VIA PORTUENSE



SEPOLCRO DI VIA PORTUENSE
La via Portuense, S.P. 1, è una strada romana costruita alla fine del I secolo d.c. per collegare Roma al Tevere, pertanto al Porto, fatta costruire dall'imperatore Claudio alla foce del Tevere. Fu costruita razionalizzando ed ampliando l'antica via Campana, così chiamata perché proveniva dal Campus Salinarum, le saline che si trovavano alla foce del Tevere.

ANTICA PORTA PORTUENSIS
La strada partiva da Porta Portese, che sostituisce l'antica Porta Portuensis che era una delle porte meridionali delle Mura aureliane di Roma.

La porta romana si apriva nel primo tratto di mura sulla riva destra del Tevere, proprio dove aveva inizio la via Portuense, all'incirca all'incrocio tra questa e l'attuale via E. Bezzi. e percorrendo il settore sud-occidentale della città fino a uscire dai confini urbani, oltrepassava Ponte Galeria (dove i romani edificarono ponte, acquedotto, strada e necropoli). 

Infine raggiungeva il porto di Fiumicino, dove oggi si erge lo scalo, e dove in epoca romana si insediarono il porto di Claudio ed il porto di Traiano che rifornivano di beni e masserizie la capitale dell'impero.

PORTO DI TRAIANO - NECROPOLIS

1857 - LA VIA PORTUENSE

"Nei primi mesi dello scorso anno 1857 scavandosi, per stabilire la linea della ferrovia che da Roma deve condurre a Civitavecchia, in una delle ultime lacinie di Monte Verde corrispondente sul Tevere a sinistra della salita denominata del Monte delle Piche, poco oltre il V miglio fuori di porta Portese, si incominciarono a rinvenire delle antiche sostruzioni di opera reticolata di egual struttura a quelle che si veggono in questa stessa via circa al II miglio da Roma in prossimità della chiesa di S. Prassede.

Continuandosi pertanto i lavori nel suddetto luogo, si rinvennero una buona quantità di poligoni di selce che per certo servirono all'antica via Portuense, ed, insieme a questi, dei massi squadrati di tufo che ne costituirono i margini, oltre molti pezzi e rottami di anfore e dolii, e qualcuno di questi vasi intero, ma rotto dalla inavvertenza degli stessi cavatori."

(A. Pellegrini)

GLI SCAVI
LA DOMUS

"Col1'inoltrarsi sempre più col taglio delle terre verso il dorso del monte, apparvero delle camere da bagno appoggiate alle menzionate sostruzioni, ma con le pareti rase fino a poca altezza dal suolo. Tuttavia però ciascuna di esse conservava tracce del suo pavimento, ed in alcune vi rimaneva fino alla metà, essendone il resto distrutto forse da quando si misero quelle terre a coltura, poiché fino a questi ultimi giorni vi ci si vedeva piantato un canneto.

I suddetti pavimenti erano di mosaico, ma di quelli i più comuni composti di tasselli di pietra e di lava chiamati bianchi e neri, e con tali colori in un avanzo di essi vedevasi espressa una bella Nereide che fu distrutta il giorno appresso della sua invenzione (sig!) a causa di proseguire i lavori. In queste adiacenze anche si rinvennero molte medaglie per lo più comuni, e vari avanzi di lucerne di metallo, chiavi ed altri utensili.

Nel fine del mese di giugno vennero sospesi i lavori per l'aria malsana che nell'estate è in questi luoghi, ma nel riprendersi questi verso i primi di novembre in continuazione delle menzionate camere altra se ne venne a scoprire col pavimento quasi intero. Esso era degli stessi colori, e disposto ad imitazione di un tappeto a rombi , dove ricorreva intorno un meandro in forma di spina, e quindi una gran linea che ne chiudeva l'opera."

(A. Pellegrini)



SEPOLCRETO

"Verso la fine di aprile s'incominciarono i lavori della ferrovia entro la vigna Ceccarelli non lungi dal descritto luogo, dove cavandosi a poca profondità dirimpetto al casino di detta vigna, si scoprì un sepolcro di forma circolare spogliato del tutto dei suoi ornamenti. Nessun frammento di ornato, né di epigrafi, fu ritrovato presso di esso, eccetto i chiodi di ferro che queste fermarono.


SEPOLCRO TARDO IMPERIALE A CASSONE DIPINTO
Approfondandosi quivi poco più di mezzo palmo dal suo basamento, si rinvenne il loculo rivestito di lastre di pavonazzetto contenente uno scheletro, e poco più oltre di questo monumento altro piccolo sepolcro si rinvenne, in cui il loculo era stato già visitato, poiché vedevasi riempito di terra, spogliato delle lastre e senza ossa.

Proseguendosi quindi i lavori entro la prossima vigna di Molinari, s'incominciò a scoprire un gran basamento di un antico sepolcro rivestito di massi squadrati di tufa, provenienti da cave fattene dagli antichi nei monti qui prossimi. L'interno poi si componeva di un masso solidissimo formato di ciottoli di tufa e di frantumi di mattoni e di selce. Il detto basamento veniva costituito da cinque ordini di pietra formanti ciascuno una risega a misura che saliva, ed era alto in tutto palmi 12 romani, e nell' estremo della sua base era largo palmi 28 per ciascun lato.

L'opera di marmo che sorgeva sopra di esso, venne forse distrutta fino da tempi a noi remoti per servirsi delle pietre che lo adornavano, poiché niun resto di ornato fino al principio di detta base si rinvenne, ma nel proseguirsi lo sterro di essa incominciarono a ritrovarsi i propri cementi; e tra questi sortirono belli avanzi di capitelli di pilastri d'ordine composito, ed un vaso di decorazione scolpito in pietra tiburtina, con rozze sagome, ma di forma elegante. Esso era fatto ad imitazione di un vaso cinerario con quattro manichi, dove in ciascuno era scolpita una maschera, il tutto lavorato in modo da produrre effetto dall'alto in che per certo venne collocato.

Di più si rinvennero vari frammenti delle sue cornici, ed altri avanzi di marmo rastremanti, e perciò da questi e da altri frammenti si puotè discernere essere stato questo uno di quei monumenti di forma molto in uso nel declinare dell'impero degli Antonini, cioè composti con un gran basamento con sopra un riquadro, contenente la camera sepolcrale, con quattro pilastrini negli angoli, e tra essi le protomi ed i titoli dei defunti, e sopra della sua cornice una specie di piramide tronca nell'estremità della cuspide per sorreggere un vaso od altro ornamento.

Tutti questi frammenti furono parte dispersi fra le terre, e parte posti nelle macerie, ad eccezione del vaso, il quale insieme ad altre cose che nominerò in appresso, fu trasportato in Roma al Ministero dei Lavori pubblici, e degli avanzi dei capitelli, i quali ritengo presso di me."

(A. Pellegrini)

SARCOFAGO ROMANO

DUE IPOGEI

"Si vedeva questo monumento attorniato da altri avanzi di sepolcri di epoche posteriori, ed il lato del menzionato basamento che era rivolto al monte, veniva occupato da altra costruzione di opera reticolata, e nel demolirsi questa per estrarre le pietre dal prossimo monumento, vi si scoprì un ipogeo di forma quadrala, largo palmi 10 per ciascun lato, dove all'intorno ricorreva un gradino alto palmo 1, largo 2.

Su questo vedevansi posate cinque olle coi suoi coperchi ripiene di ossette brugiate, e due vasi da libagioni con collo stretto, ma corpulenti, detti dagli antichi gutturnia.
Questi ambedue erano rotti nei loro corpi, e mettendosi le mani entro i fori, si rinvennero pieni di ampolle, o vasi balsamarii di vetro e di terra di varie misure. Vi era pure una lucerna fittile rotta in due pezzi, dove era scolpita un'aquila contornata da una corona di quercia, e varie tazze tinte con vernice nera di quelle dette pocula, e molti altri vasetti per uso delle sacre libagioni.

L'interno di questa cella era rivestito di un semplice intonaco inbiancato, ed in essa penetravasi per mezzo di un foro rotondo nella sua volta del diametro di palmi 4, in cui era ancora la sua pietra che ermeticamente chiudeva, munita da una gran campanella di ferro, per quando occorreva di alzarla. Da detto foro si vidde esservi stato calato un cadavere, del quale ritrovossi la spina dorsale, le costole, ed il femore appoggiato al muro, e con gli ossi dei bracci e delle gambe disposti in modo come vi fosse stato seduto.

Poco più innanzi si rinvenne altra camera consimile, ma già visitata in altri tempi. Erano disposti questi due ipogei tra il basamento del sepolcro e le sostruzioni del prossimo monte, fatte a bella posta, acciò non si dilamassero le terre addosso al descritto monumento. Nelle stesse sostruzioni di opera reticolata si viddero alcuni altri loculi contenenti delle olle con ossa brugiate, ed un'anfora cineraria ripiena di ceneri, oltre di un vaso con un solo manico con piede da posarsi, anch'esso ripieno di ceneri e simile a quelli che gli antichi se ne servivano per portar l'acqua."

(A. Pellegrini)

SEPOLCRO DI VIA PORTUENSE

SEPOLCRETI ALLA MAGLIANA

"A terminare adunque questa relazione non tralascerò di riferire altre lievi scoperte che si fecero presso della tenuta della Magliana. Spianandosi ivi le terre in confine della tenuta della Muratella, si scoprirono molti sepolcri, ma sconvolti in modo da non poterne più tracciare le forme, ad eccezione di alcuni composti di tegoloni che coprivano scheletri. Fra queste rovine però si rinvennero delle anfore cinerarie, e delle tazze fittili da libagioni, oltre di alcuni braccialetti di metallo in forma di serpente, vasetti balsamarì dipinti, anelli di bronzo, qualcuno d'oro, ed infine avanzi di sarcofagi di terra cotta, e molte ampolle di vetro. Molte di queste cose si trasportarono in Roma al Ministero dei Lavori pubblici."

(A. Pellegrini)



THE GETTY CENTER LIBRARY BULLETTINO dell' instituto DI CORRISPONDENZA ARCHEOLOGICA PER L'ANNO 1858 ROMA, TIPOGRAFIA TIBERINA 1858. 
Avvisi della Direzione. — Scavi di Roma, Limi e Bolsena. — Iscrizione lambesitana. 
(Luigi Rusconi)

" Nei primi mesi dello scorso anno 1857 scavandosi, per stabilire la linea della ferrovia che da Roma deve condurre a Civitavecchia, in una delle ultime lacinie di Monte Verde corrispondente sul Tevere a sinistra della salita denominata del Monte delle Piche poco oltre il quinto miglio fuori di porta Portese, incominciaronsi a rinvenire delle antiche sostruzioni di opera reticolata di egual struttura a quelle che si veggono in questa stessa via circa al secondo miglio da Roma in prossimità della chiesa di S. Prassede. 

Continuandosi pertanto i lavori nel suddetto luogo, si rinvennero una buona quantità di poligoni di selce che per certo servirono all'antica via Portuense, ed insieme a questi dei massi squadrati di tufa che ne costituirono i margini, oltre molti pezzi e rottami di anfore e dolii, e qualcuno di questi vasi intiero, ma rotto dalla inavvertenza degli stessi cavatori.

Coli 1'inoltrarsi sempre più col taglio delle terre verso il dorso del monte, apparvero delle camere da bagno appoggiate alle menzionate sostruzioni, ma con le pareti rase lino a poca altezza dal suolo. Tuttavia però ciascuna di esse conservava tracce del suo pavimento, ed in alcune vi rimaneva fino alla metà, essendone il resto distrutto forse da quando si misero quelle terre a coltura, poiché fino a questi ultimi giorni vi ci si vedeva piantato un canneto. 

I sudetti pavimenti erano di mosaico, ma di quelli i più comuni composti di tesselli di pietra e di lava chiamali bianchi e neri, e con tali colori in un avanzo di essi vedevasi espressa una bella Nereide che fu distrutta il giorno appresso della sua invenzione a causa di proseguire i lavori. In queste adiacenze anche si rinvennero molte medaglie per lo più comuni, e vari avanzi di lucerne di metallo, chiavi ed altri utensili. 

Nel fine del mese di giugno vennero sospesi i lavori per l'aria malsana che nell'estate è in questi luoghi, ma nel riprendersi questi verso i primi di novembre in continuazione delle menzionate camere altra se ne venne a scoprire col pavimento quasi intiero. Esso era degli stessi colori, e disposto ad imitazione di un tappeto a rombi, dove ricorreva intorno un meandro in forma di spina, e quindi una gran linea che ne chiudeva l'opera. 

Verso la fine di aprile s'incominciarono i lavori della ferrovia entro la vigna Ceccarelli non lungi dal descritto luogo, dove cavandosi a poca profondità dirimpetto al casino di detta vigna, si scoprì un sepolcro di forma circolare spogliato del tutto dei suoi ornamenti. Niun frammento di ornato, nè di epigrafi, ritrovossi presso di esso, ma però i chiodi di ferro che queste fermarono. 

Approfondandosi quivi poco più di mezzo palmo dal suo basamento, si rinvenne il loculo rivestito di lastre di pavonazzetto contenente uno scheletro, e poco più oltre di questo monumento altro piccolo sepolcro si rinvenne, in cui il loculo era stato già visitato, poiché vedevasi riempito di terra, spogliato delle lastre e senza ossa. 

Proseguendosi quindi i lavori entro la prossima vigna di Molinari, s'incominciò a scoprire un gran basamento di un antico sepolcro rivestito di massi squadrati di tufa, provenienti da cave fattene dagli antichi nei monti qui prossimi. L'interno poi si componeva di un masso solidissimo formato di ciottoli di tufa e di frantumi di mattoni e di selce. 

Il detto basamento veniva costituito da cinque ordini di pietra formanti ciascuno una risega a misura che saliva, ed era alto in tutto palmi 12 romani, e nell' estremo della sua base era largo palmi 28 per ciascun lato. L'opera di marmo che sorgeva sopra di esso, venne forse distrutta fino da tempi a noi remoti per servirsi delle pietre che lo adornavano, poiché niun resto di ornato fino al principio di detta base si rinvenne, ma nel proseguirsi lo sterro di essa incominciarono a ritrovarsi i propri cementi; e tra questi sortirono belli avanzi di capitelli di pilastri d'ordine composito, ed un vaso di decorazione scolpito in pietra tiburtina, con rozze sagome, ma di forma elegante. 

Esso era fatto ad imitazione di un vaso cinerario con quattro manichi, dove in ciascuno era scolpita una maschera, il tutto lavorato in modo da produrre effetto dall' alto in che per certo venne collocato. Di più si rinvennero vari frammenti delle sue cornici, ed altri avanzi di marmo rastremanti, e perciò da questi e da altri frammenti si puotè discernere essere stato questo uno di quei monumenti di forma molto in uso nel declinare dell'impero degli Antonini, cioè composti con un gran basamento con sopra un riquadro, contenente la camera sepolcrale, con quattro pilastrini negli angoli, e tra essi le protomi ed i titoli dei defunti, e sopra della sua cornice una specie di piramide tronca nell'estremità della cuspide per sorreggere un vaso od altro ornamento. 

Tutti questi frammenti furono parte dispersi fra le terre, e parte posti nelle macerie, ad eccezione del vaso, il quale insieme ad altre cose che nominerò in appresso, fu trasportato in Roma al Ministero dei Lavori pubblici, e degli avanzi dei capitelli, i quali ritengo presso di me. 

Si vedeva questo monumento attorniato da  7 altri avanzi di sepolcri di epoche posteriori, ed il lato del menzionato basamento che era rivolto al monte, veniva occupato da altra costruzione di opera reticolata, e nel demolirsi questa per estrarre le pietre dal prossimo monumento, vi si scoprì un ipogeo di forma quadrala, largo palmi 10 per ciascun lato, dove all'intorno ricorreva un gradino alto palmo 1 , largo 2. 

Su questo vedevansi posate cinque olle coi suoi coperchi ripiene di ossette brugiate, e due vasi da libagioni con collo stretto, ma corpulenti, detti dagli antichi gutturnia. Questi ambedue erano rotti nei loro corpi, e mettendosi le mani entro i fori, si rinvennero pieni di ampolle, o vasi balsamarii di vetro e di terra di varie misure.

Vi era pure una lucerna fittile rotta in due pezzi, dove era scolpita un'aquila contornata da una corona di quercia, e varie tazze tinte con vernice nera di quelle dette pocula, e molti altri vasetti per uso delle sacre libagioni. 

L'interno di questa cella era rivestito di un semplice intonaco imbiancato, ed in essa penetravasi per mezzo di un foro rotondo nella sua volta del diametro di palmi 4, in cui era ancora la sua pietra che ermeticamente chiudeva, munita da una gran campanella di ferro, per quando occorreva di alzarla.

Da detto foro si vidde esservi stato calato un cadavere, del quale ritrovossi la spina dorsale, le costole, ed il femore appoggiato al muro, e con gli ossi dei bracci e delle gambe disposti in modo come vi fosse stato seduto. 

Poco più innanzi si rinvenne altra camera consimile, ma già visitata in altri tempi. Erano disposti questi due ipogei tra il basamento del sepolcro e le sostruzioni del prossimo monte, fatte a bella posta, acciò non si dilamassero le terre addosso al descritto monumento.

Nelle stesse sostruzioni di opera reticolata si videro alcuni altri loculi contenenti delle olle con ossa brugiate, ed un'anfora cineraria ripiena di ceneri, oltre di un vaso con un solo manico con piede da posarsi, anch' esso ripieno di ceneri e simile a quelli che gli antichi se ne servivano per portar l'acqua.

A terminare adunque questa relazione non tralascerò di riferire altre lievi scoperte che si fecero presso della tenuta della Magliana. Spianandosi ivi le terre in confine della tenuta della Muratella, si scoprirono molti sepolcri, ma sconvolti in modo da non poterne più tracciare le forme, ad eccezione di alcuni composti di tegoloni che coprivano scheletri. 

Fra queste rovine però si rinvennero delle anfore cinerarie, e delle tazze fittili da libagioni, oltre di alcuni braccialetti di metallo in forma di serpente, vasetti balsamarì dipinti, anelli di bronzo, qualcuno d'oro, ed in line avanzi di sarcofagi di terra cotta, e molte ampolle di vetro. Molte di queste cose si trasportarono in Roma al Ministero dei Lavori pubblici. A. Pellegrini. b. Scavi di Limi. "

(Luigi Rusconi)



IL MESSAGGERO - Giovedì 6 Aprile 2017 -
Roma. affreschi, mosaici e statue: spunta la città sotto la Portuense


Lì dove c’era un drugstore, ora c’è un frammento di città inimmaginabile. Cappelle affrescate, ambienti rivestiti di mosaici e stucchi, colombari intatti, corredi preziosi, ceramiche e statue che echeggiano riti e usi quotidiana di duemila anni fa. Un orizzonte di storia, che racconta la Roma della via Potuense, sorta lungo il tracciato che portava al mare, alle saline (il vero business dell’antichità), a Portus, la ciclopica città portuale dell’impero. 

Siamo in via Portuense 317, al cospetto della Drugstore Gallery. È il progetto ambizioso, quasi una sfida, della Soprintendente per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma Margherita Eichberg: riportare alla luce e valorizzare i monumenti di un territorio strategico di Roma a partire dalla sua famosa grandissima Necropoli Portuense. La visita è un tuffo al cuore.

IL PROGETTO. Anni di scavi, studi ed ora il coronamento di un museo speciale che sarà presentato oggi. «Fu l’imperatore Claudio a realizzare la Via Portuensis nella prima metà del I secolo d.C., seguendo il tracciato più antico della Via Campana usato dai romani per gli approvvigionamenti di sale, l’unico elemento con cui conservavano i cibi», racconta Carmelina Ariosto, che con Laura Cianfriglia ha curato il progetto. 
Il sale si raccoglieva al Campus Salinarum, le saline di Maccarese. «Tutta l’occupazione antica utilizza prima la via Campana poi, con Claudio, la Portuense - dice Ariosto - A destra e a sinistra le colline di tufo di Monteverde fungevano da cave con cui è stata costruita mezza Roma. E lungo il tracciato, nei piani più livellati, i romani scelsero di realizzare i luoghi di sepoltura».

IL VIAGGIO. Ed eccola qui raccontata ora la lunga storia ininterrotta della Portuense imperiale. Grandi protagonisti, i mausolei riaffiorati dai sotterranei dell’ex drugstore. Si tratta di tombe di nuclei familiari con resti di affreschi e mosaici, con decorazioni a stucco e nicchie dalle volte a forma di conchiglia. Uno spettacolo. Anche per il sistema di illuminazione che gioca con le sfumature cromatiche ad evocare suggestioni temporale, dal crepuscolo all'alba. «Abbiamo esposto tutto quello che abbiamo ritrovato nel corso degli scavi in quest’area», racconta Ariosto.

IL GUERRIERO. Star del percorso è la tomba del guerriero della Muratella, una sepoltura eneolitico databile fra il 3700 e il 2300 a.C., intatta nel suo scheletro e nel suo corredo di frecce, che non ha riscontri con nessun altro ritrovamento. Sepolto con le gambe flesse, aveva 25 anni al momento della morte. L'inumato era un individuo adulto, deposto supino con gli arti superiori flessi, le mani sul pube e gli arti inferiori piegati verso destra. 

«Dalla posizione dei femori e delle tibie si deduce che l’individuo è stato deposto con le gambe flesse. Il corredo funebre è composto da punte di freccia di differenti dimensioni ed utensili sia in selce che in rame; tra questi ultimi è presente una lama d’accetta». L’aspetto straordinario di tale rinvenimento è che il cadavere «era stato deposto sopra una struttura in materiale deperibile di cui si è conservato solo il calco di forma rettangolare, che potrebbe essere interpretata come una sorta di “lettiga” funebre in legno».

IL RICORDO DI VESPASIANO. Ed ecco un cippo di travertino con un’iscrizione che svela l’intervento dell’imperatore Vespasiano (I sec. d.c.) per il recupero di un’area sacra abusivamente occupata da privati. Il viaggio corre lungo 350 mq, strutturati come spazio polivalente con una biblioteca specialistica per coinvolgere i cittadini del quartiere. 


ROMA XI Municipio
Archeologia, in via Portuense spunta un'antica stazione con terme e sepolcri

La scoperta durante i lavori per il raddoppio della carreggiata. Grazie a un accordo tra soprintendenza  e municipio, l'area risalente a duemila anni fa sarà visitabile su prenotazione.

TERME FEMMINILI
Tra gli ambienti spicca per qualità della conservazione quello che presenta una grande vasca, alta oltre 2 metri, foderata in cocciopesto.

Terme maschili e femminili, una stazione di posta e un luogo di culto. In sostanza, un vero e proprio "hub" risalente a duemila anni fa. Una stazione dotata di strutture di servizio, per il corpo e per lo spirito, destinate a confortare il tragitto di viaggiatori e trasportatori, moltissimi, impegnati a raggiungere i moli di Portus (oggi Fiumicino) o provenienti dai medesimi approdi commerciali per trasferire le merci destinate alla capitale dell'Impero romano.

"I lavori degli ultimi anni confermano la ben nota alta densità di presenze antiche - spiega il Soprintendente Mariarosaria Barbera - attestata dalle fonti scritte e confermata dagli scavi eseguiti negli ultimi decenni. Dopo il restauro le testimonianze restituite dagli scavi, secondo il consolidato orientamento dello Stato, saranno restaurate e esposte al pubblico in una sede della Soprintendenza appartenente al territorio di provenienza".


BIBLIO

- Simonetta Serra - Via Ostiense-via Portuense - Roma - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - 2008 -Antonio Nibby - Delle vie degli antichi - aggiunta a Roma Antica di Famiano Nardini -
- Giovanni Annio da Viterbo, frate domenicano - pseudonimo di Giovanni Nanni erudito quattrocentesco -1432 - 1502 - Antiquitatum variarum volumina XVII - II edizione del 1498 -
- Mario Luni (a cura di) - Le strade dell'Italia romana - DEA Store - Milano - 2004 -



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