LA STORIA
"Nei primi anni della repubblica: nelle distrette d'una grave carestia, i libri sibillini, all'uopo interrogati, suggerirono di placare gli dei greci Demetra, Dioniso e Core, ai quali il dittatore Aulo Postumio votò, nell'anno 496 a.c., un tempio, che sorse presso il Circo Massimo, e fu poi dedicato tre anni più tardi, e alla cui decorazione lavorarono due artisti greci, Damofilo e Gorgaso."
Quando il tempio venne distrutto da un incendio nell'anno 31 a.c., fu sostituito con un altro, fatto costruire da Augusto e terminato al tempo di Tiberio, nel 17 d.c. Come luogo di provenienza del nuovo culto i Romani indicarono più tardi l'antico tempio di Demetra e Core a Enna di Sicilia.
Considerando però la data molto antica della erezione di esso (496 a.c.), sembra più probabile che sia arrivato a Roma attraverso le città della Magna Grecia; tanto più che è noto essere stati i culti di Demetra e di Dioniso molto fiorenti nella Campania, e che dalla Campania, e precisamente da Napoli e da Velia, si facevano venire di preferenza le sacerdotesse, per celebrare in Roma i misteri di Cerere.
CERERE DI EMERITA AUGUSTA |
Perciò, la festa anniversaria della dedicazione del tempio fu assegnata al giorno delle Cerialia (19 aprile), e i giochi relativi furono detti ludi Ceriales, e le sacerdotesse addette al culto della triade designate come "sacerdotes publicae Cereris populi Romani Quiritium".
Sui nuovi sviluppi del culto di Cerere in Roma, dopo la sua assimilazione con la greca Demetra, abbiamo le seguenti notizie: nell'anno 217 a.c.,
- Per la prima volta sappiamo che fu compresa in un lettisternio di dodici Dei e appaiata, in questo rito, con Mercurio;
- Da allora si tennero ripetutamente nel suo tempio supplicazioni, per suggerimento dei libri sibillini.
- Press'a poco negli stessi anni, fu introdotta nel suo culto romano una cerimonia propria del rito greco di Demetra, il sacrum anniversarium Cereris.
- Scopo principale della festa era una rievocazione delle nozze di Persefone e di Plutone, con i relativi episodi del ratto e del ritorno di Persefone.
Alla cerimonia, che si celebrava secondo il rito greco dei misteri, partecipavano le matrone romane, in abito bianco e con particolare acconciatura del capo, accompagnate e presiedute dalle sacerdotesse della Dea, che, come abbiamo detto, si facevano venire dalle città della Magna Grecia.
- Per tutta la durata della festa, che cadeva in agosto, probabilmente intorno al 10, così le matrone romane come le sacerdotesse dovevano astenersi da qualunque rapporto sessuale e rimanere perciò separate dai loro mariti, ed evitare pure di mangiare pane; il rito vietava anche libagioni di vino.
- I ludi Ceriales ci sono testimoniati come feste a data fissa per la prima volta nell'anno 202: duravano otto giorni, dal 12 al 19 aprile, e consistevano in divertimenti di vario genere, di cui era parte principale una caccia alla volpe, nella quale si facevano correre gli animali con fastelli in fiamme legati alla coda (!).
- L'ultimo giorno era riserbato ai giochi del circo. Finalmente, nell'anno 191 a.c., fu introdotta, sempre dietro indicazione dei libri sibillini, un'altra festa: lo ieiunium Cereris, cioè un digiuno in onore di questa Dea, a espiazione di sinistri prodigi verificatisi. Fu prima quinquennale; dal tempo di Augusto in poi annuale, e ricorreva il 10 ottobre.
Rilievo fine del V sec. a.c, marmo pentelico con dedica a Demeter, rinvenuto negli anni '30, tra le fondazioni del Palazzo della Banca d'Italia e in cui oggi si trova la Questura. In esso appaiono: Kore nell'atto di sollevare il lembo della veste, un peplo dorico con kolpos e apoptygma; Demetra mentre regge una lunga torcia che poggia a terra.
Va infine ricordata la stretta relazione in cui il santuario di Cerere venne a trovarsi, fin dai primi decenni del sec. V a.c., con la plebe e con i suoi edili: sicché non pare possa mettersi in dubbio che questi magistrati plebei abbiano avuto il loro nome dal tempio, sia che questo si dicesse l'aedes per antonomasia o che quelli si chiamassero aedilei Cereris (poi semplicemente aediles), come mostrerebbe la denominazione di "aediles plebei Ceriales", introdotta da Cesare.
Forse, a parte la tradizione, il tempio fu edificato, nel corso del sec. V, da qualche plebeo o dalla plebe stessa: certo è che là si conservava, sotto la sorveglianza dei due edili, l'archivio della plebe e anche il suo tesoro, costituito dall'ammontare delle multe imposte dai magistrati plebei. E del resto la plebe festeggiava, in modo speciale, con riunioni e conviti le Cerialia.
In epoca imperiale, Cerere divenne soprattutto la Dea del frumento; e, in tale funzione, ebbe a compagna e satellite Annona (v.). Fra le provincie, quella che più vide fiorire il culto di Cerere fu l'Africa, in grazia appunto della sua ricca produzione di cereali; ivi spesso, al posto del nome della Dea, troviamo il plurale Cereres, con evidente allusione a Cerere e Proserpina, in dipendenza, probabilmente, del culto siciliano di Demetra e Core (v. Toutain, Les cultes païens dans l'Empire rom., I,1, 345 segg)
Non ne sono stati identificati i resti. Venne molto considerato anche per la sua immagine di Ceres, la "prima immagine di bronzo di una divinità a Roma" (Plinio, NH 34.15) e per le opere d'arte squisita lì esposte (Strabone 8.6.23, Pliny, NH 35.24, 35.154-55)
Secondo altri studiosi le divinità in questione erano peraltro antichissime, fra le prime create nel Lazio e facenti parte degli Dei Indigetes, a cui si sovrapposero successivamente le divinità greche.
LA BATTAGLIA
"Al timore di una nuova guerra sabina si aggiungeva la notizia, abbastanza certa, che trenta città si erano strette in giuramento sotto l'impulso di Ottavio Mamilio. Fu così che si affacciò per la prima volta l'idea di creare un dittatore."
Trenta città nemiche si erano alleate per distruggere Roma, allora il Senato di Roma nominò dittatore Aulo Postumio che reclutò le solite 4 legioni di 24.000 fanti e 3.000 cavalieri.
Postumio, oltre all'aiuto dei cavalieri chiese un aiuto ai Dioscuri, i divini Castore e Polluce, facendo voto, come si usava, di dedicare loro un tempio in cambio dell'aiuto che portasse alla vittoria.
Si videro allora comparire due giovani guerrieri che nessuno dei Romani conosceva. Montati su cavalli bianchi si lanciarono nelle prime file trascinando i Romani alla vittoria.
Al termine della battaglia scomparvero riapparendo dentro le mura di Roma per portare ai cittadini la notizia della vittoria, poi, dopo aver abbeverato i cavalli alla fonte Giuturna, scomparvero.
Questo episodio portò per la prima volta nell'Urbe il culto dei Dioscuri (Dei Obscuri). Postumio poi sciolse il voto innalzando presso la fonte Giuturna un tempio a Castore e Polluce.
Il Tempio di Ceres era un luogo dove i plebei si autoidentificavano. L'edificio aveva un aspetto straordinariamente antico e Vitruvius (cit. Cit.) lo cita come esempio primario dello stile toscano poco prima che venisse distrutto dal fuoco nel 31 a.c.., anno della battaglia di Azio (Dio Cass. 50.10.3, cfr Strabo 8.6.23).
AEDES E TEMPIO
Il templum è tale in virtù della inauguratio compiuta dallo augure. La aedes invece non è inaugurata; è consacrata dal pontefice e dedicata dal magistrato; per i quali due atti diviene proprietà della divinità cui essa è dedicata. Quindi può essere templum anche un sito o un edificio di uso civile (p. es., il Comizio, la Curia); la aedes è sempre un edificio di culto.
Quando un edificio è inaugurato, consacrato e dedicato, è templum e aedes; è adibito al culto, ma può essere adibito anche a funzioni civili (p. es., riunioni del Senato). Il giorno della dedicatio è il dies natalis della aedes, e se ne celebra ogni anno la ricorrenza. La aedes, perché sacra, cioè proprietà della divinità, è inviolabile e non è commerciabile; il suo patrimonio è commerciabile, purché risponda allo scopo per il quale è costituito.
Il tempio, esastilo e con la statua della Dea al centro, mentre ai due lati c'erano le statue di Ade e Proserpina, serviva anche come quartier generale degli edili plebei e ospitavano il loro archivio, con copie dei decreti del Senato (Livy 3.55.13). Inoltre, il tempio disponeva dell'asilo Cereris, luogo di rifugio dove il pane era distribuito ai poveri (Varro in Non 63.1-4 Lindsay, cfr Coarelli, LTUR I, 130).
LETTERE DI PLINIO IL GIOVANE
"Per un avvertimento degli aruspici debbo ricostruire, abbellendolo e ingrandendolo, il tempio di Cerere che è nei miei possedimenti, ed è assai vecchio e angusto mentre per altro nel giorno stabilito è largamente visitato.
LA STRUTTURA DEL TEMPIO SUL MODELLO ETRUSCO |
CERERE E TELLURE
La Dea Cerere, così trasformata dall'influsso della greca Demetra, venne in nuovi rapporti con Tellure, e, talora, la sostituì, in certe attribuzioni per le quali la Tellure, o Tellus, romana somigliava piuttosto a Demetra che non alla originaria Cerere: così la troviamo quale Dea romana delle nozze, al posto dell'antica Tellure, per influsso della greca Demetra (legifera Ceres, in Virg., Aen., IV, 58).
A essa è rivolta più tardi, invece che a Tellure, nel rito funebre, l'offerta della porca praesentanea, e l'ingresso nell'oltretomba si chiama mundus Cereris, mentre in origine la Dea romana rappresentante dell'oltretomba non era stata Cerere, ma Tellure.
La Dea Cerere, così trasformata dall'influsso della greca Demetra, venne in nuovi rapporti con Tellure, e, talora, la sostituì, in certe attribuzioni per le quali la Tellure, o Tellus, romana somigliava piuttosto a Demetra che non alla originaria Cerere: così la troviamo quale Dea romana delle nozze, al posto dell'antica Tellure, per influsso della greca Demetra (legifera Ceres, in Virg., Aen., IV, 58).
A essa è rivolta più tardi, invece che a Tellure, nel rito funebre, l'offerta della porca praesentanea, e l'ingresso nell'oltretomba si chiama mundus Cereris, mentre in origine la Dea romana rappresentante dell'oltretomba non era stata Cerere, ma Tellure.
CERERE E LA PLEBE
Va infine ricordata la stretta relazione in cui il santuario di Cerere venne a trovarsi, fin dai primi decenni del sec. V a.c., con la plebe e con i suoi edili: sicché non pare possa mettersi in dubbio che questi magistrati plebei abbiano avuto il loro nome dal tempio, sia che questo si dicesse l'aedes per antonomasia o che quelli si chiamassero aedilei Cereris (poi semplicemente aediles), come mostrerebbe la denominazione di "aediles plebei Ceriales", introdotta da Cesare.
Forse, a parte la tradizione, il tempio fu edificato, nel corso del sec. V, da qualche plebeo o dalla plebe stessa: certo è che là si conservava, sotto la sorveglianza dei due edili, l'archivio della plebe e anche il suo tesoro, costituito dall'ammontare delle multe imposte dai magistrati plebei. E del resto la plebe festeggiava, in modo speciale, con riunioni e conviti le Cerialia.
In epoca imperiale, Cerere divenne soprattutto la Dea del frumento; e, in tale funzione, ebbe a compagna e satellite Annona (v.). Fra le provincie, quella che più vide fiorire il culto di Cerere fu l'Africa, in grazia appunto della sua ricca produzione di cereali; ivi spesso, al posto del nome della Dea, troviamo il plurale Cereres, con evidente allusione a Cerere e Proserpina, in dipendenza, probabilmente, del culto siciliano di Demetra e Core (v. Toutain, Les cultes païens dans l'Empire rom., I,1, 345 segg)
LA LOCAZIONE
Il tempio congiunto a Ceres, Liber Pater e Libera (equivalente a Demetra, Dioniso, e Kore: Dion Hal., Ant. Roma 6.17.2), di solito abbreviato a 'aedes Cereris' Circus Maximus (es. Vitr., De arch. 3.3.5: specie aedium ... uti est ad circum Massimo Cereris; Plinio NH 35.154: Cereris aedem ... ad Circus Massimo; Tac., Ann. 2.49: Libero Liberaeque et Cereri iuxta cir Maximum) e nei pressi dei templi di Flora e Luna.
Il tempio congiunto a Ceres, Liber Pater e Libera (equivalente a Demetra, Dioniso, e Kore: Dion Hal., Ant. Roma 6.17.2), di solito abbreviato a 'aedes Cereris' Circus Maximus (es. Vitr., De arch. 3.3.5: specie aedium ... uti est ad circum Massimo Cereris; Plinio NH 35.154: Cereris aedem ... ad Circus Massimo; Tac., Ann. 2.49: Libero Liberaeque et Cereri iuxta cir Maximum) e nei pressi dei templi di Flora e Luna.
Secondo altri studiosi le divinità in questione erano peraltro antichissime, fra le prime create nel Lazio e facenti parte degli Dei Indigetes, a cui si sovrapposero successivamente le divinità greche.
LA BATTAGLIA
"Al timore di una nuova guerra sabina si aggiungeva la notizia, abbastanza certa, che trenta città si erano strette in giuramento sotto l'impulso di Ottavio Mamilio. Fu così che si affacciò per la prima volta l'idea di creare un dittatore."
DEA CERERE |
« ...La notizia della presenza dei Tarquini tra le file latine suscitò un'indignazione tale nei Romani da non poter rimandare ulteriormente lo scontro. Per questo la battaglia non ebbe precedenti quanto a ferocia e accanimento. Infatti i comandanti non si limitarono a dirigere le operazioni, ma si buttarono di persona nella mischia. Perfino Tarquinio Superbo che pure era appesantito e indebolito dall'età stava in prima fila... Il comandante latino fece avanzare una coorte di esuli di Roma comandata dal figlio di Lucio Tarquinio. E proprio grazie ad essa poté rialzare per un po' il livello dello scontro.. quasi nessun membro dei due stati maggiori, salvo il dittatore romano, uscì indenne dallo scontro... »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri)
La battaglia era lunga e i Romani allo stremo. Postumio allora chiese ai cavalieri di scendere dai cavalli e aiutare i fanti nelle loro azioni. Una tattica che un giorno userà anche Giulio Cesare.
Livio:
"Essi obbedirono all'ordine; balzati da cavallo volarono nelle prime file e andarono a porre i loro piccoli scudi davanti ai portatori di insegne. Questo ridiede morale ai fanti, perché vedevano i giovani della nobiltà combattere come loro e condividere i pericoli. I Latini dovettero retrocedere e il loro schieramento dovette ripiegare."
LA LEGGENDA
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri)
La battaglia era lunga e i Romani allo stremo. Postumio allora chiese ai cavalieri di scendere dai cavalli e aiutare i fanti nelle loro azioni. Una tattica che un giorno userà anche Giulio Cesare.
Livio:
"Essi obbedirono all'ordine; balzati da cavallo volarono nelle prime file e andarono a porre i loro piccoli scudi davanti ai portatori di insegne. Questo ridiede morale ai fanti, perché vedevano i giovani della nobiltà combattere come loro e condividere i pericoli. I Latini dovettero retrocedere e il loro schieramento dovette ripiegare."
LA LEGGENDA
Postumio, oltre all'aiuto dei cavalieri chiese un aiuto ai Dioscuri, i divini Castore e Polluce, facendo voto, come si usava, di dedicare loro un tempio in cambio dell'aiuto che portasse alla vittoria.
Si videro allora comparire due giovani guerrieri che nessuno dei Romani conosceva. Montati su cavalli bianchi si lanciarono nelle prime file trascinando i Romani alla vittoria.
Al termine della battaglia scomparvero riapparendo dentro le mura di Roma per portare ai cittadini la notizia della vittoria, poi, dopo aver abbeverato i cavalli alla fonte Giuturna, scomparvero.
Questo episodio portò per la prima volta nell'Urbe il culto dei Dioscuri (Dei Obscuri). Postumio poi sciolse il voto innalzando presso la fonte Giuturna un tempio a Castore e Polluce.
Ma c'era un altro tempio che era stato votato in anticipo, nel 496 a.c., e il dittatore Aulo Postumio lo disse voluto da un responso dei Libri Sibillini.
In realtà il voto di tale tempio, alla vigilia dell'importante Battaglia del Lago Regillo, dove Roma corse uno dei suoi più alti pericoli, con i Latini assoggettati fino ad allora che fecero causa comune con Tarquinio il Superbo, cacciato da Roma ed una parte degli Etruschi, doveva spingere la classe plebea a partecipare al conflitto.
Il tempio infatti assunse fin dalla sua dedica, avvenuta nel 494 ad opera di Spurio Cassio Vecellino, connotazioni fortemente plebee. Il santuario infatti era dedicato alla triade di origine dionisiaca di Libero, Libera e Cerere, che si disse trasposizione latina degli Dei Demetra, Dioniso e Core. Questo tempio venne visto come la risposta plebea al tempio "aristocratico" della triade capitolina, (Giove, Giunone e Minerva), anch'esso con un tipo di culto triadico.
In realtà il voto di tale tempio, alla vigilia dell'importante Battaglia del Lago Regillo, dove Roma corse uno dei suoi più alti pericoli, con i Latini assoggettati fino ad allora che fecero causa comune con Tarquinio il Superbo, cacciato da Roma ed una parte degli Etruschi, doveva spingere la classe plebea a partecipare al conflitto.
Il tempio infatti assunse fin dalla sua dedica, avvenuta nel 494 ad opera di Spurio Cassio Vecellino, connotazioni fortemente plebee. Il santuario infatti era dedicato alla triade di origine dionisiaca di Libero, Libera e Cerere, che si disse trasposizione latina degli Dei Demetra, Dioniso e Core. Questo tempio venne visto come la risposta plebea al tempio "aristocratico" della triade capitolina, (Giove, Giunone e Minerva), anch'esso con un tipo di culto triadico.
Cicerone sostiene che le sacerdotesse dedite al tempio suddetto provenissero solo ed esclusivamente dalla Magna Grecia (essendo il culto d’importazione greca), ma è un'informazione altamente opinabile. Infatti il culto di Libero e Libera era puramente latino, un culto antichissimo con una Dea madre che alleva un figlio-vegetazione che nasce e muore ogni anno, sostituito poi con la coppia adulta di Libero e libera.
Non è vero, come alcuni sostengono, che la madre facesse assurgere il figlio a proprio paredro, o marito, è che, col passaggio sempre più pronunciato al patriarcato, il paredro non era più figlio ma paredro adulto, insomma fu una trasformazione.
LE VICENDE
LE VICENDE
Un illuminante episodio dimostra le implicazioni politiche del tempio, quando, nel 485 a.c., fu dedicato un simulacrum bronzeo, quindi una statua, da inserire nel tempio, grazie ai beni confiscati al democratico filo-plebeo Spurio Cassio Vecellino, una ritorsione aristocratica alle ambizioni democratiche di Cassio proprio nella roccaforte plebea che lui difendeva.
( Livio, XXVII, 6.19. - Dione Cassio, Historia Romana, L, 10; - Tacito, Annales, II, 49)
Tuttavia nel 210 a.c., gli Edili plebei, Quinto Cazio e Lucio Porcio Licino, fecero costruire col denaro ricavato dalle multe comminate ai patrizi, alcune statue di bronzo dedicate al tempio di Cerere ed organizzarono i giochi con il fasto che l'epoca consentiva, in piena II guerra punica.
( Livio, XXVII, 6.19. - Dione Cassio, Historia Romana, L, 10; - Tacito, Annales, II, 49)
DEA LIBERA (?) |
Notevolmente, Augusto iniziò la sua ricostruzione (insieme al vicino Tempio di Flora e al Tempio di Iano presso il Foro Olitorio; RG 19-21 non è altro che questo aedes) e la sua ridedicazione non avvenne prima del 17 d.c. (Tac. , Ann 2.49: "coeptasque ab Augusto dedicavit" [Tiberius]), il che significa che questo santuario importante rimase sia una rovina che in cantiere durante tutto il periodo di Augusto. Venne riconsacrato solo nel 17 d.c. dal successore di Augusto, Tiberio.
La testimonianza più dettagliata per la posizione del tempio deriva da Dionigi di Halicarnasso, che lo descrive come "alla fine del Circo Massimo, direttamente sopra le porte di partenza" (Ant. Rom. 6.94.3). Pertanto il suo posto sul pendio più basso della punta nord aventina, appena sopra la testa del Circo, è concordato (Richardson 80, Coarelli LTUR I, 261).
La testimonianza più dettagliata per la posizione del tempio deriva da Dionigi di Halicarnasso, che lo descrive come "alla fine del Circo Massimo, direttamente sopra le porte di partenza" (Ant. Rom. 6.94.3). Pertanto il suo posto sul pendio più basso della punta nord aventina, appena sopra la testa del Circo, è concordato (Richardson 80, Coarelli LTUR I, 261).
AEDES E TEMPIO
Quando un edificio è inaugurato, consacrato e dedicato, è templum e aedes; è adibito al culto, ma può essere adibito anche a funzioni civili (p. es., riunioni del Senato). Il giorno della dedicatio è il dies natalis della aedes, e se ne celebra ogni anno la ricorrenza. La aedes, perché sacra, cioè proprietà della divinità, è inviolabile e non è commerciabile; il suo patrimonio è commerciabile, purché risponda allo scopo per il quale è costituito.
DIO LIBERO POI DIVENUTO DIONISO |
DESCRIZIONE
Marco Vitruvio Pollione, nel II libro del suo trattato "De architectura" ci descrive il tempio come aerostilo, termine con cui Vitruvio indicava un tempio che avesse l'intercolumnio (distanza tra le colonne) con una larghezza maggiore di tre metri. Areostilo sarebbe anche il tempio etrusco, e i templi romani edificati su modello etrusco, se ne può dedurre che la trabeazione dovesse essere di legno per alleggerirne il peso sulle colonne.
Marco Vitruvio Pollione, nel II libro del suo trattato "De architectura" ci descrive il tempio come aerostilo, termine con cui Vitruvio indicava un tempio che avesse l'intercolumnio (distanza tra le colonne) con una larghezza maggiore di tre metri. Areostilo sarebbe anche il tempio etrusco, e i templi romani edificati su modello etrusco, se ne può dedurre che la trabeazione dovesse essere di legno per alleggerirne il peso sulle colonne.
Aggiunge inoltre che il tempio era "schiacciato" ossia largo e basso, tipico di un genere di tempio di ordine tuscanico. Anche la decorazione del frontone era di tipo etrusco, ornato infatti con terrecotte. I muri della cella erano stati decorati successivamente da pitture di Damophilos e Gorgasos, artisti magnogreci di grande valore.
Il tempio divenne ben presto il centro dell'organizzazione politica ed economica della plebe, che proprio sull'Aventino aveva la sua storia e i suoi templi stranieri e plebei. Basti pensare alla famosa secessione plebea sull’”Aventino”, appena due anni dopo l’inizio della costruzione del Santuario.
Il tempio divenne ben presto il centro dell'organizzazione politica ed economica della plebe, che proprio sull'Aventino aveva la sua storia e i suoi templi stranieri e plebei. Basti pensare alla famosa secessione plebea sull’”Aventino”, appena due anni dopo l’inizio della costruzione del Santuario.
Il tempio, esastilo e con la statua della Dea al centro, mentre ai due lati c'erano le statue di Ade e Proserpina, serviva anche come quartier generale degli edili plebei e ospitavano il loro archivio, con copie dei decreti del Senato (Livy 3.55.13). Inoltre, il tempio disponeva dell'asilo Cereris, luogo di rifugio dove il pane era distribuito ai poveri (Varro in Non 63.1-4 Lindsay, cfr Coarelli, LTUR I, 130).
LETTERE DI PLINIO IL GIOVANE
"Per un avvertimento degli aruspici debbo ricostruire, abbellendolo e ingrandendolo, il tempio di Cerere che è nei miei possedimenti, ed è assai vecchio e angusto mentre per altro nel giorno stabilito è largamente visitato.
Infatti alle Idi di settembre da tutta la regione confluisce una gran folla, si trattano molti affari, si fanno e si compiono molti voti. Ma non v'è nei pressi nessun riparo dalla pioggia e dal sole.
Darò pertanto prova di munificenza e al tempo stesso di religiosità se farò costruire un tempio il più bello possibile, cui affiancherò un porticato, quello per uso della dea, questo per gli uomini.
Vorrei perciò tu comperassi quattro colonne di marmo, secondo il tuo gusto, e comperassi dei marmi per rivestire il pavimento e le pareti.
Bisognerà anche far fare una statua di quella dea, giacché quella antica di legno è smozzicata in parecchi punti a cagione della sua vetustà. Quanto al porticato, non mi viene in mente nulla per ora, che tu debba ricercare costì, se non forse che tu mi mandi un disegno adatto al luogo.
Non posso infatti circondare tutto il tempio: giacché il terreno ove esso sorge è limitato da una parte dal fiume con delle rive scoscese e dall'altra dalla strada.
Oltre questa vi è uno spazioso prato, che sarebbe un luogo abbastanza adatto per sviluppare, in faccia al tempio, il colonnato; se però non troverai una miglior soluzione tu, che sei capace con la tua bravura di superare gli ostacoli del terreno. Addio. "
Darò pertanto prova di munificenza e al tempo stesso di religiosità se farò costruire un tempio il più bello possibile, cui affiancherò un porticato, quello per uso della dea, questo per gli uomini.
Vorrei perciò tu comperassi quattro colonne di marmo, secondo il tuo gusto, e comperassi dei marmi per rivestire il pavimento e le pareti.
Bisognerà anche far fare una statua di quella dea, giacché quella antica di legno è smozzicata in parecchi punti a cagione della sua vetustà. Quanto al porticato, non mi viene in mente nulla per ora, che tu debba ricercare costì, se non forse che tu mi mandi un disegno adatto al luogo.
Non posso infatti circondare tutto il tempio: giacché il terreno ove esso sorge è limitato da una parte dal fiume con delle rive scoscese e dall'altra dalla strada.
Oltre questa vi è uno spazioso prato, che sarebbe un luogo abbastanza adatto per sviluppare, in faccia al tempio, il colonnato; se però non troverai una miglior soluzione tu, che sei capace con la tua bravura di superare gli ostacoli del terreno. Addio. "
Molti culti a Roma e nel Lazio si sovrapposero gli uni agli altri perdendo il loro carattere originario. Di certo Libero e Libera dominarono tutta la vita agreste romana, segnando con le feste i vari appuntamenti dell'agricoltura, quando i contadini si univano fra loro per la raccolta dei frutti della terra o per ringraziare gli Dei del raccolto.
BIBLIO
- Philippe Borgeaud - Avec Doralice Fabiano - Perception et construction du divin dans l'Antiquité - Genève - Droz - 2013 -
- Sant'Agostino d'Ippona - De Civitate Dei - IV -
- Walter Burkert - Antichi culti misterici - Laterza - Bari-Roma, 1987 -- J. Eckhel - Doctrina numorum veterum - IV - Vienna - 1794 -
- G. Wissowa - Liber - in Roscher - Lexikon - II - coll. 2021-2029 -
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- Walter Burkert - Antichi culti misterici - Laterza - Bari-Roma, 1987 -- J. Eckhel - Doctrina numorum veterum - IV - Vienna - 1794 -
- G. Wissowa - Liber - in Roscher - Lexikon - II - coll. 2021-2029 -
- G. Wissowa - Libera - in Roscher - Lexikon II - coll. 2029-2030 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
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