio I, la cui famiglia aveva grandi possedimenti nella zona, attorno all'inizio del VII sec..
All'epoca i papi venivano scelti infatti nell'ambito delle ricche famiglie aristocratiche romane, che avevano accumulato soldi nelle battaglie o nei traffici commerciali.
Papa Adriano I la fece ricostruire alla fine dell'VIII sec. dentro la struttura dell'antica sede dell'Annona, di cui la chiesa incorporò la struttura e il colonnato, dividendola in tre navate e abbellendola di splendide decorazioni.
Da notare che i testi dicono che la Chiesa, seppur di notevoli proporzioni, fu costruita dentro e non sopra l'Annona, e questo fa capire che la struttura romana doveva essere ben più vasta della chiesa.
D'altronde se provvedeva all'approvvigionamento del grano e degli altri prodotti basilari per l'alimentazione romana, si può capire quanto vasti dovessero essere i suoi magazzini, quanti dovessero essere gli impiegati addetti alla catalogazione e all'amministrazione dei beni e quanti gli operai addetti al trasporto e all'immagazzinamento degli stessi.
Già questi splendidi pavimenti cosmateschi se colpiscono per la loro bellezza, peraltro fanno rabbrividire nel comprendere quanto belli e vasti fossero i pavimenti marmorei originali, ricchi di marmi pregiati, tra cui i preziosissimi serpentino verde e porfido rosso, cave estinte già al tempo della caduta dell'impero.
La chiesa e i suoi annessi furono poi affidati ad una colonia di monaci greci che si erano rifugiati a Roma per sottrarsi alle persecuzioni degli iconoclasti e si erano stabiliti su questa riva del Tevere, dove era già insediata la comunità greca ed era per ciò nota come Ripa Greca.
Da questi la chiesa prese il nome di Santa Maria in Schola Greca, e divenne poi nota come Santa Maria in Cosmedin, dalla parola greca kosmidion (ornamento), probabile allusione al fatto che venne adornata pezzo a pezzo con i recuperi dei resti antichi..
Diversamente dalla gran parte delle chiese romane del periodo, questa chiesa non era sorta sulla tomba di un martire. Tuttavia ebbe anch'essa la sua cripta, scavata purtroppo nel podio della stessa Ara Massima.
Per questa ragione è possibile che il cosiddetto tempio di Vesta, che oggi si crede tempio di Ercole fosse, come ci consegna la tradizione, effettivamente dedicato alla Dea del focolare, perchè un tempio rettangolare era già vigente a un centinaio di m da detto tempio.
Per esperienza sappiamo che in genere le tradizioni riportano la verità, tanto che molti archeologi hanno scavato basandosi su queste e le loro aspettative non sono mai state smentite, in tutto o almeno in parte.
Come d'altronde è probabile che la dedica rinvenuta a Ercole Olivario, protettore dei mercanti di olive ed olii, non reperito all'interno del tempio ma adiacente ad esso, venisse invece dal tempio rettangolare che giaceva accanto all'Annona.
L'interno della chiesa è oggi costituito da tre navate, separate da pilastri e da diciotto colonne di varia provenienza. Vale a dire che la provenienza è l'Annona e il suo tempio.
L'altare di granito rosso posto sul fondo dell'abside della Chiesa risalirebbe invece al 1123, ma stranamente ha l'esatta forma a vasca caratteristica delle fontane romane poste soprattutto nelle antiche terme, ma anche a decoro dei luoghi pubblici in genere. Tutto ne farebbe presupporre una provenienza di epoca imperiale.
Come già detto, sul medesimo luogo da tempo antichissimo si trovava l'Ara Maxima Herculis, di culto greco, che fin da tempi lontanissimi erano penetrati in Roma anche grazie alla colonia della Magna Grecia che aveva occupato tutto il sud della penisola italica.
Anche per il carattere di zona portuale e di commerci dell'aerea del Velabro fin dalla più alta antichità, la zona, ad esso prospiciente, aveva culti e riti di provenienza varia, ma soprattutto greca.
LE RIUTILIZZAZIONI
Le varie riutilizzazioni dei reperti romani derivarono da azioni diverse. prima l'abbattimento selvaggio di edifici, statue, colonne, cornicioni, mosaici ecc., per la furia iconoclasta del cristianesimo che faticava tantissimo ad abbattere una religione che anzitutto era viva da un millennio, ma che inoltre variava da luogo a luogo in una miriade di Divinità con miti, immagini e nomi diversi.
Secondariamente, visto il pesante scadere delle arti che seguì la caduta dell'impero sia per ragioni economiche ma soprattutto per la nuova religione che guardava con sospetto qualsiasi pratica che non fosse intenta a glorificare il Signore, le maestranze abilissime di cui Roma disponeva decaddero poco a poco.
Così si pensò bene di rispolverare quell'arte tanto esecrata e tutto quel marmo ormai diventato carissimo da acquistare.
Si iniziò a scavare i reperti spaccati e sotterrati, oppure si smontarono direttamente gli edifici costruendone dei nuovi con destinazione diversa, molto spesso religiosa, che si avvaleva però nell'ornamento dei resti della vecchia costruzione.
In tal senso fu edificata la Chiesa di Santa Maria in Cosmden, così ricca di mosaici tratti dai magnifici pavimenti romani da fornire una sia pur pallida idea di come potesse esser superbamente bella e vasta la Statio Annonae dell'epoca.
Ci accorgiamo così e gli archeologi lo confermano, che molte delle colonne utilizzate nella chiesa sono di provenienza antica, sradicate e riutilizzate seppur spesso di altezza e materiale diverso. Era tuttavia così caro il prezzo di una colonna se ordinato a una cava e poi fatta eseguire, che sarebbe stato pressocchè impossibile usufruirne.
Meglio dunque assemblare marmi diversi o far porre basi diverse sotto le colonne affinchè raggiungessero l'altezza richiesta.
Nella foto si può notare che le due colonne di fondo della chiesa, parte lisce e parte scanalate, sono state sollevate con delle basette di riesumate e non identiche tra loro.
Ma pure le colonne del resto della chiesa hanno altezze diverse, marmi diversi e sono state acconciate con basi che ne sistemassero l'altezza.
Ciò riguarda pure le colonne del baldacchino sopra l'altare principale,
tutte scanalate, anch'esse reperti romani riesumati dalla Statio Annonae.
Il rifornimento del cibo per Roma era pertanto il chiodo fisso non solo del pretore dell'Annona ma dell'imperatore stesso, che non voleva certamente scontentare o peggio affamare il popolo romano col pericolo di veder scendere in piazza un milione di persone, molto difficili da tenere a bada con la guardia pretoriana.
Ragion per cui gli imperatori intelligenti se ne prendevano cura a loro volta e si curavano di rammentarlo al polo tramite le monete, che erano all'epoca i manifesti pubblicitari dell'imperatore.
Tutti usavano le monete, per cui non vi era pubblicità che potesse superarle, e dunque niente di meglio che instillare nel popolo che l'imperatore e la Dea Annona vegliassero unitamente sul popolo romano.
Questa Dea Annona fu talmente pubblicizzata e venerata nel culto ufficiale che nell'Urbe il suo culto soppiantò di gran lunga quello di Cerere, peraltro sentito molto di più dell'altra nelle campagne.
Tale tipo di moneta era così importante che fu usata da tutti gli imperatori, come questa moneta aurea di vespasiano, fino a Filippo I (244-249).
L'ARA MAXIMA
Aldisotto della chiesa è stata scavata una cripta, che in realtà ha tolto i massi di tufo all'Ara Maxima di Ercole che lì aveva il suo tempio, in qualità di protettore dei commercianti, come testimonia anche l'epigrafe dedicata a lui e trasferita nel tempio cosiddetto di Vesta, che sarebbe, non si sa perchè, un altro tempio di Ercole, a si e no 100 m dall'altro tempio sempre di ercole.
Anche la cripta, come del resto la chiesa superiore riporta colonne romane sottratte all'annona e pure magari al tempio di Ercole.
Il culto di Ercole Invitto, culto di origine greca che poi a Roma venne sostituito con il culto di Sol Invicto e successivamente di Mitra Invicto acquisito in oriente, non era dissonante coll'Ercole protettore dei commerci via mare.
Infatti le navi romane si trovavano a sovente a combattere contro i pirati che volevano depredarle dei preziosi carichi.
A Roma navigare significava commerciare e combattere insieme, per cui i commercianti assoldavano sulle loro navi veri e propri soldati corredati di armi e armature che si raccomandavano pertanto ad un Dio che molto aveva navigato con i greci.
Questi infatti avevano navigato in lungo e in largo dalla Gracia e per tutto il Mare Nostrum per fondare le tante colonie instauratasi sul Mediterraneo e soprattutto in suolo italico dove avevano combattuto contro gli autoctoni fondando la vasta Magna Grecia.
L'Ara Maxima del Tempio di Ercole era posta, come in tutti i templi, alla base della grande scalinata che discendeva dal podio del tempio. I giganteschi lastroni in pietra ne testimoniano l'età molto arcaica, di certo preimperiale, e tutto fa pensare al podio del tempio coi suoi numerosi archi, su cui poggiava la gigantesca Ara.
Sappiamo del resto molto bene quanto il cristianesimo come religione ormai imperante nell'antica Roma, dimenticando la civile tolleranza romana per ogni altra forma di religione, cancellò fin la memoria degli Dei pagani e perfino dei monumenti dell'antica Roma, perchè tutto doveva essere distrutto e riedificato con nuove formule che cancellassero ogni traccia del passato impero romano.
BIBLIO
- Elio Lo Cascio - Forme dell'economia imperiale - in Storia di Roma - II.2 - Einaudi - Torino - 1991-
- Saltini Antonio - I semi della civiltà. Frumento, riso e mais nella storia delle società umane -Bologna - Nuova edizione - 1996 -
- Federico De Romanis - L'approvvigionamento annonario nella Roma imperiale -
Oliva Alberto - La politica granaria di Roma antica dal 265 a.c. al 410 d.c. - Piacenza - 1930 -
Pertanto prese il nome di Annona il raccolto di grano di un'annata (annus), poi, gradualmente, ogni altra derrata prodotta da un territorio in un anno.
In seguito si intese con questo nome l'insieme dei prodotti agricoli raccolti in un anno per l'approvvigionamento di una città o di uno Stato.
In seguito si intese con questo nome l'insieme dei prodotti agricoli raccolti in un anno per l'approvvigionamento di una città o di uno Stato.
Vi si aggiunse poi anche il magazzino adibito al deposito dei prodotti e l'ufficio che vi sovrintendeva.
Durante la Repubblica romana il grano prodotto nelle regioni italiche era sufficiente ai bisogni dell’Urbe, ma la città subì una enorme urbanizzazione, Roma giunse a contare ben un milione e mezzo di abitanti, un numero inimmaginabile e unico per l'epoca.
MOSAICO DELLA CHIESA |
Ne andava della quiete cittadina e dell'immunità sia del senato che dell'imperatore. I romani sapevano farsi rispettare.
Augusto, da quell'uomo lungimirante che era, se ne occupò a fondo riformando l'ente in varie occasioni, finchè giunse ad affidare il delicato incarico a un Prefetto dell'Annona (Praefectus Annonae), un membro dell’ordine equestre che risiedeva nella Statio Annonae collocata presso il Foro Boario.
LA STATIO
La Statio Annonae, l'istituzione che gestiva l'approvvigionamento e garantiva la distribuzione di cibo al popolo romano, sorgeva in epoca imperiale esattamente nel sito in cui sorge oggi la Basilica di Santa Maria in Cosmedin in Roma, posta tra il Tevere, il Foro Boario e il Circo Massimo.
Con l'insediamento della Statio Annona il tempio si mantenne, tanto è vero che già nel I secolo a.c., Vitruvio cita un tempio a pianta rettangolare posto all'ingresso del Circo Massimo e dedicato ad Ercole Invitto o Pompeiano.
Probabilmente il tempio citato è proprio quello adiacente all'Annona, di cui peraltro si è rinvenuta l'ara esterna posta nelle fondamenta della chiesa.
Proprio per l'importanza del luogo, l'annona e gli edifici vicini divennero sede fin dal VI sec. di una diaconia cristiana, che cancellò così ogni traccia dei templi pagani e degli edifici pubblici romani, di tanta arte e bellezza che gli edifici successivi non riuscirono ad eguagliare.
La prima piccola chiesa fu fatta costruire da papa Gregorio I, la cui famiglia aveva grandi possedimenti nella zona, attorno all'inizio del VII sec..
All'epoca i papi venivano scelti infatti nell'ambito delle ricche famiglie aristocratiche romane, che avevano accumulato soldi nelle battaglie o nei traffici commerciali.
Da notare che i testi dicono che la Chiesa, seppur di notevoli proporzioni, fu costruita dentro e non sopra l'Annona, e questo fa capire che la struttura romana doveva essere ben più vasta della chiesa.
D'altronde se provvedeva all'approvvigionamento del grano e degli altri prodotti basilari per l'alimentazione romana, si può capire quanto vasti dovessero essere i suoi magazzini, quanti dovessero essere gli impiegati addetti alla catalogazione e all'amministrazione dei beni e quanti gli operai addetti al trasporto e all'immagazzinamento degli stessi.
Già questi splendidi pavimenti cosmateschi se colpiscono per la loro bellezza, peraltro fanno rabbrividire nel comprendere quanto belli e vasti fossero i pavimenti marmorei originali, ricchi di marmi pregiati, tra cui i preziosissimi serpentino verde e porfido rosso, cave estinte già al tempo della caduta dell'impero.
La chiesa e i suoi annessi furono poi affidati ad una colonia di monaci greci che si erano rifugiati a Roma per sottrarsi alle persecuzioni degli iconoclasti e si erano stabiliti su questa riva del Tevere, dove era già insediata la comunità greca ed era per ciò nota come Ripa Greca.
Da questi la chiesa prese il nome di Santa Maria in Schola Greca, e divenne poi nota come Santa Maria in Cosmedin, dalla parola greca kosmidion (ornamento), probabile allusione al fatto che venne adornata pezzo a pezzo con i recuperi dei resti antichi..
Per questa ragione è possibile che il cosiddetto tempio di Vesta, che oggi si crede tempio di Ercole fosse, come ci consegna la tradizione, effettivamente dedicato alla Dea del focolare, perchè un tempio rettangolare era già vigente a un centinaio di m da detto tempio.
Per esperienza sappiamo che in genere le tradizioni riportano la verità, tanto che molti archeologi hanno scavato basandosi su queste e le loro aspettative non sono mai state smentite, in tutto o almeno in parte.
Come d'altronde è probabile che la dedica rinvenuta a Ercole Olivario, protettore dei mercanti di olive ed olii, non reperito all'interno del tempio ma adiacente ad esso, venisse invece dal tempio rettangolare che giaceva accanto all'Annona.
L'interno della chiesa è oggi costituito da tre navate, separate da pilastri e da diciotto colonne di varia provenienza. Vale a dire che la provenienza è l'Annona e il suo tempio.
L'altare di granito rosso posto sul fondo dell'abside della Chiesa risalirebbe invece al 1123, ma stranamente ha l'esatta forma a vasca caratteristica delle fontane romane poste soprattutto nelle antiche terme, ma anche a decoro dei luoghi pubblici in genere. Tutto ne farebbe presupporre una provenienza di epoca imperiale.
Anche per il carattere di zona portuale e di commerci dell'aerea del Velabro fin dalla più alta antichità, la zona, ad esso prospiciente, aveva culti e riti di provenienza varia, ma soprattutto greca.
L'ara è stata identificata da diversi archeologi con il gigantesco blocco di tufo nel quale è scavata la cripta della chiesa, e vicino ad essa sorgeva un tempio di Ercole, che sopravvisse sino alla fine del XV secolo. la longevità del tempio fa capire quanto in realtà gli Dei pagani sopravvissero di molti secoli all'abbattimento legale e fisico delle divinità e dei culti pagani.
LE COLONNE DELLA STATIO ANNONAE |
LE RIUTILIZZAZIONI
Le varie riutilizzazioni dei reperti romani derivarono da azioni diverse. prima l'abbattimento selvaggio di edifici, statue, colonne, cornicioni, mosaici ecc., per la furia iconoclasta del cristianesimo che faticava tantissimo ad abbattere una religione che anzitutto era viva da un millennio, ma che inoltre variava da luogo a luogo in una miriade di Divinità con miti, immagini e nomi diversi.
COLONNE DELLA STATIO ANNONAE |
Si iniziò a scavare i reperti spaccati e sotterrati, oppure si smontarono direttamente gli edifici costruendone dei nuovi con destinazione diversa, molto spesso religiosa, che si avvaleva però nell'ornamento dei resti della vecchia costruzione.
In tal senso fu edificata la Chiesa di Santa Maria in Cosmden, così ricca di mosaici tratti dai magnifici pavimenti romani da fornire una sia pur pallida idea di come potesse esser superbamente bella e vasta la Statio Annonae dell'epoca.
Ci accorgiamo così e gli archeologi lo confermano, che molte delle colonne utilizzate nella chiesa sono di provenienza antica, sradicate e riutilizzate seppur spesso di altezza e materiale diverso. Era tuttavia così caro il prezzo di una colonna se ordinato a una cava e poi fatta eseguire, che sarebbe stato pressocchè impossibile usufruirne.
Meglio dunque assemblare marmi diversi o far porre basi diverse sotto le colonne affinchè raggiungessero l'altezza richiesta.
Nella foto si può notare che le due colonne di fondo della chiesa, parte lisce e parte scanalate, sono state sollevate con delle basette di riesumate e non identiche tra loro.
Ma pure le colonne del resto della chiesa hanno altezze diverse, marmi diversi e sono state acconciate con basi che ne sistemassero l'altezza.
Ciò riguarda pure le colonne del baldacchino sopra l'altare principale,
tutte scanalate, anch'esse reperti romani riesumati dalla Statio Annonae.
Ragion per cui gli imperatori intelligenti se ne prendevano cura a loro volta e si curavano di rammentarlo al polo tramite le monete, che erano all'epoca i manifesti pubblicitari dell'imperatore.
Tutti usavano le monete, per cui non vi era pubblicità che potesse superarle, e dunque niente di meglio che instillare nel popolo che l'imperatore e la Dea Annona vegliassero unitamente sul popolo romano.
Questa Dea Annona fu talmente pubblicizzata e venerata nel culto ufficiale che nell'Urbe il suo culto soppiantò di gran lunga quello di Cerere, peraltro sentito molto di più dell'altra nelle campagne.
Tale tipo di moneta era così importante che fu usata da tutti gli imperatori, come questa moneta aurea di vespasiano, fino a Filippo I (244-249).
L'ARA MAXIMA
Aldisotto della chiesa è stata scavata una cripta, che in realtà ha tolto i massi di tufo all'Ara Maxima di Ercole che lì aveva il suo tempio, in qualità di protettore dei commercianti, come testimonia anche l'epigrafe dedicata a lui e trasferita nel tempio cosiddetto di Vesta, che sarebbe, non si sa perchè, un altro tempio di Ercole, a si e no 100 m dall'altro tempio sempre di ercole.
Anche la cripta, come del resto la chiesa superiore riporta colonne romane sottratte all'annona e pure magari al tempio di Ercole.
Il culto di Ercole Invitto, culto di origine greca che poi a Roma venne sostituito con il culto di Sol Invicto e successivamente di Mitra Invicto acquisito in oriente, non era dissonante coll'Ercole protettore dei commerci via mare.
Infatti le navi romane si trovavano a sovente a combattere contro i pirati che volevano depredarle dei preziosi carichi.
A Roma navigare significava commerciare e combattere insieme, per cui i commercianti assoldavano sulle loro navi veri e propri soldati corredati di armi e armature che si raccomandavano pertanto ad un Dio che molto aveva navigato con i greci.
Questi infatti avevano navigato in lungo e in largo dalla Gracia e per tutto il Mare Nostrum per fondare le tante colonie instauratasi sul Mediterraneo e soprattutto in suolo italico dove avevano combattuto contro gli autoctoni fondando la vasta Magna Grecia.
L'Ara Maxima del Tempio di Ercole era posta, come in tutti i templi, alla base della grande scalinata che discendeva dal podio del tempio. I giganteschi lastroni in pietra ne testimoniano l'età molto arcaica, di certo preimperiale, e tutto fa pensare al podio del tempio coi suoi numerosi archi, su cui poggiava la gigantesca Ara.
Sappiamo del resto molto bene quanto il cristianesimo come religione ormai imperante nell'antica Roma, dimenticando la civile tolleranza romana per ogni altra forma di religione, cancellò fin la memoria degli Dei pagani e perfino dei monumenti dell'antica Roma, perchè tutto doveva essere distrutto e riedificato con nuove formule che cancellassero ogni traccia del passato impero romano.
BIBLIO
- Elio Lo Cascio - Forme dell'economia imperiale - in Storia di Roma - II.2 - Einaudi - Torino - 1991-
- Saltini Antonio - I semi della civiltà. Frumento, riso e mais nella storia delle società umane -Bologna - Nuova edizione - 1996 -
- Federico De Romanis - L'approvvigionamento annonario nella Roma imperiale -
Oliva Alberto - La politica granaria di Roma antica dal 265 a.c. al 410 d.c. - Piacenza - 1930 -
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