RADERSI PER I ROMANI



SUMERI
Presso gli antichi popoli la barba, in quanto prerogativa del maschio adulto, è stata spesso considerata un simbolo di potere. Anzi, gli anziani erano quelli che portavano la barba più lunga, come segno di età, di saggezza e di comando, da cui il detto latino: "Barba virile decus, et sine barba pecus" (la barba è decoro dell’uomo e chi è senza barba è pecora)
Di solito i capelli lunghi andavano d'accordo coi capelli lunghi, più il popolo era raffinato più si prendeva cura di barba e capelli.

Solo in tempi inoltrati, tranne eccezioni, si usò sbarbarsi e tagliarsi i capelli come segno di accuratezza e civiltà,



I MESOPOTAMICI

I sumeri più antichi si radevano accuratamente i capelli e la barba, ma dopo il secondo millennio a.c, sotto l'influenza degli Accadi semitici, gli uomini cominciano a portare la barba, tagliata quadrangolare, e cominciano a arricciarsi i capelli e la barba. I semiti mesopotamici portavano barbe lunghe e folte, accuratamente pettinate e arricciate.



GLI EGIZI

In Egitto il radersi era considerato, oltre che una buona regola igienica, un dovere religioso. Infatti, proprio per questa usanza gli Egizi usavano vari rasoi contenuti in appositi astucci, rinvenuti anche dagli archeologi.

Tutti nobili si radevano in tutto il corpo salvo poi indossare elaborate parrucche colorate, inanellate, impreziosite in vari modi.

Tuttavia non viene ignorata la funzione simbolica della barba per i faraoni (comprese le femmine come la regina Hatshepsut) vengono raffigurati con barbe finte.

Si narra che quando un ragazzo guariva da una malattia, la famiglia gli tagliava i capelli e li metteva su di una bilancia, quindi versava il corrispettivo in oro e argento ai custodi degli animali sacri.



I GRECI

Nell'antica Grecia venne ritenuta segno di forza e di virilità per cui si faceva crescere in abbondanza. Anche i greci del periodo classico portano la barba.

Gli strateghi ateniesi Temistocle, Pericle o Milziade ma pure gli spartani Pausania e Leonida portavano una corta e curata barbetta. Anzi a Sparta i codardi erano condannati a portarla su un solo lato del viso, in modo che fosse facile distinguerli anche a distanza (Plutarco, Vita di Agesilao, par. 30).

L'uso del rasoio si diffuse durante l'età macedone, prima perchè Alessandro Magno (356 – 323 a.c.) lo impose ai soldati. si dice per timore che i nemici potessero afferrarli per la barba, ma sicuramente per distinguersi dai nemici barbuti che non erano organizzati in società evolute come la Grecia.

Comunque, siccome Alessandro era un mito e una leggenda,. per imitazione dello stesso Alessandro che, secondo alcune fonti, era quasi glabro, tutti i macedoni usarono sbarbarsi.

Diciamo che Alessandro iniziò la propria ascesa troppo giovane per avere una barba folta quanto i suoi avversari persiani e poi capì l'importanza di diversificarsi dai nemici. I Greci dovevano sentirsi superiori, solo così potevano vincere.

Per alcuni autori barbaro veniva dalla parola bar = balbettio, ritenendo che i linguaggi stranieri fossero una specie di balbettii. Quindi tutti gli stranieri per i greci sarebbero stati barbari, romani compresi. Ma i greci non considerarono mai i romani dei barbari, tanto è vero che quando i persiani avanzarono per conquistarli aprirono le porte ai romani affinché, si li conquistassero, ma pure li proteggessero dai persiani, e così fu.

Secondo alcuni autori il termine barbaro sarebbe squisitamente latino e designerebbe gli uomini che non si tagliano la barba, e visto che nessuno dei popoli allora conosciuti si tagliava la barba, ne conseguì che tutti gli altri popoli erano rozzi e inferiori. In effetti questa spiegazione sembrerebbe più semplice e convincente.

D'altronde nessun popolo riterrebbe che le lingue straniere possano dare l'idea di balbettamenti, per comprendere le cose occorre immedesimarsi negli altri. Anzi spesso i popoli meno evoluti sono estremamente rapidi nella loro lingua. Spesso un orientale è più veloce di noi. In genere un popolo più riflessivo parla più lentamente.

Abbiamo detto che i Greci antichi portavano la barba, ma solo quelli più antichi. Guardiamo gli Dei, A portare la barba sono Giove, Saturno, Nettuno, Ade e Pan. Tutti gli altri sono rasati: Mercurio, Apollo, Bacco, persino il rude Marte è sbarbato. Sembra dunque che i greci si siano sbarbati prima dei romani, e dalla grecia la moda si sarebbe diffusa a Roma,  dove assunse una notevole importanza il rito della "depositio barbae", ossia il primo atto di rasatura del giovinetto.

Plutarco e Dione affermano che la barba sia durata fino ai tempi di Alessandro Magno (356 – 323 a.c.), il quale ordinava alle truppe la rasatura totale della faccia, alla vigilia di ogni battaglia. Poco credibile, non è che combattessero ogni giorno, per cui vederli rasati sarebbe stata l'eccezione. Come abbiamo detto invece sembra che Alessandro Magno facesse sbarbare i soldati, punto e basta. Alessandro doveva aver pensato che costringere i soldati a radersi non solo evitava sporcizia ma obbligava alla regola e alla disciplina.



I ROMANI

I romani più antichi non si radevano. Si narra che Brenno, l'autore del «sacco di Roma», entrato alla testa dei Galli nel Campidoglio, fu sorpreso e sconcertato dal trovar presenti soltanto gli anziani senatori tutti barbuti e in attesa, pronti a perire per la patria e siamo nel 390 a.c.

Circa cento anni dopo la moda di Alessandro Magno ha conquistato tutta la Grecia e si è diffusa anche a Roma, tanto che, nel 299 a.c., Publio Ticino Menea (o Menas) introduce, per primo, come informa Varrone, i barbitonsori a Roma, conducendo dalla Sicilia una truppa di barbieri. La Sicilia era praticamente greca, per cui prima di Roma aveva già assorbito la moda.

Era anche logico che i romani copiassero costumi dai greci perchè essi non giudicarono barbara la cultura greca che anzi nell'arte considerarono superiore alla loro, anche se i Greci erano inferiori militarmente e furono sottomessi a Roma. Per Orazio "Graecia capta ferum victorem cepit", cioè "la Grecia conquistata conquistò il selvaggio vincitore romano".

Plinio narra che Scipione Africano (235-183 a.c.) fu uno de’ primi a farsi radere. Essendo un eroe è logico che venisse imitato largamente. Naturalmente parecchi anni dopo Scipione l'Emiliano (185 - 129 a.c.), lo imita e si rade puntualmente. I cartaginesi erano barbuti, i romani no.

Si narra che a cinquant’anni molti romani si lasciassero crescere di nuovo la barba, ma non accresceva l'autorevolezza del personaggio. Anzi, mentre era tollerato che i giovani si tagliassero la barba con le forbici, soprattutto i militari, dopo i 40 anni ci si aspettava che si radessero .perfettamente, cioè col rasoio.

ADRIANO
Farsi la barba ogni mattina, specie con le lame dell'epoca, non doveva essere un compito da nulla, ma i romani lo facevano anche se erano soldati, nei castri e negli accampamenti più semplici. Radersi equivaleva a mantenere autorità, disciplina e senso della romanità.

Giulio Cesare si faceva la barba ogni mattina, anzi si depilava in tutto il corpo ed esigeva che anche i suoi soldati si radessero. Si sa che Cesare ebbe un grande ascendente sui suoi militari che cercavano in ogni modo di compiacerlo. Ma sembra ci prendessero anche gusto, tanto che Cesare arriva a dire:
 " I miei soldati si profumano ma combattono bene ". Si sa che Cesare era bisessuale, ma anche nel suo esercito dovevano esserci tendenze svariate.

Il suo erede, e figlio adottivo Ottaviano sembra fosse di costumi più severi, però molto incline alla pubblicità personale. "Tutta la città, nel settembre del 39 a.c. venne informata del fatto che Ottaviano Augusto si era fatta la prima barba ". Intendiamoci, la barba che si deponeva nel tempio non erano 4 peli sparsi, ma una barbetta considerevole, però in genere la barba si deponeva sui 16 - 18 anni, sulla data abbiamo qualche riserva, sul fatto che ne avesse fatto una festa ci crediamo, non era tipo da passare sotto silenzio.

Anche lui come suo zio si radeva e depilava, ma si dice non tenesse molto alla cura dei capelli. Non direi, se guardate le statue ha sempre la stessa disposizione di capelli, della stessa lunghezza, con la stessa frangetta. Tutti i romani si affrettarono a copiarlo e la barba, ormai passata di moda, rimase un attributo tipico dei filosofi e dei poeti, addirittura i padroni facevano radere anche gli schiavi per l'inestetismo.

Dopo di lui anche Tiberio si rasò e così Caligola e Claudio, ma non Nerone, un po' vanesio e pure sperperatore che fece porre la sua prima barba in una pisside d’oro massiccio che venne offerta a Giove Capitolino.

C'era infatti un problema, i rasoi dell'epoca non erano il massimo. Usati a secco e poco affilati il radersi era praticamente un rischio di tagli e di infezioni.

GIULIANO
Infatti Nerone, che già non era un Adone, si faceva crescere la barba sul collo perchè non amava che vi si accostasse il coltello del barbiere (il tonsor).

Vero è che Nerone aveva avuto come istitutore un filosofo (Seneca) e che pertanto si sentiva filosofo anche lui, ma "Philosophum non facit barba" (la barba non fa il filosofo) e così anche con la barba Nerone cantava male e filosofava peggio. Tanto più che la sua barba cresciuta su un doppio mento e che si riunificava a delle basette lunghe e ricce era quanto di più potesse imbruttire un imperatore che già di per sè non era il massimo.

Sia Vespasiano che suo figlio Tito si rasavano anche se non avevano la pettinatura con la frangetta poichè erano piuttosto calvi. Anche Domiziano si rasava e così Nerva e Traiano. Consideriamo che se si rasavano gli imperatori si rasavano anche i sudditi.

Con Adriano, amante della cultura classica greca, le cose cambiano, per amore della filosofia greca si lascia crescere la barba.  Si disse anche che avesse una brutta cicatrice e che intendesse coprirla così, fatto sta che anche i suoi successori: Antonino Pio, Lucio Vero, Marco Aurelio, Settimio Severo, e Caracalla non si radono affatto.

Nemmeno Giuliano (332-363 d.c.) si radeva. L'imperatore  in risposta agli abitanti della cristianissima e raffinata Antiochia, che lo canzonavano con alcuni versi per la sua barba, scrisse un’operetta satirico-polemica intitolata Misopogon (L’odiatore della barba), nel 361-362.

« In essa gli Antiocheni risultano irrisi come faciloni a tutte le novità, come pedanti lussuriosi, ignoranti presuntuosi, delicati, farisei, nemici delle barbe e della antica severità dei costumi e non comprensivi di quella Romanità prisca e sana, veramente civile e imperiale ». E chi più ne ha più ne metta.

Veramente il romano classico si radeva ma Giuliano odiava la nuova società cristiana, intransigente, ignorante e gretta, e soprattutto che gli aveva sterminato tutta la famiglia.



I RASOI

Si sono trovati molti rasoi risalente all'età preistorica o etrusca ma pochissimi dell'età romana: questo perché mentre quelli più antichi erano in bronzo e si sono conservati quelli romani erano in ferro e sono stati consumati dalla ruggine. D'altronde in ferro avevano una lama più sottile di quelle in bronzo, per cui tagliavano meglio.

Questi rasoi in ferro, venivano all'inizio affilati sulle mole di pietra, poi su lame di coltello e poi su strisce di cuoio duro. Comunque sulla pelle nuda non erano il massimo, per giunta si usavano senza sapone, ma di unguenti se ne spalmavano, prodotti in oriente e occidente.

Ma a quando risaliva l'uso del rasoio? Si sono rinvenute valve di conchiglie affilate che molto probabilmente servivano a tagliare la barba.
Il rasoio più antico è anatolico e si trova al Louvre, un coltellino in bronzo dalla punta ricurva. Insomma ogni epoca ha avuto i suoi rasoi, come pure le sue forbici per barba o capelli.

COLONNA DI TRAIANO

IL TONSOR

Tutti amanti del grecismo? No, magari tutti stanchi del tonsor imperiale. L'imperatore, come tutti i romani si affidava alle mani del tonsor, il barbiere, privato e costoso per i più ricchi, o pubblico che in una bottega o addirittura all'aperto in strada, tagliava capelli e barbe a chi passava. Quello imperiale doveva avere un tocco particolare, come quello di Augusto, lento ma preciso, per cui mentre veniva sbarbato e pettinato, l'imperator leggeva e scriveva per guadagnare tempo.

Oppure come il tonsor di Marziale che gli fece per questo un grazioso epitaffio:
 «...Per umana e leggera tu gli sia Terra, e lo devi, più leggera della sua mano d'artista non sarai »

Ma perduto Pantagasto (o prima di esser diventato suo cliente) sbarbarsi per Marziale non era cosa semplice:

RASOIO ROMANO
 «...Le stimmate che io porto sul mento quante un grugno ne ostenta di pugile in pensione, non mia moglie me l'ha fatte, folle di furore, con le sue ugne, ma il braccio scellerato d'Antioco e il suo ferraccio...» (Marziale)

All’inizio del II secolo d.c., la maggior parte dei romani tagliavano i capelli con una forbice di ferro, forfex, le cui lame avevano un perno nel mezzo e due anelli alla base per la presa. Con l'avvento dei tonsores però anche l'acconciatura, accanto alla rasatura, ebbe il suo posto nella bottega del barbiere. Giovenale, magari un po' esagerato, accusa i tonsores di “disturbo alla quiete pubblica” a causa delle urla raccapriccianti che da lì si levavano ad ogni ora del giorno.

Durante l'impero si usò maggior cura ai capelli, con l'uso di cosmetici per mantenerli morbidi e brillanti. Comunque si tagliavano capelli, barba e baffi, la trascuratezza non era vista di buon occhio, perchè l'igiene raccomandava il taglio e perfino in guerra i soldati si rasavano ogni giorno e nessun militare antico fu così ligio alla regola, nè così igienista.

Lo storico Carcopino, nei suoi libri dedicati alla vita quotidiana nella Roma antica, illustra vivacemente il dramma delle barbe che dovevano essere obbligatoriamente tagliate per distinguersi dai barbari selvaggi.

ESEMPI DI RASOI ROMANI
La lettura, molto divertente, vede i “tonsores” come sadici sanguinari e i clienti come vittime sacrificali ai quali, più d’una volta, oltre ai baffi veniva tagliato un pezzo di naso, poi ricucito immediatamente dallo stesso tonsor. Perchè i tonsores facevano ogni tanto da cavadenti e chirurghi.

Nel II secolo d.c. l'esigenza per i più raffinati di recarsi più volte al giorno dal barbiere fa sì che le loro botteghe diventino luogo d'incontro per oziosi, secondo alcuni:
« Hos tu otiosos vocas inter pectinem speculumque »  (Chiamali oziosi questi tra il pettine e lo specchio).

In effetti molti personaggi s'incontravano nella tonsorina dall'alba sino all'ora ottava proprio per sentire le novità, i pettegolezzi, avere informazioni o fare affari, un movimentato salotto per soli uomini, e e uno dei principali media dell'epoca.

Per tutti questi motivi la tonsorina era sempre più affollata, diversi tonsores si arricchirono e divennero rispettabili cavalieri o proprietari terrieri come Marziale nei suoi Epigrammi o Giovenale nelle sue Satire spesso riferiscono ironizzando sugli arricchiti.

La bottega del tonsor è classica: tutt'intorno alle pareti ha una panca dove siedono i clienti in attesa, alle pareti sono appesi degli specchi e una qualche divinità, come dipinto o mosaico o bassorilievo, in genere Mercurio, perchè protegge i commercianti ma pure perchè è sbarbato e ha i capelli corti.

RASOIO ETRUSCO
Al centro domina lo sgabello su cui siede il cliente che veniva coperto da una salvietta o da un camice (involucrum). Attorno si prodigano il tonsor e i suoi aiutanti (circitores) per tagliare o sistemare i capelli secondo la moda che in genere è quella dell'imperatore in carica.

Gli antichi rasoi erano in genere "lunati", cioè a mezza luna, o almeno lo erano i migliori. La funzione della lunatura era sicuramente quella di assicurare un taglio a scorrere.

Le acconciature degli imperatori da Traiano in poi, fatta eccezione per Nerone che dedicava particolare attenzione alla chioma, in genere seguivano quella dell'imperatore Augusto che amava i capelli corti con la frangia sulla fronte, identica a quella che portava il suo padre adottivo, il grande Cesare, cui cercava disperatamente di somigliare, anche nei ritratti statuari.

All'inizio del II secolo quindi i romani si accontentavano di un'acconciatura a colpi di forbice (forfex) che di solito aveva delle lame unite da un perno al centro con degli anelli alla base, non molto efficiente per un taglio uniforme, a giudicare dalle scalette che sfregiavano la capigliatura così come nota Orazio ironizzando su se stesso.

E l'abilità del tonsor nel tagliare i capelli è un altro problema:
 « Si curatus inaequali tonsore capillos Occurri, rides »  « Se mi è capitato di avere acconciati i capelli a scaletta da un barbiere, tu te la ridi... » (Orazio)

E' possibile che c'entri con questo la moda di farsi arricciare i capelli come fecero Adriano e suo figlio Lucio Cesare e il figlio di questi Lucio Vero, rappresentati nelle effigi con capelli inanellati da abili tonsores che si servivano del ferro (calamistrum) scaldato al fuoco, lo stesso che veniva usato per le donne.

La moda si estese anche agli anziani che con i riccioli tentavano a volte di nascondere la calvizie, cosa che diverte molto la lingua tagliente di Marziale, bastava un colpo di vento per far ricomparire «...il cranio nudo tutto circondato da filacce di nuvoli ai suoi lati... Ah se tu vedessi la miseria assoluta di una calvizie capelluta! »

RASOI ROMANI
Insomma si facevano radere tutti, anche i meno abbienti, da un tonsor pubblico o da un servo della casa. Essendo a costo anche molto basso a Roma nessuno si radeva da solo, ma nelle campagne la situazione cambiava.

Ci si radeva anche lì perchè radersi equivaleva ad essere un buon romano, un po' come oggi negli USA un cittadino ci tiene ad essere un buon americano. Un buon romano, pure se contadino, andava a scuola, sapeva leggere scrivere e far di conto, teneva in ordine il suo larario, si radeva la barba e si tagliava i capelli.

Rari erano i barbieri che non sfregiassero regolarmente i loro clienti tanto da essere celebrati dai poeti che come Marziale celebrano con un epitaffio il bravo tonsor Pantagato ormai defunto:
 «...Pur umana e leggera tu gli sia Terra, e lo devi, più leggera della sua mano d'artista non sarai »

Ma per gli altri, che non fossero clienti di Pantagato, radersi era una sofferenza: vi erano barbieri lentissimi nella rasatura per non tagliare i loro clienti, tanto che Augusto nel frattempo poteva dedicarsi al suo lavoro scrivendo o leggendo, ma per altri era un calvario.

All'obbligo sociale di radersi potevano sottrarsi solo i filosofi e i poeti; anche gli schiavi erano costretti dal loro padrone di farsi radere da un tonsor, pubblico o più economicamente da un servo della casa. Certo è che in città nessuno si radeva da solo, ma nelle campagne il contadino doveva adattarsi con le forbici e il rasoio nelle feste.

Con la caduta dell'Impero tornò la barbarie e le barbe si allungarono, il grande sogno della civiltà romana che aveva illuminato il mondo si spense, e si precipitò nell'Evo oscuro, dove curarsi troppo era peccato, e l'importante era pregare. .


BIBLIO

- Jean-Claude Fredouille - Dictionnaire de la civilisation romaine - Larousse - Parigi - 1986 -
- La vita quotidiana a Roma - Universale Laterza - Bari - 1971 -
- Antonietta Dosi - Spazio e tempo - (coautore Francois Schnell) - Vita e Costumi dei Romani Antichi - Quasar - Roma - 1992 -
- Claude Nicolet - Il mestiere di cittadino nell'antica Roma - Roma - Editori riuniti - 1980 -
- David Metz - Daily Life of the Ancient Romans -



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