I TERMINI LATINI
I romani avevano 3 parole per definire l'esercito:
- Agmen quando era in marcia,
- Exercitus se volevano indicare un'armata ordinata e disciplinata,
- Acies se si riferivano all'armata schierata in ordine di battaglia.
Inoltre:
- Agmen justum o pilatum era l'armata che si muoveva in ordine serrato.
- Agmen incauto era l'armata che procedeva senza troppe precauzioni in un territorio pericoloso, come il console Caio Flaminio nella battaglia del lago Trasimeno.
Inoltre:
- Agmen o Acies "primun" era l'avanguardia,
- Agmen o Acies "primun" "medium" era il centro,
- Agmen o Acies "extremum" o "novum" era la retroguardia, distinzione già presente in epoca repubblicana,
- Agmen "quadratum", era l'avanzata di un esercito in quadrato con il bagaglio al centro, cioè in formazione di battaglia,
- Acies "triplex" era l'esercito che marciava già schierato per affrontare il combattimento, nelle consuete tre linee romane.
I TEMPI DI MARCIA
La giornata di marcia dell'esercito romano durava circa 6 ore, qualche cosa di più se la luce lo permetteva. Le velocità di marcia che ci sono state tramandate (soprattutto da Renato Vegezio e da Cesare) sono sostanzialmente due:
- l'iter justum di 30 km. al giorno
- l'iter magnum di 36 km. al giorno.
Tuttavia Cesare (nella campagna contro Vercingetorige) guida 20.000 legionari in una marcia di andata e ritorno di 75 km, in poco più di 27 ore durante le quali riesce persino ad affrontare gli Edui e a disarmarli: in pratica muovendosi al doppio della massima velocità giornaliera prevista dall'iter magnum.
Invece Cesare condusse il suo esercito per 465 km. da Corfinium a Brundisium in 17 giorni, dal 21 febbraio al 9 marzo del 49 a.c.: ovvero 15 giorni di marcia e 2 di riposo alla velocità dell'iter justum, o 13 giorni di marcia e 4 di riposo in caso di iter magnus.
I BAGAGLI
I soldati romani, anche quando portavano con sé solo ciò che serviva per il combattimento, avevano un carico di circa 20 kg. come bagaglio normale: per il cibo, le pentole, le bevande, i ricambi del vestito, qualche arnese e il palo da campo per allestirlo in fretta. Poi c'era l’armamento individuale (armi e corazza, altri 15 kg), in tutto circa 35 kg.
Con questo peso un legionario doveva poter percorrere 30 km in 5-6 ore al cosiddetto "passo militare" e 36 km nello stesso tempo al "passo veloce", Giulio Cesare, che considerava essenziale la velocità del suo esercito, per abituare i suoi al peso dei bagagli, faceva loro vangare e zappare la terra, con il doppio vantaggio di avere fossati profondi intorno agli accampamenti e di rinforzare le spalle dei legionari. Non c'era esercizio migliore.
C'erano, è vero, i bagagli che stavano sui carri, ovvero i grossi rifornimenti dei viveri, però il miles se doveva scappare doveva avere dietro la sopravvivenza di 15 giorni, di cibo e di acqua. Sul carro c'erano poi dei ricambi in generale per le armature ammaccate, per le fasce dei piedi, i sandali, i mantelli per il freddo e le armi di ricambio, ma ogni legionario doveva badare a se stesso.
LE COLONNE DI MARCIA
Le colonne di marcia romane sono state ampiamente descritte da Polibio, Cesare, Vegezio, Giuseppe Flavio, Sallustio, Arriano. Quel che colpisce è l'enorme lunghezza occupata da un esercito romano in marcia: una legione romana completa dei propri bagagli occupava almeno 4 km. di strada e poteva allungarsi fino ai 20 km.: in pratica quando l'avanguardia era giunta a destinazione, alla fine del giorno e iniziava a montare il campo, la retroguardia aveva appena iniziato la sua marcia.
ORDINE DI MARCIA (ingrandibile) |
Abbondavano infatti di battitori e di spie che avevano già da giorni perlustrato il territorio e che continuavano a farlo mandando continuamente messaggeri per informare i comandanti. Se i capi erano accorti non potevano esserci sorprese.
ORDINE DI MARCIA
L'esercito romano consolare, informa Polibio, era formato da due legioni romane e due di alleati (socii- o ausiliarii).
- In testa alla "colonna" (agmen pilatum) si trovava un'avanguardia di soldati scelti tra le truppe alleate (socii delecti),
- poi seguiva l'ala dextra sociorum,
- poi i bagagli alleati (impedimenta sociorum alae dextrae),
- la legio I consolare,
- i bagagli legionari (impedimenta legionis I),
- la legio II consolare, i bagagli legionari (impedimenta legionis II),
- poi i bagagli alleati (impedimenta sociorum alae sinistrae)
- poi l'ala sinistra sociorum.
Temendo in caso un attacco alla retroguardia, si ponevano gli alleati extraordinarii in coda alla colonna. Le due legioni e le due ali marciavano alternativamente un giorno in testa e un giorno in coda alla colonna, in modo che tutti potessero, a turno, usufruire di acqua pura e campi di foraggio ancora integri.
Un ordine particolare è citato da Polibio per la II Guerra Punica, da Floro per le Guerre Cimbriche (113 e 101 a.c.) e da Giulio Cesare per la conquista della Gallia, chiamato Agmen Tripartitum o Acie Triplici Instituita.
Un altro accorgimento importante per la velocità del montaggio dell'accampamento, era che i soldati che primi giungevano al luogo in cui ci si doveva accampare, armati di zappe e vanghe scavavano tutte le buche su cui si dovevano infilare i pali. Seguivano poi i legionari che scaricavano dalle spalle ognuno il suo palo e lo conficcava nel terreno con altri legionari che battevano immediatamente con le mazze i pali, mentre i legionari successivi univano i pali con le funi e le travi traverse. Naturalmente senza uso di chiodi che avrebbero costituito troppo peso.
Essendo importantissima la velocità degli spostamenti i romani avevano studiato accuratamente come riporre le merci sui carri. Tutto era organizzato in modo da costituire minor peso possibile. Si sa ad esempio che Cesare, nella guerra gallica scriveva ogni sera il resoconto della giornata e aveva trovato il modo di legare i fogli di papiro formando l'odierno libro, evitando così il peso del legno che sosteneva i rotoli.
IL VETTOVAGLIAMENTO
Un esercito romano di 25.000 uomini (una classica armata consolare) consumava circa 23 tonnellate di derrate alimentare al giorno, senza contare il foraggio degli animali, con i quali la cifra più o meno raddoppiava.
L'alimentazione del soldato poi non era eccezionale: pane o polenta di farro, verdura, più raramente formaggi duri o carni salate, sempre a disposizione invece vino agro (una specie di aceto) e tanto aglio. A tal punto ci si abituava che i soldati di Giulio Cesare si lamentavano quando erano costretti a mangiare carne fresca.
Il pane era un tipo speciale, detto pure "pane militare" perchè si manteneva a lungo, poi c'erano le gallette vere e proprie, ma soprattutto i semi di grano che erano i preferiti da portare in spalla perchè erano i più leggeri. Erano i soldati durante le soste a macinare i semi e far bollire la farina per farne delle minestre cui aggiungevano carne o verdure. Di solito il cibo vegetale si acquistava lungo la strada, o si razziava se si era in territorio nemico, dato il suo rapido decadimento. Altrettanto dicasi per la frutta. Da Roma provenivano in genere i rifornimenti di grano, di legumi secchi di cui si faceva largo uso, soprattutto ceci), di carni salate, di vino agro e aglio in quantità, ritenuto essenziale per evitare le malattie.
Quando si macellava un animale si cucinavano prima le parti più corruttibili, poi se il clima era caldo si tagliavano le carni in fette sottili e si appendevano a dei fili come panni stesi, si che il sole le disseccasse, dopodichè si ponevano nei barili, oppure si salavano e si ponevano sempre nei barili. Anche i pesci potevano essere salati e posti nei barili.
BIBLIO
- Frontino - Stratagemmata - trad. Roberto Ponzio Vaglia - Milano - Ed. Sonzogno - 1919 -
- Erik Abranson, Jean-Paul Colbus - La vita dei legionari ai tempi della guerra di Gallia - Milano -Mondadori - 1979 -
Temendo in caso un attacco alla retroguardia, si ponevano gli alleati extraordinarii in coda alla colonna. Le due legioni e le due ali marciavano alternativamente un giorno in testa e un giorno in coda alla colonna, in modo che tutti potessero, a turno, usufruire di acqua pura e campi di foraggio ancora integri.
Un ordine particolare è citato da Polibio per la II Guerra Punica, da Floro per le Guerre Cimbriche (113 e 101 a.c.) e da Giulio Cesare per la conquista della Gallia, chiamato Agmen Tripartitum o Acie Triplici Instituita.
Questo ordine prevedeva tre differenti "colonne" o "linee", ciascuna costituita rispettivamente da manipoli di:
- hastati - 1º colonna, la più esposta agli attacchi nemici, primi nello scontro "corpo a corpo" con il nemico.
- principes - 2º colonna
- triarii - 3º colonna,
Intervallati con i rispettivi bagagli (impedimenta). In caso di necessità i bagagli sfilavano sul retro della terza colonna di triarii, mentre l'esercito romano si trovava già schierato in modo adeguato (triplex agmen).
« In un altro caso gli hastati, i principes e i triarii formano tre colonne parallele, i bagagli di ogni singolo manipolo davanti a loro, quelli dei secondi manipoli dietro i primi manipoli, quelli del terzo manipolo dietro il secondo, e così via, con i bagagli sempre intercalati tra i corpi di truppa. Con questo ordine di marcia, quando la colonna è minacciata, possono affrontare il nemico sia a sinistra sia a destra, e appare evidente che il bagaglio può essere protetto dal nemico da qualunque parte egli appaia. Così che molto rapidamente, e con un movimento della fanteria, si forma l'ordine di battaglia (tranne forse che gli hastati possono ruotare attorno agli altri), mentre animali, bagagli e loro accompagnatori, vengono a trovarsi alle spalle dalla linea di truppe e occupano la posizione ideale contro rischi di qualsiasi genere. »
(Polibio, Storie, VI, 40.11-14.)
Ordine di marcia per l'accampamentoUn altro accorgimento importante per la velocità del montaggio dell'accampamento, era che i soldati che primi giungevano al luogo in cui ci si doveva accampare, armati di zappe e vanghe scavavano tutte le buche su cui si dovevano infilare i pali. Seguivano poi i legionari che scaricavano dalle spalle ognuno il suo palo e lo conficcava nel terreno con altri legionari che battevano immediatamente con le mazze i pali, mentre i legionari successivi univano i pali con le funi e le travi traverse. Naturalmente senza uso di chiodi che avrebbero costituito troppo peso.
Essendo importantissima la velocità degli spostamenti i romani avevano studiato accuratamente come riporre le merci sui carri. Tutto era organizzato in modo da costituire minor peso possibile. Si sa ad esempio che Cesare, nella guerra gallica scriveva ogni sera il resoconto della giornata e aveva trovato il modo di legare i fogli di papiro formando l'odierno libro, evitando così il peso del legno che sosteneva i rotoli.
ESERCITO ROMANO DEL IV SECOLO |
IL VETTOVAGLIAMENTO
Un esercito romano di 25.000 uomini (una classica armata consolare) consumava circa 23 tonnellate di derrate alimentare al giorno, senza contare il foraggio degli animali, con i quali la cifra più o meno raddoppiava.
L'alimentazione del soldato poi non era eccezionale: pane o polenta di farro, verdura, più raramente formaggi duri o carni salate, sempre a disposizione invece vino agro (una specie di aceto) e tanto aglio. A tal punto ci si abituava che i soldati di Giulio Cesare si lamentavano quando erano costretti a mangiare carne fresca.
Il pane era un tipo speciale, detto pure "pane militare" perchè si manteneva a lungo, poi c'erano le gallette vere e proprie, ma soprattutto i semi di grano che erano i preferiti da portare in spalla perchè erano i più leggeri. Erano i soldati durante le soste a macinare i semi e far bollire la farina per farne delle minestre cui aggiungevano carne o verdure. Di solito il cibo vegetale si acquistava lungo la strada, o si razziava se si era in territorio nemico, dato il suo rapido decadimento. Altrettanto dicasi per la frutta. Da Roma provenivano in genere i rifornimenti di grano, di legumi secchi di cui si faceva largo uso, soprattutto ceci), di carni salate, di vino agro e aglio in quantità, ritenuto essenziale per evitare le malattie.
Quando si macellava un animale si cucinavano prima le parti più corruttibili, poi se il clima era caldo si tagliavano le carni in fette sottili e si appendevano a dei fili come panni stesi, si che il sole le disseccasse, dopodichè si ponevano nei barili, oppure si salavano e si ponevano sempre nei barili. Anche i pesci potevano essere salati e posti nei barili.
BIBLIO
- Frontino - Stratagemmata - trad. Roberto Ponzio Vaglia - Milano - Ed. Sonzogno - 1919 -
- Erik Abranson, Jean-Paul Colbus - La vita dei legionari ai tempi della guerra di Gallia - Milano -Mondadori - 1979 -
- G. Cascarino - L'esercito romano. Armamento e organizzazione - Vol. I - Dalle origini alla fine della repubblica - Rimini 2007 -
- G. Cascarino - L'esercito romano. Armamento e organizzazione - Vol. II - Da Augusto ai Severi - Rimini - 2008 -
- H. M. D. Parker - The Roman Legions - New York - 1993 -
6 comment:
tutto molto interessante con unica eccezione che trovo,correggetemi se sbaglio,improprio usare il termine ''generale'' accostato all'esercito romano..
Ottimo articolo.
Bello
lodi acasa
romani2.15 DIO VI BENEDICA
Ciao, ottimo articolo. C'è un errore di trascrizione nella descrizione degli agmen pilatum e incautum. Poca cosa ma se si ricerca "agmen pilatum" su google compare la breve descrizione che erroneamente si è duplicata nel vostro sito come primo risultato, facendo pensare che vi siate sbagliati scientemente quando invece è lapalissiano l'errore fortuito. Buon lavoro
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