RICOSTRUZIONE DELLA META AUGUSTEA |
Nelle mete (metae) dei circhi la parte terminale dei coni era sempre sormontata da un elemento decorativo, spesso un uovo, oppure un delfino, come dimostrano alcuni mosaici o bassorilievi, sul valore simbolico della forma, l'uovo rimanderebbe al culto dei Dioscuri, e i delfini al culto di Venere.In era augustea questa meta era un punto di riferimento per i cortei trionfali, i quali risalivano la valle tra il Celio e il Palatino per poi piegare, in sua corrispondenza, lungo il percorso della Via Sacra.
Si tratta dei risultati delle indagini condotte nell’area tra il 1986 e il 2003 dal Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma “Sapienza” dirette da Clementina Panella.
IN ROSSO IL LUOGO ESATTO IN CUI RISIEDEVA LA META AUGUSTEA VICINO ALLA SUCCESSIVA META SUDANS O META FLAVIA |
LA LOCAZIONE
La Meta Sudans, costruita in età Flavia, si ergeva fra il Colosseo e l'arco di Costantino, fino alla demolizione fascista, ma dagli scavi del 1986, diretti da Clementina Panella, sono stati ritrovati resti di una Meta di età Augustea antecedente la Meta Sudans, tale monumento è la Meta Augustea. L'indagine archeologica, condotta dal dipartimento di Scienze storiche, archeologiche e antropologiche dell' Università «La Sapienza», con finanziamento della Bnc e sponsor il Rotary Club, ha reperito i pezzi antichi della "meta" crollati per le attività di spoliazione avvenute in epoca medievale e moderna.
La Meta, alta dai 14 ai 16 m, era il crocevia più simbolico della città, dove si incrociavano le vie principali di Roma e dove passavano le più solenni processioni dirette al colle Palatino, ove giacevano le fondazioni di Roma e dove era omaggiato il primo re Romolo, divinizzato Quirino.
Le due importanti strade che qui convergevano erano la via valle-Foro e via Circo Massimo- Esquilino, a cui si erano aggiunte, convergendo sull'incrocio, ad Est la via Tusculana e a SE una strada proveniente da Porta Capena che costeggiava a ovest il Celio. Qui esplose l’attività edilizia, con basolati stradali di età augustea, tiberiana e claudia, e con fognature in cementizio, in travertino, e in laterizio, ma soprattutto con le domus, prima in opera reticolata e poi in laterizio.
In zona il recinto delle Curiae Veteres appare riedificato in laterizio ed accoglie al suo interno una platea e un’ampia gradinata in travertino verso il Palatino. In quest’area sacra e di fronte ad essa nella valle si registrano i più importanti rinvenimenti.
EDICOLA DEI SUONATORI DI STRUMENTI DI BRONZO: AENATORES, TUBICINES, LITICINES E CORNICINES CON DEDICHE AD AUGUSTO, NERONE, CLAUDIO E AGRIPPINA (clicca per ingrandire) |
- dediche da parte dei suonatori di strumenti in bronzo di statue ad Augusto e ai suoi familiari prima sulla platea (dal 12 a.c.), poi (nel 42 d.c.), e poi in un’edicola.
- ricostruzione da parte dell’imperatore Claudio di un tempio bruciato tra il 51 e il 54 d.c., forse il sacrario del Divo Augusto dedicato, a detta delle fonti letterarie, dalla moglie Livia nel 26 d.c nella casa natale del principe;
- la prima Meta Sudans, alta 16 metri e con vasca rettangolare che accoglieva un'esedra su ciascuno dei lati lunghi. La forma del saliente ricorda le mete del circo. Il monumento è sul vertice di quattro (o cinque), delle 14 regiones in cui Augusto aveva diviso nel 7 a.c. e dovrebbe risalire a questa data. Danneggiata dallo stesso incendio che aveva distrutto tra il 51 e il 54 d.c. il tempio nelle Curiae Veteres, la Meta venne completamente ricostruita in età claudia;
- costruzione di un piccolo podio attribuibile ad un compitum (edicole dedicate ai Lari poste sui crocicchi a protezione dei quartieri), addossato alla vasca della fontana (forse il compitum Fabricium noto dalle fonti epigrafiche).
Gli edifici che occupavano le pendici del Palatino verso la valle nella loro sistemazione di età claudia (51-54): all’interno del recinto le Curiae Veteres il tempio restaurato da Claudio, la base in bronzo della statua di Tiberio e l’edicola dedicata ad Augusto e agli imperatori giulio-claudi; di fronte agli ingressi del santuario la Meta augustea e il piccolo compitum.
IL PROTOTIPO
La meta di età augustea diventò da allora il prototipo di una serie di fontane monumentali che avrà nella più nota Meta Sudans di età flavia il suo esempio più rappresentativo e ispirerà fontane simili anche nell’Africa Settentrionale, come a Thougga e a Cuicul.
Le fontane provviste di alta meta venivano di solito poste all'incrocio di strade importanti; non solo a Roma ma in tutto l'Impero, come testimoniano diverse monete a Nicopoli e a Corinto, anche se ivi non sono state rinvenute tali fontane, che del resto potrebbero essere state del tutto distrutte. Le fontane-meta però, oltre ad essere edificazioni reali, erano simbolo dei monumenti dell’Urbe.
LA FONTANA AUGUSTEA
Si tratta di una costruzione circolare di 3,20 m di diametro, con altezza di circa m. 16; costituita da conci di tufo litoide rosso legati con grappe in piombo, di cui si vede oggi soltanto una porzione: il resto è ancora coperto dalle terre di riempimento di un cunicolo altomedievale e di una fossa rinascimentale. I due pavimenti sovrapposti testimoniano la fase augustea ed un completo restauro di età claudia, conseguente ad un incendio che distrusse questa parte della città tra il 51 e il 54 d.c.
I resti attuali della fontana appartengono al restauro dell’età di Claudio, una fontana molto più grande della precedente, la cui trasformazione riguardò anche il piano stradale, che venne rialzato di m 0.80, affossando completamente la vasca. Per la fontana, vennero sostituiti i blocchi più danneggiati dall’incendio, riutilizzando gli elementi della fontana originale.
La fontana non era di grandi dimensioni: i lati paralleli del bacino con i marmi dovevano essere rispettivamente di m 4.40 x 5.40. La forma irregolare del bacino è data dalle costruzioni vicine. Essa disponeva di una vasca rettangolare, con pavimentazione in cocciopesto rivestito di marmi, leggermente allargata, a metà dei lati lunghi, da due esedre contrapposte, in origine rivestita da lastre di marmo.
Il primo pavimento, visibile in sezione in diversi punti, viene gettato su un massetto in cementizio che si appoggia ai blocchi del I filare del saliente e alle lastre del parapetto. Il nuovo rivestimento del fondo della vasca, sempre in opus signinum, realizzato in età claudia, rialza ulteriormente la quota pavimentale di una decina di centimetri. Quest’ultimo strato pavimentale, perfettamente conservato, presenta lungo i bordi un cordolo per l’impermeabilizzazione al raccordo con il rivestimento verticale dei parapetti, sempre realizzato in cocciopesto. Un cordolo analogo impermeabilizza il contatto tra il fondo della vasca e i blocchi emergenti del saliente.
Un incasso rettangolare praticato ad Est nello strato di cocciopesto (cm 60 x 40, profondità cm 12), con un perno metallico al centro, fissava probabilmente un elemento decorativo, perduto. Il bordo esterno della vasca, tutto in travertino, poggia su una fondazione in conglomerato che ne ricalca il disegno. Di codesto bordo restano due grossi blocchi, una lastra e un piedritto, entrambi appartenenti alla costruzione di epoca augustea, sul lato breve occidentale. La lastra emergeva di circa un metro dal basolato stradale, col rialzamento di livello successivo all’incendio del 50 d.c. si rese necessaria una sopraelevazione del parapetto, sovrapponendo un altro filare di pietre, alto cm 30.
Al centro del lato breve ovest, sulla linea del parapetto si trova un piccolo pilastro in travertino di sostegno di una fistula in piombo che alimentava una fontanella accessibile dalla strada. Il pilastrino (cm 62 x 46, h cm 170), è più alto di cm 18 rispetto alle lastre che lo affiancavano ed è saldato a queste da una colatura di piombo impermeabilizzante che riempie un’apposita canaletta verticale.
Un incasso rettangolare praticato ad Est nello strato di cocciopesto (cm 60 x 40, profondità cm 12), con un perno metallico al centro, fissava probabilmente un elemento decorativo, perduto. Il bordo esterno della vasca, tutto in travertino, poggia su una fondazione in conglomerato che ne ricalca il disegno. Di codesto bordo restano due grossi blocchi, una lastra e un piedritto, entrambi appartenenti alla costruzione di epoca augustea, sul lato breve occidentale. La lastra emergeva di circa un metro dal basolato stradale, col rialzamento di livello successivo all’incendio del 50 d.c. si rese necessaria una sopraelevazione del parapetto, sovrapponendo un altro filare di pietre, alto cm 30.
Al centro del lato breve ovest, sulla linea del parapetto si trova un piccolo pilastro in travertino di sostegno di una fistula in piombo che alimentava una fontanella accessibile dalla strada. Il pilastrino (cm 62 x 46, h cm 170), è più alto di cm 18 rispetto alle lastre che lo affiancavano ed è saldato a queste da una colatura di piombo impermeabilizzante che riempie un’apposita canaletta verticale.
IL SALIENTE
Del saliente (saliente è una successione di spioventi posti a differenti altezze), posto al centro della vasca, rimane oggi un tamburo in conci di tufo litoide lionato, il tufo generato dal vulcano dei Colli Albani, in opera quadrata, con fondazione a piattaforma circolare e nucleo interno in cementizio a protezione del sistema idraulico, cioè una grande tubatura proveniente da Nord sotto la vasca e connessa al tubo verticale che portava l’acqua alla cima del monumento.
Del saliente (saliente è una successione di spioventi posti a differenti altezze), posto al centro della vasca, rimane oggi un tamburo in conci di tufo litoide lionato, il tufo generato dal vulcano dei Colli Albani, in opera quadrata, con fondazione a piattaforma circolare e nucleo interno in cementizio a protezione del sistema idraulico, cioè una grande tubatura proveniente da Nord sotto la vasca e connessa al tubo verticale che portava l’acqua alla cima del monumento.
Grazie ad alcuni elementi architettonici in marmo bianco di Carrara possiamo ricostruire l’immagine del saliente, che doveva essere rivestito con blocchetti rettangolari a imitazione dell’opera isodoma e suddiviso in tre parti:
- il tamburo cilindrico, più alto di quanto sia oggi conservato, del diametro di m 3.55 (12 piedi), è coronato da un fregio dorico con fascia a singoli fiori e metope imitanti le lastre in terracotta, sormontato da una cornice non decorata;
- l'elemento tronco-conico, cioè un elemento di diametro inferiore collocato sopra ad esso, con una cornice analoga alla precedente; Il saliente cilindrico, è realizzato da una corona circolare in opera quadrata di blocchi lapidei con riempimento in conglomerato cementizio.. Le superfici esterne non sono mai state rivestite né da lastre né da intonaco o cocciopesto; sono lavorate a scalpello e i bordi sono trattati più finemente a subbia.
- un terzo elemento a pianta dodecagonale, sui cui lati scorreva l’acqua fino a ricadere nella vasca.
- sulla sommità doveva esserci un fiore, una palla o un altro elemento decorativo.
Una lastra curvilinea di epoca augustea, probabilmente appartenente al
parapetto dell’esedra meridionale, molto danneggiata dall'incendio, è stata riusata nell'età di Claudio come tombino
di chiusura di un pozzetto fognario posto all'esterno della vasca, sul lato meridionale.
I RESTI DELLA META AUGUSTEA |
IL COMPITUM
A sud della vasca sono stati rinvenuti i resti di una struttura a pianta rettangolare: un basamento o podio di m 3.30 x 2.70, realizzato con blocchi di tufo rosso lionato, tutti di riuso. La costruzione si conserva solamente per tre dei quattro lati. Il basamento poggia direttamente sul basolato stradale, che è successivo alle lastre del parapetto. La strada in questo punto è in forte pendenza si che il primo filare che compone il podio è inzeppato con piccole pietre, per ristabilire un piano orizzontale.
La struttura del compitum è costituita da una cassaforma con i 4 lati realizzati da 2 filari in opera quadrata e riempimento misto di terra e scaglie di marmo; la pavimentazione superiore era costituita da lastroni di travertino. Il rivestimento orizzontale era formato da tre lastre, accostate tra loro e poggianti sui lati contrapposti del podio. Il piano superiore del basamento era recintato da una transenna, probabilmente in travertino, i cui pilastrini si incuneavano nello spessore delle stesse lastre pavimentali. La presenza della transenna è confermata dal ritrovamento di una delle borchie in pietra scura che dovevano decorarla.
I blocchi sono montati a secco, e il nucleo della struttura è composto da terra e scaglie di marmo e travertino; al di sopra poggiava una pavimentazione in lastre di travertino. Una scaletta, anch’essa in travertino, addossata al lato ovest, consentiva l’accesso al piano superiore del podio.
Un elemento determinante per la ricostruzione del piccolo podio accostato al parapetto della vasca è, un frammento di lastra pavimentale in travertino con incassi, rinvenuta sulla sommità del compitum, di cm 58 x 62, h cm 19. Presenta due notevoli incassi sui lati integri, adatti ad ospitare transenne in pietra. La superficie piana è liscia, mentre le parti verticali sono lavorate a scalpello in modo molto grossolano.
- La trabeazione, comprendente architrave e fregio a triglifi, appartiene alla lastra di rivestimento terminale del tamburo cilindrico della fontana. Ricomposto da 8 frammenti, è lungo cm 60.2, e alto cm 28..
L’architrave reca decorazioni a bassorilievo rappresentanti fiori di diversa foggia; inoltre, è coronato da una taenia liscia, alta cm 1.5, sotto alla quale e in corrispondenza dei triglifi, vi sono regulae con guttae sovradimensionate (h 1.5 cm, come la taenia) e di forma troncoconica, di tradizione tardo ellenistica.
- Il fregio, alto cm 16.5 compreso il capitello del triglifo, comprende 2 triglifi interi, ampi cm 13.5, una metopa intera (cm 17.3 x 14.3) e le due laterali non complete. Anche le lastre delle metope recano un’elaborata decorazione con fiori a quattro petali inquadrati da girali vegetali e palmette. Il diametro esterno del blocco (m 3.56) è perfettamente compatibile con quello del tamburo in tufo in situ. Le dimensioni dei triglifi e quelle delle metope consentono di ricostruire il perimetro della fontana con una fascia decorativa costituita da 36 metope e 36 triglifi. La lavorazione, non molto accurata, è a scalpello; l’anathyrosis è presente solo su uno dei lati brevi.
- Le Cornici
Il gruppo più consistente è quello delle cornici (2 blocchi interi e 2 frammenti) la cui successione degli ornati è quella consueta: listello, gola diritta, fascia, cavetto, con esecuzione poco accurata. I blocchi interi e il frammento sono in marmo di Luni, rifiniti a gradina e scalpello con anathyrosis sui lati brevi.
La cornice è alta cm 11.5 per un diametro alla base di m 3.25. La finitura del piano superiore dei blocchi suggerisce che al di sopra di questi poggiasse una struttura poligonale, che lasciava a vista la fascia liscia periferica delle cornici. Gli elementi rinvenuti sono pertinenti ad un rivestimento in lastre marmoree che doveva ricoprire il settore troncoconico della fontana, simulando un’opera isodoma.
- La Scala di accesso
Delle superfici verticali del podio del compitum augusteo, una era a contatto con le strutture adiacenti, un’altra era occupata dalla scalinata di accesso; pertanto solo due dovevano essere visibili dalla strada e quindi quasi certamente rivestite da lastre marmoree. Con il restauro di Claudio e il relativo rialzamento del basolato stradale, anche il podio del compitum venne in gran parte interrato, emergendo soltanto di cm 30-35 dal nuovo piano di calpestio.
RESTI MARMOREI DELLA META AUGUSTEA |
I RESTI
Gli otto elementi architettonici della fontana sono tutti in marmo di Luni, con lavorazione poco accurata con incassi per grappe e con una leggera scialbatura bianca (calce e polvere di marmo) per coprire i segni delle bruciatura e di calcificazioni provocati dall’esposizione al fuoco.
Pertanto, gli elementi, pur appartenendo tutti al rivestimento della fontana ripristinata in età claudia, provengono da quella di età augustea. A questi elementi si aggiunge però un ulteriore frammento, rinvenuto riutilizzato nel restauro di età claudia come tombino di un pozzetto di ispezione di un condotto fognario precedente la costruzione della fontana.
Grande lastra marmorea
La lastra, in travertino, alta m 1.43, si conserva per una lunghezza massima di cm 69. La superficie esterna, perfettamente liscia, è superiormente rifinita da una cornice di coronamento, alta cm 20, costituita da fascia, gola diritta, ovolo, tondino. La specchiatura al di sotto presenta un occhio apotropaico. Sulla faccia verticale di contatto del lato finito è presente un lungo incasso verticale, una sorta di canaletta nella quale veniva colato il piombo che saldava fra loro due lastroni contigui, rendendo la giunzione stagna. Riguardava sicuramente il parapetto della vasca di età augustea che, essendo troppo rovinato, venne reimpiegato come lastra di copertura del condotto fognario.
Per l’elevato i resti conservati sono una corona circolare in blocchi di tufo con un riempimento in conglomerato cementizio. La parte inferiore, all’interno della vasca, non doveva essere visibile e non necessitava quindi di decorazione marmorea, ma quella emergente dell’acqua prevedeva un rivestimento.
Su tutti i blocchi recuperati sono stati riscontrati, nel lato posteriore, gli incassi, anche di notevole dimensione, per le grappe a Π che dovevano collegarli alla struttura del saliente. L’elevato continuava con un’opera a blocchi di tufo, sfalsata rispetto al filo del saliente.
Il nucleo interno doveva avere una parte vuota centrale per il passaggio delle condutture idrauliche atte a portare l’acqua sulla sommità della fontana, ma è possibile che la meta più antica non prevedesse un passaggio d’acqua.
Il bordo del lacus, conservato per un lungo tratto a Nord-Ovest, è costruito con grosse lastre in travertino legate fra loro, all'esterno decorate con modanature sul bordo superiore. Dopo l’incendio le lastre rovinate vennero sostituite e sopra queste fu collocato un cordolo in travertino. Uno di questi lastroni orizzontali è stato trovato accanto al pilastrino al centro del lato corto ovest.
BIBLIO
- Romolo Augusto Staccioli - Acquedotti, fontane e terme di Roma antica: i grandi monumenti che celebrano il "trionfo dell'acqua" nella città più potente dell'antichità - Roma - Newton & Compton Ed. - 2005 -
- Flaminio Vacca - Memorie di varie antichità trovate in diversi luoghi della città di Roma - 1594 -
- James C. Anderson - Architettura e società romana - Baltimore - Johns Hopkins Univ. Stampa - a cura di Martin Henig - Oxford - Oxford Univ. - Comitato per l'archeologia - 1997 -
Una meta sudans di età Augusta era presente nel tempio dell'aquila Andes alla Pieve di Cavriana MN. In cima al cono portava un pulcino che ritengo essere simbolo della Fenice.
RispondiEliminaPosso mandare le fotografie.
RispondiElimina