VILLA POLLIO FELICE (Sorrento)

PUNTA CAPO DI SORRIENTO, RICOSTRUZIONE DELLA VILLA

Sulla magnifica costa da Massa Lubrense che va verso Sorrento, si possono ritrovare i resti una maestosa villa marittima di età romana del I sec. a.c. appartenuta, si dice, a Pollio Felice, illustre esponente di una nobile famiglia di Pozzuoli. La ricostruzione di questo complesso, situato sul promontorio del Capo di Sorrento, è stata ricavata dalle informazioni contenute in due carmi che il poeta Stazio descrive nella sua opera "Silvae".

Stazio ne è soggiogato:

“...tra le mura cui diedero nome le Sirene (Sorrento) e le rupi che reggono il peso di Minerva Tirrena (il capo Ateneo) ..La villa di Pollio è posta in alto, di fronte al golfo, sui colli dove l'uva non teme confronti con quella del Falerno e i vigneti scendono giù a terrazze fin quasi sugli scogli, sÌ che le ninfe marine vengono di notte a rubarvi i grappoli. A chi sbarca sul lido, un'insenatura a mezzaluna incavata tra le rocce, prime appaiono le terme, presso le quali scorre un rivo d'acqua fresca che si getta nel mare.  

Davanti ad esse, custodi della terra e del mare, sono una statua di Nettuno e un tempietto di Ercole, che Pollio ha ricostruito ex novo in sostituzione di uno più antico. Nella rada il mare è sempre calmo, e anche d'inverno vi si avvertono meno i rigori del freddo e del vento. Dove prima era polvere e sole, ora un portico obliquo, opera degna di Roma, invita a salire comodamente agli alloggi della villa. 

Da essa, in stanze opportunamente disposte, si può godere la prima luce dell'alba o l'ora del crepuscolo, quando il sole è già tramontato e l'ombra del monte già cade opaca nell'acqua, e la villa sembra nuotare su un mare di vetro. Un'ala della casa trema per il fragore delle onde, un'altra ignora invece i flutti e preferisce il silenzio dei campi. 


PLASTICO DELLA VILLA
Epica lotta con la natura è stata la vicenda della costruzione: alcune zone sono state lasciate intatte, ma altrove al posto della roccia ora vi sono spazi aperti, e costruzioni dove prima era boscaglia, e un verde boschetto dove non c'era una zolla di terra: tutt'opera di Pollio, e la terra esultò nel vederlo domare e dar forma alle rupi, costringerle ora a entrar nella casa ora a ritirarsi davanti a essa. 

Statue mitiche di bronzo e di cera, quadri di Apelle, opere di Fidia, Mirone, Policleto, busti di condottieri, poeti e sapienti circondano Pollio ritiratosi a vivere, libero da preoccupazioni, nella serenità degli studi. 

Impossibile è ricordare tutte le terrazze e i belvederi della casa; ogni stanza, anzi ogni finestra ha un suo panorama: da una si vede Procida, da un'altra Ischia, da un'altra capo Miseno, da un'altra ancora Nisida, e poi il tempio di Venere Euploia l'isola di Megaride, la villa napoletana, anch'essa di Pollio, del Limòn, la città di Napoli, ognuna da una finestra o da una stanza.

Che dire poi dei marmi? La villa è ricca delle più belle pietre della Grecia, di Siene, della Frigia, del verde di Laconia, del giallo di Numidia, dei bianchissimi marmi di Taso, di Chio, di Caristo. Beato Pollio, che frequenta la greca Napoli; più dei suoi concittadini puteolani, i Napoletani sapranno degnamente apprezzare il suo animo raffinato!

Sembra che l’edificio fosse dotato di uno splendido portico, costituito da colonne monolitiche in marmo e si articolasse su due piani, con camere orientate sia verso terra, sia verso il mare.

Si può ammirare un plastico in cui sono state ricostruite le forme della villa, nella seconda sala del museo archeologico Georges Vallet. Oggi è possibile visitare soltanto i ruderi, che possono essere interpretati anche grazie alle notizie forniteci dalle fonti antiche.


La villa si divideva in domus e villa a mare, con i relativi annessi. L’importanza della domus, la quale occupa la sommità del promontorio, è testimoniata da resti di mura di sostegno e tre gruppi di cisternoni nel declivio.

La villa a mare, invece, si colloca sulla punta estrema del promontorio Capo di Sorrento, quasi come sopra un’isola, separato com’è dalla terra da un bacino naturale, il cosiddetto “Bagno della Regina Giovanna”, che si estendeva per circa due ettari su un piccolo promontorio allungato sul mare sorrentino.

Un complesso di passaggi, anditi, scale e terrazze costituisce il collegamento tra la domus e la villa a mare, passando sopra le due strette lingue di terra che uniscono, girando attorno al bacino, la Punta del Capo alla terra retrostante. La proprietà era suddivisa in due zone: la villa a mare e una domus più a monte con funzione agricola.  I ruderi dell’intero complesso sono sparsi su di un’area di ben 30.000 mq.

La villa era raggiungibile sia da terra che da mare, infatti le attività produttive della villa erano legate sia al mare che forniva pesci, crostacei e molluschi; sia alla campagna producendo olio, limoni e il pregiato vino di Sorrento citato in numerose opere di Strabone, Plinio ed Orazio.

L’architettura è ottimamente armonizzata con le bellezze di un paesaggio mozzafiato. Gli ambienti sono orientati al massimo godimento del panorama grazie alle ampie finestre e alla passeggiata attorno al porticciolo.


Più verso il mare troviamo anche una cisterna a cinque concamerazioni intercomunicanti, la cui pianta ha la forma di un pentagono irregolare. Le pareti sono in opus reticulatum, mentre gli archi delle porte sono in mattoni. In età moderna un enorme muro ha terrazzato la zona soprastante la cisterna.

Ancora oggi è evidente con chiarezza come la struttura dell’opera fosse articolata in modo da consentire una facile ispezione del condotto fecale e di evitare che i liquami, raccolti nel pozzo nero a scopo di concimazione agricola, potessero inquinare le acque marine.

Ma la bellezza più sconcertante è il bacino naturale interno che i proprietari usavano come attracco e piscina insieme abbellendolo con raffinato stile ed opere d'arte. I due isolotti ad ovest mostrano delle strutture murarie che probabilmente li collegavano tra loro con un ponticello.

Dalla piazzetta del Capo di Sorrento, un piccolo abitato situato a circa 96 m., una stradina che scende verso il mare conduce ai ruderi di una villa marittima del I secolo d.c. e ai cosiddetti «Bagni della regina Giovanna».

La domus è quasi interamente distrutta, mentre della villa a mare restano ancora dei ruderi sufficienti per poterla idealmente ricostruire. Il giardino si sviluppava, dalla casa a mare, con una serie di rampe e terrazze panoramiche sulle pendici settentrionali del promontorio, ed era chiuso a valle da una bellissima esedra.


Ma ora il colpo di scena: recenti studi hanno dimostrato che questa villa non appartenne, come vuole la tradizione, al patrizio Pollio Felice, amico del poeta latino Publio Papinio Stazio.

La dimora del patrizio, originario di Pozzuoli, che ospitò il famoso autore delle «Silvae», doveva trovarsi nella baia di Puolo, al confine tra i comuni di Sorrento e Massa Lubrense; tuttavia sia della domus che della parte marittima rimane ben poco.

Della villa romana del Capo di Sorrento, invece, sono facilmente riconoscibili i resti delle cisterne, della domus, dei magazzini e degli approdi naturali con il ninfeo.

La parte residenziale della villa (la domus), con ogni probabilità, si componeva di numerosi fabbricati dislocati su terrazze digradanti, collegati ad ampie cisterne per il rifornimento idrico.

Negli anni ottanta del secolo scorso la Soprintendenza Archeologica di Pompei, nei lavori di consolidamento delle strutture, ha riportato alla luce il piano più alto della parte marittima del complesso.

Dalla campagna di scavo è emerso che questo piano accoglieva vari ambienti disposti lungo un giardino, racchiuso in un quadriportico rettangolare.

La presenza di una porzione di matrice in malta di una pavimentazione in opus sectile documenta la funzione di rappresentanza di questi ambienti.

La ricostruzione grafica dell’ordito del pavimento, che alternava marmi di forma quadrata e triangolare, ha evidenziato la sua vicinanza tipologica con quello di epoca romana reimpiegato nella cappella in fondo alla navata destra della parrocchiale di Sant’Agnello.

Tra il XV e il XVII secolo in quest’area sorse una torre di avvistamento e una cappella intitolata a Santa Fortunata; della prima è ancora visibile la parte basamentale, della seconda le strutture perimetrali.

I settori residenziali nord ed est presentano, all’interno dei vani voltati a botte, tracce di muratura in opus reticulatum, di pavimenti in mosaico a piccole tessere bianche e fascia nera, di intonaco dipinto di rosso e di decorazioni in stucco a rilievo.

Pollio Felice era un dotto storico, oratore e poeta che ha fondato una biblioteca a Roma ed era il protettore di Virgilio e Orazio.

Un uomo tanto ricco da potersi permettere una simile casa per le vacanze, e diversi studiosi sostengono che questa sia la sua villa.

Una leggenda racconta che nella prima metà del XV secolo questi antichi ruderi, suonata la mezzanotte, si animavano di figure spettrali: un cavaliere nero su un cavallo alato inseguiva una fanciulla vestita di bianco che cercava riparo tra le mura della villa di «Pollio Felice».

In quanto al Bagni della Regina Giovanna, esso sarebbe la piscina della villa e si pensa vi fossero anche splendidi giardini e un vigneto.

Un'altra scuola di pensiero asserisce che la villa descritta da Orazio e Stazio si trovi in realtà nella vicina Marina di Puolo (da Puolo a Pollio il passo è breve), una piccola spiaggia lungo la costa, e che la villa di cui sopra fino a Punta del Capo appartenesse a qualche altro patrizio romano.




L'INFAME REGINA GIOVANNA

La bella piscina naturale può avere acquisito il suo nome da una Regina XIV secolo di Napoli di nome Giovanna, che frequentava il posto con le sue dame di compagnia per pendere i bagni.

DEA FORTUNA
Giovanna era famosa tanto la sua bellezza quanto per la sua crudeltà verso i suoi sudditi e si crede che lei qui abbia avuto una fine violenta, strangolata da suo nipote.

Tra il XV e il XVII secolo in quest’area sorse una torre di avvistamento e una cappella intitolata a Santa Fortunata.

Della torre è ancora visibile la parte basamentale, della cappella le strutture perimetrali.

I settori residenziali nord ed est presentano, all’interno dei vani voltati a botte, tracce di muratura in opus reticulatum, di pavimenti in mosaico a piccole tessere bianche e fascia nera, di intonaco dipinto di rosso e di decorazioni in stucco a rilievo.

La presenza di Santa Fortunata, una santa che sembra inesistente visto che si ritiene nata in Sicilia ma si ritrova in ogni dove, lascia presupporre che, come in altri luoghi, qui nei pressi sorgesse un'edicola o un tempietto alla Dea Fortuna che la gente andava a venerare, e che sia stata sostituita con la santa.


BIBLIO

- S. De Caro, A. Greek - Campania - Bari - 1981 -
- O. Baldacci - I termini della regione nel corso della storia - in «Storia e civiltà della Campania. L'Evo antico» - Napoli - 1991 -
- The Cambridge Manual of Latin Epigraphy - Cambridge University Press - Cambridge - 2012 -



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