POMPONIO MELA - POMPONIUS MELA



Nome: Pomponius Mela
Nascita: Tingentera (spagna) I sec. D.C.
Morte: -
Professione: Geografo e scrittore

Pomponio Mela (Pomponius Mela) (Tingentera, Calpe, Spagna Betica... – I sec. d.c.) è stato un geografo e scrittore romano. Compose intorno al 44 d. c. la più antica geografia latina a noi giunta (De chorographia, in 3 libri), cioè la descrizione del mondo allora conosciuto.

Non si sa molto di lui senonchè, nacque in Betica (Spagna) e che, forse, è parente di Seneca il retore. L'opera sua, De chorographia, venne redatta probabilmente tra la fine del 43 e i primi del 44 d.c., se la riportata vittoria di Britannia, accennata in III, 49, è, come è facile che sia, quella riportata da Claudio imperatore.

Forse fu proprio Claudio, l'imperatore letterato, a chiedere a Pomponio Mela di redigere il De corographia, vale a dire la descrizione delle regioni (la geografia era invece la descrizione della Terra). 

Si è pensato pure che l'opera del Mela avesse anche degli intenti adulatori dal momento che accennò ai trionfi del 44 d.c., cioè durante l'impero di Claudio, non meraviglia però se un autore sottolinei nelle sue opere ciò che è accaduto nella sua epoca contemporanea, tanto più che una sola frase vi allude, annunciando che la Gran Bretagna, separata dal resto del mondo, stia per aprirsi "al più grande dei principi", ovviamente alludendo alla conquista della Bretagna sotto Claudio, che, cominciata nel 43, fu completata nel 46-47.

E forse, a imitazione del grande Augusto che aveva fatto riprodurre da Agrippa una carta dell'impero nel Foro, Claudio, considerando Roma la Caput Mundi, voleva che fosse divulgata a tutti i popoli che parlavano latino una descrizione del mondo conosciuto, mondo che prima o poi sarebbe stato romano, purchè ne valesse la pena.

MAPPA DI P. MELA SECONDO P. BERTIUS


LE MAPPE ROMANE

Del resto vi sono molti riferimenti sull’esistenza di mappe nell’antica Roma. Diverse mappe schematiche ci sono state trasmesse, attraverso il Medioevo. Si tratta di mappe che illustravano i testi di classici latini come le storie di Sallustio, le satire di Giovenale, i Pharsalia di Lucano, i commentari di Macrobio al Sogno di Scipione di Cicerone. Perfino prima dell’era cristiana, nel 174 a.c. una mappa della Sicilia era stata fatta per il tempio di Matuta. 

Varrone cita una mappa dell’Italia. Quando una colonia veniva fondata, o un territorio veniva suddiviso, venivano redatti dei piani in duplice copia, una in metallo o in pietra, da essere esposta pubblicamente, un’altra in lino, per gli archivi di stato. 

Ci sono giunti parecchi frammenti di marmo della Forma Urbis, cioè la mappa di Roma, fatta eseguire dall’imperatore Settimio Severo (193 - 211 d.c.).

Sappiamo anche di mappe private, come quella del mondo conosciuto, fatta costruire dal generale Marco Vipsanio Agrippa (63 - 12 a.c.), che si suppone basata su misurazioni stradali fatte eseguire su tutto l’impero dall’imperatore Augusto (27 a.c. - 14 d.c.). 

Si tratta però di rilievi a carattere militare e non astronomico. La mappa di Agrippa fu completata nell’anno 20 e dopo la sua morte venne esposta al Campo Marzio. Sebbene delle copie siano state portate ad altre località importanti dell’impero, non una singola copia è sopravvissuta.




LA MAPPA POMPONIA

Comunque secondo Petrus Bertius la mappa del mondo di Pomponio Mela è la più antica opera geografica conservata della letteratura latina.

Non vi sono prove sull'esistenza di una mappa riferita al suo libro, ma è ovvio che mai avrebbe descritto una mappa senza pubblicarne il disegno, condizione essenziale per la comprensione dell'opera.

Questo libro, come si comprende dai  titoli, fa capire che da sempre gli uomini indagarono in modo il più possibile scientifico lo spazio terrestre.

Diversi titoli si sono riferiti ad esso:

- la Chorographia (Descrizione dei luoghi),

- Cosmographia (Descrizione del mondo) - La geografia cosmografica, molto seguita dai Greci, è trascurata dai Romani e appena accennata da Pomponio. La cosmografía era la scienza che descriveva le caratteristiche dell'universo in forma di mappe, combinando geografia ed astrologia..

- De situ orbis (La posizione della terra). Opera estratta per lo più da trattati greci, con traduzione latina. in tre libri, con capilettera decorati a racemi.

Il mondo classico greco-latino dette un grande contributo a questa indagine analitica e scientifica; ma più i greci che i romani, a parte Vipsanio Agrippa e Pomponio Mela. Quest'ultimo nato proprio al limite massimo del mondo conosciuto ai tempi (Colonne d'Ercole), restò affascinato dai luoghi della terra, soprattutto dai posti remoti e poco conosciuti.

Infatti la sua opera, secondo il gusto dell'autore per i miti della sua religione e per i fatti e gli eventi straordinari, definisce i confini della terra descrivendo i luoghi più lontani e inaccessibili.

Egli parte dal Mediterraneo ed esattamente dalla sua Gibilterra e da qui, girando in senso antiorario, fa un'accurata descrizione dei luoghi abitati, più particolareggiata quando tratta delle coste e meno dettagliata per i territori più interni, di cui ovviamente aveva notizie minori, essendo i viaggi di allora percorribili quasi esclusivamente per mare. Ricordiamoci che le vie di comunicazioni terrestri, cioè le strade (strata) furono costruite solo dai romani. I barbari avevano al massimo sentieri.

Con accuratezza il Mela si sofferma sulla descrizione fisica dei luoghi, comprese anche le città. D'altronde il mondo conosciuto era allora più ristretto e le navi non erano ancora capaci di attraversare i grandi oceani per scoprire nuovi continenti, e poco era l'interesse per esplorare l'Africa.

Sicuramente anche la presenza del deserto non favoriva l'interesse ad una conquista politico militare in quei luoghi e la Geografia nonostante la presunzione di alcuni geografi di condurla sul binario di scienza oggettiva è in realtà una descrizione dello spazio che risente del periodo storico e quindi del grado di tecnologia e cultura, degli aspetti sociali e anche degli avvenimenti storici del momento in cui viene elaborata la descrizione.

L'opera ha uno stile così semplice e conciso da credere che potesse essere un compendio destinato per le scuole o per il grande pubblico, come una odierna guida per i viaggi.

Di essa conosciamo solo un volgarizzamento italiano, cioè in toscano dell'epoca, ad opera di un certo Nicodemo Tagli, datata al.1552.



LE FONTI

La narrazione risente a volte dell'influsso di Cesare e di Livio, secondo il Müllenhoff, avrebbe in massima parte elaborato un'opera geografica di Cornelio Nepote. 
 
Un'altra fonte sarebbe, per l'Europa orientale, un corografo di età compresa tra la fine del IV e i primi del II sec. a.c. che a sua volta deriverebbe da Erodoto e Damaste

Tra le fonti citate da Pomponio troviamo le opere di Strabone, Posidonio, Eratostene, Erodoto, Ipparco, Eratostene. Sono inserite a volte digressioni di notevole eloquenza a carattere storico, mitico o letterario o di costume più o meno favoleggiati.

Secondo altri anche Cornelio sarebbe una fonte indiretta. Per Münzer invece la questione riguarda anche le fonti di Plinio il Vecchio che nel libro III ha molti punti di contatto con Mela e rivela una fonte comune, secondo il critico non sembrando probabile che Plinio abbia utilizzato Mela.
 
Il Detlefsen fa derivare la descrizione dell'Africa sia in Mela che in Plinio, da un periplo del Mediterraneo di Varrone, per le coste settentrionali, da Cornelio e da altri per il resto. Invece A. Klotz, Quaestiones plinianae geographicae, considera Varrone una fonte solo indiretta.



LE PARTI DEL LIBRO

- Una breve introduzione di carattere generale in cui l'autore sembra un pò oberato dal compito pesante anche se utile: 
"Comincio una descrizione delle regioni della Terra, lavoro difficile e molto poco propizio all'eloquenza. Esso, infatti, consiste quasi esclusivamente in un elenco di nomi di popoli e di luoghi disposti in modo piuttosto confuso, che offre materia per un'esposizione più lunga che produttiva anche se ben degna di attenzione e di studio
(Mela, De corographia, I, 1). 

- Riportò la suddivisione in continenti determinata dal Mediterraneo e dai fiumi Nilo e Tanai (il Don). Secondo lui procedendo in linea retta da Tanaide verso il Nord si arrivava all'estremo del mondo abitato.

- Nella Naturalis Historia, Plinio il Vecchio immaginò di compiere un periplo lungo le coste conosciute procedendo in senso orario, a partire dallo stretto di Gibilterra, tradizionale punto estremo del mondo (le famose colonne d’Ercole) in direzione est, verso la Gallia. Lo schema seguito è lo stesso di Pomponio Mela, da Plinio citato nell’indice premesso all’opera. Mela però, pur partendo dallo stretto di Gibilterra, iniziò il periplo dall’Africa.
- Descrisse, a partire dallo stretto di Gibilterra, dapprima le coste mediterranee dell'Africa, dell'Asia e dell'Europa che guardano il Mediterraneo, quindi le isole sparse nel Mediterraneo cominciando da quelle della Palude Meotide (il Mar d'Azov) per finire con le Baleari, tornando, da ovest a est, al punto di partenza. .

- Occupò interi paragrafi per descrivere le isole del Mediterraneo.

- Descrisse le regioni sull'Oceano dallo Stretto di Gibilterra al Baltico.

- Descrisse le regioni che dal Caspio, per il sud, tornano a Gibilterra

Mentre trattò rapidamente dell'Italia, perché troppo nota, narrò invece antichi miti e di descrizioni meravigliose, talvolta fantastiche, che si riferiscono a regioni remote o male esplorate.

 Con la descrizione del Capo di Ampelusia terminò l'opera segnando "la fine di quest'opera e delle rive dell'Atlantico

- Percorse così, partendo da Gibilterra, un doppio circuito, prima quello del Mare Interno, poi in senso inverso quello dell'Oceano Esterno. Il che frammenta la descrizione dei paesi che si affacciano su due mari, come per esempio la Gallia.



ALCUNI CONTENUTI

La maggior parte delle sue informazioni geografiche si rifanno a quelle risalenti ai greci Eratostene e Strabone. La sua conoscenza di alcuni aspetti del Nord Europa è però migliore di quella degli scrittori greci. Ad esempio fu il primo a citare le "Isole Orcadi".

I BLEMMI
- Secondo una notizia di Erodoto, riportata anche da Pomponio Mela, presso gli Issedoni si usava ridurre a pezzi i cadaveri dei genitori e mangiali in banchetti rituali insieme con carne di pecora, mentre dei loro crani montati in oro ricavavano le tazze. Ciò dimostrerebbe che gli Issedoni appartengano al gruppo indoeuropeo.
Ma questa usanza presso gli indoeuropei non è stata mai dimostrata, mentre è documentato solo per popolazioni sciitiche che l'avrebbero appreso da popolazioni non indoeuropee dell'Asia centrale o orientale.

- Pomponio citò Tergeste (oggi Trieste) come citta' dell'Illiria. Infatti Targeste sorse come sistema di fortificazioni dell’inizio del II secolo a.c. ad opera dei romani che poi vi edificarono una città.

- Pomponio citò i resti marini scoperti in Numidia nelle zone più interne, e be dedusse che i mari si potessero ritirare. Del resto i marmi gialli della Numidia sono ricchi di inclusioni di esseri marini.

- Informò che i Sarmati si dividessero in infinite tribù, di cui ciascuna avrebbe avuto un suo nome, ma che parlassero tutte un unico linguaggio.

- Commise anche qualche errore, come quello di credere il regno di Meroe un'isola (in realtà una penisola) formata a suo avviso da due bracci del Nilo che abbracciavano una terra in mezzo al fiume, e che si chiamavano uno Astaboras e l'altro Astabor. Meroe fu un'antica città posta sulla riva orientale del Nilo, a circa 6 km a nord-est della stazione di Kabushiya vicino a Shendi (Sudan).

- I blemmi erano un’antica popolazione nomade, storicamente esistente, di razza etiope e di lingua camitica che per secoli abitò la Valle del Nilo e il Mar Rosso. Conosciuta da tutti gli altri popoli mediterranei per l’eccessiva bellicosità, i blemmi vennero descritti come esseri senza testa con gli occhi e la bocca posti sul ventre o sul torace. Plinio il Vecchio scrisse che che “i blemmi non hanno la testa ma gli occhi e la bocca posti sul ventre e sul torace”, ma pure Pomponio Mela sostenne che “i blemmi non hanno teste, ma hanno le facce sul petto”.

- "L'ultima costa dell'Africa è la Mauritania esteriore, dal ricco suolo, che è talmente fertile da produrre molto generosamente tutti i tipi di frutti quando vengano seminati, ma anche da produrre senza semina certi tipi di frutti. Si dice che qui avesse regnato Anteo, e viene mostrato, a conferma della leggenda, una piccola collina dall'aspetto di un uomo che giace supino, la "tomba del gigante" come la chiamano gli abitanti: da questa collina, se da qualche parte frana, sgorga dell' acqua che continua finché non si riempiano i vuoti con della terra. Parte degli abitanti vive nelle foreste, parte nelle città le più fiorenti delle quali, in rapporto alle altre, sono Gilda, Volubilis e Banasa, assai lontane dal mare e più vicine Sala e Lixos, sul fiume Lixo".
- Pomponio annotò che il corso del Po si prolunghi nell'Adriatico molto al di là della foce.

Sostenne l'ipotesi che fa della antica Sicilia una parte del vicino continente, separata più tardi dallo stretto di Messina, celebre per le correnti inverse.

- Parlando del fenomeno delle maree dell'Oceano e del maremoto, così potente da far rifluire anche le acque dei grandi fiumi, si chiese se non fosse proprio la Luna "la causa di oscillazioni di così grande ampiezza".

- Scrisse del famoso "labirinto di Egitto", costruito un poco al disotto dal lago Moeri, vicino ad Arsinoe detta altrimenti la citta' dei coccodrilli. Secondo Pomponio Mela conteneva tremila stanze e dodici palazzi in un solo recinto di muri. Presentava una sola scesa, in fondo alla quale erano fatte internamente molte strade per cui si passava su e giù con mille rigiri e andirivieni, che ponevano nella massima incertezza, giacchè vi ritrovavate spesso nello stesso luogo, talmente che dopo grandi fatiche si tornava al medesimo punto d'onde si era partiti, senza sapere come togliersi d'impaccio.

- Pomponio confermò ed aggiunse dettagliate informazioni sulla locazione del mausoleo di Porsenna fornita da Varrone, pur non condividendo le misure dello stesso.

Sono famosissime città dell’Egitto, lontane dal mare, Menfi e Tebe, le quali, Omero definì cento porte, poichè hanno cento cortili; dall’altra parte del mare, che arrivano fin sulla spiaggia. sono poste Alessandria e Pelusio. Da qui al Mar Rosso si estende l’Arabia; che è ricca di incenso e di profumi. Il porto Azotum ha l’emporio per la sua merce. La Siria occupa una larga spiaggia terra e anche una larga parte interna, chiamate con nomi diversi: in verità sono dette Mesopotamia e Babilonia e Giudea. A queste si congiunge la Celicia, e la città è Antiochia, da lungo tempo potente. Certamente per opera di questa regione notevole ci sono molte città; tra tutti eccellono: Babilonia di meravigliosa grandezza e costruita fino a Gaza: così chiamano lo stretto dei persiani e da quel luogo a queste città viene dato il nome di Gaza, che quando gli uomini armati di Cambise andarono in Egitto, in questa parte della guerra portarono dentro esercito e ricchezze."
- Descrisse i Galli come gente fiera, superstiziosa e crudele ma piena di talento nell'uso del linguaggio.

- Sapeva che sotto il Polo Nord, dove si dice che vivano gli Iperborei, il giorno e la notte durano sei mesi e che nell'Isola di Tule al solstizio d'estate il Sole non scende sotto l'orizzonte.


BIBLIO

- Pomponio Mela - De chorographia -
- Edward Herbert Bunbury - Pomponius Mela - Hugh Chisholm (a cura di) - Enciclopedia Britannica - XI - Cambridge University Press - 1911 -
- Pomponio Mela - "Geografia" - libri III - tradotti e illustrati da G. F. Muratori - Torino - 1855 -

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